29 March, 2024
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L’associazione “Rete Warfree – Lìberu dae sa gherra” – aderisce alla manifestazione organizzata a Cagliari venerdì 2 giugno dal movimento “A Foras – Contra a s’cupatzione militare de sa Sardigna”, con raduno a Marina Piccola (Poetto) alle ore 16.00.
Warfree – Lìberu dae sa gherra si richiama esplicitamente all’articolo 11 della Costituzione Italiana, “L’Italia ripudia la guerra …” e ritiene essenziale sottolinearlo in questo momento storico nel quale le istituzioni sembrano averlo dimenticato.
«La nostra associazione lavora ogni giorno, con numerose imprese, professionisti, docenti universitari e di ogni ordine di scuola, di tutta la Sardegnaspiegano Arnaldo Scarpa e Cinzia Guaita -, per promuovere sull’isola e nel mondo un nuovo tipo di economia: nonviolenta, civile, rispettosa dell’ambiente e dell’umanità.»
Parteciperemo alla manifestazione con i nostri soci e con un gruppo di artisti di svariate discipline che hanno aderito al laboratorio permanente “Chiamata alle Arti”, promosso insieme alle associazioni Carovana SMI e Link – Legami di Fraternità.

La guerra è guerra, cioè una sciagura senza attenuanti, complicata di imbecillità senza limiti (pretende di conseguire il bene con il male, di curare un malato uccidendolo), ed è tale sia se combattuta dagli amici sia se combattuta dagli avversari. Questo perciò, è da stabilire: la guerra è un male: dunque non è lecito muoverla. (Igino Giordani, 1953)
Milioni di persone, di ogni popolo del mondo, questo lo sanno e hanno mostrato di averne chiara coscienza nelle manifestazioni dei giorni scorsi.
Lo sanno i cittadini russi che hanno manifestato per la pace, subendo arresti ed espulsioni dalle Università.
Lo sanno i sardi che, nelle piazze, hanno voluto urlare chiaramente quel no alla guerra che da tempo sono impegnati a concretizzare attraverso un lungo lavoro volto a costruire la pace, partendo dalla richiesta di riconversione e bonifica dei poligoni militari e delle fabbriche di armi, luoghi in cui si preparano tutte le guerre del mondo.
Lo sperimentano sulla propria pelle gli Ucraini e tutti i popoli sotto l’oppressione della guerra, al di là dei convincimenti politici.
Paiono invece non saperlo i Governi che continuano a interpretare la richiesta di pace con un inasprimento della contrapposizione tra le parti, un’ennesima corsa agli armamenti, che è una delle cause della guerra, non certamente una soluzione. Così come, non è una soluzione irrogare sanzioni che danneggiano unicamente i popoli e giustificano poi scelte energetiche sciagurate e non certo in linea con la transizione ecologica: si trovi
piuttosto il modo di bloccare le speculazioni dei grandi imprenditori che si nascondono dietro i contendenti! Si sanzioni chi alimenta la guerra, non il popolo!
Esprimiamo una forte contrarietà all’attuale intervento armato russo in Ucraina e chiediamo che ci si adoperi ad offrire gli aiuti umanitari, alimentari, organizzativi e di ospitalità e ogni altra iniziativa di solidarietà di carattere esclusivamente civile, escludendo qualsiasi iniziativa di esportazione di armi da parte della UE, senza dimenticare le altre 57 guerre sparse per il mondo.
Chiediamo che venga tenuta in considerazione la presa di distanza politica della Repubblica Italiana dalla NATO, in particolare in ottemperanza a quanto indicato nell’articolo 11 della Costituzione italiana: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo».

