18 May, 2024
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Un goal di Nicola Farci ha deciso il derby Villamasargia-Cortoghiana, disputato in anticipo ieri per la seconda giornata di ritorno del girone A del campionato di Promozione regionale. Con i tre punti la squadra di Titti Podda ha scavalcato in classifica quella di Fabio Piras, a quota 18 punti, frutto di 6 vittorie e 8 sconfitte.

La capolista Monteponi, dopo il netto 3 a 0 ottenuto domenica scorsa sul campo dell’Atletico Cagliari, ospita l’Andromeda, decisa a centrare la 14ª vittoria di questo straordinario campionato. Attualmente sono dieci i punti di vantaggio sulla prima inseguitrice, il Villasimius, che deve recuperare una partita ed oggi ospita la Fermassenti, squadra reduce dal successo nel derby casalingo con l’Atletico Narcao. Quest’ultimo, ultimo in classifica con soli 4 punti (al derby di andata dell’esordio risale l’unica vittoria ottenuta in 14 partite giocate), ospita l’Atletico Cagliari.

Completano il programma della giornata, le partite La Palma Monte Urpinu-Gonnosfanadiga, Selargius-Orrolese e, infine, Pro Sigma Cagliari-Quartu 2000.

Questo pomeriggio, alle 15.30, il Carbonia ritorna allo stadio “Carlo Zoboli”, a distanza di 468 giorni dall’ultimo incontro disputato e perso 2 a 0 il 26 ottobre 2020, contro il Savoia, per la quinta giornata del campionato 2020/2021. L’avversario è l’Afragolese, quarta in classifica con 31 punti. Nel girone d’andata la squadra campana si impose nettamente, 3 a 0, su una squadra giovanissima e “timida”, dopo un’estate travagliata che vide il Carbonia rischiare l’esclusione dal campionato. Si giocherà, purtroppo, ancora a porte chiuse.

Il Carbonia che si presenta a questo importantissimo appuntamento è una squadra profondamente cambiata rispetto a quella che ha iniziato il campionato. Dei venti convocati, ben 9 ad Afragola non c’erano, essendo stati tesserati nel “mercato di riparazione”: Pitto, Aloia, Carboni, Mastino, Padurariu, Curreli, Porru, Kirby e Camara. Gli altri 11 convocati sono: Bigotti, Adamo, Ganzerli, Serra, Suhs, Murgia, Bellu, Porcheddu, Dore, Scanu e Gjuci.

Sarà interessante verificare sul campo come i nuovi si sono amalgamati con il nucleo iniziale, grazie al lungo periodo che David Suazo ha avuto a disposizione, prima per le festività di Natale e fine anno, poi per i problemi legati alla pandemia che ha colpito anche diversi calciatori biancoblù. Alcuni hanno già esordito a fine anno, altri nella positiva trasferta sul campo della Gladiator.

Carbonia-Afragolese verrà diretta da Vittorio Emanuele Teghille di Collegno, assistenti di linea Luca Granata di Viterbo e Bruno Dattilo di Roma 1.

La Torres di Alfonso Greco ospita il Lanusei di Oberdan Biagioni, per riprendere la marcia dopo il ko di Giugliano. Il derby di andata terminò senza reti.

Il calendario propone anche un altro derby tra squadre sarde, Muravera-Latte Dolce. La squadra di Francesco Loi vuole riscattare il ko subita sette giorni fa nel derby di Uri, il Latte Dolce torna in campo dopo quasi due mesi. Nel girone d’andata si impose la squadra di Pierluigi Scotto per 2 a 1.

L’Arzachena di Marco Nappi, balzata al quinto posto in classifica con la vittoria di Artena, ospita l’Insieme Formia. L’Atletico Uri di Massimiliano Paba, reduce dal successo nel derby con il Muravera, gioca sul campo del Team Nuova Florida.

Completano il programma della giornata, le partite Vis Artena-Aprilia, Cassino-Cynthialbalonga, Ostiamare-Giugliano e Gladiator-Real Monterotondo Scalo.

L’assemblea dei sindaci ha eletto ieri mattina i nuovi componenti del Consiglio delle autonomie locali (Cal), istituito con la legge regionale n. 1 del 2005.

Nella circoscrizione unica regionale sono risultati eletti i primi cittadini di Quartu (Graziano Milia, 5 voti), Sestu (Maria Paola Secci, 5 voti), Sant’Antioco (Ignazio Locci, 4 voti) e Alghero (Mario Conoci, 3 voti).

