22 December, 2025
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In questo periodo di violente e belliche bestie trionfanti, vediamo distruzioni e umanizzazioni minerarie nel libro voluto da Gabriele Calvisi, un libro di foto emozionanti e stilisticamente accurate. Non dirò dei numerosi e importanti studi storici, filosofici, antropologici, semiologici sulla fotografia. Vorrei però, almeno richiamare l’attenzione sui ritratti di uomini e donne che hanno fatto l’esperienza umana della miniera di Funtana Raminosa e del paese di Gadoni.
1 Poetiche minerarie fotografiche dei ritratti
I ritratti presentano particolari unicità umane, senza offrire visioni totalizzanti e totalitarie. Le immagini dei ritratti si aprono agli sguardi altrui, inoltre possono essere interrogate e aperte per diventare qualcos’altro che è più della testimonianza del passato, nel contemporaneo presente. Si aprono e possono essere aperte, infatti, per diventare attualità. Si tratta di un’attualità che nel contemporaneo mette al mondo una storica esperienza mineraria fatta per diventare inesauribile esperienza in comune, culturalmente produttiva in nuovi modi. Produttiva nel presente per creare ancora futuro. Futuro che parte dalle storiche modernità industriali incompiute per compiere nuove imprese di modernità industriale da condividere democraticamente fra le persone e con la natura. D’angelo e Pijpers nel 2018 usarono l’espressione temporalità minerarie, mining temporalities, per sottolineare come le risorse estrattive possono essere capite in un complesso di multiple temporalità e durate, ritmi e cicli, con differenti velocità, intensità, ed estensioni. Discorsi e politiche del tempo minerario nella nostra contemporaneità in Sardegna riguardano una nuova temporalità mineraria, non solo di memoria ma specialmente di progetto, e di progetto vitale. La coralità e la multitemporalità dei ritratti delle persone che hanno fatto la loro parte nella storia mineraria, locale e non solo, sembrano indurre a nuovi impegni per nuovi tempi minerari.

