12 December, 2025
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Il primo dicembre 2025 è andata in pensione la Direttrice della Struttura Complessa di Chirurgia Generale dell’Ospedale Sirai di Carbonia, la dottoressa Antonella Piredda. Il fatto è avvenuto in sordina.
In realtà, meriterebbe attenzione e preoccupazione. Ella era il “Primario”, cioè la figura professionale che comanda su tutto il personale della Unità Operativa che dirige, ne assume le responsabilità medico legali, di formazione, di disciplina e di correttezza professionale, nell’interesse della popolazione, a nome della Sanità di Stato. I Primari hanno un dovere importante: formare professionalmente i loro medici, controllarne l’operato e la fedeltà al giuramento di assistere al meglio i cittadini. Devono essere persone che si amalgamano bene all’Ospedale, sapendosi immedesimare in esso modificando la propria vita tanto da adattarla alle sue esigenze. In realtà l’Ospedale non è semplicemente un edificio, ma è un insieme formato da medici e infermieri che prestano la loro opera alle finalità per cui quell’edificio è stato costruito e per cui essi stessi sono stati formati. Il compito di indirizzare gli operatori sanitari verso la simbiosi fra se stessi e la struttura è affidato ai Primari. Fra l’uno e gli altri vi deve essere una sorta di anima etica in comune. Il risultato sarà unico e irripetibile. Ecco perché ogni Ospedale ha una propria specifica personalità e quella personalità è simile a quella delle persone che vi lavorano. Ecco perché la storia degli ospedali deve essere raccontata assieme alla storia delle persone che ci hanno lavorato e, segnatamente, assieme a quella dei Primari.
L’Ospedale civile di Carbonia ha una storia lunga e affascinante tanto quanto quella della stessa città.
Nacque con essa, col progetto del 1936, portato a termine l’8 dicembre 1938. La costruzione dell’edificio si basò su un progetto dell’architetto finlandese Alvar Aalto; la figura forse più importante dell’architettura del XX secolo assieme a Le Corbusier. Egli era il maestro del “Movimento Moderno”, noto per la personalità creativa e talentuosa, e si definiva “Architetto e artista monumentale”. Alvar Aalto si dichiarava prosecutore dell’opera di quel Leon Battista Alberti che aveva lasciato in Italia opere come i palazzi del potere di Siena e le monumentali piazze di Venezia. Le linee eleganti del Sirai vennero partorite da quella mente. La fama sfolgorante di quell’architetto esplose nella grande mostra del 1938 al “Museun Modern Art” di New York allestita in suo onore. In quell’anno 1938 l’ospedale Sirai, gemello dell’Ospedale di Paimio (esistente in Finlandia) non era ancora disponibile per la popolazione. Nel 1965 Aalto tenne una grande esposizione dei suoi progetti al Palazzo Strozzi di Firenze, e venne celebrato come uno dei migliori artisti europei del secolo. Fu lui che fece uscire l’occidente dall’architettura medioevale e rinascimentale per introdurci in quella moderna.
Fino ad allora gli ospedali italiani erano luoghi tenebrosi e angusti che ispiravano inquietudine per le loro forme austere e i loro spazi ristretti, quasi a sottolineare la rassegnazione alla sofferenza. Invece, l’ospedale Sirai nacque con linee eleganti, sobrie, logiche, funzionali; era dotato di un ingresso colonnato in pietra locale e un atrio fregiato di sontuosi marmi di Carrara. Seguivano le ampie scalinate bianco-marmoree, illuminate da imponenti fenestrature, che indirizzavano immediatamente verso i reparti di degenza. Oggi alcune parti sono modificate.
Le camere di degenza, che venivano facilmente raggiunte attraverso un largo corridoio comune, erano vaste e illuminatissime da una doppia parete fenestrata che dà sul bosco sottostante a sud-est. L’ambiente, molto luminoso, ampio e arieggiato, assicurava il buon umore e la salubrità dell’aria respirata. Era una sintesi di funzionalità, bellezza ed eleganza.
L’Ospedale Sirai era una entità autonoma e auto-mantenentesi che produceva al suo interno tutti i servizi: sale operatorie, sale di ricovero a 6 letti o a letto singolo, sale per il personale infermieristico, cucine, bagni, riscaldamento centralizzato ; nei sotterranei erano ospitati i laboratori, le radiologie e, in un lato riservato, le camere mortuarie e autoptiche.
Quando Indro Montanelli nel 1963 fece un servizio giornalistico sulla Sardegna, per il Corriere della Sera, venne anche a Carbonia e la descrisse “triste e grigia”. Apprezzò invece moltissimo due incontri: quello col sindaco Pietro Doneddu e quello coll’ospedale Sirai. Sostenne d’avere visto l’ospedale più bello che avesse mai visitato. Fu un successo postumo di Alvar Aalto.
In questo ospedale operarono sempre Chirurghi eccellenti. La storia dei suoi Primari è nobile come la storia delle origini dell’edificio. Storicamente si succedettero:
1 – nel 1945 fu primario il dottor Renato Meloni, iglesiente e carboniense; era un chirurgo specialista in Urologia, Oncologia, Ematologia Ostetricia e Ginecologia. Egli operò nell’ospedaletto di via Cagliari a Carbonia. Quell’”ospedaletto” era una sorta di grosso ambulatorio attrezzato per soccorrere i minatori feriti. Poi ci si accorse che anche le “cernitrici“ avevano i loro problemi sanitari quando dovevano lavorare ai nastri trasportatori in stato di gravidanza avanzata. Così nell’ospedaletto nacque un servizio di ostetricia per le donne della miniera. Poi quel servizio venne esteso a tutte le donne del Sulcis. Fu il primo servizio di ostetricia solidale. Con l’apertura del Sirai, il dottor Renato Meloni fondò il reparto di Ostetricia. In breve si arrivò a 2000 nascite l’anno.
2 – nel 1948 fu primario il dottor Gaetano Fiorentino, nuorese e carboniense, specialista in chirurgia generale e in Urologia, era l’aiuto della Patologia Chirurgica dell’Università di Cagliari. Al ritorno della Guerra in Russia venne incaricato alla guida della Chirurgia Generale del nuovo ospedale Sirai; praticamente passava dalle ferite dei soldati alle ferite dei minatori, dal rigore della steppa al rigore delle gallerie sotterranee nella più grande area mineraria d’Italia e, forse, d’Europa. La sua guerra continuò qui tra feriti per crolli ed esplosioni. La sua chirurgia era dedicata ai traumi cranici, toracici, addominali e agli arti, causati dal lavoro. Operò in tutte le specialità conosciute. L’ammiraglio della VI flotta della marina americana, alla fonda nel Golfo di Palmas, lo conobbe qui all’opera e gli regalò tutta l’attrezzatura della sala operatoria di una corazzata. Il Sirai allora ebbe in dotazione dagli americani il letto operatorio e i ferri chirurgici fabbricati dalla ditta ACMI del Minnesota.
Nel 1956 Achille Lauro, il famoso armatore, gli regalò un modernissimo letto operatorio in sostituzione di quello della nave corazzata. Il dottor Gaetano Fiorentino andò in pensione nel 1968.
3 – nel 1968 divenne primario il professor Lionello Orrù, di Isili, chirurgo generale, specialista Urologo, professore di Anatomia Umana Normale all’Università di Cagliari, professore di “tecnica chirurgica” nella scuola di specializzazione in Chirurgia. Egli si dedicò in particolare alla chirurgia gastroduodenale. In quel tempo, in cui non esistevano i farmaci inibitori di pompa protonica, con grande frequenza venivano ricoverati pazienti che sboccavano sangue fino a morire d’emorragia a causa di ulcere gastriche e duodenali sanguinanti. L’unica cura per salvarli era la resezione gastroduodenale d’urgenza. Nel 1988 il professor Lionello Orrù andò in pensione.
4 – tra il 1989 e il 1991 la chirurgia generale del Sirai venne retta dai due Aiuti chirurghi; il più anziano era il dottor Francesco Cabras.
5 – Nel 1991 divenne Primario il dottor Pietro Chessa, nuorese e carboniense d’adozione, chirurgo generale, allievo del professor Achille Tarquini, direttore della scuola di chirurgia oncologica all’Università di Cagliari. Il dottor Puetro Chessa introdusse le nuove tecniche di escissione chirurgica dei tumori maligni dell’addome (stomaco, colon, fegato, pancreas, intestino), e la chirurgia laparoscopica. Andò in pensione nel 2008.
6 – Nel 2008 divenne Primario la dottoressa Antonella Piredda, carboniense, specialista in chirurgia oncologica, della scuola del professor Tarquini e allieva del dottor Pietro Chessa. Esperta nella chirurgia dei tumori, introdusse le tecniche più moderne per il cancro alla mammella. Le donne colpite da cancro della mammella, che in un recente passato dovevano andare in continente o a Parigi per farsi ricostruire le mammelle amputate, trovarono qui, a Carbonia, la loro assistenza più avanzata e le loro mammelle ricostruite. Diresse la chirurga d’urgenza sia per traumi della strada che del lavoro che quella da emergenze patologiche. Il 1 dicembre 2025 è andata in pensione .
Il Primario Chirurgo è una figura rara da reperire. Non è solo un medico specialista nel suo campo. E’ molto di più. Egli rappresenta lo Stato che cura il cittadino. In quanto tale egli assume in sé altre funzioni d’alto valore etico:
– è il massimo responsabile della sua Unità Operativa Complessa;
– è la massima autorità clinica e amministrativa. Risponde del suo operato al Direttore Sanitario;
– ha il dovere di supervisionare tutti i casi clinici più complessi e a rischio;
– esegue personalmente gli interventi chirurgici più complessi e pericolosi;
– stabilisce i protocolli diagnostici e terapeutici da adottare;
– soprintende a tutti gli stati di emergenza;
– ha la responsabilità della gestione del personale: organizza i turni dei medici e controlla quelli degli infermieri; assegna le responsabilità all’interno dell’équipe medica e del gruppo infermieristico;
– è responsabile del corretto uso delle risorse economiche necessarie per l’aggiornamento tecnologico;
– pianifica l’attività operatoria e quella dell’ambulatorio;