Nella circoscrizione del Sulcis, per la fascia “A” (Comuni fino ai tremila abitanti) sono stati eletti i sindaci: Mariano Cogotti, 8 voti (Piscinas) e Laura Cappelli, 2 voti (Buggerru). Per le amministrazioni della fascia “B” (Comuni con popolazione compresa tra i 3.000 e i 10.000 mila abitanti) è risultata eletta: Elvira Usai, 7 voti (San Giovanni Suergiu).

Nella circoscrizione Ogliastra, per la fascia “A” sono stati eletti i sindaci: Gianfranco Lecca, 7 voti (Loceri) e Giampietro Murru, 2 voti (Ilbono). Fascia “B”: Ivan Mameli, 5 voti (Barisardo).

Nella circoscrizione del Medio Campidano, per i Comuni della fascia “A” sono stati eletti i sindaci: Sandro Branca, 8 voti (Genuri) e Marco Sideri, 6 voti (Ussaramanna). Comuni della fascia “B”: Carlo Tomasi, 4 voti (San Gavino Monreale).

Nella circoscrizione di Oristano, per i Comuni della fascia “A”: Omar Hassan, 25 voti (Modolo) e Maria Anna Camedda, 16 voti (Baradili). Fascia “B”: Manuela Pintus, 6 voti (Arborea).

Nella circoscrizione di Cagliari, per i Comuni della fascia “A”: Francesco Spiga, 14 voti (Valleromosa) e Alessio Piras, 12 voti (Selegas). Fascia “B”: Emidio Contini, 10 voti (Ussana).

Nella circoscrizione di Nuoro, per i Comuni della fascia “A”: Pierpaolo Sau, 10 voti (Tonara) e Rita Zaru, 8 voti (Nuragugume). Fascia “B”: Daniela Falconi, 5 voti (Fonni).

Nella circoscrizione Olbia-Tempio, per i Comuni della fascia “A”: Agostino Piredda, 5 voti (Luogosanto) e Francesco Ledda (Alà dei Sardi). Fascia “B”: Francesco Lai, 6 voti (Loiri Porto San Paolo).

Nella circoscrizione di Sassari, per i Comuni della fascia “A”: Pietro Carbini, 14 voti (Santa Maria Coghinas) e Sabrina Sassu, 13 voti (Cossoine). Fascia “B”: Gianfranco Soletta, 9 voti (Thiesi).

Sono componenti di diritto dell’assemblea del Cal i primi cittadini dei capoluoghi di provincia: Nanni Campus (Sassari), Settimo Nizzi (Olbia),  Giovanni Antonio Addis (Tempio), Andrea Soddu (Nuoro), Andrea Lutzu (Oristano), Paolo Truzzu (Cagliari), Pietro Morittu (Carbonia), Mauro Usai (Iglesias), Alberto Urpi (Sanluri), Federico Sollai (Villacidro), Davide Burchi (Lanusei) e Massimo Cannas (Tortolì).

Sono otto le sindache elette nel Cal. Non hanno partecipato al voto 5 Comuni perché in regime commissariale (Gonnoscodina, Nureci, Seneghe, Sorgono e Zerfaliu) e su 360 amministratori aventi diritto hanno risposto alla convocazione del presidente del Consiglio regionale, Michele Pais, in 261, con una affluenza alle urne che ha superato il 72%.

Il Consiglio delle autonomie locali resterà in carica tre anni.

L’assemblea dei sindaci prossimamente eleggerà il nuovo presidente del Consiglio delle autonomie locali che subentrerà ad Andrea Soddu, sindaco di Nuoro, in carica da cinque anni.

