28 April, 2024
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«Apprendiamo oggi dalla Giunta regionale che il Governo deve alla Sardegna la bellezza di 6-700 milioni e inoltre che con la Legge di Stabilità per il 2015 ci sta per portare via altri 97 milioni. Questi ultimi non concordati in alcun modo, giusto sottratti d’autorità, e in aggiunta ai 570 milioni già previsti come partecipazione dell’isola al ripianamento dei debiti dello Stato e ad ulteriori 68 come gentile contributo dei sardi ai famosi bonus da 80 euro». Lo dice Franco Meloni, coordinatore del Centro Studi dei Riformatori.

«Insomma – aggiunge Meloni – Renzi distribuisce gli 80 euro sì cittadini facendo la bella figura lui ma lo fa utilizzando i soldi delle Regioni, inclusa la Sardegna. Di fronte a tutto questo una Giunta regionale immobile e supina reagisce con flebili lamentele, quasi inaudibili, scusandosi di essere costretta a disturbare il manovratore mentre costui continua imperterrito a frugarci letteralmente nelle tasche.»

«Si tratta – dice ancora l’esponente dei Riformatori sardi – lo diciamo perché non lo si dimentichi, della stessa Giunta che ha rinunciato a costituirsi davanti alla Corte Costituzionale nella causa che vede il Governo chiedere l’annullamento della previsione di incasso di 1 miliardo di euro legato alla cosiddetta “vertenza accise”, che aveva visto la precedente maggioranza regionale inserire giustamente la posta nella Finanziaria regionale per il 2014. Cioè, una Giunta che ha deliberatamente scelto di non difendere gli interessi dei sardi e questo con l’appoggio di una maggioranza in cui non si contano le moltitudini di partiti che si definiscono sardisti, autonomisti, sovranisti e alcuni addirittura indipendentisti.»

Sempre la stessa Giunta, è il pensiero di Franco Meloni, «che a luglio aveva trionfalmente annunciato uno storico accordo con il Governo che avrebbe dovuto chiudere ogni vertenza in maniera tombale. Successivamente l’assessore Paci ha dovuto confessare pubblicamente ai sardi che la chiusura non era poi così tombale, insomma che restava in piedi un contenzioso e che quindi non avrebbe ritirato i ricorsi ancora pendenti davanti alla Corte Costituzionale su diversi aspetti della questione. E infatti, non li ha affatto ritirati né entro il 15 settembre scorso (come si era ufficialmente impegnato a fare) né lo ha fatto più tardi.»

I Riformatori sardi hanno presentato una proposta di legge per trasferire alla Regione le competenze sulla rete stradale.

«Per avere una rete stradale davvero efficiente – dice Michele Cossa, coordinatore regionale dei Riformatori sardi – è necessario trasferire competenze, gestione e controllo alla Regione, istituendo un nuovo dipartimento all’interno dell’assessorato dei Lavori pubblici. Dopo la Salerno-Reggio Calabria la nostra 131 rappresenta in modo emblematico, col suo concentrato di problemi enormi e di lavori infiniti, la necessità di un riordino radicale della materia.»

Per Sergio Pisano, del Centro studi dei Riformatori, «la Sardegna ha la possibilità di colmare finalmente un vuoto normativo, dando piena attuazione allo Statuto speciale che all’art. 3 le assegna competenza primaria superando la gestione Anas che, nell’Isola, non può essere giustificata dal fatto di dover assicurare continuità su tutto il territorio nazionale».

Sergio Pisano si è poi soffermato sulle cifre di Anas in Sardegna: oltre 3000 km di strade, 596 dipendenti che a breve diventeranno 570, 32 milioni di euro di spese per il personale, 30 milioni circa per la manutenzione della rete e, alla voce entrate, le risorse provenienti dalle convenzioni sugli investimenti in corso, pari a 150 milioni solo per la Sassari-Olbia. «Puntiamo inoltre a garantire una presenza incisiva sui circa 6000 Km di strade delle disciolte Province e soprattutto a sbloccare opere importanti per i territori, come quelle post-alluvione che, pur essendo classificate come urgenti non sono nemmeno iniziate: il tutto a costo zero per la finanza regionale.»