Chiediamo di avviare subito un processo di de-escalation militare e contemporaneamente un incremento dei rapporti culturali, economici, di collaborazione scientifica, tra i paesi che ora si contrappongono, per portarli tutti dalla stessa parte: quella dell’umanità.
Chiediamo l’adesione dell’Italia al Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari, più che mai urgente.
Inoltre, riteniamo improrogabile un processo di riforma dell’ONU che lo renda realmente la casa comune di tutti i popoli, dove sviluppare rapporti di reciproco sostegno e di controllo delle crisi locali, passando per una sempre maggiore democratizzazione dei suoi organismi decisori.
Occorre che la politica, quella vera, sia capace di prevalere sugli interessi economici di pochi e favorisca in tutti i modi il cessate il fuoco immediato, avviando un processo diplomatico che ascolti le complessità emergenti e rispetti i diritti di tutti i popoli
Chiediamo al governo regionale che la Sardegna possa porsi come isola di pace, dichiarando l’indisponibilità degli aeroporti civili e militari presenti nel territorio sardo per fini bellici diretti o indiretti, e proponendo un tavolo di apertura all’incontro tra le parti.
Coltiviamo inoltre ogni aspetto della pace: abbiamo una solida amicizia tra sardi, russi, bielorussi e ucraini. Che la Pace sia più forte e trionfi con la Pace!

I portavoce del Comitato riconversione RWM
Cinzia Guaita – Arnaldo Scarpa

Lettera aperta di Cinzia Guaita ed Arnaldo Scarpa (Comitato riconversione Rwm) al Governo, alla Regione, alle organizzazioni sindacali e a quelle datoriali, alla vigilia dell’incontro al ministero degli Esteri sul futuro della fabbrica di Domusnovas. “Per quanto si è potuto sapere dai giornali e dai contatti che abbiamo avuto con autorevoli rappresentanti delle istituzioni, una delle ipotesi sostitutive riguarderebbe ulteriori commesse nell’ambito bellico. Si potrebbe cadere così, proprio nella Giornata nazionale della Pace, nella
tragica decisione di dare il via ad ulteriori pesanti coinvolgimenti della Sardegna nei conflitti internazionali – scrivono Cinzia Guaita ed Arnaldo Scarpa -. Si costituirebbero inoltre i presupposti per ulteriori danni a discapito dei lavoratori stessi, per anni ingannati e convinti di lavorare per la Difesa, fino al momento in cui si sono ritrovati senza lavoro, quando il Parlamento ed il Governo hanno finalmente preso atto dell’inaccettabilità giuridica e morale di quel traffico. Abbiamo sentito parlare di dual-use e di alte tecnologie ma le industrie belliche si nascondono dietro le possibili ricadute civili delle loro produzioni e, complice anche il segreto militare, risultano ben poco trasparenti e controllabili dai cittadini. I prodotti bellici non possono essere trattati alla stregua di altri prodotti, messi in campo per lo sviluppo. Sono stati necessari quattro anni di duro lavoro per dimostrare il coinvolgimento
dell’industria bellica italiana in una guerra devastante che non abbiamo voluto e che non era certo una guerra di difesa! A fronte di questi pericoli, vogliamo rivolgere un accorato appello a quanti si siederanno domani intorno a quel tavolo; la Sardegna paga da tempo un alto tributo alla causa bellica, in termini di territorio occupato, suolo avvelenato, ambiente deturpato e anche vite umane spente o irrimediabilmente danneggiate per le conseguenze dell’uso spregiudicato e irresponsabile di armamenti e sostanze pericolosissime: abbiate la lungimiranza di spezzare il tragico legame tra la nostra terra e le guerre, puntiamo invece a diventare, come regione, un riferimento internazionale per le politiche di pace, un esempio di riconversione economica e culturale. Ne beneficeranno la fama della Sardegna nel mondo e anche l’economia ed il lavoro in quanto l’industria degli armamenti non produce vero sviluppo, come dimostrano importanti studi economici. Riteniamo che i lavoratori sardi meritino un’occupazione non legata ai bisogni delle multinazionali della guerra, ma alle esigenze dello sviluppo sostenibile della loro terra. Perciò, mentre ribadiamo la massima disponibilità ad offrire tutto il supporto possibile ad iniziative che vadano nella direzione della tutela del lavoro mediante alternative che siano pacifiche, durature e sostenibili per l’ambiente, chiediamo, a tutti i partecipanti, di portare al tavolo lroposte “green”, in sintonia con la svolta in tal senso annunciata dal Governo. Pensiamo alle tantissime opportunità di lavoro rivolte al ripristino ambientale, alle bonifiche indispensabili in tutta l’area ex mineraria della Sardegna, alle filiere agroalimentari, artigianali, turistiche, culturali e anche all’industria verde, compresa quella delle protesi tecnologiche che hanno proprio sul nostro territorio, il supporto di studiosi di alto livello – aggiungono Cinzia Guaita ed Arnaldo Scarpa -. Non vogliamo vivere di guerre! La nostra gente, la sua salute, la possibilità di un lavoro duraturo, utile e degno per tutti, ci stanno a cuore. Come ci stanno a cuore le persone dello Yemen che hanno pagato duramente il prezzo del nostro lavoro.”