I gruppi consiliari di Carbonia del Movimento 5 Stelle e di Articolo1 hanno depositato nei giorni scorsi diversi atti ispettivi, oltre quello sull’hub vaccinale di mercoledì 5 gennaio già oggetto di specifico comunicato, di seguito elencati ed allegati:

– Interpellanza allagamenti parcheggi palazzi via Dalmazia – via Ospedale: primo firmatario Matteo Sestu, depositata il 05/01/22;
– Interrogazione via Pietro Micca: primo firmatario Sandro Mereu – depositata il 05/01/22;
– Interrogazione Ufficio di Prossimità: primo firmatario Gian Luca Lai, depositata il 14/01/22;
– Interrogazione Sovrappasso S.S. 126: primo firmatario Gian Luca Lai, depositata il 14/01/22;
– Interrogazione Cantieri Lavoras: primo firmatario Gian Luca Lai, depositata il 14/01/22.
«Riteniamo urgente che Sindaco e Giunta diano delle risposte precise su alcuni temi che hanno a che fare con azioni già finanziate ed avviate nel corso della precedente consiliatura, come i cantieri Lavoras, che prevedono l’assunzione per 8 mesi part time di 37 figure professionali, la realizzazione del ponte ippo-ciclo pedonale e altri interventi di ingegneria naturalistica su parte delle colline degli sterili sulla S.S. 126, previsti nelle compensazioni ambientali per la nuova discarica di Genna Luas, e infine l’attivazione dell’ufficio di prossimità, servizio necessario per consentire ai cittadini di Carbonia e del territorio di seguire le pratiche della volontaria giurisdizione in Cittàspiegano i capigruppo Gian Luca Lai (M5S) e Matteo Sestu (Articolo 1) -. Le interpellanze sul rovinoso stato della strada della via Pietro Micca a Bacu Abis e sul problema degli allagamenti nei piazzali dei palazzoni AREA tra via Ospedale e via Dalmazia sono alcuni degli argomenti spinosi che riteniamo di dover portare all’attenzione del Consiglio comunale e della Giunta, affinché si possa dare risposta ad importanti disagi che interessano le nostre periferie e le nostre frazioni.»

