25 April, 2024
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Martedì 28 settembre, alle ore 11.00, presso la Sala Riunioni del Centro Direzionale del Comune di Iglesias, in via Isonzo 7, verrà presentato il progetto “Swim’n’ Swing”. Tra musica, arte, sport e inclusione sociale, il progetto “Swim’n’ Swing”, nasce grazie alla sinergia tra l’assessorato delle Politiche sociali e l’assessorato dello Sport, della Cultura e dello Spettacolo, ed arriverà ad Iglesias sabato 2 ottobre.
Il campione di nuoto Filippo Magnini sarà il testimonial del progetto.
Parteciperanno due grandi musicisti come Max Rosati chitarrista di Fiorella Mannoia e Massimo Moriconi, bassista di Mina.

Sono 73 i nuovi casi positivi al Covid-19 accertati nelle ultime 24 ore in Sardegna, su 5.829 test eseguiti (2.038 molecolari, 3.791 antigenici), l’1,25%.

I pazienti ricoverati nei reparti di terapia intensiva sono 19 (lo stesso numero di ieri).

I pazienti ricoverati in area medica sono 157 (12 in meno rispetto a ieri).

Sono 2.639 i casi di isolamento domiciliare (103 in meno rispetto a ieri).

Non si sono registrati decessi.

Sono iniziati i campionati mondiali Under 21 di pallavolo maschile, sui campi di Cagliari, Carbonia e Sofia. La Nazionale azzurra di Angiolino Frigoni, al Pala Pirastu di Cagliari non ha avuto problemi ad avere la meglio sulla modesta Thainlandia, con un perentorio 3 a 0 e parziali nettissimi: 25 a 12, 25-15 e 25-13. Nell’altra partita del girone che si gioca nel capoluogo regionale, la Cecoslovacchia ha regolato l’Egitto con il punteggio di 3 a 1: 25-20, 25-16, 29-31, 25.23.

Al Palazzetto dello sport di Carbonia si è assistito a due partite dai contenuti tecnici molto differenti. Modesta la prima, per il netto divario esistente tra l’Argentina ed il Marocco, travolto 3 a 0, con parziali nettissimi nei primi due set, 25-13 e 25-16, ed un terzo set più equilibrato, chiuso dalla squadra sudamericana 25.23 con lo scatto decisivo sul 23 a 23 e definitivo 25-23.

Nella seconda partita della prima giornata, Belgio ed Iran hanno dato vita ad uno spettacolo di alto livello, sotto gli occhi attenti dell’ex CT della Nazionale azzurra dei tempi d’oro, nonché CT dell’Iran maggiore, Julio Velasco. La Nazionale belga ha superato i campioni del mondo in carica (titolo conquistato due anni fa in Bahrein, in finale sull’Italia) al tie break, 3 a 2. Scattata avanti di due set (25-20 e 25-23), nel terzo set il Belgio è scattato avanti ancora nettamente 19-13 ma quando la partita sembrava chiusa, l’Iran ha tirato fuori l’orgoglio e, punto su punto, ha riagganciato il Belgio, finendo per imporsi ai vantaggi: 28 a 26. Nel quarto set, l’Iran si è portata avanti sul 9 a 5, ha subito la reazione del Belgio e si è proseguito sul filo dell’equilibrio, il Belgio ha avuto alcuni match point ma l’Iran ha reagito da grande squadra, facendo suo il set con lo stesso punteggio del precedente, 28 a 26, e portando così la partita al tie-break.

Il set decisivo non ha avuto storia, il Belgio ha ritrovato i giusti equilibri in ricezione, difesa e attacco, ed ha chiuso con un netto 15 a 8.

I risultati di Sofia: Polonia-Cuba 3 a 1 (25-16, 25.19, 18-25, 25-19); Russia-Brasile 3 a 2 (16-25, 25.22, 23-25, 25-21, 15-9); Bulgaria-Bahrain 3 a 0 (25-21, 25-21, 25-23); Canada-Camerun 3 a 0 per rinuncia.

Domani si giocano le partite della seconda giornata dei gironi eliminatori.