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“Rwm: il posto di lavoro tra pace, legalità e riconversione”, è il tema del convegno svoltosi questa sera nella sala polifunzionale del comune di Carbonia, organizzato dal comune di Carbonia.

Nel corso del convegno è stato analizzato da diversi punti di vista, religioso, politico, economico e sindacale, lo stato dell’arte e le prospettive future della fabbrica produttrice di munizioni di Domusnovas. Come è noto, la restrizione delle commesse della RWM, ha determinato come conseguenza 160 licenziamenti e la nuova emergenza occupazionale è al centro di un durissimo tra favorevoli e contrari alla presenza della fabbrica nel territorio.

Dopo l’introduzione del sindaco di Carbonia, Paola Massidda il primo ad intervenire è stato il vescovo della diocesi di Iglesias, monsignor Giovanni Paolo Zedda. Sono seguiti gli interventi di Cinzia Guaita ed Arnaldo Scarpa, rappresentanti del Comitato Riconversione Rwm, dell’assessore regionale dell’Industria, Anita Pili, dei deputati della Repubblica Pino Cabras ed Emanuela Corda, del sottosegretario di Stato al ministero dello Sviluppo economico Alessandra Todde. Non erano presenti, anche se annunciati alla vigilia, il sindaco di Domusnovas Massimiliano Ventura, notoriamente sostenitore della presenza della RWM, ritenuta indispensabile per l’occupazione di tanti giovani del paese e del territorio, e i consiglieri regionali eletti nel territorio.

Al termine delle relazioni, sono intervenuti alcuni cittadini che hanno espresso posizioni differenti.

Abbiamo intervistato l’assessore regionale dell’Industria, Anita Pili, ed il sottosegretario del Mise Alessandra Todde.

https://www.facebook.com/giampaolo.cirronis/videos/10220468000397976/?q=anita%20pili&epa=SEARCH_BOX

https://www.facebook.com/giampaolo.cirronis/videos/10220467870674733/

 

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La sala polifunzionale di piazza Roma, ospiterà venerdì 27 settembre, a partire dalle 16.30, un incontro pubblico dal titolo “Rwm: il posto di lavoro tra pace, legalità e riconversione”, organizzato dal comune di Carbonia ha organizzato un incontro pubblico dal titolo “Rwm: il posto di lavoro tra pace, legalità e riconversione”, che si svolgerà venerdì 27 settembre, alle ore 16.30, nella sala polifunzionale di piazza Roma.

Il convegno sarà un’occasione per analizzare da diversi punti di vista religioso, politico, economico e sindacale, lo stato dell’arte e le prospettive future della fabbrica produttrice di munizioni di Domusnovas. Si tratta di un tema importante per lo sviluppo economico di un territorio come il nostro, colpito dalla restrizione delle commesse della RWM, che comporta, ad oggi, come conseguenza 160 licenziamenti.