Giovedì 3 febbraio 2022 l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha dichiarato che la pandemia in Europa sta rallentando e che forse presto l’emergenza sanitaria sarà finita. Nello stesso giorno Letizia Moratti, assessore della Sanità della Regione Lombardia, se ne è rallegrata e ha dichiarato che si dedicherà a creare un apparato “Infettivologico” per affrontare la prossima emergenza pandemica. L’esempio di questo assessore dovrebbe essere seguito.
La gerarchia mondiale della organizzazione anti-pandemica è una piramide. Al vertice c’è il Segretario Generale dell’OMS. In Europa la Commissione sanitaria deve vigilare sulla preparazione dei Piani pandemici nazionali degli Stati membri. Recentemente essa è stata ritenuta responsabile di omissione per mancato intervento nei confronti dell’Italia che non aveva rinnovato il proprio Piano pandemico, fermo al 2006.
Il Piano Pandemico è competenza del SSN e degli apparati militari per la Sicurezza nazionale. Non va dimenticato che gli strateghi prevedono che la prossima guerra, la più distruttiva, sarà una guerra batteriologica. I centri studi strategici militari di tutto il mondo sono particolarmente addestrati per allestire le difese delle Nazioni da un attacco batteriologico. Per la stessa ragione, a capo della organizzazione vaccinale italiana è stato posto un esperto militare di logistica: il Generale Francesco Figliuolo.
Gli scienziati militari della Sicurezza Pandemica Nazionale Statunitense, con sede al Pentagono, prevedono che in futuro arriverà una pandemia incontenibile, che chiamano “Pandemic X”, e si stanno preparando ad essa. Sarà dovuta ad un virus, o a un batterio, resistente a tutti i farmaci noti e determinerà la fine dell’Umanità. Per questi motivi l’America rispose con una prontezza ed una violenza inaudita al semplice sospetto che Saddam Hussein possedesse un armamento batteriologico costituito da colture di Bacillus Anthracis resistenti agli antibiotici e fosse pronto a diffonderle. La gravità del potenziale pericolo fa capire il motivo per cui l’OMS costrinse alle dimissioni il Commissario italiano quando ci si accorse che non era stato aggiornato il nostro Piano pandemico nazionale dal 2006. All’inizio della pandemia da Coronavirus ci trovammo senza un piano adeguato e corremmo gravi pericoli. La sofferenza nazionale degli ultimi due anni è una lezione che ci induce a non essere sprovveduti. Oggi l’OMS invita ad un cauto ottimismo perché il numero dei contagi sta diminuendo, ma ci chiede anche di non ad abbassare la guardia.
Vista la grave situazione degli ospedali sardi questa dichiarazione autorevole ci rasserena. Sarà tutto finito? Facciamo qualche riflessione aiutandoci con le informazioni che ci fornisce la storia delle pandemie.
Nel passato storico tutte le pandemie venivano chiamate “peste”, pes -pestis. Il termine deriva da “peius” che vuol dire “il peggio”. Anche se tutte le epidemie venivano chiamate “peste”, in realtà l’agente infettivo non era quasi mai la “yersinia pestis” ma si trattava di batteri, virus o parassiti di svariata natura che si trasmettevano all’uomo da animali, da insetti o da altri uomini infetti.
Quanto duravano le epidemie? Era molto raro che durassero solo due anni. La “peste Antonina” venne dall’Asia nel 165 dopo Cristo, durò 25 anni. La pandemia di Giustiniano iniziò nel 545 dopo Cristo e durò 45 anni. Si ripresentò ad ondate fino al 750 d.C., quindi per 200 anni. La “Peste nera” del 1347-48, descritta dal Boccaccio durò a Firenze due anni ma si ripresentò in 5 ondate nei 50 anni successivi; poi si ripresentò ad ondate successive fino al 1700 in tutta Europa.
Napoleone venne perseguitato dalla “peste di Alessandria d’Egitto” e perdette la guerra; poi venne afflitto dall’epidemia di “tifo petecchiale” durante la campagna di Russia e gli convenne ritirarsi disastrosamente. Nel 1853-56 la “Guerra di Crimea” fu funestata da un’epidemia di tifo petecchiale e da una mortifera epidemia di colera che uccise 3.000 dei 15.000 soldati sardi inviati da Cavour contro i russi. Nel 1600 imperversarono, soprattutto in Inghilterra le epidemie di vaiolo e di colera che decimarono la popolazione di Londra, e durarono molti anni. Nel 1700 nell’isola di Sant’Antioco avvenivano epidemia di vaiolo che comparivano ad ondate ogni 5 anni e si portavano via tutti i bambini nati nel quinquennio precedente. La comunità di Calasetta, appena formata nel 1761, stava per essere sterminata da quelle epidemie. Nel 1800 il forte inurbamento di operai, che vivevano ammassati negli affollati quartieri sorti intorno alle industrie, facilitò alla tubercolosi la sua diffusione mortifera; le epidemie di tisi polmonare e ossea durarono fino a metà del 1900. Le cose cominciarono a cambiare dopo il 1950, quando comparvero sul mercato l’antibiotico streptomicina, le penicilline, le cefalosporine e le Tetracicline ad adiuvare i sulfamidici comparsi 20 anni prima.
Contro i virus sono stati messi a punto vaccini molto efficaci. Basti pensare al vaccino antivaioloso, all’antipolio, al vaccino contro il morbillo, la varicella, la parotite, la rosolia, la difterite. Questi vaccini dovrebbero dare una immunità perenne. In realtà non è così perché s’è visto che tutte le immunità invecchiano e, col tempo, diventano meno protettive. Lo scoprirono i russi quando nel 1988 si ritirarono dall’Afghanistan e da quel paese portarono con sé, in Georgia, una epidemia di difterite che uccise in breve tempo decine di migliaia di cittadini, sopratutto adulti già vaccinati in tenera età.
Di tutti gli agenti virali e batterici nominati, nessuno è mai scomparso dalla terra. Forse solo il virus del vaiolo. Il virus polio è ancora presente in Siria, in Somalia e in paesi asiatici. In Africa imperversano sia l’AIDS, che la malaria, e la tubercolosi, e si affaccia episodicamente il virus ebola. Nessuna malattia contagiosa è diventata un “raffreddore”. Tra gli animali imperversano il virus della blue-tongue delle pecore e il virus della peste suina africana; nonostante le campagne vaccinali veterinarie e lo sterminio dei capi infetti, le epidemie si ripresentano regolarmente. Anche queste malattie sono dovute a due virus RNA simili al Coronavirus SARS-Cov-2.
La difesa più efficace è data dai vaccini, tuttavia i vaccini non sono tutti uguali. Vi sono quelli che conferiscono un’immunità perenne, e quelli che danno una immunità di breve durata. Vi sono poi infezioni da batteri e virus che non danno nessuna immunità. Per esempio non danno immunità l’escherichia coli, lo streptococco e lo stafilococco, o i virus del raffreddore, se non di durata ultrabreve.