 

La Consulta Anziani di Iglesias ha aderito alla Marcia della Salute organizzata dai sindacati SPI-CGIL FNP-CISL UIL-Pensionati che si è tenuta oggi ad Iglesias e condivide gli obiettivi e i contenuti della protesta.
Ancora una volta dobbiamo scendere in piazza nel nostro territorio per rivendicare una migliore sanità.
Sono più di venti anni che si procede solamente con i tagli dei posti letto, del personale e dei servizi.
Gli anziani hanno subito le maggiori difficoltà e i disagi causati della gravi inefficienze della sanità del Sulcis Iglesiente e hanno pagato il prezzo più alto per contagi, ricoveri in terapia intensiva e decessi dovuti alla pandemia.
Il covid ha aggravato la già critica situazione e ha bloccato gran parte dell’attività sanitaria, visite, esami e interventi per quasi due anni.
Sono rimasti sulla carta i progetti per la realizzazione dei reparti per la lungodegenza e la riabilitazione e gli annunci sul reparto di terapia intensiva per il Covid sono lettera morta, solo spot pubblicitari.
In molti servizi sono saltati gli standard previsti per garantire efficienza e qualità.
Sono ancora inadeguati il servizio di assistenza domiciliare integrata per gli anziani e le attività multidisciplinari in particolare per i disturbi cognitivi e per le demenze.
Come in altre parti d’Italia il sistema sanitario basato esclusivamente sulla centralità dell’ospedale e in modo particolare nel nostro territorio dove persistono gravi carenze organizzative e strutturali è stato messo in ginocchio dalla pandemia. Serve, adesso, oltre alla soluzione degli interventi più urgenti per dare piena operatività e funzionalità agli ospedali, un ripensamento complessivo sul sistema sanitario del territorio che sia modellato su una elevata integrazione tra servizi ospedalieri, servizi territoriali e servizi sociali.
L’occasione, per non restare come adesso con tutte le criticità dei servizi e delle prestazioni socio sanitarie del territorio e per fare un salto di qualità decisivo può arrivare con i fondi previsti per la sanità dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, circa 30 miliari. Sono investimenti che dovranno essere utilizzati per ridurre le disparità territoriali nell’erogazione dei servizi in termini di protezione prevenzione e assistenza, per ridurre i tempi di attesa per l’erogazione delle prestazioni, per migliorare le dotazioni infrastrutturali e tecnologiche, per lo sviluppo della telemedicina, per rafforzare le Case della Comunità, per migliorare i Livelli Essenziali di Assistenza e per adeguare le piante organiche e rafforzare le competenze del personale sanitario.
Questa è una partita decisiva che potrà cambiare il futuro della sanità in Sardegna e nel nostro territorio, resta tuttavia l’incognita sulle capacità di questa Giunta regionale se è all’altezza del gravoso compito e se sarà in grado di rafforzare le strutture e allineare i servizi ai bisogni delle comunità e dei pazienti.
Per queste motivi la giornata di protesta di oggi è molto importante per lanciare un forte appello e un monito alla Regione che deve cambiare totalmente rotta e ascoltare le istanze sociali e territoriali. Questa mobilitazione deve essere un nuovo inizio di una battaglia unitaria delle Organizzazioni Sindacali, Istituzioni, Associazioni e cittadini del territorio. Pertanto, è necessario che si assuma l’impegno e si stabilisca un’intesa per andare avanti insieme fino a quando non verranno risolti i problemi della sanità del Sulcis Iglesiente. Ora, è necessario, più che mai, costituire un Coordinamento fra le forze sociali e le istituzioni che mantenga sempre vivo il dibattito e organizzi periodicamente incontri, iniziative e manifestazioni in tutto il territorio per coinvolgere e informare i cittadini, per monitorare l’evolversi della situazione e per incalzare costantemente la Giunta regionale e inchiodarla alla sue responsabilità.

Cambiare il paradigma della Sanità del Sulcis Iglesiente per non restare come adesso.

Consulta Anziani di Iglesias

Terz’ultima giornata, a Villacidro, della settimana di appuntamenti culturali che accompagna il Premio Dessì verso il suo momento più atteso: la cerimonia di proclamazione e premiazione dei finalisti e dei vincitori della sua edizione numero trentasei, e la consegna dei Premi Speciali della Giuria e della Fondazione di Sardegna, in programma sabato pomeriggio (25 settembre) dalle 18 in piazza Municipio.