– è il “ Maestro” che addestra i chirurghi coll’esempio del suo comportamento in sala operatoria e in corsia;
– si accerta che il personale si aggiorni regolarmente e partecipi a studi e ricerche pubblicando i risultati.
Queste funzioni descrivono il peso delle responsabilità che gravano sul Primario.
Di fronte alla prospettiva di una vita fatta di impegno culturale continuo, di una attività che impone uno stress emozionale intenso, di rischi medico-legali, sono pochissimi, oggi, i medici che desiderano seguire le orme dei precedenti Primari. Contemporaneamente, vista la carenza di Primari che si registra nei nostri nosocomi, si potrebbe anche supporre che esista uno scarso impegno della regione a rendere appetibile il ruolo di Primario Ospedaliero pubblico.
Oggi è appena uscita di scena l’ultimo Primario di Chirurga Generale di Carbonia. Ella, oltre alle qualità professionali e umane che doveva possedere per ricoprire quel ruolo, è anche una donna. Questo è un fatto comune in continente ma raro in Sardegna. Ai tempi in cui vinse il concorso per quell’incarico, in Sardegna era stata Primario Chirurgo soltanto la professoressa Rita Gambarella, direttrice della Chirurgia Pediatrica dell’Università di Cagliari. Il fatto d’essere donna, e anche Primario, è stata sicuramente una difficoltà ma anche un valore aggiunto di presa di coscienza della dignità di sé e un esempio da proporre alla parte femminile della nostra società.
Quell’uscita di scena è una perdita che sarà difficilmente colmabile per il nostro territorio. Un altro posto di Primario del nostro ospedale è rimasto vuoto.
Con l’uscita del Primario di Chirurgia Generale si affacciano nuovi pericoli che riguardano la sopravvivenza dell’Ospedale stesso e i servizi sociali essenziali per la città e il territorio provinciale.
Con la Regione, come si legge dai quotidiani, i Sindaci e la popolazione avranno un duro confronto.
Non dimentichiamo che Carbonia nacque per durare finché fossero durate le miniere. Per questo durante la crisi del carbone degli anni ‘50-’60 il Governo decise la dismissione dell’intera città. Erano gli anni dell’emigrazione in massa verso le miniere del Belgio. Si passò da 60.000 residenti a 30.000. Le donne di Carbonia, che avevano fondato le loro famiglie mettendo al mondo tanti figli, si rifiutarono di emigrare e la città, per opera loro, sopravvisse. Poi la città sopravvisse alla crisi industriale del ‘70-’80. Oggi c’è la tentazione semplicistica di depotenziarla e chiuderla trasferendo i suoi servizi in altre sedi. Avremo un segnale sulle reali intenzioni dei governanti regionali quando scopriremo se avranno intenzione di sostituire la Primaria uscente con un’altra figura altrettanto valida. Sarà un segno su quale futuro si prepari per la Sanità del Sulcis.

