21 December, 2025
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Dieci anni non sono soltanto un traguardo: sono un archivio di sguardi, relazioni, progetti e idee che hanno attraversato un territorio. Per celebrare il primo decennio della Fabbrica del Cinema, il CSC Carbonia della Società Umanitaria propone una due giorni di film e incontri aperti al pubblico, un’occasione per ritrovarsi, confrontarsi e ripercorrere le tappe di un cammino fatto di film, laboratori, formazione e comunità. Uno sguardo a quanto realizzato, ma soprattutto un modo per scrutare orizzonti futuri, seguendo i principi cardine della Società Umanitaria: fare per capire, preservare la memoria per farne materia viva, capace di comunicare e tramandarsi sotto nuove forme.

Mercoledì 17 e giovedì 18 dicembre la sala “Fabio Masala” accoglierà registe e registi che con il loro lavoro hanno saputo interpretare questi principi e i cui incontri saranno introdotti e moderati dal direttore artistico del Carbonia Film Festival Francesco Giai Via, che ha curato insieme allo staff della Fabbrica del Cinema la selezione dei film e degli ospiti. In cartellone Sara Fgaier, Gianluca De Serio e Daniele Gaglianone, uno dei più autorevoli documentaristi italiani che da anni ha incrociato il suo percorso con quello della Fabbrica del Cinema. Saranno loro, insieme a partner, istituzioni, compagni di viaggio e addetti ai lavori, a offrire nuovi spunti di riflessione su memoria, territorio, comunità, linguaggi e possibilità future. Un momento di festa e di condivisione, un bilancio collettivo orientato al domani, un modo per restituire al pubblico il senso di una crescita comune.

Si comincia mercoledì 17 dicembre, alle 18.00, quando la sala “Fabio Masala” accoglierà la regista Sara Fgaier e il suo Sulla terra leggeri (Italia 2024, 95’), un film delicato e perturbante che segue il professor Gian nel tentativo di ricomporre la propria memoria ferita dall’amnesia. Attraverso la ricerca di una donna del passato, Leila, e dei frammenti di un amore rimasto sospeso, il protagonista intraprende un viaggio che lo riporta alla radice delle proprie ferite e, allo stesso tempo, della propria capacità di rinascere. Immagini confuse affiorano nella sua mente: il legame con la figlia, il lutto che riemerge come una musica lontana. Tutto concorre a trasformare questa indagine intima in una meditazione sulla perdita, sul ritrovamento e sulla possibilità di tornare a se stessi.

La serata prosegue con Gianluca De Serio, che accompagnerà il pubblico nella visione di Canone effimero (Italia 2025, 120’), realizzato insieme al fratello Massimiliano. Il film è un viaggio nell’Italia invisibile: i protagonisti di questa immersione sono singole persone o piccole comunità remote che lottano contro l’estinzione dei propri orizzonti simbolici, nei gesti di costruttori solitari di antichi strumenti o nelle voci di cantori di canti polivocali del passato. Un’opera che mette in luce le tradizioni polifoniche di varie regioni italiane, sfidando la marginalizzazione di queste culture e ricentrandole attraverso un approccio visivo ispirato alle icone bizantine e all’arte medievale. Il risultato è un diario collettivo, un codice fragile da completare.

La giornata di giovedì 18 dicembre si apre al mattino con la tavola rotonda Film a-temporali e geografia della memoria: il decennale della Fabbrica del Cinema. A partire dalle 10.00, un’occasione per ragionare sul tempo sospeso della memoria, quello spazio che – come ricordava Lewis Carroll – sarebbe molto povero se potesse “lavorare solo all’indietro”. Nel corso di questi anni, quello spazio è stato attraversato da registi e registe, operatori culturali, studenti e studentesse, associazioni, istituzioni e partner che hanno contribuito a rendere la Fabbrica del Cinema un presidio di idee e progettualità. Sarà questa l’occasione per un bilancio che parlerà di futuro, nel tentativo di immaginare le nuove responsabilità e le direzioni possibili di un lavoro che continua a intrecciarsi con il territorio.