Il dibattito sarà introdotto dal sindaco di Carbonia Paola Massidda e vedrà la presenza di relatori qualificati e illustri come il vescovo della diocesi di Iglesias monsignor Giovanni Paolo Zedda, il sottosegretario di Stato al ministero dello Sviluppo economico Alessandra Todde, il deputato della Repubblica Pino Cabras, il sindaco di Domusnovas Massimiliano Ventura, Cinzia Guaita ed Arnaldo Scarpa del Comitato Riconversione Rwm, i consiglieri regionali ed i sindaci del territorio.

L’incontro è pubblico e aperto ai contributi di tutte le persone a vario titolo interessate.

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Il 10 settembre la direzione aziendale della RWM ha annunciato il taglio di circa 160 posti di lavoro.

Ciò non significa però che altrettanti lavoratori vengano licenziati, in quanto, i 2/3 della forza lavoro della fabbrica, circa 200 dipendenti, sono costituiti da personale a tempo determinato, in somministrazione, il quale personale (dice l’azienda), al termine previsto dal contratto, non verrà né riassunto, né rimpiazzato. Non licenziamento, dunque, ma mancata riassunzione e comunque tanto lavoro in meno per il Sulcis Iglesiente, un territorio che non se la passa per niente bene.

Trattandosi di lavoratori in somministrazione, non avranno nemmeno diritto a cassa integrazione o mobilità anche se il comunicato aziendale lascia intravvedere questa possibilità.

Si tratta del contraccolpo occupazionale causato dalla giusta decisione governativa di fine giugno, quando, a seguito di una mozione parlamentare, è stata stabilita una sospensione di 18 mesi delle esportazioni di munizioni e armamenti verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, in considerazione dell’uso di tali ordigni nella guerra in Yemen, da parte della coalizione saudita.

E’ giusto ricordare che la legge italiana non consente il transito, la produzione e l’esportazione di armamenti verso paesi belligeranti e, dunque, l’embargo sarebbe dovuto entrare in vigore già dal 2015, quando l’Arabia è entrata in guerra contro i ribelli yemeniti.

Nello specifico, la sospensione riguarda le famose bombe per aereo della serie MK80, prodotte nel Sulcis-Iglesiente, dalla ditta RWM Italia spa, sussidiaria del gruppo tedesco Rheinmetall.

Presumibilmente, l’azienda ha preferito non stabilizzare la maggior parte dei propri lavoratori, proprio in considerazione della rischiosità dell’operazione commerciale che stava conducendo, esportando verso un paese in guerra, regolarmente autorizzata ma contrariamente al dettato legislativo italiano (legge 185/90), alla Posizione Comune dell’Unione Europea ed ai Trattati Internazionali.

Incrociando i dati delle autorizzazioni governative alle esportazioni – impressionante quella relativa a circa 20.000 ordigni, per un importo di oltre 400 milioni di euro, rilasciata dal governo Renzi alla RWM, nel 2016 – con i dati di bilancio dell’azienda italo-tedesca, si può osservare che la ditta, pur avendo avuto in questi anni una costante crescita del fatturato, in buona parte legata a quella commessa, non ha potuto certo assolvere completamente all’impegno preso con i Saud, in quanto la capacità produttiva della fabbrica non ha superato i 100 milioni l’anno ed essendo stata la produzione comunque distribuita non solo verso i sauditi ma anche verso altri paesi europei e lo stesso stato italiano.

Si può ragionevolmente stimare che, in 3 anni scarsi, solo una quota minoritaria dell’ordinativo sia stato effettivamente consegnato e che proprio per questo motivo, l’azienda fosse impegnata, fino al momento dello stop governativo, ad aumentare la produttività mediante nuove assunzioni e nuovi investimenti per circa 40 milioni di euro, rivolti all’aumento delle linee di produzione.

