15 December, 2025
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Sanità in Sardegna e Vertenza Entrate

La Sanità in Sardegna rappresenta uno dei temi più delicati e controversi della politica regionale. A partire dalla cosiddetta Vertenza Entrate, promossa dall’ex presidente Renato Soru nei primi anni 2000, la Regione Sardegna ha ottenuto dallo Stato maggiori quote di compartecipazione alle entrate fiscali generate sul territorio. Questo riconoscimento si basa sul principio di specialità statutaria della Sardegna, una delle cinque regioni italiane a statuto speciale.

Tuttavia, uno degli effetti indiretti di questa vittoria politica è stato che la spesa sanitaria, tradizionalmente coperta dallo Stato centrale, è diventata progressivamente a carico della Regione, in misura crescente rispetto ad altre regioni. In sostanza, la Sardegna ha ottenuto più risorse fiscali, ma ha dovuto farsi carico anche di maggiori costi, in particolare proprio quelli legati al sistema sanitario regionale.

Le criticità attuali

Questa situazione ha generato nel tempo difficoltà strutturali nel bilancio regionale. Il sistema sanitario sardo è oggi segnato da:

  • Gravi carenze di personale sanitario (medici, infermieri, specialisti);
  • Liste d’attesa sempre più lunghe, con migliaia di cittadini costretti a rivolgersi alla sanità privata o a spostarsi fuori regione;
  • Difficoltà finanziarie nell’erogazione dei servizi essenziali, in un contesto insulare che presenta già ostacoli logistici e demografici;
  • Un crescente malcontento tra i cittadini per la qualità e l’accessibilità dei servizi sanitari.

La proposta: restituire il costo della sanità allo Stato

Alla luce di questo squilibrio, molti osservatori, economisti e politici regionali ritengono necessario riaprire il confronto in sede di Conferenza Stato-Regioni, con l’obiettivo di ricondurre il finanziamento della sanità sarda allo Stato centrale, così come avviene in gran parte delle altre regioni italiane.

Restituire allo Stato il costo della sanità consentirebbe alla Sardegna di:

  • Alleggerire il proprio bilancio regionale;
  • Investire le risorse liberate in sviluppo, infrastrutture e servizi;
  • Garantire un livello uniforme di assistenza sanitaria rispetto al resto d’Italia, come previsto dai Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).

Conclusione

La sanità in Sardegna è oggi al centro di una crisi che non è solo gestionale, ma soprattutto sistemica e finanziaria. Senza un intervento strutturale e una rinegoziazione dei rapporti con lo Stato, il sistema rischia di collassare, aggravando le disuguaglianze territoriali e sociali. La revisione degli accordi della Vertenza Entrate, pur salvaguardando l’autonomia fiscale della Regione, deve passare necessariamente per un riequilibrio dei costi della sanità a favore di una maggiore equità nazionale.

Proposta: Sanità di prossimità itinerante nel Sulcis – Un poliambulatorio in ogni Comune

Premessa

Il territorio del Sulcis, composto da 24 comuni, soffre da anni di gravi carenze sanitarie, con liste d’attesa insostenibili, carenza di medici e difficoltà di accesso ai servizi sanitari di base e specialistici. L’attuale modello ospedalocentrico e la scarsa capillarità dei servizi ambulatoriali rendono difficile garantire il diritto alla salute sancito dall’art. 32 della Costituzione.

Obiettivo

  • Istituire un modello innovativo di sanità di prossimità itinerante, tramite:
  • L’apertura o il potenziamento di poliambulatori territoriali in ciascuno dei 24 Comuni del Sulcis;
  • Un sistema rotazionale in cui ogni giorno un medico specialista si sposta in un Comune diverso;
  • Ridurre le liste d’attesa a massimo 30 giorni, garantendo continuità e regolarità nei servizi.