La tavola rotonda sarà animata dalle figure che negli anni hanno direttamente lavorato con la Fabbrica del Cinema. Tra queste Francesco Giai Via, Maria Pina Usai, dell’associazione U-Boot Lab che negli ultimi tre anni ha curato il progetto di residenza artistica Giudicesse 2030, il presidente del CIC Arci Iglesias Mario Tuscano che organizza e promuove la rassegna Giornate del Cinema del Mediterraneo. In programma anche l’intervento dell’esperta in processi partecipativi Francesca Cinus, che nella seconda parte della tavola rotonda proverà ad aprire una finestra sul futuro. Ad accompagnarla la graphic recorder Ilaria Fresa, che tradurrà in tempo reale gli interventi dandone un riassunto visivo.

Le celebrazioni si chiudono la sera, alle 21, con l’attesa proiezione di Cumpartia (Italia 2025, 70’), l’ultimo film di Daniele Gaglianone nato proprio all’interno della terza edizione del programma di formazione Carbonia Cinema Giovani – Filming Lab, organizzato dal CSC Carbonia e finanziato dalla Regione attraverso i fondi previsti per lo sviluppo dell’attività cineportuale nel Sulcis Iglesiente. Il film, premiato lo scorso novembre a Firenze durante il Festival dei Popoli, è considerato l’autobiografia di un territorio, e sarà proiettato per la prima volta in Sardegna.

Cumpartia è la storia di un ritorno, quello di Ivan, che dopo tre anni in Francia, dove ha lavorato come viticoltore, sceglie il Sulcis per fare il vino insieme ai suoi genitori, nella loro piccola azienda. Il film si articola come il racconto della vita quotidiana di una famiglia di viticoltori, ma il ritorno a casa di Ivan è anche e soprattutto un viaggio interiore, sospeso e rarefatto dove le persone e le cose lasciate nel passato – e ritrovate nel presente – si incontrano nella dimensione emotiva e solitaria del protagonista. Una riflessione sul rapporto con le proprie radici, sul rapporto fra generazioni, sul cosa significa essere figli e su come si vedono i padri e le madri tra malinconie del passato e l’energia necessaria ad affrontare il presente.

«Sento che Cumpartia rappresenta un momento di transizione dentro il mio percorso cinematografico – spiega il regista Daniele Gaglianone -. Forse perché è un film che racconta un passaggio di vita importante per il protagonista che si trova in bilico fra le intenzioni ancora vive del passato e l’energia di nuove prospettive. È un film minimale che tratta di cose primarie ed essenziali: confrontarsi con le proprie radici. Chiedersi che cos’è la terra e quale senso si nasconde dietro ad un albero che cresce. Un film sulla solitudine sulla malinconia e sulla gioia necessaria della condivisione nato proprio dall’incontro inaspettato con un gruppo di amici vecchi e nuovi, che mi ha fatto sentire almeno per una volta ancora la bellezza e il privilegio di raccontare una storia».

Con la proiezione di questo film, metafora di un territorio laterale ma capace di valorizzare le sue eccellenze, le sue sacche di resistenza, e di produrre bellezza, si chiude la festa della Fabbrica del Cinema. Uno spazio pensato per custodire immagini, accogliere storie, dare spazio alla memoria e al futuro. Un luogo che ha saputo crescere insieme alla città, trasformandosi in un punto di riferimento culturale per Carbonia e il territorio.

«Se volgiamo lo sguardo a ciò che accadeva dieci anni fa, possiamo dichiararci soddisfatti del lavoro svolto e sempre più desiderosi di svilupparlo in un contesto che è mutato favorevolmente anche grazie al lavoro che La Fabbrica del Cinema è riuscita a realizzare, interpretando al meglio delle sue possibilità gli obbiettivi che si era data, ovvero l’essere facilitatore di processi e catalizzatore di energie e proposte – dice Paolo Serra, direttore regionale dei CSC della Società Umanitaria in Sardegna . Se fare formazione, conservazione e promozione della cultura cinematografica e audiovisiva (ma anche promotore della memoria storica isolana e produttore di nuova memoria audiovisiva) erano le direttrici su cui impostare le principali azioni, oggi possiamo affermare che queste linee di sviluppo non hanno mai viaggiato parallelamente ma si sono intrecciate e meticciate, producendo qualcosa di nuovo e bello per il territorio. Dopo due lustri trascorsi da quel 19 dicembre 2015, possiamo dire che il Sud Ovest sardo dispone di un centro di sviluppo che collabora stabilmente con una miriade di soggetti preposti allo sviluppo educativo, produttivo e culturale: l’Università, essendo parte della rete di partenariato dei nuovi master sul cinema che sono stati avviati a Carbonia,  così come con la Fondazione Sardegna Film Commission, i tanti Enti presenti, sia pubblici che privati, senza dimenticare l’incessante opera di sostegno all’associazionismo. Il decennio trascorso, grazie all’imprescindibile supporto della Regione Autonoma della Sardegna per tramite dell’Assessorato ai Beni Culturali, ha così contribuito a consolidare un modello di pratiche e di reti orientate all’innovazione e allo sviluppo futuro.»