Il presidente del Centro studi dei Riformatori sardi, Franco Meloni, ha messo l’accento sui vantaggi della regionalizzazione della rete stradale. «In primo luogo – ha detto – una rigorosa vigilanza sui flussi delle risorse, poi una presenza forte sui territori ed una gestione snella ed efficace, basti pensare che la Sassari-Olbia è concretamente partita con i commissari”.

Il capogruppo in Consiglio regionale Attilio Dedoni, infine, ha affermato che «il successo della proposta è legato all’azione di un governo regionale forte e capace, nei rapporti con lo Stato, di garantire i necessari trasferimenti di risorse; altrimenti rischierebbe di finire come la vertenza-entrate con cui Prodi garantì 1.2 miliardi a Soru e molti anni dopo Renzi dà a Pigliaru di meno e pure a rate».

La rete di viabilità sarda,  la cui gestione sarà affidata al Dipartimento della Viabilità  sarda, sarà classificata in tre diverse tipologie:

strada regionale di classe 1: costituita dall’intera rete viaria attualmente classificata rete stradale nazionale la cui estensione è complessivamente di 1.029 chilometri;

strade regionali di classe 2: costituita dall’intera rete viaria ancora oggi in gestione ANAS ma che fin dal 1999 sarebbe dovuta essere affidata alla competenza della Regione Sardegna, in attuazione del Decreto Legislativo n.112/99, la cui estensione è di 1.879,5 chilometri;

strade regionali di classe 3: costituita dall’attuale rete viaria provinciale la cui estensione è di 6.000 chilometri . Molti dei tracciati delle attuali strade provinciali si sovrappongono a più province e una gestione regionale consentirà una razionalizzazione e ottimizzazione degli interventi.

Per quanto riguarda la classe 2, come si vede, siamo già in ritardo di 15 anni: soltanto la Sardegna e la Sicilia non hanno competenza su questo tipo di strade. Ma la vera novità sarà il trasferimento anche delle altre due classi: la 1, le strade classificate come nazionali, e la tre, vale a dire quelle provinciali. Sarà un vero e proprio salto di qualità che ci metterà al pari della Regione che da questo punto di vista è più avanti di tutte in Italia: il Trentino Alto Adige.

In questo modo la regia sulla rete viaria sarà unica e non assisteremo più ai vergognosi rimpalli di responsabilità: i sardi hanno il diritto di avere strade che funzionino in tutta la Sardegna.

I sardi avvertono una insopportabile e non più tollerabile ingiustizia sul problema della situazione viaria in Sardegna , in primo luogo dettato dalle condizioni di insularità e mancata attuazione di una effettiva continuità territoriale, poi dal deficit infrastrutturale che ci pone ultimi nella graduatoria nazionale con un rapporto (Km viari/ superficie territoriale)  quasi da terzo mondo, con appena 50 Km di rete ogni 100 kmq. Si pensi che fatto 100 l’indice della dotazione fisica dell’Italia della categoria strade ed autostrade, quello della Sardegna, è di appena (41,3), con sensibili scarti rispetto al mezzogiorno ( 70,5) al centro (105,3 ) al Nord-Est con (110,4) e al Nord-Ovest dell’Italia (129, 9).

Il compito di gestione della rete viaria sarà affidato al Dipartimento regionale per la Viabilità, denominato “Strade Sardegna”, incardinato presso l’assessorato dei Lavori pubblici e dotato di autonomia funzionale, attraverso l’istituzione organizzativa di una apposita Direzione Generale.

Il dipartimento avrà una organizzazione molto snella improntata ad accelerare e abbattere le molteplici e ripetitive procedure amministrative, che assai spesso sono origine di forti rallentamenti nella realizzazione degli interventi, quasi sempre caratterizzati da “massima urgenza”.

«Giunge la notizia, non inaspettata per la verità, che la riduzione del numero delle ASL è slittata alla legge sul riassetto degli Enti locali che la Giunta, non si sa bene in base a quale ottimistica previsione, prevede di esitare per fine dicembre. Per il momento si va avanti con la proposta del Partito Democratico, fatta evidentemente solo per sostituire i direttori delle ASL nominati dal Centro destra. Quindi per ora le aziende non diminuiscono, i sardi possono stare tranquilli anzi il centro sinistra gli vuole così bene che aggiunge la dodicesima azienda, inutile come molte delle altre: l’AREU, che gestirà l’emergenza. Alzi la mano chi ne sentiva l’esigenza. E alzi la mano chi davvero crede che alla fine ridurranno le ASL.»