Funzionamento del modello

24 Comuni coinvolti

24 giorni lavorativi al mese (escludendo sabati e domeniche)

Ogni giorno, uno specialista (es. cardiologo, diabetologo, ortopedico, dermatologo…) si reca in uno dei comuni secondo un calendario fisso mensile.

I poliambulatori devono essere dotati delle attrezzature minime standard (ECG, ecografi, connessione telematica con il Fascicolo Sanitario Elettronico).

L’agenda delle visite viene gestita centralmente tramite ASL o software regionale, con prenotazioni facili per i cittadini (anche via telefono o sportello comunale).

Vantaggi

  • Riduzione delle liste d’attesa fino a un massimo di un mese.
  • Accessibilità territoriale garantita anche nei comuni più piccoli e isolati.
  • Sgravio per i presidi ospedalieri principali (es. Carbonia, Iglesias).
  • Maggiore continuità assistenziale per patologie croniche e fragilità.
  • Presenza costante di figure sanitarie di riferimento, anche per l’educazione alla salute e la prevenzione.

Risorse necessarie

  • Personale sanitario: specialisti a contratto o in convenzione, infermieri, amministrativi.
  • Spazi attrezzati: riuso di immobili comunali, ex sedi ASL o scuole dismesse.
  • Mezzi di trasporto per il personale sanitario.
  • Sistemi digitali per gestione prenotazioni e cartelle cliniche.

Sostenibilità

Il modello è scalabile, sostenibile e adattabile. Prevede l’impiego ottimizzato delle risorse umane (un solo specialista può coprire 24 comuni in un mese) e riduce i costi di trasporto sanitario per i pazienti. Può essere finanziato con fondi PNRR, regionali o europei per la medicina territoriale.

Conclusione

Questo progetto rappresenta una risposta concreta, moderna e sostenibile alla crisi della sanità nel Sulcis. Riporta il medico vicino al cittadino, riduce le disuguaglianze territoriali e rispetta il principio di equità del sistema sanitario nazionale.

L’importanza dei dati sanitari per una pianificazione finanziaria realistica

La gestione efficace della sanità territoriale nel Sulcis – e più in generale in tutta la Sardegna – non può prescindere dalla disponibilità e analisi sistematica dei dati epidemiologici e amministrativi. In particolare, i dati sulle esenzioni per patologie oncologiche e cronico-degenerative rappresentano un indicatore fondamentale per comprendere:

Il carico reale di malattia sul territorio;

  • Il numero potenziale di pazienti che necessitano di cure continuative e specialistiche;
  • L’impatto economico che queste patologie hanno sulla sanità pubblica regionale.

Queste informazioni sono essenziali per la stesura del bilancio sanitario regionale. Senza una base dati solida, non è possibile:

  • Costruire un modello predittivo affidabile;
  • Stimare in modo realistico il fabbisogno finanziario annuo per i servizi sanitari;
  • Pianificare in anticipo le risorse umane, tecnologiche e infrastrutturali necessarie;
  • Garantire equità e omogeneità nell’erogazione dei servizi tra territori diversi.

L’assenza o l’incompletezza dei dati comporta il rischio concreto di sottostimare il fabbisogno reale, generando tagli impropri, carenze di servizi e diseguaglianze nell’accesso alle cure, soprattutto in aree fragili come il Sulcis.

Raccomandazione operativa

È urgente attivare:

  • Un sistema informatizzato regionale di raccolta e analisi dei dati sanitari, integrato con le banche dati nazionali;
  • Una collaborazione stretta tra assessorati regionali alla sanità e al bilancio per usare i dati nella costruzione del documento di programmazione economico-finanziaria;
  • La trasparenza dei dati epidemiologici, anche a livello comunale o distrettuale, per una maggiore accountability verso cittadini e amministratori locali.