«Stilando un bilancio di questi dieci anni e guardando intorno a noi ritroviamo uno spazio vivo e capace di catalizzare, ogni anno di più, l’attenzione del mondo del cinema e della cultura – aggiunge Moreno Pilloni, direttore del CSC Carbonia della Società  Umanitaria -. Una realtà che dialoga e si mette al servizio delle agenzie educative, dalle scuole di ogni ordine e grado all’Università, così come delle pubbliche amministrazioni del territorio, interpretando al meglio e con sempre maggiori strumenti, quel ruolo di “Centro Servizi” che la Regione Sardegna ci ha affidato. Grazie al progetto della Fabbrica del Cinema il nostro Centro è riuscito ad ampliare il proprio sguardo diventando un vero e proprio luogo di produzione e formazione che cresce insieme al territorio.»

Una rielaborazione del costume tradizionale di Sant’Antioco per rileggere, in chiave contemporanea, la figura delle giudicesse e del ruolo della donna in Sardegna. È l’obiettivo del Collettivo EFFE, che per due settimane – a partire da ieri  – incontra donne e ragazze della cittadina sulcitana per lavorare alla nuova edizione di Giudicesse, il progetto di residenza artistica promosso dal Csc Carbonia della Società Umanitaria, curato da U-BOOT Lab e realizzato in collaborazione con Ottovolante Sulcis.

«Vogliamo costruire il costume con elementi vivispiega il Collettivonaturali, deteriorabili, soggetti a una degradazione per fare sì che la nostra proposta di costume sardo femminile sia provvisoria e non contribuisca a cristallizzare ruoli, ma solo a provocare collaborazioni e alleanze».

Il Collettivo EFFE è composto da Giulia Odetto, regista e curatrice; Antonio Careddu, drammaturgo; Camilla Soave, performer e video-artista; e Ines Panizzi, artista visiva. Un gruppo di lavoro che nasce nel 2018 con l’intento di approfondire l’uso di applicazioni tecnologiche in ambito performativo e installativo, al fine di esplorare la percezione del pubblico e sviluppare progetti comunitari. La ricerca del collettivo studia metodi di inclusione dei diversi linguaggi performativi con i nuovi media, per aprire alternative in cui la tecnica sia naturale estensione del corpo umano.

L’obiettivo della residenza è duplice: da un lato – ispirandosi alla figura della donna in Sardegna al periodo delle “regine giudicali”, riflettere sulle disequità di genere e sull’autodeterminazione di donne e ragazze; dall’altro esplorare nuovi approcci per la scoperta del territorio, attraverso il coinvolgimento attivo delle comunità che lo abitano, per creare un’opera artistica esito di un processo di ricerca-azione attiva sul territorio.

Spiega ancora il collettivo: «Uniremo la nostra esperienza nel lavoro con le comunità al nostro interesse per il video e la ricerca che da anni conduciamo sul corpo, sulla sua forza performativa, sulla sua capacità di rappresentazione. Coinvolgeremo i gruppi folk del paese e tenteremo di entrare in contatto con donne e ragazze che ancora indossano il costume per comprendere il significato che ha per loro, perché continuano a indossarlo, che valore riveste nella loro vita la tradizione e come contribuisce alla trasmissione di un senso di appartenenza e di collettività».