Lo dice il coordinatore del Centro Studi dei Riformatori sardi, Franco Meloni, ex consigliere regionale ed ex direttore generale dell’Azienda Ospedaliera “Brotzu” di Cagliari.

«Ci dicono che l’AREU costerà solo 600.000 euro l’anno – aggiunge Franco Meloni – monitorizzeremo con attenzione la faccenda e ne chiederemo conto alla Giunta perché- facile previsione- non sarà così. Così come, una volta liberatisi dall’ossessione di occupare le poltrone ai vertici delle ASL e nominati i loro amici, chiederemo conto alla Giunta e alla maggioranza delle previsioni di risparmi (hanno parlato anche di 400 milioni) di questi giorni. Il 31 dicembre 2015 vedremo gli effetti della politica del centrosinistra che – un’altra facile previsione – sarà come al solito disastrosa : ci saranno meno assistenza e più costi perché l’appetito dopo cinque lunghi anni di digiuno è evidentemente straripante.»

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Il Palazzo Boyl di Milis ospiterò sabato sera, dalle 15.00 alle 20.00, un convegno sull’energia organizzato dal FAI, #Fondo Ambiente Italiano in Sardegna.

Da quando i primi fuochi illuminarono le notti senza elettricità i nostri antenati costruirono il mito che un giorno sarebbero stati affrancati dal lavoro e che l’energia sarebbe stata inesauribile. La realtà è stata diversa. Il lavoro è una chimera per troppi e qualunque scelta sull‘energia necessita di valutazioni che oltrepassino il qui ed ora.

Per tale ragione il ¶FAI Sardegna s’interroga su quale energia per quale Sardegna? L’energia è tema sensibile da affrontare col massimo di partecipazione perché i decisori non siano lasciati soli ad assumersi responsabilità che riguardano la comunità regionale ed i territori per i decenni a venire.

La progressiva dismissione delle industrie energivore e la crescita delle fonti rinnovabili avrebbero dovuto produrre in Sardegna una diminuzione del consumo di energia ed un minor costo. E‘ diminuito il consumo ma non il costo. E‘ tempo allora di riflettere sulle diverse fonti di produzione e sul loro impatto nei territori. In troppi casi devastante. E‘ il caso di molte fonti energetiche che hanno occupato i territori a destinazione agricola.

E‘ necessario coordinare le fasi di pianificazione, di erogazione dei contributi, di costruzione e di gestione del #Piano Energetico Regionale. Chiedersi se non sia il caso di creare un’Agenzia Energetica Regionale che risponda alle molteplici esigenze di natura pubblica o privata da parte di singoli o società. Promuovere l’autonomia energetica delle comunità locali ed una diffusa pedagogia del risparmio e del riuso specie nelle aziende agricole e zootecniche messe in grado di “autoprodurre”.

Nei mesi scorsi il FAI ha sollecitato il governo regionale sulla sottrazione – a tratti spregiudicata – della terra alle colture agricole con le fonti rinnovabili. Sono stati distrutti paesaggi, divorati preziosi suoli agricoli, disseminati i territori di cattedrali nel deserto, creato ulteriori servitù. Dopo l’eolico, il fotovoltaico e il termodinamico solare a terra ad altissimo impatto ambientale l’ultima frontiera è il cosiddetto MINIeolico.

Non risultano ad oggi disposizioni ostative alla realizzazione di impianti di 60 kW potenza. Pertanto, per il FAI, è urgente che si disponga che, anche gli impianti eolici di potenza inferiore ai 60 kw, si possano realizzare in aree agricole, a patto che siano destinati all’autoconsumo energetico per l’azienda che lo richiede; che il richiedente sia un  imprenditore agricolo professionale, e/o comunque una società agricola presente stabilmente nell‘isola; che siano assoggettati a V.I.A., ovunque localizzati, così come da ultimo ha stabilito la Sentenza della Corte Costituzionale (n. 188/2013 del 03.7.2013).