Mario Marroccu

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«Non si comprende il motivo per cui fra le attività di bonifica e messa in sicurezza delle miniere, presentato stamane dal presidente Pigliaru, non ci sia la miniera di Olmedo.» 

Lo ha detto questo pomeriggio il dirigente della UGL Francesco Cabras.

«Chiediamo un incontro urgente con il Presidente ma anche con l’assessore dell’Industria Maria Grazia Piras e naturalmente con Igea – ha precisato il rappresentante dell’UGL Francesco Cabras – perché il futuro delle miniere in Sardegna deve riguardare tutte le miniere nessuna esclusa tantomeno quelle ancora produttive come la miniera di Bauxite di Olmedo. I minatori di Olmedo non possono essere esclusi da un progetto che dovrebbe tutelare tutti i lavoratori e tutte le miniere, anche quelle produttive, non solo quelle del sud Sardegna.»

«Il 5 novembre scadranno i termini per la partecipazione al bando di gara internazionale per l’affidamento del sito minerario presentato dalla Regione Sardegna – ha aggiunto Francesco Cabras -. Nell’ipotesi che tale gara non venga aggiudicata, il problema della miniera di Olmedo si acuirà. È, pertanto, necessario provvedere già da oggi all’integrazione di tale sito nella Legge regionale n. 34 del 2016 per lo svolgimento temporaneo delle attività di cui alla convenzione RAS-ATI IFRAS, che nelle more della procedura di scelta dell’aggiudicatario consentirebbe come per i lavoratori del Parco Geominerario storico e ambientale della Sardegna, di avere un paracadute occupazionale.»

«Inoltre il 5 dicembre prossimo scadrà il contratto con Igea e i minatori attualmente occupati presso la miniera di Olmedo rischiano di essere dimenticati – ha concluso Francesco Cabras -. Le risorse finanziarie finora impegnate dalla Regione, hanno consentito unicamente di mantenere in sicurezza l’impianto, garantendo l’occupazione a soli 17 lavoratori su 28.»

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Si è svolto oggi a Cagliari un sit-in di protesta, sotto la sede dell’assessorato degli Affari generali e del Personale, organizzato dai dipendenti appartenenti all’E.S.A.F., il disciolto ente strumentale della Regione che gestiva il sistema idrico in Sardegna prima di Abbanoa.

I lavoratori, oggi dipendenti di Abbanoa, chiedono conto all’assessore del Personale Filippo Spanu il motivo per cui a loro vengono negati i diritti sanciti dalla legge regionale n. 10 del 2005, mentre ad altri vengono organizzati percorsi “ad personam” per stabilizzarli nell’organico dell’amministrazione regionale.

«La UGL – dichiara il segretario Francesco Cabras – chiederà un incontro con l’assessore Spanu per sollecitare l’istituzione di un tavolo sindacale per chiarire le motivazioni che hanno portato i lavoratori alla protesta e ripristinare il percorso previsto dalla legge citata inspiegabilmente interrotto nel 2009.»

«Stamane una delegazione ha incontrato l’assessore Filippo Spanu nei suoi uffici – ha concluso Francesco Cabras – e ci ha garantito l’impegno nel redimere la vertenza, riunione fissata fra 10 giorni.»

 

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L’Ugl Sarda raccoglie la denuncia della Consulta Regionale degli Ordini dei Consulenti del Lavoro della Sardegna e rilancia l’appello con la quale vengono rappresentati gli enormi danni che il funzionamento della piattaforma on line del sito Servizi per il Lavoro (SIL Sardegna), dal 17 aprile scorso sta generando ai lavoratori ai giovani ed anche al mondo imprenditoriale rischiano di essere enormi.

«Non si può affidare ad una piattaforma informatica un servizio così importante e delicato per il mondo del lavoro senza provvedere a verificare l’efficienza e soprattutto la possibilità di porre rimedio in tempi rapidissimi e soggetti ad eventuali malfunzionamenti – ha dichiarato il segretario UGL Francesco Cabras -. Le Organizzazioni Sindacali, dopo aver richiesto ed ottenuto l’abilitazione ai servizi “on line” dedicati, possono inviare la richiesta di mobilità in deroga, ai sensi della l. 2/2009, per conto di uno o più cittadini interessati, e possono visualizzare le informazioni inerenti alle istanze di CIG e mobilità in deroga inviate dalle Imprese e dalle altre Organizzazioni Sindacali dei Lavoratori.»

«Una piattaforma utile, indispensabile al mondo d’oggi – prosegue il sindacalista – che però deve poter funzionare. Tanti lavoratori disoccupati, da più di 21 giorni, non possono accedere ai Centri per l’Impiego con conseguente possibile perdita del diritto all’indennità di disoccupazione ed anche nell’inoltro delle pratiche Naspi. Visto il perdurare della grave situazione – conclude il sindacalista – chiediamo un immediato intervento all’Assessorato competente al Lavoro, Virginia Mura, e di tutti gli Enti ed Uffici preposti di fissare un incontro urgente a soluzioni che possano far superare il periodo di disservizio riducendo il più possibile i disagi per quei lavoratori che da attendono un contratto di lavoro. In caso contrario saremo costretti a manifestare il disagio presso le sedi istituzionali.»