Ma torniamo ai lavoratori, che sono quelli che le difficoltà aziendali le pagano sulla propria pelle. Anche stavolta assistiamo ad un film già visto. Come al solito, le debolezze di un sistema malato si scaricano sugli anelli più deboli e come all’Ilva, come all’Alcoa, come alla Rockwool, e in tanti altri casi, si tagliano i viveri alle famiglie, causando la crisi di interi territori.

Se il Comitato Riconversione RWM non può non essere soddisfatto per la sospensione di quel tragico collegamento tra l’Iglesiente e lo Yemen, che ha contribuito a generare la maggiore crisi umanitaria del secolo (definizione ONU), d’altra parte, è sconfortato per il trattamento riservato alle maestranze, le quali, già deboli a causa della precarietà del rapporto di lavoro, si trovano ora scaricate come ferri vecchi, senza, al momento, un intervento di tutela da parte dello Stato, principale responsabile del danno, causato da irresponsabili autorizzazioni all’esportazione.

Si poteva evitare? Certo che si poteva. Se solo si fossero considerati per tempo i numerosi avvisi relativi all’illegittimità dell’operazione, provenienti dalle maggiori organizzazioni pacifiste italiane, le 5 richieste di embargo verso l’Arabia Saudita approvate dal Parlamento Europeo e le richieste di riconversione avanzate, fin dal maggio 2017, dal Comitato Riconversione RWM, e, successivamente, dalla Chiesa Sarda, dal Congresso Nazionale CGIL di Bari a gennaio 2019 e da altri soggetti.

I lavoratori della RWM sono stati, invece, ingannati per anni. Gli veniva detto che il loro lavoro era finalizzato alla difesa, che era “regolarmente autorizzato”, che dovevano stare buoni e non fiatare perché, a tutto avrebbe pensato mamma RWM ma, così non era. La mamma pensava solo al proprio tornaconto ed era pronta a liberarsene alla prima difficoltà.

Ora c’è addirittura chi accusa le associazioni pacifiste e ambientaliste di essere la causa dei “licenziamenti”, quando è sotto gli occhi di tutti che quel tipo di commercio non è ammesso in Italia, al pari dello spaccio di sostanze stupefacenti e dello sfruttamento della prostituzione.

E’ come accusare il poliziotto al posto del ladro o il medico al posto della malattia.

E ci sono anche dei sindacalisti che propongono che sia lo Stato ad acquistare le bombe in surplus per sostenere i lavoratori. Svariate migliaia di bombe per aereo! Per farne che cosa?

Ci sarebbe da farsi prendere dallo sconforto ma il Comitato non cambierà di una virgola il proprio obiettivo: tenere insieme il diritto alla vita con il diritto al lavoro.

Solo tutelando il primo, ha senso il secondo. Saremo alla riunione in Regione, attiveremo altri tavoli e continueremo a proporre soluzioni alternative per lo sviluppo del territorio e per un lavoro degno, per evitare che la nostra gente possa sentirsi costretta a portare il pane a casa collaborando inconsapevolmente coi signori della guerra.

Arnaldo Scarpa – Cinzia Guaita

Portavoce del Comitato Riconversione RWM

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I portavoce del Comitato Riconversione Rwm, Arnaldo Scarpa e Cinzia Guaita, hanno scritto una lettera aperta con richiesta di incontro urgente al presidente della Regione Sardegna, agli assessori dell’Industria e del Lavoro, ai Sindaci, alle Giunte, ai Consigli comunali di Iglesias, Domusnovas, Villamassargia e Musei.