Interverranno: Antonia Fabiola Putzolu, sindaco di Milis; Maria Antonietta Mongiu, presidente regionale FAI Sardegna; Nicolò Migheli, sociologo; Antony Muroni, direttore de L’Unione Sarda; Antonello Pazzona, agronomo dell’Università di Sassari; Andrea Vallebona, ingegnere elettrico; Alfonso Damiano, ingegnere elettrico ed elettronico dell’Università di Cagliari; Paolo Randaccio, fisico dell’Università di Cagliari; Giacomo Oggiano, geologo dell’Università di Sassari; Franco Meloni, fisico dell’Università di Cagliari; Luciano Burderi, fisico dell’Università di Cagliari; Sergio Vacca, geo-pedologo dell’Università di Sassari; Angelo Aru, agronomo dell’Università di Cagliari; Ignazio Camarda, botanico dell’Università di Sassari; Chiara Rosnati, naturalista dell’Università di Sassari, Pietro Ciarlo, costituzionalista dell’Università di Cagliari; Ottavio Castello, direttore di Confservizi Sardegna; Michele Gutierrez, economista agrario dell’Università di Sassari; Fausto Pani, geologo; Pietro Tandeddu, esperto di politiche agricole; don Ettore Cannavera, responsabile della comunità La Collina; Giuseppe Pulina, agronomo dell’Università di Sassari; Mauro Mura, procuratore capo della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari.

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«Con il lancio dell’operazione della #Bper per incorporare il #Banco di Sardegna, la nostra Isola perde la banca di riferimento ed il presidente della Regione non stia a guardare.»

L’appello è dell’ex consigliere regionale Franco Meloni, oggi rappresentante del #Centro studi dei Riformatori sardi.

«Si diffondono voci sempre più preoccupanti sul futuro del Banco di Sardegna, l’unica banca con le radici in Sardegna, anche se ormai controllata da una banca emiliana che tutto ha a cuore fuorché aiutare l’isola e la sua economia – attacca Franco Meloni -. L’ultimissima ci giunge dalle autorevoli colonne di Milano Finanza e riporta notizie circa la possibilità di uno “swap” a favore della Bper, in poche parole un’operazione che consentirebbe a quest’ultima di incorporare il Banco di Sardegna e di diventarne l’assoluto padrone. E la Fondazione Banco di Sardegna, che detiene quasi il 49 % delle azioni del Banco ne ricaverebbe in cambio una quota importante di azioni della Bper, titoli – ci dicono le cronache – liquidi ed apprezzati dal mercato.»

«La Fondazione – aggiunge Meloni – è una proprietà dei sardi, nata per ereditare un grande patrimonio frutto del sudore pluridecennale dei sardi e per sostenere l’economia e lo sviluppo della Sardegna. Non può comportarsi come un qualunque pescecane di Wall Street e disperdere tutto davanti ad una prospettiva di guadagno puramente economica: ha obblighi morali che non può scordare.

«Per questo – conclude Meloni – invitiamo il presidente Pigliaru a vigilare con attenzione e ad esercitare tutta la sua autorevole influenza sulla Fondazione il cui organo di controllo, tra l’altro, è notoriamente vicino al suo partito.»

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Il coordinatore del #Centro Studi dei Riformatori sardi, Franco Meloni, e due rappresentanti dei #Giovani Riformatori sardi e componenti del Centro Studi, Alessandra Onni e Roberta Pischedda, hanno tenuto questa mattina una conferenza stampa per denunciare quello che hanno definito il bluff del #patto di stabilità e l’accordo Regione-Governo che costerà alla Sardegna almeno 300 milioni di euro l’anno.

«Nelle scorse settimane il presidente Pigliaru e l’assessore Paci sono tornati molto soddisfatti da Roma, reduci dall’incontro con il Governo da cui avrebbero ottenuto ( a loro dire) concessioni che definire storiche sembrerebbe estremamente riduttivo – hanno detto i rappresentanti dei Riformatori sardi –. A parte la sistemazione temporanea per il 2014, la vera conquista sarebbe il pareggio di bilancio ottenuto dal 2015 in poi che – in parole semplici – vuol dire che la Regione potrà spendere tutto quello che incasserà con l’unica condizione di mantenere il pareggio di bilancio e, non secondario, al netto di un massiccio accantonamento(  di circa 600 milioni) posto a carico della Regione dalla normativa vigente. Comunque niente più patto di stabilità, spesa libera dei nostri soldi, a prima vista davvero un trionfo della Giunta che parla di disponibilità aggiuntive di circa 1.2 miliardi.»