La residenza si svolge al Museo Diffuso Exe di Sant’Antioco sino al 26 ottobre 2024, quando l’opera realizzata sarà presentata alla comunità durante un evento pubblico.

Il contributo di Andrea Contu e Raffaela Giulia Saba, operatori culturali del Csc Carbonia della Società Umanitaria e referenti del progetto: «L’edizione 2024 della residenza focalizza l’attenzione sull’Obiettivo 5 dell’Agenda 2030 dedicato a donne e ragazze, per contribuire al raggiungimento dell’equità. Abbiamo deciso di declinare questo obiettivo scegliendo come tema quello del costume tradizionale femminile, inteso come elemento espressivo di valori collettivi e rappresentazioni soggettive. L’idea è sviluppare una riflessione sul ruolo culturale che può avere oggi il costume tradizionale in Sardegna, e sul modo in cui la sua interpretazione attraverso l’arte audiovisuale può contribuire al raggiungimento dell’autodeterminazione di genere all’interno della società contemporanea».

La riflessione di Maria Pina Usai, curatrice del progetto per U-BOOT Lab: «Nel progetto la declinazione del termine costume ha due valenze, strettamente legate alla figura delle Giudicesse. La prima parte dal loro ruolo di governatrici donne, ed è quella del costume come possibile elemento di auto-rappresentazione del sé verso l’esterno: uno strumento di affermazione personale attraverso un modo di vestire, un mezzo di espressione del modo in cui si desidera essere viste e riconosciute dalla società, che possa aderire alla propria identità piuttosto che a un’identità imposta, e non necessariamente costretta in una categoria binaria. La seconda è legata al concetto di comunità e convivenza degli individuiche si ritrova nelle politiche giudicali sarde, e rispetto al quale il costume può essere letto nella sua valenza sociale, come patrimonio culturale in cui una comunità può riconoscersi, attraverso quel legame di cura definito nella tradizione da cui partire oggi per una risignificazione del rapporto con il territorio».

L’intervento di Marina Fanari, responsabile accessibilità e inclusione per U-BOOT Lab: «La creazione di un senso di comunità condiviso, che accolga tutte le unicità, si fonda principalmente sull’esercizio dell’immedesimazione. In questo contesto, la cultura e l’arte svolgono un ruolo cruciale, contribuendo a immaginare scenari futuri più equi e inclusivi. Al fine di promuovere la giustizia sociale e porre l’attenzione sul diritto alla partecipazione il collettivo è stato invitato a pensare l’opera come un’esperienza per tutti e per ognuno nella propria individualità, per immaginare come l’arte possa essere l’ambito in cui sperimentare soluzioni e visioni che esplorino al contempo l’unicità e la molteplicità della società».

L’isola di San Pietro ha ospitato per una settimana il laboratorio internazionale di architettura MEDEA Carloforte SHADE Lab, per ripensare gli spazi dell’antica Tonnara dismessa di Porto Paglia, in località La Punta.

Il workshop, che si inserisce nell’ambito del progetto Tunèa in continuità con la ricerca sviluppata dal collettivo multidisciplinare U-BOOT Lab, è parte della ricerca MEDEA condotta dall’Università Sapienza di Roma, sotto la direzione scientifica di Mosè Ricci.

La metodologia utilizzata del SHAring DEsign Lab (SHADE Labs) è stata incentrata sulla sperimentazione di un approccio place-based al fine di sviluppare soluzioni progettuali in grado di far rivivere gli spazi aperti della tonnara come spazi comuni, con l’obiettivo di lasciare sul territorio un’azione concreta utile all’adattamento al cambiamento climatico, e in grado di attivare un processo di rigenerazione grazie a obiettivi sostenibili e attraverso un approccio transnazionale territorialmente integrato.

Il laboratorio si è svolto all’interno degli spazi dell’ExMA, recentemente ristrutturati a Carloforte e messi a disposizione dalla municipalità, e ha visto la partecipazione di 23 studenti internazionali provenienti dalle università di Siviglia, Barcellona, Istanbul e Roma, che si sono misurati con il “caso studio” Carloforte attraverso un approccio sperimentale basato su tre obiettivi: testare la capacità degli spazi comuni, dell’architettura e delle soluzioni nature-based di valorizzare le risorse esistenti,  rafforzare la partecipazione dei cittadini, produrre effetti moltiplicatori e impatti positivi sul livello di consapevolezza delle persone nei confronti dei rischi legati al cambiamento climatico.