«A seguito della mozione parlamentare che, in applicazione delle leggi vigenti – in primis la L.185/90 – e dei trattati internazionali, impegna il governo a sospendere l’esportazione di armamenti (bombe e missili) destinati all’Arabia Saudita e agli Emirati Arabi Uniti, il Comitato Riconversione Rwm chiede di essere ascoltato in merito alla possibilità di salvaguardare l’occupazione dei lavoratori della stessa Rwm senza che si debba perciò rinunciare a perpetuare la vocazione pacifica, accogliente e solidale della nostra terra e dei suoi cittadini e senza che la nostra reputazione nel mondo venga intaccata, con grave danno di immagine nel contesto globale – scrivono Arnaldo Scarpa e Cinzia Guaita -. Rincorrere semplicemente l’obiettivo di preservare lo status quo occupazionale, senza uno sguardo lungo sulle fragilità strutturali che la produzione degli armamenti comporta, in particolar modo quando è svolta da una società il cui gruppo (Rheinmetall Defence) ha già predisposto, in vari paesi del mondo, altre fabbriche analoghe a quella sarda, pronte a sostituirne la produzione, e, soprattutto, senza considerare gli enormi problemi etici che certe produzioni implicano, potrebbe essere dannoso per molti aspetti e, in primo luogo, per gli stessi lavoratori della fabbrica e per il tessuto socio-economico della Sardegna.»

«Prima o poi la mozione parlamentare, e l’applicazione integrale delle norme vigenti e dei trattati internazionali ratificati dall’Italia, avranno effetti importanti sul fatturato della Rwm, che al momento è determinato in maniera rilevante da esportazioni verso l’Arabia Saudita, e per l’azienda, sarà facile decidere di delocalizzare la produzione senza preoccuparsi del futuro delle risorse umane, costituite, per la maggior parte da interinali facilmente “scaricabili”, assunti probabilmente per far fronte alla imponente commessa saudita – aggiungono Arnaldo Scarpa e Cinzia Guaita -. Il problema etico che deriva, per le istituzioni coinvolte, dal sapere di concorrere a sostenere l’economia di un territorio, alimentando la devastazione di un altro territorio, seppure a migliaia di chilometri di distanza, è del tutto evidente ma non è nemmeno l’unico aspetto morale che ci deve preoccupare. Assistiamo, infatti, ad un’accentuarsi della fragilità e del degrado del tessuto sociale dell’area interessata, altrimenti noto per la sua solidità, nonostante l’altissimo tasso di disoccupazione.»

«Nell’attesa di una convocazione, che riteniamo urgente e necessaria – concludono i due portavoce del Comitato Riconversione Rwm -, confermiamo la nostra più ampia disponibilità a collaborare con tutte le istituzioni e con le rappresentanze sindacali al fine di costruire insieme un presente ed un futuro migliore per tutti.»

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La Camera dei deputati ha approvato ieri la mozione 1/00204, primo firmatario Pino Cabras, col parere favorevole del governo, recante iniziative per il blocco dell’esportazione e del transito di bombe per aereo e missili verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti.

Il Comitato Riconversione Rwm ha accolto con soddisfazione l’approvazione della mozione, «che differisce solo parzialmente da quelle presentate da LEU, PD e Fratelli d’Italia – costituisce un risultato importantissimo per tutte le organizzazioni della società civile italiana ed europea, con le quali il Comitato ha intensamente collaborato negli ultimi anni per la promozione della pace in Yemen e nel mondo – sostengono i portavoce del Comitato Arnaldo Scarpa e Cinzia Guaita -. E’ evidente che lo stop dell’esportazione delle bombe prodotte nello stabilimento sardo della Rwm Italia Spa non potrà fermare subito la guerra ma è altrettanto chiaro che si tratta di un’assunzione di responsabilità necessaria per rimettere nel giusto ordine di priorità gli interessi commerciali del nostro paese e il perseguimento della pace nel mondo, in accordo col principio costituzionale di ripudio della guerra. Una scelta che non mancherà di generare risposte di pace a livello europeo e internazionale».

«Si trova, nella mozione, anche il riferimento alla necessità di finanziare la riconversione dell’industria bellica verso altre forme produttive, rispettose della vita umana e dell’ambiente, anche se, purtroppo, non viene ribadito nella parte dispositiva – aggiungono Arnaldo Scarpa e Cinzia Guaita -. Il Comitato richiama l’attenzione di tutti gli attori istituzionali sul tema della salvaguardia dei posti di lavoro dei circa 300 lavoratori della fabbrica iglesiente, i quali non devono subire le conseguenze di un eventuale chiusura dello stabilimento e conseguente delocalizzazione, da tempo minacciati dalla proprietà in caso di ostacoli esterni al preventivato aumento di produzione.»