«A noi – hanno aggiunto – che il Governo, in questa situazione difficilissimo della finanza pubblica, fosse diventato improvvisamente così prodigo verso la Sardegna è sembrato un po’ strano ma esaminando bene l’accordo firmato da Pigliaru ci siamo resi conto che le cose non stavano esattamente come apparivano. In poche parole, non ci sarà davvero alcuna capacità di nuova spesa.» 

Meloni, Onni e Pischedda hanno aggiunto che «la Giunta Cappellacci aveva approvato una finanziaria che prevedeva un livello sia di cassa sia di competenza pari a 2513 milioni, ma, in più, aveva messo la quota del #Fondo Unico dei Comuni e Province (circa 500 milioni) fuori patto, forzando un po’ la situazione ma comunque l’aveva fatto e gli aveva dato corso. Poi aveva considerato questo ampliamento di spazi finanziari come un anticipazione (permanente) di 500 milioni dei 1.200 richiesti allo Stato. La norma regionale che ha messo fuori patto il fondo unico, non è mai stata impugnata dallo Stato né dalla Corte dei Conti, come invece avrebbe potuto e dovuto se le avesse ritenute incostituzionali, come fece ad esempio nel caso delle “entrate future” del 2007. Nel 2014 la capacità di spesa regionale anziché passare dai circa 3.000 milioni ( tra autorizzati e non, ma comunque reali) ai 3.700 milioni promessi dalla nuova Giunta (hanno parlato più volte di 1.200 milioni in più!!!), dopo il “trionfale” accordo Paci-Padoan è stata invece abbassata a meno di 2.700 milioni. Sempre al netto di sanità, mutui, ammortamenti, partite di giro, etc)».

«Il livello delle entrate fiscali (titolo I) è stato di 6.587 milioni nel 2013, ma nella Legge Finanziaria per il 2014, valutando correttamente la probabile riduzione del PIL e della parallela riduzione delle imposte pagate dai cittadini e dalle imprese, è stato previsto un livello di entrate di poco inferiore ai 6 miliardi. Non bisogna aspettare il 2015 per capire che le nostre risorse si ridurranno drasticamente, visto che già ad agosto del 2014 gli accertamenti sono inferiori di oltre 500 milioni alle previsioni. Ma a causa del disastroso andamento dell’economia ed anche per le clausole sottoscritte con l’accordo, a fine anno il calo delle entrate è probabile che sia anche  superiore.

Sulla base dei pronunciamenti della Corte Costituzionale, nel bilancio regionale sono iscritte risorse che il MEF tuttora contesta e poiché nell’accordo Paci-Padoan da un lato non è stata prevista alcuna clausola di salvaguardia per la Regione e dall’altro è stata sottoscritta una rinuncia ai ricorsi e agli eventuali pronunciamenti favorevoli futuri, è facile capire come tutto questo non solo metta a rischio le posizioni già conquistate, ma ci privi inoltre del più importante strumento di pressione, rafforzando le pretese del MEF che ben conosciamo dal passato.

Dal 2015 non si applicheranno più le regole del patto (scompariranno tra l’altro i 964 milioni finora posti a carico della Regione dalla normativa previgente) ma rimangono comunque in piedi gli “accantonamenti” istituiti nel 2012 (ossia i tagli di entrata) che oggi ammontano a oltre 577 milioni all’anno e che dal 2012 al 2017  valgono poco meno di tre miliardi.»

«La Giunta Pigliaru si è assunta inoltre la gravissima responsabilità di rinunciare a tutti i contenziosi in atto con il Governo, dove pure c’era la concreta possibilità di vincerne qualcuno.»

La conclusione per i Riformatori sardi è semplice: «Di sicuro con i “trionfali” accordi i sardi non ci hanno guadagnato nulla, anzi con la rinuncia ai ricorsi ci hanno perso molto, sapendo che per il futuro, anche a causa dell’andamento dell’economia, non solo non ci saranno gli sbandierati 1.2 miliardi in più ma invece centinaia di milioni in meno.

Oltre a tutto con l’accordo “trionfale”, Pigliaru e Paci hanno consegnato la Regione con mani e piedi legati ai funzionari della ragioneria Generale dello Stato che saranno gli unici a valutare e contabilizzare il livello delle entrate, e se sbagliano a favore loro, e il passato ci insegna che non è improbabile, noi potremo solo ricorrere dopo che loro le avranno fissate.