Sotto la guida dei docenti e tutor Mosè Ricci, Giacinto Donvito, Francesca Rossi, Diana Ciufo (Sapienza University of Rome); Maurizio Memoli (University of Cagliari), Maria Pina Usai e Marina Fanari (U-BOOT lab/Tunèa), Fitnat Cimşit Koş (Gebze Technical University), Ilgin Ezgi Tunc (University of Tokyo), Pere Fuertes e Isabel Vega (ETSAV, Polytechnic University of Catalonia), sono state sviluppate 5 idee progettuali che saranno illustrate alla cittadinanza venerdì 20 settembre alle 18 in Piazza Carlo Emanuele III, davanti all’Info Point – Pro Loco a Carloforte.

Il programma di venerdì 20 settembre prevede:

  • ore 18.00: presentazione dei progetti alla comunità tramite la proiezione sullo schermo dell’Info Point  – Pro Loco delle tavole di progetto e delle idee, in Piazza Carlo Emanuele III
  • ore 20.30: Festa conclusiva e dj-set all’ Inderè Bistrot in Piazza Repubblica.

Una rivisitazione contemporanea delle giudicesse raccontate attraverso un’installazione audiovisiva e una pubblicazione d’artista. È l’esito del progetto di residenza artistica Giudicesse 2030, che verrà presentato sabato 16 dicembre a Sant’Antioco, a partire dalle 19.00 nella sala mostre della Biblioteca Comunale di piazza de Gasperi.

La residenza è stata condotta dal duo multidisciplinare Studiolandia, composto da Giorgia Cadeddu e Vittoria Soddu, grazie a un progetto promosso dalla Società Umanitaria di Carbonia e realizzato in collaborazione con le associazioni Terras e U-BOOT Lab.

Il lavoro di Studiolandia nasce da una residenza a Sant’Antioco dedicata all’incontro e alla raccolta di testimonianze della comunità locale, che ha intrecciato l’approfondimento sulle fonti bibliografiche, storiche e iconografiche, e la ricerca sui filmati amatoriali in pellicola,  digitalizzati attraverso il progetto regionale di raccolta di cinema di famiglia “La Tua Memoria è la Nostra Storia” – e conservati nell’archivio del Centro Servizi Culturali Carbonia della Società Umanitaria.

«Se siamo partite con l’idea di restituire alla giudicessa, come entità simbolica, un nuovo corpo e una nuova voce per ri-significarla nell’epoca contemporanea, lo scambio sul territorio ha confermato l’esigenza di far emergere un personaggio che fa della trasmissione intergenerazionale un obiettivo da raggiungere, del rapporto con l’ambiente – inteso come habitat e spazio di coabitazione – e la sua tutela una prerogativa delle sue istanzespiegano Giorgia Cadeddu e Vittoria Soddu –. Abbiamo raccolto le storie di diverse incarnazioni moderne che portano avanti nella loro professione questi intenti – una pescatrice, una biologa, una pedagogista, una cavallerizza, un’archivista – e gli immaginari di un gruppo di bambine e bambini con cui abbiamo ridisegnato una squadra di 14 Giudicesse che dispongono ognuna di un animale guida e di un oggetto attraverso il quale attuare un cambiamento, come uno scettro metereologico o un traduttore simultaneo in tutti i linguaggi del mondo animale. Per la restituzione pubblica di sabato 16 dicembreconcludono le artistestiamo lavorando a un’installazione audiovisiva e una pubblicazione d’artista che intreccia le diverse fonti facendone un racconto corale, a partire dall’assenza di immagini dell’epoca giudicale per arrivare al ritratto di una giudicessa multiforme e atemporale, che ha attraversato la storia per arrivare ai giorni nostri come specchio della figura femminile nella società.»

«Con questa restituzione dice Moreno Pilloni, direttore del CSC Carbonia della Società Umanitaria – chiudiamo un percorso che è stato realizzato attraverso il coinvolgimento attivo della comunità. Crediamo sia un bel modo di fare cultura e rapportarsi a un territorio nell’ottica di una crescita condivisa e partecipata che ha visto l’impegno di numerose figure professionali che in questo territorio abitano.»