«Riteniamo che non si possano scaricare su lavoratori e territorio le conseguenze di 3 anni di ipocrisie politiche, durante i quali si sono illuse le maestranze e le istituzioni locali della regolarità dell’esportazione verso la coalizione saudita. Una delle condizioni della vera ricerca della pace è la giustizia sociale e sarebbe oltremodo ingiusto che, a pagare gli errori dei governi che si sono succeduti dal 2016 ad oggi, siano solo i lavoratori e i cittadini del Sulcis Iglesiente. Per questo motivo – concludono Arnaldo Scarpa e Cinzia Guaita -, il Comitato chiede l’immediato interessamento del presidente del consiglio Giuseppe Conte, del presidente della regione Solinas, del consiglio regionale, dei sindacati e del mondo imprenditoriale e accademico, al fine di promuovere e sostenere, in maniera coesa, la messa in atto di attività alternative a quelle della produzione di bombe, anche con una appropriata legge regionale.»

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Viviamo tempi difficili, tra guerre, migrazioni disperate, disoccupazione diffusa e una percezione del disagio sociale addirittura superiore a quello reale.

E’ necessario avere coraggio. E’ necessaria, come dice Papa Francesco, la buona politica. Vogliamo tutti poter guardare al futuro con speranza.

Siamo già il polo delle bombe d’aereo in Italia. Non ci piacerebbe per niente vederne produrre ancora di più.

Sapere che partono dai nostri porti per andare a rifornire le guerre a migliaia di chilometri di distanza.

Quelle stesse guerre che sono alla base di migrazioni senza garanzie, di dolore su dolore.

Abbiamo letto con gioia e commozione l’odierno messaggio dei Vescovi della Sardegna: ci sono dentro il coraggio dei profeti e la prudenza dei pastori.

C’è dentro il richiamo a tutte le persone di buona volontà ad agire subito per la pace, iniziando ognuno dal proprio pezzetto di mondo.

Chi è nelle istituzioni deve fare la propria parte, a tutti i livelli.

Chi ha competenze specifiche le metta a servizio della riconversione della fabbrica di bombe.

Ma ogni contributo è importante quando è un intero territorio a dover riprendere in mano il proprio destino orientandolo in maniera sostenibile, pacifica e duratura.

Non deve essere lasciato a terra un solo lavoratore ma come possiamo non pensare ai bambini yemeniti ed ai loro genitori che muoiono a causa del nostro lavoro.

C’è bisogno di coraggio per cambiare le cose. Anche a costo di rischiare, come hanno sempre fatto i grandi nonviolenti passati alla Storia.

C’è chi dice che le marce non cambiano la realtà, che non servono a niente.

Noi ripensiamo alle lotte nonviolente di Ghandi e di Martin Luther King, punteggiate da grandi marce.

E non possiamo non notare gli enormi passi avanti.

Perciò grazie agli organizzatori e a quanti parteciperanno oggi a Villacidro.

Coraggio. Insieme ce la faremo!

I portavoce del Comitato riconversione RWM: Arnaldo Scarpa e Cinzia Guaita

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Il prossimo 3 novembre arriverà a scadenza la prima fase della procedura autorizzativa per il più importante fra gli ampliamenti (si contano 12 diverse pratiche in 2 anni) richiesti  da RWM Italia Spa, relativamente al sito produttivo di bombe per aereo, nella Regione “San Marco” del comune di Iglesias.

Come si evince dalla relazione tecnica pubblicata sul sito del Servizio Valutazioni Ambientali della Regione Sardegna, si tratta della realizzazione di nuove linee produttive che consentiranno di raddoppiare o addirittura triplicare la produzione.