Conclusione aggiornata

Solo attraverso l’uso corretto dei dati sanitari e una programmazione strategica basata su evidenze epidemiologiche, sarà possibile garantire una sanità efficiente, sostenibile e realmente vicina ai bisogni dei cittadini del Sulcis e dell’intera Sardegna. La restituzione dei costi sanitari allo Stato, associata a una riforma della medicina territoriale e a una migliore capacità previsionale, rappresenta l’unica strada percorribile per superare l’emergenza sanitaria regionale.

Proposta: istituzione di un Osservatorio epidemiologico e Centro di Ricerca internazionale nel Sulcis

Premessa

I dati epidemiologici emersi negli ultimi anni indicano una frequenza anomala e un’accelerazione preoccupante di alcune patologie oncologiche e rare nel territorio del Sulcis e in altre aree della Sardegna. Tale evidenza suggerisce la possibile presenza di fattori ambientali e industriali aggravanti, ancora non pienamente identificati né studiati in modo sistematico.

In particolare, il territorio risente di un carico storico di inquinamento generato da:

  • Bonifiche minerarie mai completate o mai iniziate;
  • Inquinamento industriale persistente (siti ex-Alcoa, Portovesme srl, Eurallumina, impianti chimici e metallurgici);
  • Poligoni militari e sperimentazioni belliche, che hanno rilasciato nell’ambiente sostanze chimiche, metalli pesanti e materiali radioattivi.

Questi fattori, combinati, potrebbero generare un fenomeno di magnificazione degli agenti inquinanti (effetto cocktail), con ripercussioni biologiche ancora poco comprese, che spiegherebbero l’accelerazione di alcune malattie tumorali e rare.

Obiettivo

Trasformare questa condizione critica in una piattaforma di ricerca internazionale, attraverso:

L’istituzione di un Osservatorio Epidemiologico Permanente del Sulcis, con sede in loco, incaricato di:

  • Raccogliere, validare e analizzare i dati sanitari e ambientali;
  • Fornire supporto scientifico alla pianificazione sanitaria e ambientale;
  • Collaborare con ASL, ARPAS, ISS e università nazionali e internazionali.

La creazione di un Centro di Ricerca Internazionale sulle Malattie Ambientali, con l’obiettivo di:

  • Studiare i meccanismi di accelerazione patologica legati agli inquinanti del territorio;
  • Coinvolgere ricercatori e professori da tutto il mondo (medici, biologi, chimici, geologi, fisici, ingegneri ambientali);
  • Attivare collaborazioni con case farmaceutiche, enti di ricerca europei (es. Horizon Europe), e agenzie ONU (OMS, UNEP);
  • Sviluppare studi clinici, progetti di bonifica integrata e trial terapeutici innovativi.

Fonti di finanziamento

Fondi europei per la ricerca e la transizione ecologica (Horizon Europe, Next Generation EU, LIFE)

Fondi strutturali e di coesione per le regioni svantaggiate

Accordi di programma con Ministero della Salute, Ambiente, Università

Partenariati pubblico-privati con università, fondazioni scientifiche e industrie biotech/pharma

Impatto atteso

  • Comprensione delle cause ambientali e genetiche di alcune patologie ad alta incidenza;
  • Sviluppo di terapie e protocolli specifici per malattie rare e tumorali in ambienti contaminati;
  • Bonifica scientificamente guidata delle aree a rischio;
  • Valorizzazione del territorio come hub scientifico di rilevanza internazionale;
  • Creazione di posti di lavoro qualificati nel settore della ricerca, della sanità e della rigenerazione ambientale.

Conclusione aggiornata

Il Sulcis, da simbolo di abbandono e ingiustizia ambientale, può diventare un laboratorio globale di studio, cura e rigenerazione. Ciò che oggi rappresenta una ferita profonda può trasformarsi in opportunità di rilancio, attirando investimenti, competenze e speranza, per restituire dignità, salute e futuro al territorio e ai suoi cittadini.