Fortunatamente esiste la difesa farmacologica, che però non è efficace al 100 per cento, ed esistono la prevenzione ed il contenimento del contagio.
Visto che la storia insegna che questi ospiti patogeni durano secoli, che si sono sempre mantenuti aggressivi con l’uomo e quindi il pericolo di epidemia è sempre immanente, esaminiamo cosa fecero i nostri antenati per sopravvivere.
Già Ippocrate e Galeno consigliavano, davanti all’epidemia, “fuge, longe, tarde”, che vuol dire «fuggi subito, vai il più lontano possibile, torna il più tardi possibile». In sostanza la prima forma di “distanziamento” era la fuga. Tra il 1300 ed il 1400 si capì l’importanza anche dello “isolamento” degli infetti; nel 1377 a Milano i Visconti dettero ordine di inchiodare le porte delle abitazioni dei contagiati. Nel 1423 il Doge di Venezia ordinò che i contagiati venissero racchiusi nell’isola di San Lazzaro, dove esisteva una chiesetta dedicata a santa Maria di Nazareth. Da quell’“isola” nacque il termine “isolamento” e gli edifici di ricovero presero il nome di “Lazzaretti”. I drastici metodi di “distanziamento” e di “isolamento” italiani si rivelarono efficaci e vennero imitati in tutto il mondo. Nei porti, frontiere dei nostri mari, sono ancora presenti sia i “Lazzaretti” sia i “moli Sanità” dove gli ufficiali di igiene ispezionavano le navi che provenivano da Paesi sospetti di epidemia. Dopo l’ispezione i marinai, i viaggiatori e le merci, ricevevano un lasciapassare di sanità che attestava l’autorizzazione ad entrare in città. Il green pass è un’invenzione italiana di molti secoli fa.
La più grave pandemia a noi più vicina nel tempo, con cui possiamo confrontarci, fu quella dell’influenza detta “Spagnola”.
La pandemia “Spagnola” del 1918-19 è paragonabile a quella attuale da Coronavirus? Sì. In ambedue i casi il contagio avviene da uomo a uomo per via respiratoria. Colpisce, soprattutto, i polmoni, ma danneggia anche gli altri organi.
La mortalità da “Spagnola” fu in Italia pari a 600.000 morti su quasi 5.000.000 di infettati.
Morirono il 12 per cento dei contagiati in due anni. Oggi, col Coronavirus, siamo arrivati a circa 150.000 morti su 11.000.000 di contagiati. Apparentemente c’è una differenza abissale nella mortalità ma, a ben vedere non è così.
Durante la prima ondata della pandemia, a marzo-aprile del 2020 avemmo 236.000 contagiati e 29.000 morti. La mortalità fu del 12 per cento. Esattamente come al tempo della “Spagnola”. Se la velocità dei decessi avesse proceduto alla stessa velocità con cui crebbe in Lombardia tra marzo ed aprile 2020 avremmo avuto, fino ad oggi, 1 milione e 300mila morti. Invece nella seconda, terza e quarta ondata, nonostante il numero dei morti totali sia aumentato, abbiamo avuto, in realtà, una straordinaria diminuzione percentuale di mortalità. A cosa dobbiamo questo risultato?
– alle misure di distanziamento,
– alle mascherine,
– al lavaggio delle mani,
– ai lockdown,
– alla comprensione del meccanismo della infiammazione e all’uso di farmaci antinfiammatori adeguati,
– ai vaccini,
– agli anticorpi monoclonali,
– agli antivirali,
– ai tamponi antigenici,
– ai tamponi molecolari,
– alle Terapie Intensive,
– alle campagne vaccinali condotte con disciplina militare,
– ai DPCM governativi,
– all’Informazione capillare data dai giornali, dalle radio, dalle televisioni e dai social.
Ora si pone il problema: cosa fare se il virus rimane fra noi e continua a contagiare?
I provvedimenti presi fino ad ora sono stati emergenziali a “breve termine” e a “medio termine”. Se il virus resterà a lungo non potremo permettergli di tenere bloccati i nostri Ospedali generali. Bisogna che i nostri Ospedali riprendano a lavorare per le malattie tumorali, cardiovascolari, neurologiche internistiche, etc. Un tale problema si pose ai tempi delle epidemie di tubercolosi. Allora si procedette alla costruzione, ex-novo di ospedali dedicati che vennero chiamati “tubercolosari”, “Preventori anti-TBC”, “Ospedali Marini”, “Stazioni climatiche di montagna”. La costruzione di tali ospedali, paragonabili ai “Covid Hospital”, ai “Covid Hotel” avvenne in periodi storici in cui l’Italia era veramente povera, ma tutti capirono l’importanza di quell’investimento pubblico che avrebbe salvato l’economia. Era a tutti chiaro che quei malati non potevano essere ricoverato negli Ospedali civili generali perché avrebbero diffuso il contagio tra gli altri pazienti e, attraverso essi, lo avrebbero diffuso alle famiglie e a tutta la comunità.
Oggi ci troviamo in una situazione paradossale. Proprio adesso che viviamo nel periodo più ricco della nostra storia economica non sappiamo dove ricoverare questi pazienti e siamo costretti a sistemarli negli Ospedali generali mettendo a rischio l’intero sistema ospedaliero, strutturalmente inadatto e adeguato ad altri impieghi. Abbiamo visto quanto è avvenuto recentemente al Brotzu, che ha dovuto fermare le sue attività di Cardiochirurgia, Neurochirurgia, Chirurgia generale, etc. Per la presenza di troppi contagiati tra gli operatori sanitari.
La visibilità della rotta da seguire in questo momento, nella politica sanitaria, è obiettivamente scarsa; un percorso ragionevole è stato indicato da Letizia Moratti quando ha detto, dopo la dichiarazione dell’OMS, «è il momento di creare una struttura Infettivologica Ospedaliera dedicata alle malattie contagiose epidemiche».
Questo è un “programma a lungo termine”, adatto anche a noi.
A Carbonia vivemmo un momento simile nei primi anni ‘90 quando il Governo, davanti al pericolo di diffusione della AIDS, preparò un “Piano nazionale per le epidemie” e in quel piano inserì la costruzione di un Ospedale per malattie contagiose a Carbonia. La scelta della sede cadde in un sito a circa 100 metri dall’Ospedale Sirai. La struttura venne concepita come un bunker attrezzato per essere autonomo dall’Ospedale generale, con un ingresso separato, impianti separati, una sterilizzazione separata, una sala attrezzata per procedure invasive, ambienti sotterranei adatti ad ospitare laboratori ed attrezzature diagnostiche indipendenti dall’Ospedale generale. Probabilmente questo edificio, con quella specifica destinazione d’uso, è ancora iscritto fra le strutture strategiche del “Piano pandemico nazionale”. Se così fosse sarebbe ancora d’interesse per la “Commissione sanitaria europea” e per l’“OMS”.