Le minerarie poetiche fotografiche dei ritratti, parlando del passato e gettandolo nell’agire dell’agitato mondo presente, sembrano invitare all’agire. Facendo presenti le assenze, sembrano indurre a produrre nuove temporalità minerarie vitali e durevoli presentando molti strati di senso di semanticità. Nei ritratti le persone dicono l’impegno personale nel “metterci la faccia” facendosi fotografare. Palesano modi propri di farsi soggetti fotografici nella, della e sulla fotografia, mostrando modelli relazionali di cooperazione senza sottomissioni. Esprimono l’«aria culturale» individuale e accomunante di miniera incorporata, esponendo corpi che contengono la miniera.
Mostrano persone diventate protagoniste di sicurezze minerarie, indicando il loro sé esperto di risolti rischi minerari di lavoro e di vita, capace di produzioni vitali superando rischi mortali.
Esprimono abilità di farsi soggetti autonomi, anche in condizioni di dipendenza, attraverso propri processi culturali di soggettivazioni con un protagonismo vitale che emerge nell’esperienza e nella presenza fotografica. Rivelano autonomismi molecolari, per dirla con Gramsci, individuali e di gruppi locali, che parlano alla società e alle istituzioni. Dal punto di vista di chi fotografa e di chi guarda, la foto si apre e può essere aperta a partire dagli sguardi che si incrociano “faccia a faccia”, in parità. L’immagine è infatti aperta ma occorre aprirla ulteriormente, per scendere nella sua più profonda intimità. I ritratti minerari possono essere aperti guardando i vari rischi del presente in compagnia di quei corpi plasmati nei rischi, rischi governati incarnando varie esperienze securitarie per produrre innovative temporalità minerarie di futuro, sia nel piano della cultura economico-produttiva e sia in quello della cultura espressiva. Nuove ricerche minerarie, bonifiche produttive dei siti estrattivi dismessi, riusi post-estrattivi di miniere dismesse possono aprire nuove temporalità. Inoltre le foto possono uscire dal libro e diventare innovative esposizioni e installazioni artistiche partecipate dalle comunità.
2 Discorsi
Per seguire il percorso narrativo del testo, passiamo ai discorsi. Quello del geografo Matteo Cara mette in vista la congiunzione di mondi visibili e invisibili. In superficie, indica varie testimonianze, antropiche e naturali, che costituivano la ricchezza di un paesaggio e di un territorio non limitato a monocoltura. Nell’antropologia mineraria italiana il mondo rurale sardo si pone, nell’irrealizzata verticalizzazione industriale manifatturiera, in primo luogo come mancato interesse dell’imprenditoria mineraria verso l’integrazione dell’agricoltura, come già segnalava Quintino Sella nella sua Relazione del 1871. Storicamente, un’altra mancata integrazione fra industria e agricoltura accadde per esempio a partire dagli anni Cinquanta del Novecento, quando i progetti di uso chimico del carbone per i fertilizzanti azotati furono impediti dalla Montecatini la quale, di fatto, determinò la riduzione del carbone a esclusiva risorsa energetica combustibile.
I saggi sono tutti preziosi, ciascuno a suo modo. Quello di Tore Cherchi lo è in modo speciale. Egli offre un profilo storico-politico e storico-culturale delle vicende minerarie in arco di più di un secolo e mezzo. Inoltre, affronta il tema del colonialismo interno e poi dell’autonomia, distinguendo varie temporalità, secondo periodi e modi di relazioni fra istituzioni pubbliche e imprese economiche. Percorre la lunga storia mineraria della modernità industriale per arrivare alle vicende più vicine, in cui appariva chiaro che la metallurgia di base non assicurava lo sviluppo manifatturiero nell’Isola.
Egli soprattutto chiama in causa le responsabilità dello Stato, e delle sue articolazioni in Enti e Aziende, per una politica industriale di rango nazionale e internazionale. Riprendendo il tema del colonialismo interno, incrociato nel 2015 nell’introduzione al libro di Nicola Manca (Sollevatori di Pietre. I Sardi, le miniere, il colonialismo), egli affronta apertamente la questione del «tradimento» dello Stato verso le miniere, anche nel quadro dello smantellamento delle Partecipazioni Statali. Le privatizzazioni, oscurate anche da corruzioni, di fatto evocano l’acume politico di Enrico Berlinguer sulla questione morale.
Tore Cherchi pone non pochi interrogativi e offre informazioni importanti che riguardano l’antropologia politica e l’antropologia delle istituzioni. Nonostante i disastri del periodo 1980-1994, nel 2000 lo Stato Imprenditore registrava un saldo attivo di 81.300 miliardi di lire. Un attivo notevole, nota Tore Cherchi. Le sue annotazioni sul processo italiano delle privatizzazioni, sottolineano che le telecomunicazioni e le autostrade mostrano esiti contrari a quelli attesi. La parabola dell’industria automobilistica indica debolezze a lungo nascoste e ora palesate.
L’attribuzione di valore assoluto all’impresa privata merita nuove consapevolezze critiche che il discorso di Tore Cherchi dischiude e favorisce. Infatti, le scelte industriali avviate con le privatizzazioni e rivolte all’insediamento delle multinazionali nel Polo industriale di Portovesme, svelano le logiche del neoliberismo, disinteressato alla valorizzazione dei territori e delle comunità locali. I “poli industriali” rimangono poli, senza espansioni produttive. Diventano, inoltre, poli di precarietà. Alcoa, Glencore, Rusal sono esperienze tristemente note e dolorosissime ferite ancora aperte. D’altro canto i passi indietro del Parco Geominerario che ha perso perfino il logo dell’Unesco, i decenni di bonifiche minerarie non fatte, le risorse finanziarie del Piano Sulcis non impegnate localmente e tornate allo Stato, mettono a nudo intollerabili debolezze democratiche, locali e regionali. Responsabilità di istituzioni pubbliche nazionali e locali si congiungono nel discorso di Tore Cherchi.
Il discorso di Andreano Madeddu affianca quello di Tore Cherchi. Indica la temporalità della fine della miniera di Funtana Raminosa nel 1986. Rievoca la riunione al ministero delle Partecipazioni Statali, a Roma, in cui l’Eni si apprestava a separare il settore minerario da quello metallurgico, scindendo la Samim in due nuove società: la Sim, Società Miniere Italiane, e la Nuova Samin per la metallurgia. Ricorda che pose domande, considerando che la tedesca Metallgesellchaft, leader mondiale della metallurgia dei non ferrosi, integrava invece i due settori.
Fu richiesta fiducia nell’Eni, in quanto società pubblica, per firmare l’accordo. Tuttavia, egli non firmò pur restando solo e si dichiara orgoglio di non aver sottoscritto quel documento che segnò la fine dell’esperienza mineraria della Sardegna. Egli richiama, insieme alle battaglie sindacali, indimenticabili emozioni legate a vicende tragiche della miniera. Torna indietro al 1983, alla morte di Bruno Locci, stimato sorvegliante, per il distacco di un blocco di roccia dalla corona della galleria. Ricorda date e orari dell’arresto di Antonio Ghigino, direttore della miniera, di Sandro Aru caposervizio principale, e di Gabriele Calvisi, responsabile dell’ufficio studi, accusati di quel decesso e scarcerati dopo una settimana. Prosciolti poi dall’accusa e archiviato il fascicolo, rimase un’indimenticabile ingiustizia da loro subita. Con rara e profonda sensibilità umana e sindacale, egli riferisce della crisi nelle relazioni fra tanti lavoratori e tecnici della miniera, indicati come sfruttatori privi di coscienza. Afferma come lesse in quei comportamenti la rottura di solidarietà unitarie che avevano sempre legato le persone in miniera. Continua spiegando che non esiste contrasto tra chi, da posizioni diverse, deve condividere i drammi del lavoro e gli eventi che privano della vita di amici e colleghi. Afferma che chi prova la perenne amarezza della morte sa che non esistono gerarchie del dolore. Infine. ricordando la morte di un amico fraterno a Montevecchio, chiarisce come la morte di un altro è anche la morte di un pezzo di sé nei rischi e nelle solidarietà della «terra di sotto». Egli offre a questo punto, da protagonista, un prezioso frammento delle concezioni, delle visioni, delle forme di vita che caratterizzano le esperienze umane studiate e documentate nell’antropologia mineraria.
