20 May, 2024
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Venerdì mattina, presso la sala riunioni del Lu’ Hotel, a Carbonia, si è tenuto un importante incontro organizzato dall’MSP Italia-Sardegna, che ha fatto luce sulle novità in merito alla riforma dello sport e agli obblighi di defibrillatore e certificazione medica. Al convegno hanno partecipato Alberto Borsetti, presidente del Comitato Regionale Sardegna MSP Italia, Luciano Zara, presidente del Comitato provinciale MSP Carbonia-Iglesias, con la presenza di qualificati relatori in materia come il dott. Roberto Straguzzi e l’avvocato Massimo Floris.
«Un importante momento di aggiornamento e formazione per i tanti addetti ai lavori che operano nel mondo dello sport nella nostra città e nel territorio. Ma anche un’occasione per rimarcare il ruolo determinante dello sport quale fattore di aggregazione, socializzazione e condivisione per tanti giovani ragazzi. È fondamentale però che lo sport venga sempre praticato garantendo tutte le misure di salute e sicurezza necessarie, tra cui l’obbligo di uso del defibrillatore, uno strumento salvavita indispensabile, e il possesso della certificazione medica», ha commentato il sindaco, Pietro Morittu.

Il 30 giugno scorso il comune di Carbonia ha indetto, nell’ambito delle opportunità di finanziamento proposte dal PNRR per la rigenerazione urbana, l’efficientamento energetico, il potenziamento dei servizi all’istruzione e alla cultura, ben 11 gare d’appalto per oltre 20 milioni di euro di investimenti.

Nello specifico, gli interventi si articoleranno nella rifunzionalizzazione della ex centrale elettrica nella Grande Miniera di Serbariu in un Museo della Città di Fondazione e Archivio del Novecento, per un importo totale di 8.600.000 euro; nell’edificio polifunzionale del Polo di Alta Formazione e cultura di Serbariu – specificamente per la riqualificazione della Lampisteria – museo del carbone (1.700.000 euro); nella realizzazione della direzione e archivio del CICC – Centro Italiano della Cultura del Carbone (3.450.000 euro); nella realizzazione di un parco nella Grande Miniera di Serbariu (1.600.000 euro); nel completamento del progetto generale di riqualificazione della via Manno (600.000 euro): nel ripristino funzionale del collegamento pedonale del ponte sul Rio Cannas (600.000 euro); nell’efficientamento della scuola Pascoli di via Balilla (2.235.000 euro); nella costruzione di due mense nelle scuole primarie di Serbariu e Is Meis (376.000 euro, 455.000 euro); nell’abbattimento delle barriere architettoniche materiali e immateriali del Museo di Villa Sulcis e del Parco archeologico di Sirai (499.000 euro, 499.000 euro).

«Questi nuovi, importanti, interventidice il sindaco Pietro Morittu, sono in linea con quanto promesso in campagna elettorale e all’atto di presentazione delle linee programmatiche della nostra Amministrazione nei primi giorni del suo insediamento. Avevamo promesso un cambio di marcia, affiancando alle azioni messe in campo per affrontare le situazioni di emergenza, l’avvio di investimenti per aprire nuovi cantieri tesi all’infrastrutturazione e al potenziamento dei servizi nella nostra città, e oggi dimostriamo di saper mantenere gli impegni presi. Il conseguimento di questi risultati è stato possibile grazie al grande lavoro degli uffici comunali ai quali va il nostro più sentito ringraziamento. L’obiettivo ora è realizzare queste opere e renderle funzionali e pienamente operative nel minor tempo possibile.»

«Il lavoro portato avanti dal mese di gennaio a oggi aggiunge l’assessore dei Lavori pubblici, Manolo Mureddu -, ha dell’incredibile: i nostri professionisti dell’ufficio tecnico, e  per ciò che concerne la strutturazione dei bandi di gara di quello “appalti”, hanno operato senza risparmiarsi e con grande efficacia, spesso al di fuori dei normali orari e giorni di lavoro. Con il lavoro sinergico e di squadra abbiamo centrato obiettivi straordinari se rapportati alla complessità delle soluzioni progettuali adottate, realizzate, autorizzate e messe a bando, in così poco tempo. Il rischio, come spesso è stato paventato nel dibattito pubblico nazionale in questi mesi, se l’espletamento degli iter progettuali-procedurali avesse seguito tempistiche normali, in particolare considerate le rigidità imposte dalla Commissione europea per il raggiungimento dei diversi milestone, era addirittura di perdere i finanziamenti. Interventi di questa portata, sia per i milioni di euro investiti che per gli ambiti d’applicazione selezionati, non si vedevano in città da molti anni. Ma anche nel territorio provinciale, vista la mole di finanziamenti ottenuti, Carbonia si dimostra protagonista e uno dei comuni più attrezzati e capaci di far fronte alla sfida del PNRR.»