Domani (venerdì 24 settembre), il programma di giornata comincia la mattina alle 10.00 al Mulino Cadoni, dove Francesco Muzzopappa presenta agli studenti delle scuole medie il libro “L’inferno spiegato male” (DeaPlaneta), con le illustrazioni di Davide Berardi, in arte Daw. Qui l’Inferno di Dante è spiegato bene e con cura, con specchietti informativi e tanto umorismo, per conoscere la prima cantica della Divina Commedia lontano dalla noia. Quasi alla stessa ora, alle 10.30, Gherardo Colombo incontra invece gli studenti del liceo nell’Aula Magna del loro istituto, sulla scorta del suo ultimo saggio, nel quale l’ex magistrato racconta la grande avventura della Costituzione, “Anche per giocare servono le regole”prima uscita della nuova collana di Chiarelettere Ri-creazioni.

Sabato 25 settembre. Baradili ospiterà uno dei più rilevanti musicisti della scena indipendente italiana con una storia artistica affollata di eventi ed esperienze sia come solista sia in gruppo. Così, a partire dalle ore 19.00, in piazza Santa Margherita, si esibirà Stefano Giaccone nell’ambito della rassegna Aspettando l’autunno tra musica e teatro – Prima edizione 2021”, organizzata dall’Associazione Culturale Palazzo d’Inverno in sinergia con il Consorzio Turistico Due Giare, il sostegno del comune di Baradili ed il contributo della Regione Autonoma della Sardegna, Assessorato Pubblica Istruzione, Beni Culturali Informazione Spettacolo e Sport.

 

La proposta dello scrittore Marcello Fois di riprendere il progetto del Betile (il museo disegnato dall’Archistar Zaha Hadid, che la giunta di Renato Soru intendeva realizzare a Cagliari, poi abbandonato dal successivo governo regionale) e collocarne la costruzione a Porto Torres a significare il cambio di prospettiva nella ormai ex grande area industriale chimica del nord Sardegna, è rafforzata dal successo di esperienze simili, riscontrabili in molteplici regioni industriali europee. Il caso di Bilbao è solo quello più noto perché ha richiamato milioni di persone in una sorta di quasi pellegrinaggio verso la celebre architettura che Frank Gerhy ha realizzato per il Guggenheim della regione basca riconvertita dall’industria pesante ad altro. Non è il solo caso. In giro per il mondo si incontrano non solo nuove architetture dedicate alla cultura, ma anche stazioni ferroviarie, centrali termoelettriche, altre fabbriche industriali trasformate in contenitori d’arte. Fra i tanti casi, meritano la citazione, perché ben si attagliano alla situazione sarda, quelli del Louvre Lens e del Hepworth Wakefield, situati in centri minerari carboniferi consociati con la Grande Miniera di Serbariu. In un caso, il Louvre parigino ha decentrato in una città mineraria, Lens, della regione carbonifera francese Nord- Pas de Calais, una parte della sua collezione di reperti archeologici e di arte. Per ospitare la collezione è stato realizzato un nuovo museo, opera dello studio Sanaa di Tokyo, fortemente innovativo nella concezione architettonica e nel progetto di esposizione e di comunicazione. Nel secondo caso, nello Yorkshire, cuore della prima rivoluzione culturale inglese, l’Archistar David Chipperfield ha creato un centro per la l’arte contemporanea inserita in un complesso culturale di valore internazionale. Sono casi di successo testimoniati dal notevole numero dei visitatori.
Nel Sulcis, a completamento del grande contenitore culturale realizzato nel primo decennio del secolo, nella Grande Miniera di Serbariu, che già comprende il CICC, Centro Italiano della cultura del carbone, il museo dei paleo ambienti sulcitani (PAS), il centro di ricerche Sotacarbo, l’Auditorium, la Fabbrica del Cinema, la Sezione di Storia Locale, i centri per l’alta formazione e le associazioni culturali, un centro congressi e altro, fu proposto di riqualificare in Kunsthaus per l’arte del XXI secolo, la centrale termoelettrica, uno degli edifici più belli della miniera. Si deve soprattutto al compianto maestro Ermanno Leinardi il primo spunto propositivo.
L’amministrazione comunale preparò un progetto preliminare avvalendosi del Dipartimento di Architettura dell’Università di Cagliari. L’impegno finanziario risultava compreso fra 15 e 20 milioni di euro, compreso l’allestimento. Un impegno notevole, indubbiamente. Ma si trattava di fare qualcosa di unico nella Regione e di livello nazionale. Il progetto non incontrò il favore della Regione prigioniera di una visione centrata su Cagliari. Peraltro, la visione ristretta non prevale solo a Cagliari. In Italia è difficile immaginare che, per esempio, gli Uffizi di Firenze decentrino una propria sezione nel Sulcis o in un’area mineraria siciliana, come ha fatto il Louvre nella regione carbonifera francese. Il fatto che finora sia prevalso il disinteresse di certe istituzioni non deve indurre a rassegnazione.
La questione posta dallo scrittore Marcello Fois di “usare” un grande progetto culturale nella riconversione di un’area industriale è fondata e va sostenuta. Penso che anche il Sulcis Iglesiente abbia qualcosa di importante da proporre al riguardo e dovrebbe farlo. Ma a prescindere dal luogo, ciò che conta è che si realizzi il Betile o un suo equivalente in una visione policentrica della Sardegna.
Tore Cherchi