Nel libro appare qualche elemento di crisi locale da non sottovalutare. Gli anni Ottanta del Novecento erano gli anni in cui si affermava il neoliberismo, globalmente e localmente. Erano gli anni del maggior fermento e della maggiore crisi a Funtana Raminosa. Tale fermento appare nelle tranches de vie, nei brani di vita scritti dai tecnici con sorprendente pathos. Giambattista Novella geologo, Sandro Putzolu, ingegnere minerario e direttore di miniera, Gabriele Calvisi responsabile dell’ufficio studi, offrono discorsi di alto e di raro impegno tecno-scientifico e democratico per assicurare vitalità produttiva alla miniera e al territorio, alle persone e alla comunità mineraria.
La tragedia di Funtana Raminosa del 1983 interruppe un’esperienza fortemente tesa all’innovazione produttiva. Gabriele Calvisi dice qualcosa e forse non dice tutto sul suo «dolore oscuro mai dimenticato», sul lavoro da lui svolto a Funtana Raminosa per migliorare la qualità del minerale e della miniera, finito con il suo trasferimento e poi con la chiusura dell’attività estrattiva.
La profonda intimità culturale del suo «dolore oscuro mai dimenticato» merita un rispettoso silenzio. Gabriele spera nella riapertura della Facoltà di ingegneria mineraria. I suoi ricordi innamorati della miniera e del paese, lo fanno sentire «smarrito» nella percezione di un futuro negato, di un danno mai risarcito, di una comunità impoverita.
Le sue aspirazioni a una modernità industriale ancora da compiersi rispetto a quella storica incompiuta, si associano alle storiche aspirazioni democratiche documentate nel libro, diventando nutrimento culturale per la visione e la produzione di un futuro democraticamente condiviso fra persone e con la natura. Sono aspirazioni democratiche forti che emergono, nonostante pesanti sconfitte, non solo a Gadoni ma in tante comunità minerarie non più estrattive. Sono aspirazioni democratiche alte che si sollevano eloquenti, a gran voce, nelle comunità minerarie quando queste ultime paiono ridotte e costrette nei ristretti limiti d’azione delle violenze, anche mortali, inflitte o da infliggere nei conflitti bellici. Si elevano palesando una straordinaria resistenza democratica. Ciò accade onorevolmente per esempio a Iglesias e non solo, specie per la fabbrica di armi RWM a Domusnovas. Se n’è parlato anche di recente in un programma televisivo nazionale come un “ricatto di povertà”, senza possibile libertà d’azione, oltre l’emigrazione.
3 Autonomie personali e autonomie istituzionali
Le istituzioni autonomistiche in realtà non raccolgono e non rispettano sufficientemente, a mio avviso, le istanze di autonomia individuali e collettive che provengono dal basso, istanze fortemente espresse ancora in tanti centri minerari. Sul piano storico-culturale emergono forti soggettivazioni individuali e collettive, realizzate perfino in condizioni di sottomissioni violente con varie morti storiche. Tuttavia, vediamo che tali processi di produzione di persone autonome, che chiamo soggettivazioni, processi che possono avvenire in condizioni di dipendenza e perfino di assoggettamento, non sono stati e non sono raccolti adeguatamente dalle istituzioni autonomistiche, a vari livelli, per realizzare ed esprimere un forte, rinnovato e innovativo autonomismo istituzionale. Un autonomismo federalista e federativo in cui l’economico sia pensato e praticato in quanto valore vitale e il vitale in quanto valore economico, come accade in parte in alcune bonifiche che restituiscono spazi ad usi pubblici e specialmente nell’avvio di una produttiva economia verde avanzata e di una produttiva economia etica liberamente sostenuta nel mercato finanziario che, sia pure con difficoltà, tentano di affermarsi globalmente.
Questo libro induce a pensare, mentre lo si legge, a un innovativo autonomismo a partire dai sindaci dei Comuni minerari capaci di “agire di concerto” non occasionalmente ma programmaticamente, ovvero in modi non individualmente leaderistici ma esplicitamente connessi in ampi progetti territoriali per la sanità e per l’istruzione, per il lavoro e per l’ambiente.
Progetti interlocali e territoriali, perseguiti in articolazione con gli autonomismi molecolari, per dirla ancora con Gramsci, che in generale le istituzioni locali e regionali non raccolgono e non esprimono, qualitativamente e adeguatamente, in ciò che pensano e in ciò che fanno. Per esempio, non è generalmente richiamata, come matrice non solo culturale ma anche politico-istituzionale per un futuro durevole, la valorosa realizzazione dei saper fare minerari vitali, che in miniera univa le grandi opere infrastrutturali di ingegneri e tecnici e operai, dalle grandi armature all’aerazione, dall’eduzione delle acque al governo dei rischi quotidiani.
Le esperienze securitarie di lavoro e di vita mineraria costituiscono una storia di altissimo profilo culturale democratico che parla ai rischi del presente. La grande storia culturale dei saper fare minerari vitali non trova adeguato rispetto e riconoscimento. Ciò accade, per esempio, quando le istituzioni rispondono alle domande di rilancio produttivo dei territori post-estrattivi con le scelte sia di soli lavori limitati al riciclo di batterie esauste, sia di armi di guerra vendute a Stati in guerra.
I siti di rifiuti industriali e quelli di produzioni di armi suscitano diffusa e giusta indignazione. Si tratta di soluzioni sperimentate da alcuni decenni nella globalizzazione dell’America de-industrializzata con i “modelli” complementari dei siti di spazzatura industriale, noti come industrial waste sites, e con la complementare militarizzazione industriale. Sono soluzioni in parte limitate e in parte ingannevoli, ben documentate nel suo ultimo libro del 2007 da June Nash che studiò a lungo le esperienze minerarie e industriali, sia in America Latina e sia negli Stati Uniti.
Credo sia utile essere propositivi, piuttosto che aridamente critici. Incoraggio pertanto a realizzare una svolta concertativa dei Comuni minerari, ben programmata e cadenzata da incontri dei sindaci di tali Comuni con le popolazioni, e unitariamente fra di loro, per armonizzare innovative e caratterizzanti prospettive dei territori minerari, da assumere unitariamente nelle province e regionalmente. Confido fortemente che l’attuale assessore all’industria voglia in futuro cogliere e sostenere culturalmente e politicamente, a veri livelli istituzionali, l’innovativa portata autonomistica delle esperienze minerarie sia storiche, sia di inedite e innovative concertazioni programmatiche unitarie, che i sindaci dei Comuni minerari vorranno esporre di concerto e unitariamente.
Intanto, come sappiamo, nuove ricerche minerarie, bonifiche produttive dei siti estrattivi dismessi, riusi post-estrattivi di miniere dismesse, possono aprire nuove temporalità minerarie.
Vecchi sguardi possono unirsi a nuove visioni, vecchi utilizzi possono congiungersi a innovative  progettazioni di riconversione d’uso scientifico delle miniere, come avviene con il Progetto Aria per studi della materia oscura e altro a Nuraxi Figus in Gonnesa di cui ha scritto Cristiano Galbiati, con quello chiamato Digital Metalla per un Datacenter green a San Giovanni di Iglesias, e con quello dell’Einstein Telescope per studiare le onde gravitazionali a Sos Enattos in Lula. Aspirazioni di democrazia che caratterizzarono le storiche zone minerarie della Sardegna, si accostano a nuove aspirazioni di durevole lavoro industriale vitale per nuovi autonomismi personali e istituzionali che il libro corale voluto da Gabriele mantiene a mio avviso non erranti e smarrite, ma attive e vive.
Grazie, carissimo Gabriele. Grazie a tutti i protagonisti di quest’opera.