Francesco Giganti (Banca SOS alimentare e culturale)

E’ stato un confronto molto acceso quello tenutosi ieri pomeriggio nella sala consiliare del comune di San Giovanni Suergiu, nell’inchiesta pubblica attivata dalla Regione nell’ambito del procedimento riguardante la proposta di realizzazione di una discarica per rifiuti speciali non pericolosi in località “Su Giri de sa Murta”, nella frazione di Is Urigus, comune di San Giovanni Suergiu, presentata dalla società a responsabilità limitata Ekosarda. L’inchiesta pubblica è stata attivata a seguito delle numerose osservazioni presentate dal comune di San Giovanni Suergiu, da cittadini e da associazioni del territorio, che hanno richiesto un confronto aperto e trasparente.

Alla presenza dei funzionari della Regione Sardegna, si sono ritrovati i responsabili della società proponente, la sindaca Elvira Usai con assessori e consiglieri comunali di maggioranza e minoranza, rappresentanti di diverse associazioni, tanti cittadini, in particolare della frazione di Is Urigus ma non solo.

Fin dalle prime battute, quando i responsabili dell’Ekosarda hanno iniziato la presentazione del progetto, prevista dall’inchiesta pubblica prima delle osservazioni degli altri soggetti interessati, Amministrazione comunale in testa, il clima si è surriscaldato.

In una serie di slide sono state illustrate le informazioni generali sul progetto, con classificazione dell’impianto in discarica per rifiuti speciali non pericolosi; in parte a fossa (sotto piano campagna) e in parte in rilevato (addossata a ridosso della collina esistente); su una superficie di circa 9 ettari; per una volumetria netta di 323.164 metri cubi, di cui 186.000 metri cubi circa sotto piano campagna e 142.000 metri cubi circa sopra piano campagna. Le contestazioni sono state fortissime anche in relazione alla vicinanza con i centri abitati, dai presentatori così quantificate in distanze: 750 metri da Is Urigus, 1.350 metri da Is Gannaus, 4.000 metri da San Giovanni Suergiu e 4.100 metri da Carbonia. Distanze che, a detta dei numerosi intervenuti, sono in realtà molto inferiori, con alcune case ad alcune centinaia di metri, il campo di calcio e le strutture adiacenti e lo stesso asilo molto più vicini al sito interessato dal progetto, rispetto a quanto dichiarato dai proponenti.

Ad aprire gli interventi è stata la sindaca Elvira Usai, che ha motivato con alcuni passaggi durissimi il “NO” alla realizzazione della discarica a “Su Giri de sa Murta”.

I numerosi interventi seguiti a quello della sindaca, complessivamente una ventina, hanno bocciato il progetto… Loredana Carrogu, progettista in ambito sociale e culturale, e Silvio Nocco, medico cardiologo; Giorgio Querzoli, responsabile scientifico di Legambiente Sardegna, e Alessandro Madeddu, presidente Anspi; Graziano Bullegas, presidente regionale di Italia Nostra, e Sergio Porceddu, agente di assicurazioni in pensione; Rosario Spanu, residente vicino alla cava, e Marco Zusa, vice sindaco del comune di San Giovanni Suergiu; don Antonio Mura, responsabile della Pastorale per il Sociale e il Lavoro della diocesi di Iglesias, con un messaggio inviato su Whatsapp, e Alessandro Moi, cittadino; Sergio Madeddu, presidente dell’Auser di San Giovanni Suergiu, e Daniele Baglivi, dirigente della Pol. Is Urigus; Francesco Giganti, presidente del Banco SOS Alimentare, e Angelo Cremone, Sardegna pulita; Erika Floris, consigliera di minoranza del comune di San Giovanni Suergiu, e Roberto Puddu, ex segretario della Camera del Lavoro CGIL del Sulcis Iglesiente; Luisa Poggi, cittadina di Carbonia, e Giampiero Cabras; e, infine, Cenzo Satta, rappresentante legale di Smart Soa Villacidro…

Tutti hanno bocciato il progetto. Diverse le motivazioni: dalla pericolosità dei rifiuti che verrebbero destinati alla discarica, alla vicinanza della stessa dal centro abitato, con conseguenze sanitarie e ambientali disastrose; dall’incompatibilità della realizzazione di una nuova discarica con la vocazione economica del territorio su agricoltura e allevamento, alla discutibile affidabilità del progetto e della stessa società proponente, priva di dipendenti e con un capitale sociale minimo.