«Per illustrare compiutamente alla cittadinanza ognuno degli interventi odierni, ovvero la loro articolazione tecnica e relativa implicazione economico-socialeuna volta realizzaticonclude l’assessore dei Lavori pubblici -, il prossimo 8 luglio, a partire dalle ore 10.00, nell’aula consiliare sita, in piazza Roma, a Carbonia, terremo un importante incontro di approfondimento.»

 

In una recente riunione di seconda commissione consiliare, ilsindaco di Carbonia ha confermato che vi è l’intenzione di procedere non solo con la riscossione la tassa sui passi carrabili per l’anno 2022, in scadenza il 30 giugno, ma anche per gli anni 2018, 2019, 2020 e 2021.

Di fronte a queste parole, dobbiamo prendere atto che i nostri tentativi di bloccare il processo di riscossione attraverso gli atti in Consiglio comunale e attraverso i nostri comunicati stampa siano falliti.

Ricordiamo in questo comunicato per quali motivi riteniamo che il modo con il quale è stata partorita questa vera e propria tassa sui cancelli sia ingiusto:

a) il 14 dicembre del 2022, a pochi giorni da Natale, viene pubblicato sul sito del comune di Carbonia un vademecum in cui è indicata la definizione di “passo carrabile” e viene chiesto ai “non autorizzati” di regolarizzare la loro posizione entro il 31 dicembre dello stesso anno, pena il fatto di non poter beneficiare della riduzione prevista dal regolamento. Chi sono i “non autorizzati”: coloro che hanno modificato il marciapiede per fare uno scivolo? Coloro che abbiano installato un cartello non autorizzato? No, sono considerati “non autorizzati” tutti coloro che hanno uno scivolo di fronte al proprio cancello. Non importa se usino o non usino una vettura, non importa se lo scivolo è stato realizzato dal comune di Carbonia decine di anni fa senza alcuna richiesta.

b) Ci chiediamo per quali motivi sia stata data questa interpretazione al regolamento comunale CUP, dato che, nel regolamento, non viene fatta alcuna menzione di cosa rappresenti un passo carrabile non autorizzato.

c) ci chiediamo anche CHI abbia dato questa interpretazione, dato che, dalle discussioni avvenute in Consiglio comunale, nessuno dei consiglieri che ha votato quel regolamento la abbia intesa in quel modo. La giunta? Gli uffici? La società di riscossione?

d) non si capisce neppure se vi siano state disposizioni da parte dell’amministrazione comunale alla società di riscossione Abaco o se la stessa abbia agito in modo autonomo per quel che riguarda il censimento dei passi carrabili e l’elaborazione degli avvisi di pagamento. I deputati al processo di verifica e autorizzazione dei passi carrabili sono i vigili urbani. Sorge dunque legittima la domanda se la società di riscossione abbia o meno requisiti e competenze per censire i passi carrabili e formalizzare gli avvisi di pagamento.

e) Gli avvisi di pagamento ai “non autorizzati” sono stati fatti pervenire in modo bizzarro: se riguardavano condomini, l’avviso è stato mandato ad uno solo dei condòmini, il quale avrebbe il compito di dividere il pagamento con gli altri; ad alcuni, che hanno ad esempio due cancelli, sono stati conteggiati entrambi come passi carrabili; ad alcune attività commerciali sono stati fatti pervenire avvisi di pagamento di diverse centinaia di euro perché la discesa sul marciapiede di fronte alla loro attività era lunga diversi metri.

f) Perché si ritiene di dover riscuotere le quote dei passi carrabili anche per gli anni precedenti al 2022? Il riferimento normativo è il Regolamento COSAP, in vigore dal 2018 e poi sostituito dal regolamento CUP. In questo regolamento si menzionano i “passi carrabili” una sola volta: si dice che sono escluse dal pagamento del canone per l’occupazione di suolo pubblico le occupazioni realizzate con passi carrabili regolarmente autorizzati. Infatti, fino a due anni fa, per coloro che richiedevano l’autorizzazione per il passo carrabile, il pagamento non era dovuto. Peccato che, per l’interpretazione che viene data di “non autorizzati”, tutti coloro che non abbiano fatto richiesta del cartello e che abbiano uno scivolo di fronte al proprio cancello sono considerati non autorizzati, e quindi non sarebbero soggetti all’esenzione del canone.

Insomma, un totale pasticcio.

Continueremo la nostra battaglia nelle sedi istituzionali ma, come già dichiarato in precedenza, stiamo valutando il ricorso ad un procedimento giudiziario.

Ci vediamo, pertanto, assieme a cittadini, cittadine, associazioni, organizzazioni politiche, per discuterne con dei professionisti venerdì 7 luglio, alle ore 18.30, in Piazza Roma, di fronte all’aula consiliare.

Questo incontro sarà preceduto da altri incontri nelle frazioni. Faremo sapere presto luoghi e orari.