Paola Atzeni

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La “Sardinia24oreExperience” è un progetto che ha tra i principali obiettivi la valorizzazione della Sardegna ed i suoi straordinari patrimoni storico, naturalistico e culturale, senza soluzione di continuità tra costa e interno, in un circuito che unisce Sport e Inclusione, Benessere, Cultura e Promozione; in stretta partecipazione degli Amministratori e delle Comunità locali che rivestono, entrambi, un ruolo importante per la riuscita della manifestazione.

Il progetto ha preso avvio tre anni fa, numerosi test hanno permesso di definire la fattibilità del programma, le principali caratteristiche del team e dei tracciati per la realizzazione di “Viaggi esperienziali”, da percorrere in circa 24 ore con diverse modalità.

Tra le diverse e significative 24ore Experience realizzate, la conosciuta Costa delle miniere, nella Sardegna sud occidentale ed il famoso Selvaggio Blu nel Supramonte di Baunei, nella parte centro orientale dell’Isola. Quest’ultimo percorso a piedi  in meno di 30 ore e in totale autonomia dal team formato da Angelo Lobina, alpinista ed escursionista di provata esperienza;  Stefano Gervasoni ed Andrea Cossu, entrambi esperti escursionisti e di Trail running; Matteo Cara, geografo e appassionato del territorio e Lino Cianciotto, fotografo ed escursionista di lungo corso.

La prossima 24ore Experience si svolgerà nel massiccio del Gennargentu con l’attraversamento a piedi delle vette più alte della Sardegna e comprese nei territori amministrati dai Comuni di Villagrande Strisaili, Arzana, Desulo e Fonni.

In questo scenario si camminerà per oltre 50 km in un ambiente ancora in parte selvaggio, incontrando luoghi simbolici che rappresentano importanti e significativi attrattori culturali e ambientali, quali l’area archeologica di Arcu is Forros; l’alveo fluviale del Rio Pirincanis; il sito archeologico e il villaggio di Ruinas; le vette  di Punta La Marmora e lo storico Rifugio, Bruncu Spina e Monte Spada; le sorgenti di Donnortei; il santuario della Madonna del Monte; la basilica della Madonna dei Martiri.

La partenza è prevista sabato 11 luglio dall’area archeologica di Arcu is Forros, in comune di Villagrande, lungo la statale 389,  e l’arrivo nel centro abitato di Fonni la mattina dopo.

A questa Avventura aderiranno differenti persone che contribuiranno in maniera significativa alla riuscita del programma, scelte per le rispettive capacità psicofisiche, storie personali diverse e rilevanti.

Tra questi: Angelo Lobina e Riccardo Consigliere, entrambi alpinisti ed escursionista di provata esperienza;  Stefano Gervasoni, Andrea Cossu e Domenico Corraine, tutti esperti escursionisti e di trail running; Pierpaolo Putzolu, guida ambientale e Lino Cianciotto, fotografo ed escursionista di lungo corso.

Il progetto si caratterizza per il fermo messaggio verso la protezione e valorizzazione del Gennargentu e, in più, per la forte impronta all’inclusione e per l’importante attenzione verso la disAbilità, avendo Lino subito un’amputazione della gamba destra nel 2013 che però non gli ha impedito di continuare e ripartire ancora più motivato, già dopo pochi mesi dal fato.

Un progetto ad oggi mai realizzato in Sardegna nel suo insieme, unico nel suo genere con questi particolari condizioni e finalità.

Un progetto che è stato accolto subito con entusiasmo dai Comuni interessati per tutti i messaggi e le prospettive che rappresenta: il primo è sicuramente quello di una montagna senza confini che attraverso un evento di questo tipo pone le basi per una promozione e una valorizzazione a livello territoriale. Attraverso eventi di questo tipo si vuole dimostrare che la montagna non solo può essere visitata tutto l’anno ma attraverso una rete di servizi efficienti può essere vissuta in tutta sicurezza da chiunque grazie a agli innumerevoli attrattori che questi territori offrono: dall’ambiente e la natura, all’enogastronomia, la cultura e l’archeologia. La speranza è che eventi di questo tipo diventino un’opportunità per unire i territori e, soprattutto per offrire occasione di crescita e sviluppo.

Programma

Venerdì 10 luglio 2020
ore 18.00 – Villagrande Strisaili – Incontro con i Sindaci e le Comunità – Conferenza stampa.

Sabato 11 luglio 2020
ore 8.00 – Area archeologica Arcu is Forros;

incontro con i Sindaci e le Comunità: interviste e riprese foto video.

ore 9.30 – Partenza

ore 14.00 – Pirincanis – Comune di Arzana

ore 20.00 – Area archeologica di Ruinas – Comune di Arzana

ore 24.00 – Punta la Marmora – Incontro con i Sindaci  e le Comunità.

Domenica 12 luglio 2020

ore 02.00 – Rifugio la Marmora – Comune di Desulo

ore 4.00 – Bruncu Spina

ore 8.00 – Su Ninnieri / Donnortei – Comune di Fonni

ore 12.00 – Arrivo a Fonni nella Basilica della Madonna dei Martiri

Incontro con i Sindaci e le Comunità: interviste e riprese foto video
ore 13.00 / 15.00 – Degustazione di prodotti enogastronomici locali.

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«Stiamo finalmente facendo un grande passo avanti, dalla tutela passiamo alla messa a valore del paesaggio: se rispettato e regolato, il paesaggio è una risorsa economica straordinaria per i territori costieri e interni della Sardegna.»

Lo ha detto Barbara Argiolas, assessora regionale del Turismo, Artigianato e Commercio, nell’intervento che ha chiuso ieri, alla Fiera di Cagliari, la tavola rotonda “La valorizzazione del paesaggio (anche costiero) attraverso le nuove direttive tecniche regionali in materia di sentieri (ciclo)escursionistici e ippovie”, organizzata dall’agenzia Forestas nell’ambito delle iniziative ospitate dal Turisport 2018.

L’incontro, molto partecipato, ha riunito funzionari di Forestas, docenti universitari, esperti del Club Albino Italiano, operatori turistici, rappresentanti delle Guide ambientali escursionistiche, con lo scopo di presentare i punti salienti delle Linee guida per la nascita della Rete escursionistica della Sardegna (RES), approvate pochi giorni fa dalla Giunta regionale: la RES, istituita formalmente con la legge regionale 16 del luglio 2017, nasce con circa 1.000 km di percorsi censiti e due obiettivi: accatastare nei prossimi anni all’interno del sistema SIRA dell’assessorato della Difesa dell’Ambiente i 4.000 km stimati di sentieri esistenti e includere nella rete tutti gli attrattori archeologici, culturali, ambientali presenti sul territorio regionale. Inoltre, grazie al progetto INTENSE, cofinanziato dal Programma Interreg Italia-Francia Marittimo 2014-2020, si arricchirà la RES connettendola al circuito della vie del cicloturismo su strada grazie ai cosiddetti “hub ciclo-escursionistici”, punti di contatto tra le ciclovie ed i sentieri escursionistici.

