28 March, 2024
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In Sardegna il 61,8% delle famiglie risiede in abitazioni prive di intercapedini, cappotti esterni o interni.

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Maria Carmela Folchetti-02

In Sardegna sono ancora troppe le case prive di isolamento termico: il 61,8% delle famiglie, infatti, risiede in abitazioni prive di intercapedini, cappotti esterni o interni. Ciò significa dispersione di calore in inverno ed accumulo di calore in estate, elevato uso dei sistemi di climatizzazione, e conseguente spreco di carburante o di energia elettrica.

Quindi, nell’isola ancora troppe case vecchie e poco coibentate. E’ questo il patrimonio immobiliare sardo che risulta dal dossier di Confartigianato sull’Isolamento termico e gli impianti di riscaldamento nell’isola.

«In queste giornate di persistente, e insolito, clima primaverile – afferma la presidente di Confartigianato Imprese Sardegna, Maria Carmela Folchetti – le basse temperature sono ancora accettabili e quindi gli impianti di riscaldamento girano ancora al minimo». «Il problema si pone quando il caldo estivo diventa torrido e il freddo invernale di trasforma in gelo allora lì si capisce quanto sia importante vivere in abitazioni sane e poco energivore». «Con un piccolo investimento, la cui maggior parte viene recuperata tramite gli appena riconfermati bonus energia e bonus ristrutturazioni – sottolinea ancora Maria Carmela Folchetti – è possibile tagliare la spesa per riscaldamento e raffrescamento e non inquinare l’ambiente.»

Quello del rifinanziamento dei 2 bonus, è un intervento fortemente sollecitato da Confartigianato che coglie numerosi obiettivi come il rilancio delle imprese che si occupano di costruzioni e ristrutturazioni ma anche di riqualificazione del patrimonio immobiliare, del risparmio energetico, della difesa dell’ambiente e dell’emersione delle attività irregolari.

La Sardegna, con il 95,4% delle abitazioni dotate di sistemi di riscaldamento è la seconda regione italiana, dopo la Sicilia, con il minor numero di impianti. Di questi, ben il 58,9% (record italiano) è costituito da apparecchi singoli fissi o portatili (stufe e pompe di calore indipendenti); di conseguenza solo l’8,9% delle case è dotato di impianti centralizzati (come quelli nei condomini a gasolio o gpl) e il restante 32,2% ha impianti autonomi (a diffusione totale elettrico o gpl).

La fonte di alimentazione degli impianti in Sardegna, non essendoci il metano, è per il 40,2% la biomassa (legna, pellet o energia prodotta dagli scarti di lavorazione). Seguono il GPL per il 21,1%, l’energia elettrica per il 19,7% e il gasolio per il 18,9%.

Tra gli impianti di condizionamento caldo/freddo (ovvero sistema di climatizzazione unico per estate e inverno), il record lo ha la nostra regione: ben il 47,5% delle case utilizza questo sistema (media italiana 29,4%). All’interno di questa percentuale, l’82,9% sono pompe di calore fisse o portatili, il 13,2% sono condizionatori utilizzati solo per raffreddamento e il 3,9% è costituito da impianti centralizzati).

Il dossier mette in luce anche come il sistema dell’installazione di impianti in Sardegna (3.066 imprese con 5.988 addetti), abbia retto maggiormente alla crisi rispetto al resto delle altre regioni. Infatti, raffrontando i dati del 3° trimestre 2015 con quelli dello stesso periodo dell’anno scorso, si scopre che nell’isola il calo dello 0,9% è di molto inferiore a quello nazionale del -1,5%; ciò pone l’isola al 4°posto tra le regioni con la minore contrazione.

Tra le oltre 3mila imprese che trattano l’impiantistica, 1.744 si occupano di installazione di impianti elettrici, 1.140 di idraulica, riscaldamento e aria condizionata e 152 di altri tipi di installazione. Tutte queste imprese costituiscono il 22,1% del settore edile.

Tra le vecchie province sarde, il maggior numero di imprese si registra a Cagliari-Sulcis-Medio Campidano 1.204 imprese e 4.385 addetti. Segue Sassari-Gallura con 1.116 e 2.857, Nuoro-Ogliastra con 495 e 892 e Oristano con 251 e 681 addetti.

«C’è anche da dire che dietro al comparto del caldo e del freddo – aggiunge Maria Carmela Folchetti – si muove un importante indotto fatto di imprese artigiane che nel 2015, anche se in contrazione, ha retto maggiormente rispetto ad altri comparti grazie ai bonus del governo (ristrutturazioni e riqualificazione edilizia) e grazie al vecchio e nuovo Piano Casa. In ogni caso è un segno che per la ripresa c’è ancora da soffrire e lavorare.»

«Purtroppo – sottolinea la presidente Folchetti – dobbiamo constatare che l’aumento delle tariffe energetiche, luce e gas in primis, scattato lo scorso ottobre pesa su famiglie e imprese che stanno continuando ad affrontare la difficile congiuntura economica.» «E’ pesante perché, l’aumento della spesa energetica in un momento come questo sta avendo un doppio effetto negativo, visto che da una parte riduce il potere di acquisto dei cittadini e delle famiglie, e dall’altro aumenta anche i costi delle imprese, in particolare delle Pmi e delle artigiane. Occorre poi tenere conto che artigiani e piccole imprese italiane pagano l’energia elettrica il 34,2% in più rispetto ai loro colleghi europei.»

«Un gap pesantissimo – conclude la presidente di Confartigianato Imprese Sardegna – motivato dal peso del fisco che incide per il 44,9% sul costo della bolletta elettrica dei piccoli imprenditori.»

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