Sinistra Futura Carbonia

Nella foto di copertina il consigliere comunale Matteo Sestu

Dopo anni di tagli al CTO di Iglesias e al Sirai di Carbonia, tra chiusure e mancate aperture di servizi nuovi e ben organizzati, con la logica di concentrare i servizi sanitari in un ospedale unico, i risultati sono sotto gli occhi di tutti. I due ospedali sono in parte chiusi e in parte implosi, con due Comuni messi l’uno contro l’altro per l’accaparramento dell’ospedale unico, secondo i piani della politica di questi anni.
Ciò che la politica ignora è che il vastissimo territorio del Sulcis Iglesiente, necessita dei due ospedali efficienti, con una razionalizzazione dei servizi, tale da evitare inutili doppioni di reparti. Ai politici a poco è servito l’effetto della chiusura del Pronto Soccorso del CTO in certi periodi, con l’implosione del Servizio di Emergenza Urgente del Sirai.
L’incapacità della politica a gestire la Sanità, lo conferma ancora oggi l’assessora della Politiche sociali Angela Scarpa del comune di Iglesias, con la proposta di «programmazione di tutte le iniziative necessarie per destinare l’ex Casa Serena, nel centro di Iglesias, all’ospedale unico».
La Rete Sarda ritiene scellerata questa proposta. Ancora una volta si ignorano le esigenze sanitarie del territorio, le difficoltà nei tempi, nei costi e nella riorganizzazione di un nuovo ospedale, con la chiusura dei due colossi della Sanità del Sulcis Iglesiente, benché in sofferenza per i tagli e la carenza di personale.
La Sanità non può essere oggetto di “guerre di campanile” per l’accaparramento dell’ospedale unico, dietro le cui ristrutturazioni o costruzioni ex novo si celano solamente interessi di natura edilizia.
La Rete Sarda ribadisce gli anomali orientamenti di investimento del Pnrr per la “Missione 6 Salute”: investimenti in infrastrutture e in tecnologia. Quindi ancora mattoni e cemento. Non un cenno alla carenza del personale sanitario. La Sanità in Sardegna necessita di medici e di infermieri senza i quali la stessa tecnologia non può funzionare.
Non vorremmo che dietro i 15,63 miliardi del Pnrr, di cui una parte da destinare alle infrastrutture, si celassero forti interessi edilizi in nome della Sanità.
Claudia Zuncheddu – portavoce Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica
Rita Melis – Coordinamento della Rete Sulcis Iglesiente

Il giorno 1 giugno 2023 la Giunta regionale ha deliberato la costruzione di 4 nuovi ospedali in Sardegna. Ne sono stati previsti uno a Cagliari, uno nel Sulcis Iglesiente, uno ad Alghero ed uno a Sassari. Il nuovo “Ospedale della città” di Cagliari dovrà sostituire gli attuali Brotzu, Oncologico, Microcitemico e SS Trinità che verranno chiusi. Similmente l’ospedale nuovo del Sulcis Iglesiente sostituirà il Santa Barbara, il CTO e il Sirai. Così avverrà per Alghero e Sassari.

La delibera, tuttavia, non contiene indicazioni sulle risposte da dare ai seguenti quesiti: “Quando?”, “dove?”, “come?”e “perché?”. Per ora sono in sospeso e non sarà facile definire i Tempi, i Criteri e le Norme.

I “Tempi”.

Se i 4 ospedali sorgessero all’istante sarebbe una bella idea, ma non è così perché nel mondo reale le cose avvengono col “consumo di tempo”. E’ presumibile che per costruire i nuovi ospedali ci vorranno dai 15 ai 25 anni e molti degli attuali sardi sessantenni non ne vedranno l’inaugurazione.

Oggi, con gli incombenti pericoli di nuove epidemie, del cambiamento climatico, di altri shock energetici, di un’immane immigrazione, e di un inedito cambiamento demografico, gli attuali sessantenni dovranno assolutamente assicurarsi che per i prossimi 20 anni gli ospedali continuino a funzionare benissimo. E’ certo che i futuri ospedali saranno destinati alla futura generazione.

Il proposito di costruire nuovi ospedali venne ufficialmente espresso nella legge regionale 24/2020 all’articolo 42. Per produrre la delibera attuativa, pubblicata il 13 giugno 2023, ci son voluti 3 anni. Questi sono i tempi tecnici di qualunque amministrazione pubblica. Ora ci vorranno i tempi necessari per il concorso di idee e per l’individuazione di un’area di almeno 30 ettari adatta dal punto di vista geomorfologico. Altro tempo sarà necessario per la scelta del sito esatto in cui costruire il nuovo ospedale mettendolo al centro delle vie di comunicazione terrestri, marittime e ferroviarie, rispettando la densità della popolazione, la non interferenza con altri interessi, e l’accordo politico che dovrà essere raggiunto con il concorso di un referendum provinciale. Vi saranno i tempi per la progettazione, l’edificazione, l’arredamento, l’impiantistica, le variazioni in corso d’opera, il reperimento del personale e, soprattutto, il reperimento di altri fondi dato che l’inflazione avrà svalutato i finanziamenti attualmente disponibili. Considerato che per porre la prima pietra del nuovo ospedale di San Gavino ci sono voluti 20 anni si può supporre che la previsione di 15-25 anni per vedere costruiti e in funzione i futuri 4 ospedali sia abbastanza realistica.