Con la delibera approvata dalla giunta, ha sottolineato la titolare del Turismo, «continuiamo a dare gambe alla legge sul turismo del 2017 e portiamo avanti il lavoro su tutti quei segmenti funzionali allo sviluppo di un turismo lento e attivo in Sardegna che si affianchi a un balneare forte e sempre più di qualità. Oltre alla nascita della RES – ha spiegato Barbara Argiolas – abbiamo progetti importanti sulle ciclovie, sul circuito dei Giardini storici, sui borghi, sui cammini minerari e gli itinerari religiosi, oppure legati al turismo enogastronomico, coi quali vogliamo creare nuove stagionalità che amplino il richiamo turistico della destinazione Sardegna oltre i mesi estivi e generino sviluppo col ruolo fondamentale delle imprese, il coinvolgimento attivo delle comunità e la valorizzazione delle loro peculiarità».

«Sulle linee guida – ha continuato Barbara Argiolas – c’è ancora da lavorare e qualche aspetto avrà bisogno di una successiva messa a punto. Ma oggi dobbiamo sentirci soddisfatti perché, nei due livelli di coordinamento regionale e locale, abbiamo dato un ruolo a tutti gli attori coinvolti. Crediamo, infatti, che il ruolo della politica sia quello di infrastrutturare i progetti e creare le condizioni perché le imprese possano operare, ma soprattutto riteniamo che il sistema turismo possa funzionare soltanto attraverso il coinvolgimento, la corresponsabilità e la suddivisione dei ruoli e dei compiti tra tutti i soggetti coinvolti, in una visione unica e sostenibile che superi l’individualismo e sappia mettere a valore la nostra unicità sotto il profilo ambientale e culturale.»

La tavola rotonda si è articolata in due sessioni nelle quali sono state discusse la strategia della Regione e i compiti di Forestas (cui è demandata la gestione operativa della RES), il ruolo delle associazioni e delle guide ambientali escursioniste, la collaborazione con gli operatori turistici e la possibile estensione dei percorsi marini come ampliamento della RES sulle coste, col coordinamento di Alessio Saba dell’Ufficio comunicazione di Forestas. Nella prima si sono confrontati i “tecnici”: PierFrancesco Boy, presidente CAI di Cagliari, Giorgio Argiolas, coordinatore regionale dell’Organo Tecnico CAI escursionismo; Dionigi Secci e Andrea Murgia, funzionari del Servizio Tecnico – DG Forestas; Marco Marrosu, guida escursionistica e dottore naturalista; Italo Meloni, docente del Dipartimento di Ingegneria dei trasporti, Università di Cagliari. Nella seconda, orientata sulla nuova visione turistica e sostenibile della Sardegna, prima delle conclusioni dell’assessore Barbara Argiolas, sono intervenuti Davide Sanna, Club della Vela a Porto Conte; Paolo Insolera, operatore turistico nel trasporto via mare a Cala Gonone e componente tecnico commissione ambiente del Comune di Dorgali; Alessandro Abis, coordinatore regionale AIGAE (Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche); Matteo Cara, geografo ed scrittore; Giuseppe Pulina, Amministratore Unico dell’Agenzia Forestas.

Proprio Giuseppe Pulina, dopo aver portato i saluti dell’assessora della Difesa dell’Ambiente Donatella Spano, ha sottolineato «il lungo percorso, quasi ventennale, compiuto per arrivare oggi alla RES, che nasce anche grazie all’esperienza dell’Ente Foreste della Sardegna portata oggi avanti da Forestas, che gestisce 150 compendi e una superficie di 220mila ettari. La legge del turismo del 2017 ha compiuto, grazie al grande lavoro degli assessorati del Turismo e della Difesa dell’Ambiente, il passo decisivo, quello di dare uno standard unico alla risorsa costituita da sentieri e percorsi e mettere insieme esigenze che finora era parcellizzate. Ma il difficile – ha puntualizzato Giuseppe Pulina – viene adesso: abbiamo finalmente la legge e l’atto di indirizzo, sarà ora necessario fare il salto culturale per rendere questa infrastruttura un’autentica opportunità per tutti i territori».

 

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La neonata rete escursionistica (RES), quella cicloturistica, le ippovie: la Sardegna costruisce nuove opportunità per il turismo attivo e per la valorizzazione sostenibile dell’ambiente, del paesaggio, dei territori e delle loro bellezze. Se ne parlerà domani, sabato 6 ottobre – al Turisport della Fiera di Cagliari, nello spazio incontri dell’assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio all’interno del Padiglione I, con inizio alle ore 15.00 – nella tavola rotonda organizzata dall’agenzia regionale Forestas dal titolo: “La valorizzazione del paesaggio (anche costiero) attraverso le nuove direttive tecniche regionali in materia di sentieri (ciclo)escursionistici ed ippovie”.

«Sarà – spiega Barbara Argiolas, assessore del Turismo, Artigianato e Commercio – il primo incontro pubblico sulla Rete escursionistica regionale dopo l’approvazione delle linee guida per la sua costituzione durante l’ultima seduta della Giunta regionale. La RES e i progetti legati alla rete ciclopedonale e alle ippovie hanno un peso strategico nello sviluppo di quel modello di turismo sostenibile in cui crediamo e che stiamo costruendo insieme ad enti e operatori.»

«Questa – dice Donatella Spano, assessore della Difesa dell’Ambiente – è un’occasione per mettere in vetrina un’isola meravigliosa e confrontarsi su altre opportunità di turismo sostenibile. In questi anni abbiamo infatti sempre puntato sulla sostenibilità, per noi parola chiave per il futuro della Sardegna. Abbiamo investito molte risorse regionali nei parchi e nelle aree protette per tutelare e valorizzare al meglio il nostro ambiente e il suo patrimonio di eccellenza, che è ormai riconosciuto e premiato a livello internazionale. Nel caso della sentieristica regionale, realizzata tramite Forestas, abbiamo voluto coniugare le politiche ambientali con quelle del turismo attivo che per noi è una scelta vincente.»