L’inchiesta pubblica è stata sicuramente un passaggio importante per il procedimento autorizzativo con la richiesta presentata dalla società Ekosarda, ora la Regione dovrà fare le sua valutazioni.

Giampaolo Cirronis

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Non serviva il Covid per mettere in ginocchio molte aziende sarde. Per alcune di esse la sofferenza era in atto da tempo. Il virus è stato solo la battuta finale di una situazione economica già pesante. Sicuramente la pandemia è servita ad inasprire la crisi, ma nessun settore può ritenersi privilegiato, o avvantaggiato rispetto agli altri, quando la situazione è difficile già in partenza. Nel settore agropastorale e caseario lo sanno bene e da tempo, con la costante lotta per il prezzo del latte e i costi di filiera. Ma nei mesi scorsi anche la produzione ha dovuto subire una battuta d’arresto, causando una crisi ancora maggiore.
«Tutto il settore agricolo e agrituristico legato alle produzioni agricole ha avuto un crollo delle venditeafferma Diego Tidu, allevatore di Gonnesa e rappresentante Coldiretti Gonnesa -. Tutti i prodotti che andavano consumati in loco dai turisti, così così come dagli agriturismi o dai ristoranti, oggi sono fermi. Quindi chiediamo alla Regione o a chi di dovere un aiuto per fronteggiare quest’emergenza e poter andare avanti.»
È il momento di proporre delle soluzioni alternative, sempre che ce ne siano. Una proposta molto particolare arriva da Francesco Giganti, presidente dell’Associazione “Banco Alimentare e Culturale” di Carbonia.
«Noi crediamo nel tessuto economico della Sardegna. Abbiamo preso contatti con l’ambasciata americana a Roma. Ci hanno risposto immediatamente e si stanno creando i presupposti per cercare di aiutare e sostenere le imprese sarde. Il prossimo passoconclude Francesco Gigantisarà definire, nello specifico, come fare. Poiché negli ultimi 70 anni i Sardi hanno dato tantissimo agli Stati Uniti, noi chiediamo a gran voce, ai fratelli americani, di sostenerci in questa battaglia.»
Un tentativo, quello di Francesco Giganti, nato da una sua personale idea e che cerca il sostegno degli imprenditori isolani, strozzati dalla morsa di un disastro finanziario senza precedenti.
Ad aggiungere sale sulla ferita della già disastrosa crisi economica si è aggiunto un problema legato alla produzione delle mascherine. In periodo di pandemia ne servono illimitatamente e la produzione non basta a soddisfare la richiesta. Per sopperire alla mancanza, alcune aziende, anche sotto lo stimolo dato dallo Stato, hanno deciso di riconvertire la propria produzione in quella di mascherine, con l’obbligo, per alcune di loro, di acquistare i macchinari adatti. Per questa ragione, pochi mesi fa è nato il Consorzio Sardo Produzione Mascherine, che racchiude tutte le ditte impegnate in questa riconversione.
«All’interno del nostro Consorzio ci sono aziende sia del Sud che del Nord Sardegna, che producono mascherine in quantità industrialespiega Ciro Senis, titolare di un’azienda produttrice di divani, a San Gavino Monreale -. Abbiamo una capacità produttiva di 90 mila mascherine al giorno. Siamo stati accolti in Regione, all’Assessorato all’Industria, che ci ha promesso mari e monti ma fino a oggi non si è vista ancora nemmeno una commessa da parte della Regione.»
Soldi spesi invano, sulla promessa di una produzione industriale che non ha ancora portato a nulla.
«Durante il blocco dei mesi scorsi, queste aziende hanno subito un crollo delle venditeprosegue Ciro Senis -. Quindi ci siamo riconvertiti e messi a produrre mascherine. In seguito ci siamo consorziati per poter fornire la Regione Sardegna e la Protezione civile. Abbiamo ricevuto un sacco di promesse ma fino a oggi non è ancora arrivata una sola richiesta concreta, da parte di nessun ente.»
Il disappunto principale di Ciro e degli altri consorziati sta nel fatto che, per alcuni di loro, si è trattato di impegnarsi in investimenti di una certa portata, in cambio di promesse che non sono state mantenute. La speranza è che la situazione si sblocchi e le commesse possano arrivare nei mesi futuri.
Stessa sorte è toccata a Gabriele Concas, titolare di una ditta di Gonnesa che produce materassi.
«Ci hanno fatto riconvertire, con la promessa di poter essere d’aiuto alla popolazione, per via della scarsità di mascherine. Invece così non è stato. Terminata la produzione è andato tutto in fumo. Chi ha speso per fare la riconversione si è trovato con un investimento fatto ma nessuna commessa.  Quando la Regione spese 20 milioni di euro per un polo tessile a Olbia, ci disse che la nostra riconversione sarebbe stata d’aiuto per riprendere quell’investimento, invece non se ne è fatto nulla. Sono stati tutti molto entusiasti del nostro progetto però, ad oggi, non abbiamo ancora nulla in mano.»
Chissà se una risposta arriverà almeno da parte degli americani.