Le discussioni dei politici riportate dai quotidiani, intanto, continuano senza chiarire bene i termini.

I “Criteri”.

Non si può fare a meno di osservare che in queste pubbliche discussioni manca un fattore ineludibile: i “Criteri” da utilizzarsi per raggiungere lo scopo. In passato per formulare i “Criteri” ci vollero molti secoli.

Ogni periodo storico, da 2.000 anni ad oggi, ha avuto i suoi “Criteri”.

Ai tempi di Cesare Augusto gli ospedali non esistevano.

A Roma, nell’Isola Tiberina, esisteva una “vulneraria” in cui venivano curate le ferite dei gladiatori e degli schiavi. Il criterio per l’esistenza del vulneraria fu: avere un luogo specializzato e isolato per riparare gli strumenti del divertimento e del lavoro.

Ai tempi di San Benedetto e San Basilio, nel quinto secolo d.C.,  gli “hospitalia” servivano a prendersi cura dei “poveri cristi”. Il Criterio era religioso.

Nel Medio Evo, tra il 1.000 e il 1.400, gli “hospitalia” venivano costruiti con fondi donati dai ricchi commercianti. Il loro vero fine era quello di acquisire meriti per essere ammessi in  Paradiso. Il criterio per l’edificazione di quegli ospedali era caritativo.

Quel sistema caritativo dette vita ad un’economia fiorente basata sulle donazioni alle organizzazioni pseudoreligiose che lo dominavano. A Milano nel 1450 esistevano ben 16 ospedali caritativi in mano a “conversi e converse “che agli occhi della chiesa suscitavano scandalo. Il cardinal Enrico Rampini per mettervi ordine dette il via alla costruzione dell’Ospedale Maggiore. Per riuscire nel suo piano ebbe necessità della protezione degli Sforza e del Papa. Così poté chiudere quei 16 ospedali caritativi privati e trasportare i malati nel suo nuovo ospedale. L’Ospedale Maggiore fu destinato ai malati acuti; i malati cronici vennero messi in un altro ospedale alle porte della città.

Con quell’impresa il Cardinale aveva realizzato il primo sistema ospedaliero “per intensità di cure”.

Per costruire l’Ospedale Maggiore (tutt’oggi funzionante) il cardinale Enrico Rampini dettò i suoi criteri:

1 – La  prossimità dell’ ospedale alla popolazione;

2 – L’ amministrazione controllata da rappresentanti popolari.

3 – La vicinanza ai Navigli per le fonti d’acqua;

4 – L’affidamento del progetto al massimo architetto del tempo: il Filarete;

5 – Il servizio d’acqua corrente in camera e nei bagni;

6 – L’ esistenza di una efficace e capillare rete fognaria;

7 – I letti singoli (fino ad allora erano ovunque a 4 e a 8 posti e il fratturato stava coll’appestato);

8 – Gli  armadietti singoli personalizzati (vennero inventati i comodini);

9 – I servizi igienici dovevano essere separati dalle degenze e situati in una corsia parallela;

10 – La cucina in un piano separato;

11 – La corsia maschile  distinta da quella femminile;

12 – I malati chirurgici distinti da quelli internistici;

13 – Le  “Zone filtro” per l’igienizzazione dei  nuovi ricoverati;

14 – Le abitazioni per il personale annesse all’ospedale

15 – Gli Impianti di riscaldamento e di aerazione per tutti gli ambienti.

Il Filarete, progettò l’opera secondo i Criteri dettati dal Cardinale e tale progetto divenne pilota per tutta l’Europa. Egli fu il primo architetto dell’ospedale moderno.

I “Criteri rampiniani” i cui scopi erano l’igiene e l’umanizzazione, rimasero immodificati fino al ventesimo secolo.

Dopo il disastro della Prima Guerra Mondiale e le due epidemie di Spagnola e Tubercolosi che seguirono gli architetti specialisti in ospedali aggiunsero altri “criteri”. Si trattò di Criteri, oltre che di umanizzazione delle cure e di difesa dalle infezioni epidemiche, di buona gestione economica e di risparmio di energia.