Durante la tavola rotonda si parlerà della strategia della Regione e dei compiti di Forestas (cui è demandata la gestione operativa della RES), del ruolo delle associazioni e delle guide ambientali escursioniste, della collaborazione con gli operatori turistici e della possibile estensione dei percorsi marini come ampliamento della RES sulle coste. È prevista la partecipazione di PierFrancesco Boy, presidente CAI di Cagliari, Giorgio Argiolas, coordinatore regionale dell’Organo Tecnico CAI escursionismo; Matteo Cara, geografo ed scrittore; Davide Sanna, Club della Vela a Porto Conte; Paolo Insolera, operatore turistico nel trasporto via mare a Cala Gonone e componente tecnico commissione ambiente del Comune di Dorgali; Dionigi Secci e Andrea Murgia, funzionari del Servizio Tecnico – DG Forestas; Alessandro Abis, coordinatore regionale AIGAE (Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche) Marco Marrosu, guida escursionistica e dottore naturalista; Italo Meloni, docente del Dipartimento di Ingegneria dei trasporti, Università di Cagliari; Giuseppe Pulina, Amministratore Unico dell’Agenzia Forestas. Le conclusioni saranno affidate a Barbara Argiolas.

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Stamane, a Telti (SS), la chiesa di Santa Vittoria, per Time in Jazz, ospita alle 11.00 l’inedito duo pianistico di Enrico Zanini e Dino Rubino, già di scena nei giorni scorsi rispettivamente con Paolo Fresu e con Ada Montellanico e in piano solo. Il concerto è proposto con il sostegno di alcuni sponsor locali e seguito da una degustazione di vini Tercis.

Una musicista sarda (di Mogoro) è invece al centro dell’appuntamento del tardo pomeriggio a Ploaghe: Zoe Pia, clarinettista, compositrice e appassionata ricercatrice, di scena alle 18.30 nel convento dei Cappuccini: con lei al clarinetto, alle launeddas e ai live electronics, ci saranno Roberto De Nittis al pianoforte e alle tastiere, Glauco Benedetti al basso tuba e Sebastian Mannutza alla batteria e al violino. Si intitola “Shardana” il suo debutto discografico del giugno 2016 (Caligola Records), scaturito da un progetto di ricerca sulla Sardegna in ambito compositivo, musicologico e storico-archeologico, e che propone “un coraggioso innesto di linguaggi, repertori e suoni a cavallo tra il jazz di oggi, l’improvvisazione e l’etnia”, come ha scritto Paolo Fresu. La tecnica della soundscape composition unita al linguaggio contemporaneo le hanno permesso di raccontare in musica le energie nascoste nella tomba dei giganti di Sa Dom ‘e S’Orcu, i personaggi misteriosi come S’Accabadora, la forte tradizione processionale di Mogoro (il suo paese natale), la storia dei popoli del Mediterraneo, l’omaggio al grande cantautore Andrea Parodi, le leggendarie Domus de Janas ed il tradizionale riecheggiare del ballo sardo. Tra gli strumenti, spiccano le launeddas in una veste totalmente personale, filtrate da un’accurata ricerca delle possibilità timbriche del prezioso strumento millenario.

Al chiostro del convento di Ploaghe, il pubblico potrà anche visitare il Simposio internazionale del Mosaico (organizzato da Sardinia Contemporary mosaic & art in collaborazione con l’Associazione pro loco di Ploaghe, e la direzione artistica di Giulio Menossi), che ospiterà opere di dodici artiste internazionali dell’arte musiva.

La serata sul “palco centrale” del festival in Piazza del Popolo a Berchidda si apre come sempre alle 21.30: al centro dei riflettori nel primo set il duo formato da Adam Baldych e Helge Lien. Attivi insieme anche in altri progetti e in trio, il violinista polacco e il pianista norvegese propongono una raffinata miscela sonora, corposa e ben progettata.

Polacco, ma da una decina d’anni di casa a New York, è anche il grande protagonista del secondo set della serata: il trombettista, Tomasz Stanko, figura di primo piano della scena jazzistica internazionale, alla testa del New York Quartet, uno tra i suoi progetti più interessanti degli ultimi anni, con il pianista cubano David Virelles, il contrabbassista Reuben Rogers, originario delle isole Vergini, e il batterista americano Marcus Gilmore.

Con la sua inconfondibile voce strumentale, le sue improvvisazioni intensamente liriche e i suoi temi appassionati, caratteristici come le atmosfere tendenti al noir che spesso evocano, Tomasz Stanko ha pubblicato lo scorso marzo December Avenue, il suo dodicesimo album da leader per l’etichetta ECM, registrato proprio con il suo quartetto newyorchese.

Classe 1942, sulle scene fin da giovanissimo negli anni Cinquanta, nel corso della sua carriera Tomasz Stanko ha pubblicato trentasette album come leader e composto musica per numerosi film e produzioni teatrali. Dopo Berchidda, il pubblico di Time in Jazz potrà ancora applaudire il settantacinquenne trombettista polacco domani mattina (lunedì 14 agosto) alle 11.00, a Olbia, nella Chiesa di San Paolo, in duo con il pianista David Virelles. 

Spenti i riflettori sul palco centrale, la musica prosegue poi, come tutte le sere, al Jazz club allestito nella “piazzetta degli incontri”, davanti al Centro Culturale “Pietro Casu”, con il Rent a Trio (Matteo Cara al pianoforte; Edoardo Meledina al basso e Vito Cauli alla batteria) più ospiti.

 

 

zoe pia shardana | photocredits: Andrea Verzola | www.andreaverzola.com

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Una fitta serie di appuntamenti caratterizza anche la quarta giornata di Time in Jazz, il festival ideato e diretto da Paolo Fresu, in corso da martedì 8 fino a mercoledì 16 tra Berchidda e gli altri quattordici centri del nord Sardegna coinvolti in questa edizione numero trenta. Giornata con tanta musica, naturalmente, quella di domani, venerdì 11 agosto, ma non solo.

Il primo appuntamento in scaletta è come sempre a metà mattina: alle 11.00 la serie dei concerti fa tappa a San Teodoro con Gianluca Petrella e Marco Bardoscia. Reduci dai rispettivi impegni dei giorni precedenti, il trombonista barese e il contrabbassista salentino daranno vita nella chiesa di San Teodoro a un inedito duo che si annuncia carico di groove e con ampio ricorso all’elettronica.