Con il nuovo sistema la Regione Sardegna non potrà più accertare direttamente le compartecipazioni ai tributi erariali in base al proprio dettato statutario, ma potrà iscrivere in entrata solo quello che lo Stato impegnerà e devolverà.

Nel 2013 la Giunta di centro destra ha speso circa tre miliardi (oltre alla sanità), nel 2014 la Giunta di centrosinistra spenderà 2.696 milioni (sempre oltre la sanità), e nel 2015, se va bene, arriverà a 2.700 milioni.

In poche parole il tetto alla spesa l’hanno tolto perché non c’e n’era bisogno, sapevano già che le entrate sarebbero state inferiori al tetto stesso. E questo – hanno concluso i Riformatori sardi – è a prova di smentita.»

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L’ex consigliere regionale Franco Meloni, coordinatore del #Centro Studi dei Riformatori sardi, interviene nel dibattito sulla sanità, con una nota indirizzata all’assessore regionale della Sanità, Luigi Arru.

«Qualcuno informi l’assessore della sanità – scrive Franco Meloni – che dal 2015 il suo Presidente ha concordato con il Governo il pareggio di bilancio, per cui non esistono “fondi destinati alla sanità'” in una  regione che ha un disavanzo di 400 milioni/anno sulla spesa sanitaria e si appresta ad aggiungerne altri 50 per il funzionamento del nuovo#San Raffaele. L’assessore ascolti i buoni suggerimenti, da qualsiasi parte provengano, e non faccia l’errore di coniugare la debolezza politica alla strafottenza che, insieme, portano dritti in in vicolo cieco. Per concludere alla Renzi: #luigistaisereno.»

Michele Cossa

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«Il povero segretario del Pd Silvio Lai ormai fa tenerezza con i suoi tre comunicati al giorno sull’universo mondo, anche perché raramente sa di cosa parla, oppure lo informano molto male.»

Lo dicono il coordinatore regionale dei #Riformatori sardi, Michele Cossa, e il presidente del #Centro Studi dei Riformatori Franco Meloni.

«Innanzitutto non c’è alcun baratto – aggiungono gli esponenti dei Riformatori sardi – abbiamo semplicemente detto una cosa che pensano tutti, pure i sindacati che sono stati ascoltati in audizione: la proposta di legge presentata dal centrosinistra non riforma nulla, non taglia alcun costo e anzi aumenta la spesa con la proposta di una nuova direzione generale a cui bisognerà affiancare un’altra direzione sanitaria e una amministrativa. Per di più sottrae agli ospedali il controllo sui pronto soccorso. Alcune regioni hanno fatto questo tipo di riforma ma stanno tornando velocemente indietro.»

«Silvio Lai – proseguono Cossa e Meloni – è talmente scollegato dalle questioni sarde che non sa neppure che i sindacati e in particolare la #Cgil hanno sonoramente bocciato la proposta di legge dicendo che la proposta, sono le parole del segretario della Cgil Michele Carrus, non è in grado di risolvere alcuno dei problemi menzionati negli articoli.»

«Siccome sappiamo tutti che questa proposta è fatta unicamente per poi avere il pretesto di commissariare le Asl e creare tre posti in più da occupare – dicono ancora Cossa e Meloni – tagliamo la testa al toro: invitiamo i direttori generali alle dimissioni spontanee in modo tale che il centrosinistra occupi le poltrone che vuole occupare, e poi ripartiamo con una seria riforma della sanità. Non questa cialtronata che farà spendere milioni di euro in più alla Sardegna.»

«In quanto ai disastri del passato – concludono Cossa e Meloni – fa specie che parli proprio uno che è stato tra i principali protagonista dell’era Dirindin che i sardi ricordano talmente bene che è bastata la minaccia di un suo ritorno per far quasi perdere al Pd e ai suoi alleati le elezioni. Lai, purtroppo per lui , ha solo un’idea vaga dei conti della sanità e, siccome crede ancora alle favole, pensa davvero che lui e i suoi compari abbiano risolto i problemi della spesa della sanità sarda; forse non ricorda che hanno lasciato un buco di quasi trecento milioni. E, non contento delle prodezze del passato, si vuole ripetere con una proposta che francamente è talmente superficiale da far sorridere. Basta dire che vogliono far funzionare la centrale di committenza, cioè il servizio acquisti unico per tutte le ASL della Sardegna, con l’utilizzo di 5 persone. Compagno Lai, vi abbiamo beccato, rassegnati, volevate solo sostituire i direttori generali e ora non sapete come uscirne: però la via non è certamente quella di insultare persone serie che fanno proposte serie come i Riformatori sardi.»