Fino ai primi del 1900 gli ospedali furono costruiti su un piano orizzontale e a padiglioni. Poi nei primi decenni del 1900 in America comparvero gli ospedali skyscraper (grattacieli) nella forma di complessi verticali alti fino a 30 piani. Si trattava di strutture in acciaio e calcestruzzo, costruite in moduli prefabbricati, dotate di veloci ascensori. Negli anni ‘20-’30 il modello si diffuse in tutta Europa. L’antesignano di tali progetti fu l’architetto finlandese Alvar Aalto. Il criterio che pilotò verso il monoblocco fu quello della riduzione  dei tempi di percorrenza per favorire la prontezza nel soccorso. Il “Tempo “ è il fattore che condiziona tutta la medicina d’urgenza e ciò ha indotto alla progettazione degli ospedali verticali dotati di trasporti semplificati e veloci. L’altro vantaggio è l’impiantistica comune e facilmente accessibile posta all’interno di colonne in cavedi verticali attraversanti tutti i piani. Il monoblocco di Alvar Aalto venne realizzato nella città di Paimio in Finlandia. Quel progetto di ospedale vinse un concorso internazionale di idee indetto dal Governo americano nel 1930. Fu la vittoria definitiva degli ospedali a monoblocco verticale sui complessi ospedalieri orizzontali a padiglioni. L’ospedale di Paimio aveva la caratteristica d’essere un monoblocco con annesse due “stecche” laterali. Il blocco centrale, destinato alle camere di degenza, aveva ampie fenestrature esposte a sud-sud-est secondo l’arco del sole. Lo scopo era quello di captare il più possibile i raggi solari per l’illuminazione, per il riscaldamento e la salubrità della stanze, secondo il criterio di efficienza e efficacia. La vista riservata ai degenti dava su un grande parco con alberi e prati. Il lato esposto verso occidente era riservato ai servizi. La prima stecca serviva alle camere operatorie, ai laboratori e alle radiologie. La seconda stecca era destinata ai servizi amministrativi e tecnici. Esisteva nel complesso una parte destinata alle residenze del personale sanitario. Il criterio era l’autosufficienza.

Nel periodo fascista in Italia il regime dette notevole impulso alla costruzione di nuovi ospedali. Negli studi tecnici ingegneristici specializzati in architettura ospedaliera nacque un vivace dibattito sulle varie idee di progettazione. Il criterio generale era: ridurre al minimo ingombro i fabbricati sviluppandoli in altezza e accentrando i servizi.

In vari concorsi di idee prevalsero sia i progetti dell’architetto Concezio Petrucci che sviluppò un progetto a “T”, con 4 letti per camera, sia i progetti dell’architetto Giorgio Rossi. Il criterio era l’umanizzazione. Erano gli anni in cui si costruiva la città di Carbonia; nell’originale linea a “T” del suo ospedale si notano tutti gli influssi del pensiero architettonico del tempo.

Quei progetti  rispettavano i criteri di Alvar Aalto:

Nel 1964 il più famoso architetto del ventesimo secolo, Le Corbusiér, ebbe l’incarico di progettare l’ospedale di Venezia. Con quel progetto egli andò contro-corrente e modificò le linee guida di Alvar Aalto: progettò un ospedale orizzontale. Il motivo era legato alla necessità di non erigere un grande edificio al centro di Venezia che col suo corpo di calcestruzzo e acciaio confliggesse con gli antichi edifici in mattoni rossi della città lagunare. L’ospedale fu progettato su tre piani. Il piano terra fu destinato ai servizi per il pubblico; il primo piano per i servizi medici veri e propri sale operatorie e diagnostiche); il secondo piano per le degenze. Si seguì il criterio della efficienza, dell’urbanistica e dell’estetica.

In questo anno 2023 nella città di Cremona è in corso una preselezione per partecipare al concorso per il nuovo ospedale. I criteri dettati dal committente sono:

Strutture modulari e flessibili in grado di adattarsi con facilità agli eventi (vedi nuova epidemia);

La Logistica che dovrà prevedere percorsi interconnessi fra Ospedale, Territorio, casa del paziente;

– L’ Ecosostenibilità che metta al centro la cura del paziente, degli operatori e dei visitatori.

Si tratta con tutta evidenza di nuovi criteri di prevenzione, prossimità e umanizzazione esaltati dall’esperienza Pandemica Covid.

Attualmente esiste, anche in Toscana, il progetto di costruire 4 nuovi ospedali: a Prato, a Pistoia, a Lucca, e nel territorio Apuano. Lo scopo è quello di sostituire i vecchi ospedali nati più di un secolo fa.

Anche qui sono stati individuati alcuni criteri pilota che dovranno essere rispettati dai progettisti:

– La persona e le sue necessità messe al centro del progetto;

– L’assistenza continua personalizzata;

– L’integrazione dei percorsi di cura col territorio;

– percorsi multidisciplinari; modello a “intensità di cure”

Tutto sommato sembrerebbero criteri non molto diversi da quelli del cardinal Enrico Rampini nel 1450 e di Alvar Aalto del 1930.

Le “Norme”.