Per Marco Bardoscia altra sortita in programma nel tardo pomeriggio, alle 18.00, stavolta in compagnia di altri due artisti già di scena nei giorni scorsi: la cantante Ada Montellanico e il sassofonista Raffaele Casarano. Il Pozzo nuragico di “Sa Testa” a Pittulongu, nei pressi di Olbia, è la preziosa e suggestiva cornice della loro esibizione, che si presenta come un omaggio alle trenta edizioni di Time in Jazz attraverso le note di un celebre incontro musicale fra jazz e rock di trent’anni fa: quello di Gil Evans e Sting al festival Umbria Jazz del 1987 (poi consegnato alle tracce del disco “Last Session”. 

Alle 21.30, si accendono per la prima volta in questa edizione i riflettori sul “palco centrale” del festival, quello allestito in Piazza del Popolo a Berchidda. Il compito di inaugurare la serie di concerti spetta a Francesco Bearzatti con il Tinissima Quartet, ovvero Giovanni Falzone alla tromba, Danilo Gallo al basso e Zeno De Rossi alla batteria, con il repertorio di “This Machine Kills Fascists”, l’album pubblicato due anni fa che rende omaggio a Woody Guthrie, il grande e radicale cantautore popolare americano. Dopo Tina Modotti (2008) e Malcom X (2010, album pluripremiato con il Top Jazz ed altri riconoscimenti), il sassofonista e clarinettista friulano ritorna a raccontare in musica la vita, l’arte e i tempi di un altro ribelle e irregolare, che ha cantato l’America delle Grande Depressione, delle lotte sindacali, delle speranze del New Deal. L’altra America del folk e del blues. Intellettuale, romanziere e attivista politico, Woody Guthrie ha raccontato gli operai e gli emarginati, schierandosi contro le ingiustizie di politici e capitalisti, lasciando un’eredità che ha influenzato tutta la canzone popolare e di protesta venuta dopo, da Bob Dylan a Joan Baez, a Bruce Springsteen, fino a Billy Bragg e ai Clash. Tra blues dolenti e brani frenetici, “This Machine Kills Fascists” è un viaggio in musica che parte dal paese natale di Guthrie in Oklahoma per muoversi tra tempeste di sabbia, vagabondaggi in treno, abiti stracciati, New York, Sacco & Vanzetti.

Nel secondo set della serata il pubblico di Time in Jazz ritrova Uri Caine (già protagonista la sera prima alla torre di San Giovanni a Posada del concerto in duo con Paolo Fresu); il pianista di Filadelfia si presenta in trio sul palco di piazza del Popolo con due compagni di viaggio del calibro di Mark Helias al contrabbasso e Clarence Penn alla batteria, con cui ha firmato, lo scorso settembre, il cd “Calibrated Thickness”. Con uno sguardo che ruota a 360 gradi sul mondo musicale, trenta album e svariati premi all’attivo, tante e prestigiose collaborazioni con protagonisti del jazz e della musica classica internazionali, il pianista è da iscrivere tra le figure che hanno contribuito maggiormente ad ampliare e ridefinire il linguaggio jazzistico degli ultimi trent’anni: un geniale alchimista che compone in modo originale ripartendo dal passato prossimo del grande jazz come da quello più remoto della musica classica, capace di rileggere i repertori di ogni epoca con intelligenza, cultura e humour.

Con la prima serata sul palco di Piazza del Popolo si inaugurano anche gli appuntamenti dopoconcerto nello spazio jazz club allestito nella “piazzetta degli incontri”, davanti al Centro Culturale “Pietro Casu”: protagonista una formazione ad hoc, il Rent A Trio composto da Matteo Cara (pianoforte, tastiere), Edoardo Meledina (basso) e Vito Cauli (batteria), più ospiti di volta in volta differenti.

 

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Ancora una tappa sulla costa orientale per il cartellone dei concerti collegato al XXVIII Seminario Jazz di Nuoro: dopo Orosei, dove ieri sera (venerdì 26) si è esibito il Melodrum Ensemble, domani (domenica 28) l’appuntamento è a una quarantina di chilometri più a nord, a Posada Nel suggestivo borgo della Baronia, dalle 21.15 in piazza Eleonora con ingresso gratuito, è di scena il progetto Ethnico di Mauro Usai. Il musicista sardo ha raccolto nel disco omonimo sue composizioni legate a esperienze di teatro, danza, video, esplorando atmosfere diverse tra loro ma accomunate dalla fisicità del soffio che si trasforma in suono attraverso i suoi strumenti a fiato: flauto e sassofoni soprano e tenore, ma anche pipiolos, benas e altri aerofoni della musica etnica isolana e di altre tradizioni. Nel concerto a Posada lo affiancheranno Matteo Cara al pianoforte, Fabio Coronas al bandoneon e al vibrafono, Pierluigi Manca al contrabbasso e Alessandro Garau alla batteria.

Nato ad Alghero nel 1964, dopo essersi diplomato in flauto traverso nel 1989 al Conservatorio di Sassari, Mauro Usai ha studiato sassofono e improvvisazione ai Seminari Jazz di Nuoro. Autore di musiche per teatro, documentari e video, oltre a guidare propri progetti e formazioni ha collaborato con vari complessi musicali in ambito classico, jazz, etnico e pop, come L’Altro Suono, Raimi, Argot, Tempus Fugit, trio Do.De.Ca.Foni, Cuba Cuba, Taifa, Orchestra del Conservatorio di Sassari, Orchestra e Corale N. Praglia, Corale P. Gallisai, Cala Gonone Jazz Orchestra. Attivo nella didattica musicale, ha tenuto laboratori in vari centri dell’Isola e insegnato presso la scuola pubblica e le scuole civiche di musica. Dal 2000 insegna al Liceo Pedagogico-Musicale “Sebastiano Satta” di Nuoro ed è docente di flauto traverso.

Mauro Usai

 

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Rettilineo finale per Time in Jazz, il festival diretto da Paolo Fresu nella sua Berchidda e in altri quattordici centri del nord Sardegna, che fra domani (sabato 15) e domenica (16 agosto) sfoglia le pagine conclusive della sua ventottesima edizione. Tiene banco la musica, ma sono diversi gli appuntamenti collaterali ai concerti.