E sul rapporto con la comunità si sofferma anche Maria Pina Usai, curatrice del progetto per U-BOOT Lab, che parla di «un coinvolgimento attivo nato da quegli incontri quotidiani informali resi possibili proprio dal vivere un luogo in residenza, che si sono poi formalizzati in una serie di interviste e in un laboratorio con bambine e bambini».

Mentre Marina Fanari, U-BOOT Lab, ha curato gli aspetti del progetto legati ad accessibilità e inclusione: «Fino alla sua conclusione il progetto sosterrà i principi dell’accessibilità ampliata con servizi che consentano la più ampia partecipazione, quali l’interpretariato in Lingua dei Segni Italiana e la sottotitolazione in tempo reale».

Tempo di bilanci anche per Paolo Serra, direttore regionale dei centri di servizi culturali della Società Umanitaria in Sardegna, che ricorda come «questa sesta annualità del progetto cineportuale legato alla figura delle Giudicesse e della donna in Sardegna – ci consegna un’opera visuale che crediamo possa e debba avere una vita ben oltre il territorio del Sulcis Iglesiente, e ci adopereremo quindi insieme ai partner del progetto,U-BOOT Lab e Terras perché possa circuitare in tutta la Sardegna, e, perché no, anche a livello nazionale attraverso la rete della Società Umanitaria di Milano».

Anche la serata di sabato, realizzata in collaborazione con il comune di Sant’Antioco, Ottovolante Sulcis e Museodiffuso.exe, sarà un ulteriore momento di condivisione e scambio con la comunità, con un aperitivo aperto accompagnato dal dj set di Jane & MissMary.

 

Un grande laboratorio di riflessione sul ruolo della donna, dalle Giudicesse medievali alla vita socio-economica della Sardegna contemporanea. È il senso della residenza artistica Giudicesse 2030, in corso da lunedì 4 dicembre a Sant’Antioco e che, sino a sabato 16, coinvolgerà la comunità locale attraverso laboratori e incontri informali per un percorso creativo condiviso.

A condurre la residenza nei locali dell’ex Monte Granatico è il duo multidisciplinare STUDIOLANDA, composto da Giorgia Cadeddu e Vittoria Soddu, che ha vinto il bando promosso dalla Società Umanitaria di Carbonia, capofila del progetto realizzato in collaborazione con le associazioni Terras e U-BOOT Lab.

«Giudicesse 2030 dice Moreno Pilloni, direttore della Società Umanitaria di Carboniarisponde alla necessità di sviluppare una consapevolezza collettiva su ciò che le comunità possono fare per incidere sui cambiamenti globali, a partire dalla gestione del proprio territorio inteso come patrimonio culturale condiviso.»

Il progetto proposto da STUDIOLANDA parte da una prima fase di studio rigoroso delle fonti letterarie e degli archivi storici audiovisivi, che verranno poi condivisi con gli abitanti e ibridati con la loro memoria collettiva, per la realizzazione di un’opera capace di coniugare il linguaggio sonoro a quello visuale, che sarà presentata come restituzione pubblica dell’esperienza residenziale sabato 16 dicembre.

«La finalità spiega Maria Pina Usai, U-BOOT Lab, curatrice del progettoè costruire insieme una nuova narrazione delle Giudicesse, senza fermarsi alla loro rievocazione storica di ‘principesse medioevali’, ma utilizzando il loro ruolo storico come ‘base’ da cui far emergere il ruolo delle donne oggi, nella vita socio-economica della Sardegna contemporanea.»

Aspetti imprescindibili del progetto sono accessibilità e inclusione, curati da Marina Fanari, U-BOOT Lab, che spiega: «Il principio “non lasciare nessuno/nessuna indietro”, slogan dell’Agenda 2030, permeerà ogni aspetto della residenza, dall’accessibilità degli incontri con la comunità ai contenuti dell’opera fino all’evento pubblico finale. Tra le varie azioni abbiamo previsto traduzioni simultaneedall’italiano alla lingua dei segni italiana (LIS) e viceversa, e la sottotitolazione dei contenuti visuali, inclusa quella simultanea durante l’evento finale».