Questo documento è la sintesi di diverse riunioni aperte promosse dal PD e che hanno visto la partecipazione di partiti politici tra cui PD, UDC, Officina Civica, la lista civica in Consiglio comunale di Iglesias Il Tuo Segno per Iglesias, altre sigle partitiche, sindacati, rappresentanti della Rete Sarda a difesa della sanità pubblica, cittadini, simpatizzanti e iscritti del PD/UDC.
Avevamo accolto positivamente l’impianto generale della nuova riforma sanitaria, perché finalmente dava il sentore di una maggior tutela di tutto il territorio sardo e invece è stata l’ennesima presa in giro ai Sardi, una popolazione con diritti negati e non garantiti, lasciata sola e inerme di fronte al degrado e allo sfascio della Sanità isolana. La pandemia e il Covid hanno di fatto mascherato e giustificato lo smantellamento di tutti i servizi e i mancati investimenti promessi sulle apparecchiature elettromedicali e sia nelle risorse umane con dei dati di paventate assunzioni per il potenziamento dell’organico ma che di fatto sono state utilizzate ad esclusivo impiego per la vaccinazione al Covid-19. Non ci sono scuse, è palese che per un cittadino “normale” l’unica soluzione per farsi assistere e andare nelle strutture private, laddove incredibilmente tutte le chiusure “dichiarate obbligate” a causa della pandemia e per la sicurezza di tutti non esistono! Ormai nella ASSL Carbonia o meglio nella ASL del Sulcis Iglesiente non solo è diventato difficile fare delle semplici analisi del sangue ma è diventato impossibile fare anche una semplice radiografia: occorre andare in strutture private. L’inerzia nell’incapacità di amministrare la sanità regionale è sotto gli occhi di tutti, nessuna programmazione, nessuna idea, ospedali e servizi al collasso, investimenti zero e lavori nell’ospedale CTO al rilento e in alcuni casi fermi senza un perché.
Sbagliamo nel dire che il territorio del Sulcis Iglesiente doveva avere un Dea di 1 livello suddiviso in 2 macrostrutture, separate per specialità, dedicate all’urgenza e al ricovero elettivo?
Sbagliamo nel dire che non abbiamo servizi in H24 come la Stroke Unit, Cardiologia ed Emodinamica che di fatto annullano l’istituzione di un qualsiasi DEA?
Sbagliamo nel dire che non abbiamo una Risonanza Magnetica e apparecchiature di radiologia tradizionale adeguate e non datate al CTO di Iglesias?
Sbagliamo nel dire che i nostri pazienti devono essere trasferiti in ambulanza verso Cagliari per effettuare esami normalissimi ma che di fatto non possiamo fare per mancanza di elettromedicali rotti o di cui il service è scaduto?
Sbagliamo nel dire che già la carenza atavica del personale è ancor più peggiorata per via dei trasporti dei pazienti in ambulanza verso altri ospedali e che di fatto impiegano senza nessuna logica di economia aziendale il personale medico paramedico e tecnico?
La Sanità non abita più nel territorio del Sulcis iglesiente, i LEA non si sa più se esistano ancora, siamo abbandonati, carenti in ogni servizio, disorganizzati senza una benché minima capacità organizzativa e manageriale, inermi ad assistere ai continui tagli e trasferimenti di personale verso altre Assl senza nessuna compensazione, il disegno è molto chiaro: VOGLIONO ANNULLARE E CHIUDERE QUESTA ASSL!
Pensionamenti, trasferimenti, abuso del lavoro interinale e a tempo determinato non fanno altro che amplificare i problemi della sanità del territorio. Evidenziamo che a tutt’oggi non è corrisposto un piano di assunzioni per colmare i vuoti e i ritardi dei concorsi. La mancata assunzione di responsabili di struttura, medici, infermieri, assistenti sanitari, amministrativi e tecnici ha pesanti ricadute immediate sull’organizzazione dei servizi e come se non bastasse il tutto viene accentuato dall’emergenza Covid e dalla carenza dei posti letto per acuti. Il risultato non è da intendersi solo in un rallentamento generalizzato dei servizi sanitari con reparti ormai chiusi, il vero problema è che la nostra popolazione ha difficolta enormi anche nelle visite e nei ricoveri in Day Hospital e in qualunque altra prestazione a ricovero programmato.