Si tratta di quantità che fanno paura, infatti, la RWM produce già una quantità enorme di ordigni, stimata in 4/5.000 all’anno, lavorando 7 giorni su 7, 24/24h; la produzione passerebbe quindi all’impressionante numero di 10/15.000 bombe all’anno che continuerebbero ad attraversare la regione per essere portate fino in Arabia Saudita, la quale continua ad utilizzarle per distruggere ogni residua forma di vita e di civiltà in Yemen.

E’ dello scorso 4 ottobre l’ultima risoluzione del Parlamento Europeo che chiede ancora una volta agli stati UE di fermare la carneficina bloccando le esportazioni di armi verso tutti i paesi che partecipano al confitto e in particolare verso la coalizione a guida saudita.

In questi ultimi giorni, inoltre, il governo tedesco, a seguito dell’omicidio Kashoggi nel consolato saudita, propone a tutti gli stati europei un embargo totale verso l’Arabia.

Italia Nostra e Comitato Riconversione RWM si sono costituiti, già a luglio 2018, nella Conferenza dei Servizi relativa al procedimento autorizzativo, in quanto soggetti portatori di interesse diffuso, ed hanno presentato una nota congiunta (allegata) nella quale si rimarca la necessità che un’opera delle dimensioni citate, che l’azienda richiede di realizzare in un’area priva di classificazione urbanistica e ad un chilometro dal Sito di Interesse Comunitario “Marganai-Monte Linas”, non possa essere autorizzata senza essere prima sottoposta ad una attenta Valutazione di Impatto Ambientale.

Rimarcano inoltre che sono ben 12 le pratiche di ampliamento avviate dalla RWM presso il comune di Iglesias negli ultimi 2 anni e che tale novero di iniziative, in presenza di un piano di investimenti annunciato per 40 milioni di euro e di un piano organico teso a moltiplicare la capacità produttiva della fabbrica, non può non essere valutato nel suo insieme, considerando in particolare i rilevanti aspetti ambientali e sociali.

Per questi motivi chiedono con forza che tutti gli Enti coinvolti nel rilascio dell’autorizzazione e, in particolare il SUAP di Iglesias, con l’interessamento del Servizio valutazioni ambientali dell’Assessorato della Difesa dell’Ambiente, facciano quanto in loro potere affinché, prima di un’eventuale autorizzazione, possano essere approfondite le conseguenze ambientali di questo nuovo ampliamento, in connessione con l’assetto attuale dello stabilimento e con le altre pratiche autorizzative in essere.

Le organizzazioni scriventi sono pienamente consapevoli della gravità del problema occupazionale nel Sulcis Iglesiente, sottolineano però che eventuali nuove assunzioni di personale servirebbero per incrementare una produzione eticamente inaccettabile e totalmente incompatibile con la legislazione italiana (la quale prevede che si possano produrre armi esclusivamente per la difesa), e andrebbero ad aumentare ulteriormente l’esercito prima del precariato e poi dei disoccupati, essendo soggette ad immediata risoluzione nel caso della crisi aziendale che seguirebbe sicuramente il blocco dell’export richiesto dall’Unione europea.

Il Comitato Riconversione RWM e Italia Nostra Sardegna credono invece nella possibilità che possano essere trovate e messe in atto soluzioni alternative per tutti i lavoratori della fabbrica, non assistenziali, pacifiche, sostenibili per l’ambiente e foriere di ulteriore e duraturo sviluppo per il territorio.

Sollecitano perciò la politica nazionale e regionale affinché si faccia carico fino in fondo del problema ed agisca immediatamente fermando l’esportazione ed attivando le procedure per la salvaguardia di tutti i lavoratori coinvolti.

Graziano Bullegas 

Presidente Italia Nostra Sardegna

Arnaldo Scarpa – Cinzia Guaita

Portavoce Comitato Riconversione RWM