Federica Selis
 

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Il Movimento 5 Stelle ha presentato questa mattina alla città di Carbonia, in un anfiteatro di piazza Marmilla gremito, la candidata alla carica di sindaco, Paola Massidda, e la lista dei 24 candidati alla carica di consigliere comunale per le elezioni in programma nel prossimo mese di giugno (non è stato ancora deciso se si andrà a votare per il primo turno domenica 5 o domenica 12 giugno).
Per l’occasione sono state fatte le cose in grande, con la partecipazione di Alessandro Di Battista, ormai a pieno titolo uno dei leader nazionali del movimento, dei deputati Emanuela Corda e Andrea Vallascas, del sindaco di Assemini Mario Puddu, della candidata sindaco per le Amministrative del comune di Cagliari Maria Antonietta Martinez e del candidato sindaco per le Amministrative del comune di Gonnesa Giuseppe Piga.

L’incontro con i cittadini si è svolto in un clima di grande entusiasmo e fiducia per l’appuntamento elettorale di giugno. Dopo l’intervento di Paola Massidda e la presentazione dei 24 candidati alla carica di consigliere comunale, sono intervenuti Emanuela Corda, Andrea Vallascas e Mario Puddu, ed ha concluso la giornata Alessandro Di Battista che ha fatto alcuni riferimenti alla situazione politica cittadina, chiedendo ai cittadini di dare fiducia ai candidati del movimento che si presenta per la prima volta sulla scena politica cittadina e di verificare giorno per giorno quello che sarà il loro operato, ma ha incentrato il suo intervento sui temi al centro della politica nazionale, riscuotendo moltissimi applausi, con un entusiasmo che si è protratto anche a fine comizio.

Nel clima di entusiasmo ed euforia non è mancata una nota critica all’attività del Movimento 5 Stelle, sollevata da Francesco Giganti, ex attivista, che ha detto ad Alessandro Di Battista di essere stato cacciato per aver dimostrato che il voto online si poteva falsare ed ha chiesto che cosa è cambiato nei comuni nei quali amministra il Movimento 5 Stelle.

Nel telegiornale di domani, lunedì 4 aprile, trasmetteremo un ampio servizio sulla presentazione di questa mattina, con alcuni passaggi dell’intervento di Alessandro Di Battista e un passaggio dell’intervento del candidato sindaco Paola Massidda.

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