All’elenco di “criteri” maturati nei secoli oggi se ne potrebbe aggiungere uno specifico per il Sulcis Iglesiente: ritorno al passato restituendo ai nostri Ospedali tutti i Servizi e il Personale cancellati da leggi restrittive. L’unico modo per ottenere quella restituzione consiste nel ridurre la rigidità delle  normative vigenti nate dopo la fine della Grande Riforma Sanitaria del 1978. Esse creano gravi problemi agli ospedali provinciali a tutto vantaggio degli ospedali dei capoluoghi di regione. L’ultima di queste leggi restrittive, il DM 70/2015, ha posto limiti all’attività e alla dimensione agli ospedali provinciali cancellando le speranze di autosufficienza e di ripresa.

Questo ragionamento oggi appare solidamente fondato. Lo conferma una autorevole nota ministeriale che sta sollecitando il riesame di certe leggi. E’ quanto sembrerebbe di capire dal documento emanato il 6 giugno 2023 dal Capo di Gabinetto del Ministero della Salute. Esso decreta “l’istituzione di un tavolo tecnico presso l’Ufficio di Gabinetto per lo studio delle criticità emergenti dall’attuazione del DM 70 e del DM 77”.

Il DM 70 è quel decreto che con le sue regole stringenti, provocò l’ulteriore riduzione dei posti letto e di servizi specialistici nei nostri ospedali di Carbonia e Iglesias.     

Oggi i nostri politici dovrebbero porre attenzione a questo riesame  delle Norme che regolano l’organizzazione dei servizi ospedalieri. Per ora si può già dire che la nota del Capo di Gabinetto del 6 giugno conferma la validità delle nostre segnalazioni sulla disparità di trattamento tra territorio e capoluogo.

Qualora la commissione per il riesame del DM 70 confermasse le nostre ragioni e dettasse Nuovi Criteri per la definizione della rete ospedaliera regionale, forse i nostri ospedali recupererebbero l’efficienza perduta e potremmo aspettare serenamente i 20 anni che ci vogliono per costruire i nuovi 4 ospedali sardi.

19 ottobre 1992 – 15 dicembre 1992. Due date rimaste impresse nella memoria di coloro che in quei 58 giorni furono protagonisti di un evento che scrisse un importante pezzo di storia del Sulcis Iglesiente nell’ultimo scorcio dello scorso millennio: “La Marcia per lo Sviluppo”.

Quell’evento è stato ricostruito da alcuni dei protagonisti, nel libro “La Nostra Marcia”, presentato ieri sera nella sala convegni del Lu’ Hotel, a Carbonia, riempita al limite della sua capienza («non accadeva da tempo» hanno sottolineato alcuni degli intervenuti nel corso della serata), in un incontro impreziosito dalla presenza di Sua Eminenza Cardinale Arrigo Miglio, ai tempi della “Marcia per lo Sviluppo” agli inizi della sua esperienza vescovile alla diocesi di Iglesias.

«Il libro ricorda marciatrici e marciatori, descrive il contesto, racconta e documenta la Marcia per lo Sviluppo del Sulcis Iglesiente, partita il 19 ottobre 1992 da Teulada e giunta a Roma l’8 dicembre.»

La presentazione è iniziata con gli interventi dei quattro autori: Sandro Mantega, allora responsabile della redazione di Carbonia del quotidiano l’Unione Sarda e giornalista di Telegamma; Tore Cherchi, allora parlamentare; Antonangelo Casula, allora sindaco di Carbonia; Peppino La Rosa, allora segretario della Camera del Lavoro CGIL del Sulcis Iglesiente. Nei loro interventi gli autori hanno ricostruito origine e sviluppo della Marcia per lo Sviluppo, il grande coinvolgimento popolare, i risultati raggiunti, importanti anche se non esaustivi per l’intero ultimo decennio del secolo scorso. Al termine del suo intervento, nel corso del quale ha ricostruito brevemente il diario della “Marcia”, iniziata a Teulada e conclusa a Roma, curato nel libro, Peppino La Rosa ha coinvolto il giornalista Giacomo Serreli, allora redattore di Videolina, che ha seguito la “Marcia” anche nella Penisola, fino a Roma, autore dei servizi proposti alla visione dei presenti in un filmato, unitamente ad una breve sintesi delle varie tappe della “Marcia”, filmate a livello amatoriale da uno dei protagonisti, Carlo Rosso.

Particolarmente significativo l’intervento del cardinale Arrigo Miglio che ha sottolineato l’importanza di quella mobilitazione che vide unito l’intero territorio, con l’auspicio che, in qualche modo, possa servire da esempio per le nuove generazioni, in un territorio che, purtroppo, ancora oggi vive una situazione socio-economica difficile, nella quale occorre unirsi per raggiungere nuovi obiettivi.