La residenza è aperta dal 4 al 16 dicembre, e la comunità sarà invitata a partecipare sia attraverso laboratori con i bambini sia attraverso incontri informali negli spazi nell’Ex Monte Granatico, messi a disposizione dal Comune di Sant’Antioco come parte del MuseoDiffuso.exe e gestiti da Ottovolante Sulcis.

Al via la quarta edizione di BISUS Film Fest, la manifestazione di cinema d’autore che si svolge a Teulada organizzata da Zenit APS. Due giornate di cinema dedicate al tema del mare e del viaggio si svilupperanno nelle consuete location dei Giardini della Casa Baronale e del Porto Nuovo. Ad accompagnarle, come sempre, musica, laboratori e incontri con gli autori.
Spin-off finale dedicato invece al teatro di animazione, con lo spettacolo Anima e Cuore della compagnia Is Mascareddas.
L’associazione di promozione sociale Zenit APS propone, il 29 e 30 luglio e il 4 agosto, la quarta edizione del BISUS Film Fest, evento che torna a popolare il centro di Teulada (SU) e l’area del Porto Nuovo.
La manifestazione, realizzata con il contributo del Comune di Teulada e della Marina di Teulada, si caratterizza in questa nuova edizione per un programma caratterizzato da due giornate tematiche dedicate al tema del mare e del viaggio.
Si comincia al Porto Nuovo il 29 luglio con la proiezione in anteprima del docufilm Dalla Parte del Mare, diretto da Massimo Gasole e con la partecipazione di Marco Cadinu e Paola Teti, che racconta la Sardegna attraverso un viaggio in barca a vela svolto intorno al periplo dell’Isola.
Prenderanno parte alla presentazione il regista Massimo Gasole, il prof. Marco Cadinu, l’architetto Stefano Mais, il produttore Alberto Masala e saranno ospiti il presidente di AVAS – Armatori Vela d’Altura Sardegna Carlo Cottiglia e l’architetto Maria Pina Usai.
Nella stessa giornata si svolgerà anche il concerto di Carol Mello, talentuosa polistrumentista di origine brasiliana, autrice di alcuni dei brani che costituiscono la colonna sonora del film.
La giornata del 30 luglio avrà invece luogo nel centro di Teulada, presso i Giardini della Casa Baronale Sanjust, e racconterà le tematiche del viaggio, della socialità e dello sport attraverso la proiezione e l’incontro con gli autori del film Deu ci Seu, il documentario diretto da Michele Badas e Michele de Murtas che narra la storia della partita di calcio Cagliari-Piacenza del 1997 e della leggendaria trasferta in cui quasi ventimila tifosi della squadra rossoblù si imbarcarono
per Napoli per sostenere uno dei simboli della loro identità.
La proiezione sarà seguita dall’esibizione live di Su Dotori e Alex P: lo storico frontman dei CRC Posse, al debutto da solista, presenterà il suo nuovo album, Raju!.
Come di consueto, le attività di BISUS Film Fest saranno accompagnate da workshop e attività per i più piccoli: il 29 luglio si svolgerà il Laboratorio di educazione alla lettura a cura di Zenit APS, mentre il 30 luglio con il workshop Volere Volare curato da Alessia Marroccu i bambini potranno cimentarsi nella realizzazione di un aquilone.
A chiudere l’evento, sarà invece, il 4 agosto, la storica compagnia di teatro di figura Is Mascareddas. Presso il Porto Nuovo, infatti, andrà in scena A&C – Anima e Cuore, Omaggio alla grande burattineria italiana. Scritto da Antonio Murru e Donatella Pau, Anima e Cuore è uno spettacolo che ha per denominatore comune la musica. Dalla tradizione popolare del tango argentino al bel canto italiano fino a un omaggio alla Commedia dell’Arte italiana, il pubblico diverrà parte integrante ed interattiva dello spettacolo. Sarà portato in scena il rigore e la raffinatezza di un lavoro scrupoloso nella tenacia e nella poetica, un lavoro rivolto a tutto il pubblico come nella più originale tradizione del Teatro di Animazione.