Mario Marroccu

Sono 3.536 i nuovi casi di positività al Covid-19 accertati nelle ultime 24 ore in Sardegna, 1.213 diagnosticati da 4.060 tamponi molecolari, 2.323 da 16.776 tamponi antigenici, 5 decessi.

I pazienti ricoverati nei reparti di terapia intensiva sono 31 (come ieri).

I pazienti ricoverati in area medica sono 367 (12 in meno di ieri).

Sono 25.364 le persone in isolamento domiciliare (2.187 in più di ieri).

Si registrano 5 decessi: una donna di 71 e un uomo di 81 anni, residenti nella Città Metropolitana di Cagliari; un uomo di 79 anni, residente nella provincia del Sud Sardegna, e 2 pazienti residenti nella provincia di Nuoro.

Legambiente Sardegna e comune di Portoscuso hanno tenuto una conferenza stampa, questa mattina, sul piazzale della banchina Est dove la SNAM ha progettato di realizzare una nave FSRU con una capienza di 110.000 mc di GNL. L’associazione ambientalista e l’Amministrazione comunale bocciano il progetto, destinato a servire anche l’area della Città Metropolitana di Cagliari.

Le interviste a Vincenzo Tiana, rappresentante di Legambiente Sardegna, e a Giorgio Alimonda, sindaco di Portoscuso.