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Antonello Cabras.

«Chiediamo al presidente della Fondazione Banco di Sardegna di farsi protagonista di un cambiamento nella gestione della Fondazione Banco di Sardegna e del suo patrimonio a cominciare dalle regole di governance del sistema, cioè dal fatto che gli amministratori siano nominati in maniera trasparente e scelti tra i migliori, che non si nominino da soli, che siano davvero rappresentativi delle migliori intelligenze della nostra collettività. E, se possibile, senza targa politica». Lo scrive il presidente del Centro Studi in una lettera aperta inviata al presidente della #Fondazione Banco di Sardegna, Antonello Cabras.

Nella lettera Meloni spiega perché i Riformatori hanno avviato la campagna sulla Fondazione e chiedono a Cabras di essere loro alleato in questa azione di cambiamento.

Questa la versione integrale della lettera aperta

Illustre Presidente,

Noi Riformatori da tempo abbiamo iniziato una campagna rivolta a chiarire alcuni aspetti della gestione e del funzionamento del Banco di Sardegna ma soprattutto della sua azionista di minoranza, la Fondazione Banco di Sardegna.

Con questa lettera cerchiamo di chiarire innanzitutto a Lei, prima ancora che all’intera opinione pubblica il perché della nostra azione, che non è tesa a colpire  gli attuali amministratori, non rivendica ruoli o posti di potere, non è interessata in alcun modo a mandare via questo o quello.

Anzi ci rivolgiamo a Lei proprio perché assolutamente convinti che la sua statura istituzionale le consenta, meglio che a chiunque altro, di comprendere la necessità di cambiare profondamente strumenti e metodi di gestione della Fondazione dando nel contempo la massima trasparenza alla sua azione.

Noi riteniamo infatti indispensabile intervenire sull’iter di nomina dei suoi amministratori ponendo fine alla attuale commistione tra politica e finanza che caratterizza principalmente, ma non solo, il consiglio di amministrazione del Banco nonché delle regole di nomina del comitato di indirizzo che sembrano costruite solo per autopepetuare il gruppo di testa della Fondazione e del Banco..

La Fondazione ha un patrimonio consistente in quasi un miliardo di euro che le è stato dato in forza di legge e che è di proprietà della collettività sarda, accumulato in decenni e decenni di lavoro, di investimenti e di produzione di ricchezza da parte di diverse generazioni di sardi.

Noi siamo convinti che sia interesse primario della Sardegna che la gestione di questo enorme patrimonio torni davvero nelle mani dei sardi tutti, che non sia invece com’è adesso privilegio di una piccola parte della classe politica isolana che si tramanda il potere grazie ad una serie di regolamenti statutari che consentono in sostanza una sorta di auto riproduzione pluriennale.

Presidente Cabras noi non discutiamo delle singole decisioni della Fondazione e del Banco né contestiamo la politica di dettaglio, chiediamo invece che siano introdotte regole di chiarezza e trasparenza che rimettano al centro delle scelte la totalità dei sardi, ribadiamo, i veri proprietari della Fondazione Banco di Sardegna.

Non intendiamo in questa sede occuparci di temi che abbiamo già affrontato in varie forme, come ad esempio la vendita della Sardaleasing che pure non ci convince affatto, ma piuttosto della politica complessiva della Fondazione e di come essa si determina.

Sempre per fare un altro esempio, chi ha deciso e per quali ragioni che la Fondazione debba restare azionista del Banco per il 49 % ?

Questo giova ai sardi? E come?

Non è invece che si vuole mantenere un controllo politico che, oltre che a consentire il recente scambio di poltrone tra Fondazione e Banco, giova solo ad alcuni ma non certo al sistema economico isolano ?

Dicono niente le vicende del Monte dei Paschi ?