Sono seguiti numerosi interventi: Antonello Pirotto, uno dei marciatori, tra gli otto che hanno collaborato con una testimonianza personale alla stesura del libro; Salvatore Benizzi, allora direttore della Pastorale per il Lavoro della Diocesi di Iglesias; Nino Flore, amministratore delegato del gruppo Euralcoop, che ha presentato un filmato che racchiude i risultati raggiunti dal progetto imprenditoriale nato nella cooperativa soci Eurallumina e cresciuto in diversi settori (commercio, turismo, agricoltura) fino ad avere oggi un organico di oltre 400 dipendenti, per dimensioni seconda azienda del Sulcis Iglesiente; Pietro Morittu, sindaco di Carbonia, allora giovane studente che partecipò alla “Marcia”, che ha ringraziato gli autori del libro «per aver ricostruito una pagina importante, che resterà indelebile, nella storia del nostro territorio Una pagina che ha visto protagonisti uomini e donne, lavoratori e lavoratrici, marciare verso Roma per reclamare maggiori spazi ed occasioni di sviluppo per il Sulcis Iglesiente, un lavoro dignitoso per tutti. Una pagina che è, ancora oggi, un esempio della grande resilienza e della tempra tipica dei cittadini del Sulcis che, quando sono tutti uniti e capaci di fare fronte comune, riescono a ottenere risultati straordinari». Il primo cittadino di Carbonia ha assunto l’impegno di promuovere il ricordo delle marciatrici e marciatori del Sulcis Iglesiente attraverso la realizzazione di un progetto didattico con il supporto degli Istituti scolastici della città. Roberto Puddu, allora sindacalista degli elettrici della CGIL e autore anche lui di una testimonianza nel libro; Rino Barca, allora sindacalista della CISL, autore di una testimonianza personale nel libro; Raffaele Callia, direttore della Caritas della Diocesi di Iglesias; Riccardo Cardia e Franco Porcu, allora sindacalisti della CGIL, anche loro autori di una testimonianza nel libro. Gli altri autori delle testimonianze nel libro, presenti in sala, sono Francesco Tocco, Stefano Meletti e Ottavio Spanu.

Tra i tantissimi intervenuti alla presentazione, sindaci, amministratori locali, sindacalisti, lavoratori.

Il ricavato delle vendite del libro, pubblicato da Giampaolo Cirronis Editore, finanziato dalla Fondazione di Sardegna, verrà devoluto interamente alla Caritas della Diocesi di Iglesias.

 

Si è tenuta ieri pomeriggio presso l’Infopoint di piazza Pichi, a Iglesias, la presentazione della mostra “Antologica d’arte” del prof. Vittorio Laudadio, la cui inaugurazione avverrà domani, domenica 2 luglio, alle ore 17.00, in via Crispi 5, location che ospiterà l’esposizione fino al prossimo 9 luglio.
«È la prima mostra postuma di mio padre a tre anni dalla scomparsa», ha spiegato Alberto, figlio dell’artista e curatore dell’evento che, come ha raccontato, replicherà anche ad Avellino, città nella quale Vittorio Laudadio visse fino agli anni Sessanta, prima del trasferimento nella cittadina mineraria, in cui trovò terreno fertile per coltivare il suo talento e la sua passione artistica sulle orme di Gianni Desogus e altri noti maestri xilografi che Iglesias vanta. Come ricordato nel corso della conferenza stampa, l’eclettismo di Vittorio Laudadio, infatti, si è manifestato non solo sulla tela, ma nel campo della grafica e della incisione.
«È un piacere promuovere questa mostra cheha detto il sindaco di Iglesias, Mauro Usaisi inserisce nel ricco cartellone degli eventi estivi, grazie a collaborazioni proficue che a vario titolo sono parte integrante di un progetto collettivo volto alla valorizzazione della città. Le opere del prof. Vittorio Laudadio rappresentano un pezzo importante della nostra identità.»
Diversamente dalla ‘Retrospettiva’, esposizione realizzata nel 2017, l’Antologica riunisce le opere più rappresentative della carriera dell’artista che è stato premiato in rassegne nazionali e internazionali, portando Iglesias nel mondo. La mostra si snoderà, infatti, su un percorso cronologico composto da una cinquantina di tele che ripercorrono l’evoluzione artistica di Vittorio Laudadio il quale, per oltre mezzo secolo, non si è mai separato dal pennello.
Oltre alla collaborazione con il comune di Iglesias, la mostra si avvale del supporto del Consorzio turistico per l’iglesiente il cui presidente, Attilio Casti, presente all’incontro, ha manifestato entusiasmo nella promozione di un evento «che deve andare nella direzione di sensibilizzare la conoscenza degli artisti locali». A questo proposito, si è fatta spazio l’idea di allestire in futuro una Pinacoteca proprio per dare collocazione permanente ad opere che meritano di essere valorizzate e ammirate da residenti e turisti.
Al termine dell’inaugurazione della mostra, il cui ingresso è libero, è previsto un buffet. Le opere del prof. Vittorio Laudadio saranno esposte fino al 9 luglio e sarà possibile accedere ai locali della sala convento di via Crispi, dalle ore 16.00 alle ore 20.00.