 

 

Primi passi per il trentasettesimo Premio “Giuseppe Dessì”, il concorso letterario intitolato allo scrittore sardo, in programma – come sempre – a settembre, dal 18 al 25, a Villacidro, dove l’autore di “Paese d’ombre” aveva le sue radici. La Fondazione Dessì, organizzatrice della manifestazione insieme all’Amministrazione Comunale, ha infatti lanciato il bando di partecipazione, che si può scaricare dal sito www.fondazionedessi.it.
Requisiti e regole sono quelli consueti: il premio letterario si articola in due sezioni, Narrativa e Poesia, ed è aperto alle opere di scrittori e poeti in lingua italiana pubblicate dopo il 31 gennaio 2021. I volumi, accompagnati dalle generalità e i recapiti dei loro autori, vanno spediti (in undici copie) entro e non oltre il prossimo 15 giugno alla segreteria organizzativa della Fondazione Dessì, in via Roma, 65 – 09039 Villacidro.
Le opere pervenute (nella scorsa edizione furono in totale 321: 197 per la Narrativa e 124 per la Poesia) verranno valutate dalla qualificata giuria presieduta da Anna Dolfi (massima studiosa dell’opera di Dessì) e composta da Duilio Caocci, Giuseppe Langella, Giuseppe Lupo, Luigi Mascheroni, Gino Ruozzi, Stefano Salis, Gigliola Sulis e da un rappresentante della Fondazione Dessì; agli stessi giurati spetterà quindi il compito di selezionare i finalisti, tre per la Narrativa e tre per la Poesia, che verranno proclamati nella consueta cerimonia di premiazione in programma sabato 24 settembre a Villacidro.


 
 

Sabato mattina, alle 11.00, la sala Remo Branca Piazza Municipio, a Iglesias, ospiterà la conferenza stampa di presentazione di “Io apro all’Unesco”, l’evento dell’Associazione “La Sardegna verso l’Unesco” che fa tappa a Iglesias.

Gli esercizi delle vie del centro storico di Iglesias ospiteranno nelle loro vetrine i pannelli dei siti nuragici della Sardegna. L’associazione “La Sardegna verso l’Unesco”, che sostiene la candidatura del paesaggio nuragico come patrimonio Unesco, ha promosso l’iniziativa “Io apro all’Unesco” dal 5 al 13 febbraio, organizzata in collaborazione con il comune di Iglesias.
Alla presentazione saranno presenti: l’archeologo Nicola Dessì, Pierpaolo Vargiu, presidente della Associazione La Sardegna verso l’Unesco, il sindaco di Iglesias, Mauro Usai e l’assessora della Cultura Claudia Sanna.

Nella stessa giornata, l’Istituto Ipsia G. Ferraris, alle ore 9.30, ospiterà l’archeologo Nicola Dessì che terrà una lezione alle classi quarte e quinte superiori.

Il gruppo Lega Sardegna ha presentato una proposta di legge, primo firmatario Michele Ennas, con la quale propone la rioutilizzazione e valorizzazione dell’ingente patrimonio immobiliare minerario sardo attualmente di proprietà della società IGEA SpA.

«Lo straordinario patrimonio di archeologia mineraria, di memoria e di cultura industriale di proprietà della società costituisce per la Sardegna una potenziale opportunità di sviluppospiega Michele Ennas, responsabile del Dipartimento Ambiente per la Lega in Sardegna -. Per poter valorizzare questa importante risorsa è però necessario intervenire per eliminare gli ostacoli normativi. Ostacoli che gravano sugli immobili ex minerari, per recuperarli, valorizzarli e destinarli ad usi in svariati settori dell’economia regionale.»

«IGEAaggiunge il consigliere regionale di Iglesias ha già predisposto un censimento degli immobili utile ad individuare quali di questi possono essere ceduti a enti locali territoriali o a privati attraverso procedure ad evidenza pubblica. Sono troppe le opportunità ancora non sfruttate anche per beni che potrebbero costituire veri e propri musei a cielo aperto, come ad esempio la Laveria Lamarmora di Nebida, il Colosseo dell’arte mineraria. Questa proposta di legge scaturisce dalla necessità da un lato di alleggerire il coinvolgimento di IGEA e focalizzare l’attività della società sulla vera mission che sono le bonifiche, dall’altro di dare al territorio la possibilità di svilupparsi in particolare in chiave turistica.»

Sono più di 900 i fabbricati, ubicati prevalentemente nell’Iglesiente, Arburese e Guspinese di cui «solo una minima parteconclude Michele Ennassono strumentali al funzionamento della società che possono diventare motore di sviluppo per l’economia. Auspico un rapida calendarizzazione in commissione e poi in consiglio, coinvolgendo con una serie di audizioni tutti gli attori che hanno ruolo, per migliorare ulteriormente un testo che se adottato potrebbe scrivere una nuova pagina della storia della Sardegna».