Insomma, io spero che il succo sia chiaro, non critichiamo né persone ne atti specifici, come pure sarebbe legittimo e facile fare.

Noi chiediamo invece, e con forza, il cambiamento nella gestione della Fondazione e del suo patrimonio a cominciare dalle regole di governance del sistema, cioè dal fatto che gli amministratori siano nominati in maniera trasparente e scelti tra i migliori, che non si nominino da soli, che siano davvero rappresentativi delle migliori intelligenze della nostra collettività.

E, se possibile, senza targa politica.

Presidente, i Riformatori si impegnano a continuare con determinazione questa difficile battaglia per il cambiamento e per la difesa degli interessi dei sardi e, conoscendo la sua intelligenza e la sua lungimiranza, sono certi che lei sarà al loro fianco.

Conferenza stampa Riformatori sardi luglio 2014 1Conferenza stampa Riformatori sardi luglio 2014 2

«Basta commistioni tra la politica e il sistema del credito in Sardegna». E’ quanto chiedono i consiglieri regionali dei Riformatori sardi in un’interpellanza indirizzata al presidente della Giunta, Francesco Pigliaru, ed all’assessore della Programmazione, Raffaele Paci, sulla #Fondazione Banco di Sardegna. L’organismo che detiene il 49% delle azioni del capitale societario del #Banco di Sardegna e che vanta un patrimonio di circa 900 milioni di euro.

«Serve garantire la più netta separazione tra finanza e politica», ha affermato il coordinatore regionale dei Riformatori sardi, Michele Cossa, nell’illustrare alla stampa il documento consiliare, nella parte in cui si fa riferimento alle recenti dinamiche che hanno portato alla nomina dei vertici del Banco di Sardegna. Al centro delle sottolineature critiche dei consiglieri del gruppo dell’opposizione in Consiglio regionale, il ruolo del comitato di indirizzo della Fondazione, i cui membri, con un meccanismo definito dai firmatari dell’interpellanza “medioevale”, possono auto indicarsi, per un massimo di cinque componenti, nel consiglio di amministrazione dell’istituto di credito. «E’ ciò che è accaduto e, infatti, assistiamo ad un “monocolore del Pd” alla guida del Banco», ha aggiunto il capogruppo Attilio Dedoni  che ha anche ricordato le dichiarazioni a suo tempo rilasciate dall’attuale presidente della Giunta, in occasione della nomina alla Fondazione del senatore Antonello Cabras (Pd). Dedoni ha ribadito l’invito al Consiglio «perché cambino profondamente le regole di governance e si faccia chiarezza sulla funzione e il ruolo della Fondazione e del Banco di Sardegna».

Gesualda Siragusa, del centro studi del #Riformatori sardi, ha illustrato i contenuti della “Carta delle Fondazioni”, approvata il 4 aprile del 2012, per ricordare come i patrimoni delle Fondazioni bancarie, siano da considerarsi come un bene originario delle popolazioni cui le stesse fondazioni fanno riferimento e per ribadire che la Fondazione banco di Sardegna è chiamata, quindi, a dover rispondere del proprio operato a quei soggetti che sono espressione della società sarda (Regione, Enti locali, Università, Camere di Commercio). Il responsabile del centro studi dei Riformatori sardi, l’ex consigliere regionale Franco Meloni, pur escludendo «qualsiasi riferimento agli attuali vertici di Fondazione e Banco», ha auspicato una radicale inversione di rotta nel rapporto tra politica e banche («il caso #Monte Paschi è emblematico») e ha rivolto l’invito al #Consiglio regionale perché eserciti un’efficace azione di “moral suasion” per modificare lo statuto della Fondazione banco di Sardegna, nella parte in cui si consente ai membri del comitato di indirizzo di autonominarsi nel Cda del #Banco di Sardegna.

Nell’interpellanza i Riformatori sardi chiedono al presidente della Giunta ed all’assessore alla programmazione se, all’interno della #Fondazione Banco di Sardegna sia stata garantita la più netta separazione tra finanza e politica; se non si ritenga che la Fondazione Banco di Sardegna debba essere chiamata a rispondere del proprio operato alla comunità dei sardi e se siano stati adottati gli strumenti opportuni per ottenere un profondo cambiamento delle regole di governance della Fondazione Banco di Sardegna.