Come da tradizione, la giornata di Ferragosto si apre nelle campagne intorno a Berchidda all’insegna de “Sas Chejas foranas”, una serie di eventi ospitati nelle suggestive chiese campestri dei dintorni del paese con il patrocinio del ministero dell’Ambiente. Si comincia alle 11.00 alla chiesetta di San Michele con la consueta conferenza sui temi dell’ambiente, momento immancabile tra le iniziative di Green Jazz, il settore del festival dedicato alla sensibilizzazione ambientale e alla riduzione dell’impatto del festival sul territorio. Interviene, quest’anno, il dottor Vincenzo Migaleddu, presidente dell’ISDE Sardegna (Associazione internazionale dei Medici per l’Ambiente) con una conferenza in linea con questa edizione del festival dedicata alle ali. Titolo, “Cosa ci vuole per volare?”. La conversazione affronterà, dunque, i temi del movimento nell’aria, delle soluzioni artistiche e tecnologiche che l’uomo ha messo in atto per superare l’imposizione fisica del solo movimento sul terreno, e del rapporto tra respiro e salute.

Al termine, spazio alla musica con uno degli ospiti più attesi quest’anno a Time in Jazz, Stefano Bollani. Reduce dal concerto della sera prima con il Danish Trio, il quarantaduenne pianista e compositore milanese (ma anche conduttore radiofonico e televisivo su Rai3) si presenta stavolta in solo. E sarà una bella occasione per apprezzare da vicino uno dei jazzisti italiani più popolari, ottimo musicista ma anche grande intrattenitore, capace di giocare col pubblico come gioca con le sue note. Pluripremiato nel corso della sua carriera, Stefano Bollani ha chiuso il 2014 con il disco d’oro per il suo album/progetto “Carioca” e ha aperto il 2015 vincendo il referendum della rivista Musica Jazz per il miglior disco dell’anno con “Joy in Spite of Everything”, registrato proprio con il Danish Trio.

Al termine del concerto, dopo un breve spostamento nella vicina chiesetta di Santa Caterina, si rinnova un altro momento tipico del Ferragosto a Time in Jazz: il pranzo campestre a base dei piatti della cucina tradizionale di Berchidda. Realizzato in collaborazione con Granarolo, Formaggi Podda e il Comitato Santa Caterina, prevede l’uso di stoviglie biodegradabili ed un’attenta raccolta differenziata dei rifiuti.

Sempre a Santa Caterina, alle 18.00, ritorna anche questo Ferragosto l’appuntamento con una delle forme più note della tradizione musicale sarda, il Canto a Chitarra, una competizione musicale in cui due cantadores si affrontano in un lungo ciclo di forme che metteranno a dura prova le loro abilità: tecnica, fiato, capacità di improvvisare e smuovere i sentimenti. Protagonisti della gara, a cura dell’etnomusicologo Fabio Calzia, i cantadores Carlo Crisponi e Gianmichele Lai, due interpreti tra i più noti e apprezzati sulla scena odierna del Canto a Chitarra, con l’accompagnamento eccezionale dell’organettista Carlo Boeddu.

Al rientro a Berchidda, alle 21.30, si accendono per l’ultima volta i riflettori sul palco centrale di Piazza del Popolo. Per consuetudine la serata di Ferragosto, a Time in Jazz, è divisa in due parti distinte: la prima, con ingresso a pagamento (biglietto intero in platea a 15 euro, ridotto a 13; in tribuna a 13 e 11 euro) propone “Liberetto II”, il progetto del contrabbassista e violoncellista svedese Lars Danielsson, in scena con il suo nuovo quartetto formato dal chitarrista inglese John Parricelli, dal pianista Gregory Privat e dal batterista Magnus Öström (ex Esbjorn Svensson Trio). Riconosciuto e apprezzato in tutta la scena jazzistica internazionale per il suono lirico e potente allo stesso tempo, Danielsson è un musicista eclettico, che sa spaziare dalla classica al jazz con grande naturalezza: con l’album “Liberetto II” (uscito giusto un anno fa in agosto e registrato con lo stesso organico di scena a Berchidda, eccezion fatta per il pianista, che nel disco è Tigran) prosegue il percorso intrapreso dall’acclamatissimo disco del 2012, “Liberetto”, per esplorare nuove dimensioni musicali ai confini tra musica da camera, jazz, e musica popolare europea.

Altre atmosfere caratterizzeranno la seconda parte della serata in Piazza del Popolo quando, sgomberata la platea da tutte le sedie e aperti i cancelli con ingresso gratuito, entreranno in scena The Rad Trads, la coinvolgente formazione newyorkese che nelle serate precedenti ha animato le vie del paese con le sue sortite musicali. Con quattro potenti fiati (Jared LaCasce e Michael Fatum alle trombe, Patrick Sargent al sax tenore, “Tall” Sam Crittenden al trombone) e una trascinante sezione ritmica (Alden Harris McCoy alla chitarra, Michael “Big Red” Harlen al basso e Johnny Fatum alla batteria), The Rad Trads cattureranno il pubblico per portarlo nel cuore della festa finale con le loro sonorità che spaziano dal primo jazz delle brass band di New Orleans al Rythm & Blues, al blues di Chicago e al Delta blues, spingendosi fino al Rock & Roll.

Poi, la festa continua al jazz club del Centro Laber, con la terza proposta selezionata attraverso il concorso Time Out, Tempi di Cris, ovvero Cristian Orsini aka dj Cris (consolle e elettronica), Matteo Cara (synth e tastiere), Raffaele Mele (chitarra), Mauro Dore (basso) e Paolo Succu (batteria e percussioni): cinque musicisti sardi uniti dalla passione per il funk e la black music delle origini, al debutto con l’album autoprodotto “Event Horizon”, uscito lo scorso anno. I quattro strumenti tradizionali, uniti alle sonorità elettroniche di un DJ, sono la cifra distintiva di questa formazione, che così disseziona e rimescola idee, temi e improvvisazioni, invertendo i ruoli tradizionali dei vari strumentisti e creando dinamiche inaspettate.

River of Gennargentu (s)The Rad Trads (3) Tempi di Cris -media Stefano Bollani - ValentinaCenni (2s)  Lars_Danielsson (s)