I carabinieri forestali del NIPAAF (Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale) di Cagliari, in ottemperanza a una delega della Procura della Repubblica di Cagliari, hanno sequestrato 2 silos in cattivo stato di conservazione, contenenti al loro interno ingenti quantità di olii esausti inquadrati come rifiuti pericolosi per la salute umana e per l’ambiente. Il sequestro è stato eseguito ai danni di una ditta avente sede operativa nel comune di Piscinas che fino al 2022 si occupava di coincenerimento di rifiuti pericolosi.

In base a quanto accertato dai carabinieri forestali, gli olii erano da tempo (almeno dal 2018) depositati all’interno dei silos e miscelati tra loro. Infatti, stando a quanto risultato dai primi accertamenti documentali, i silos contengono al loro interno 9 tipi diversi di olii esausti. Inoltre, in base a quanto ricostruito dagli inquirenti, gli olii ammonterebbero a 81,5 tonnellate.

Le irregolarità riscontrate dai carabinieri del Centro Anticrimine Natura di Cagliari, deriverebbero dal fatto che la ditta attenzionata, nel 2022 non ha rinnovato l’AIA (autorizzazione Integrata Ambientale) titolo previsto dalla normativa di settore per lo svolgimento dell’attività di deposito e di smaltimento rifiuti ma nonostante questo, proseguiva nello stoccaggio degli olii esausti (rifiuti pericolosi) sine titulo integrando in tal modo il reato di “gestione illecita di rifiuti” (art. 256 Dlgs 152/2006) e non avrebbe, inoltre, ottemperato all’obbligo conseguente alla dismissione dell’impianto di incenerimento, di messa in sicurezza e bonifica del sito (art 261 Dlgs 152/2006).

Per questo motivo oggi i militari del NIPAAF di Cagliari hanno deferito alla competente Autorità giudiziaria tre cittadini italiani in qualità di amministratori unici dell’azienda che si sono succeduti nei diversi periodi di riferimento e che perciò potrebbero essere chiamati a rispondere delle ipotesi di reato ambientale sopra citate.

Quanto sopra è stato comunicato dal Centro Anticrimine Natura di Cagliari, nel rispetto dei diritti delle persone indagate e della presunzione di innocenza, per quanto risulta allo stato, salvo ulteriori approfondimenti e in attesa del giudizio.

 

 

E’ stato presentato nell’assessorato regionale del Turismo, Artigianato e Commercio, il doppio round dell’Island X Prix, terza delle cinque tappe del campionato Extreme E, riservato ai Suv elettrici. L’Island X Prix, co-organizzato e coordinato dall’Automobile Club d’Italia col supporto della Regione Sardegna, si correrà nel weekend dell’8-9 luglio e, come di consueto, vedrà al via equipaggi di altissimo livello formati da un pilota uomo e una pilota donna che si alterneranno equamente alla guida dell’Odyssey21.

Il format sperimentato proprio lo scorso anno in Sardegna, sabato 8 luglio e domenica 9 prevederà due intensi round, il quinto e il sesto di un campionato 2023 che ha già toccato l’Arabia Saudita e la Scozia e che, dopo l’estate, arriverà in Sud America. A ospitare la manifestazione, come nelle due edizioni precedenti, sarà l’Area Addestrativa dell’Esercito di Capo Teulada, nel Sulcis Iglesiente, all’interno della quale si sta già lavorando all’allestimento del paddock e del percorso di gara, un tracciato che avrà una lunghezza di circa tre chilometri che si preannuncia impegnativo e avvincente.

Tra i team, anche McLaren, Rosberg X Racing, Acciona Sainz, X44 di Lewis Hamilton, Abt Cupra, Carl Cox Motorsport, Jenson Button JbXe e Andretti, mentre tra i piloti spiccano Sebastien Loeb, che sostituirà Nasser Al Attiyah al volante della Cupra, Johan Kristoffersson, Mattias Ekström. Tra le pilote, in attesa di conoscere un nuovo nome che verrà svelato lunedì, al via anche Christine Gz, Laia Sanz, Cristina Gutiérrez e l’italiana Tamara Molinaro, presente alla conferenza odierna. Nelle tre gare precedenti, due vittorie del Team Rosberg X Racing e una degli americani del N.99 Gmc Hummer Ev Chip Ganassi Racing, che si erano aggiudicati L’Island X Prix 1 nel 2022. Al momento in testa alla classifica c’è Veloce Racing, a quota 80 punti con due vittorie all’attivo, seguita da ACCIONA | SAINZ XE Team, con 69 punti, davanti ai campioni 2021 dell’RxR. A difendere il titolo, quest’anno, sarà invece il team di Lewis Hamilton, X44 Vida Carbon Racing, attualmente quarto.