Il rischio che la nostra Sanità imploda decretandone la morte definitiva è più che mai concreta ed il dottor Temussi e Nieddu appaiono inadeguati nell’affrontare e garantire un’assistenza sanitaria efficiente a lungo termine. In questo scenario è del tutto evidente la rassegnazione dei cittadini nel chiedere ed ottenere il diritto alla salute come dichiarato dall’art. 32 della nostra costituzione “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
Seppure prima del Covid-19 la situazione della sanità del nostro territorio non fosse eccellente, anzi per alcuni versi disastrosa, ribadiamo che con la scusa della pandemia, anziché potenziare i servizi, abbiamo assistito ad un ulteriore peggioramento di tutta l’assistenza sanitaria non solo nel blocco dell’attività programmata – vedi CTO di Iglesias – ma anche nel turn over delle assunzioni del personale, facilitando di fatto lo smantellamento dei servizi sanitari già tentato più volte negli scorsi anni ma bloccato grazie all’opposizione di tutte le forze sociali e politiche cittadine.
La carenza di personale medico e infermieristico ha paralizzato l’attività di molti reparti, come ad esempio l’Anestesia e Rianimazione, la Terapia intensiva, la Pneumologia, la Cardiologia, la Pediatria, l’Emodinamica, l’Otorinolaringoiatria, solo per citarne alcuni. Se parliamo dei pochi medici e degli infermieri e sul loro impiego dovremo scrivere per giorni ma basti pensare che i famosi eroi della pandemia da noi in ASSL Carbonia sono costretti a dividersi fra le diverse strutture ospedaliere del territorio creando promiscuità tra reparti ed aumentando il rischio di compromettere sia le funzioni del CTO di Iglesias e sia del Sirai di Carbonia.
A questo punto abbiamo molto poco da aggiungere se non evidenziare che l’unica cosa che si sta continuando ad implementare è la mobilita passiva e il costo della sanità del nostro territorio, nonché il costringere fiumane di persone, in prevalenza anziane, a viaggi della salute verso altri territori e diverse strutture sanitarie private: appaiono ormai troppo lontani i fasti di una sanità di eccellenza che andava a rappresentare il Polo Ospedaliero di Iglesias (ortopedia, chirurgia, medicina, chirurgia pediatrica, pneumologia, Trasfusionale, Laboratorio Analisi, etc.).
Alla fine avranno pure il coraggio di dichiarare che facciamo pochi ricoveri per colpa nostra e, pertanto, le strutture e i servizi dovranno essere chiusi: nel passato è già successo, non ci meraviglieremo!
Ma torniamo a noi, un esempio di inadeguatezza manageriale è il PO Santa Barbara, un ospedale dove nulla è stato fatto seppure le risorse economiche per il suo rilancio siano state recuperate. Chi dirige la sanità regionale aveva promesso di trasformarlo in uno dei presidi territoriali di riferimento per la gestione delle emergenze e la gestione dei pazienti affetti da Covid 19, mantenendo libero il CTO e il Sirai e a supporto del SS. Trinità di Cagliari. L’inserimento del nostro ospedale nel piano regionale di riorganizzazione della rete ospedaliera doveva essere un importante segnale d’attenzione verso la nostra città e il nostro territorio. Parole tante, fatti nessuno.
Tutto ciò sa di ennesima presa in giro per tutti i cittadini di Iglesias e di tutto il territorio: senza personale medico e paramedico, senza un reparto di radiodiagnostica, senza un reparto di terapia intensiva e soprattutto senza i macchinari necessari a svolgere l’attività di prevenzione e degenza ci ritroviamo ad avere il nulla tra le mani.
Dalle ultime stime ATS, date al ribasso, parrebbe che all’interno di questa ASSL, per poter garantire un servizio minimamente adeguato agli standard sanitari siano assenti le elencate figure:

– 50 Dirigenti medici;
– 60 Infermieri;
– 6 Tecnici di Radiologia;
– 10 Tecnici di Laboratorio;
– 8 Ostetriche;
– 30 Amministrativi;
– Oltre alla carenza cronica di assistenti sanitari.

Per le ragioni esposte, in relazione all’art. 1 della Legge Regionale 1/09/2020 chiediamo:
1. Il completamento dei lavori di ristrutturazione e di adeguamento funzionale del CTO e la conseguente operatività dei reparti, prima di qualsiasi intervento sull’organizzazione esistente, come anche da deliberato dei Sindaci del distretto;
2. Avere un cronoprogramma dei lavori di ristrutturazione e riattivazione dei servizi al fine di praticare un controllo serrato delle tempistiche dei lavori;
3. il Santa Barbara dovrà essere individuato quale ospedale per la lungo degenza, l’hospice e il centro Covid territoriale;
4. Attivare effettivamente l’attività Chirurgica e di ricovero programmato presso il presidio ospedaliero CTO;
2. Ripristino del reparto di Chirurgia presso il presidio ospedaliero CTO 7/7gg 24h;
3. Attivazione delle procedure per rendere operativa la parto analgesia;
4. Ripristino del reparto di Ortopedia presso il presidio ospedaliero CTO 7/7gg 24h;
5. Ripristino del reparto di ORL presso il presidio ospedaliero CTO 7/7gg 24h;
6. Ripristino del reparto di Oculistica presso il presidio ospedaliero CTO 7/7gg 24h;
7. Ripristino del reparto di Chirurgia Pediatrica presso il presidio ospedaliero CTO 7/7gg 24h;
8. Ripristino del reparto di Pneumologia presso il presidio ospedaliero CTO 7/7gg 24h;
9. Istituzione del reparto Covid presso il presidio ospedaliero Santa Barbara 7/7gg 24h;
10. Avvio delle procedure concorsuali per l’implementazione del personale di questa ASL (medici – paramedici – amministrativi e tecnici);
11. Acquisire una nuova risonanza magnetica e di radiodiagnostica per il presidio ospedaliero CTO;
12. Acquisire i macchinari necessari per il reparto di radiodiagnostica del presidio ospedaliero Santa Barbara;
13. Istituzione del reparto di terapia intensiva e nuova radiologia presso il presidio ospedaliero Santa Barbara;
14. Aprire il nuovo laboratorio analisi e la dialisi presso il presidio ospedaliero CTO;
15. Assumere i medici di base assenti sul nostro territorio.

Concludiamo affermando che l’unica cosa che sta facendo questa dirigenza sanitaria regionale è far trascorrere il suo mandato senza aver dato risposte al nostro territorio, anzi peggiorando tutta l’assistenza sanitaria sarda.
Richiediamo con forza il recepimento totale delle nostre richieste, avvertendo che in mancanza di risposte adeguate, saremo portavoce di forme di protesta e mobilitazioni generali massicce per tutelare il diritto alla salute del territorio e di tutti i sardi.

Il Forum Sanità del Partito Democratico

Oggi, 23 settembre 2021, vi è stata ad Iglesias una manifestazione popolare contro il tradimento dei LEA ( i Livelli Essenziali di Assistenza), garantiti dallo Stato ai cittadini.
Un qualche “scienziato pazzo”, uscito da un incubo, ha inserito il territorio del Sulcis Iglesiente in un marchingegno che ci sta respingendo nel passato. Il “passato” deve essere conosciuto, sopratutto nelle sue atrocità, allo scopo di non farlo rivivere.
Nel 1700 il filosofo britannico Edmund Burke formulò un aforisma di saggezza che dice: «Chi non conosce la Storia è condannato a ripeterla».
La frase di Burke ha fatto il giro del mondo e si trova scritta, in trenta lingue diverse, in un monumento nel campo di concentramento di Dachau.
Filosofi e scrittori, grandi e piccoli, hanno scritto libri sull’aforisma di Burke. Due anni fa è stato ripreso in un libro dallo scrittore filosofo George Santayana che ha scritto contro quelli che “non sanno ricordare il passato”, e pochi giorni fa lo stesso concetto è stato ripreso dalla scrittrice sarda Dolores Deidda (“La signora della stazione”), che racconta la saga di una famiglia di Serri tra le due guerre mondiali ed il primo dopoguerra. La scrittrice vi riporta la grande storia a cui sono collegati fatti di vita famigliare variamente influenzati dal fascismo, dalle guerre, dalla cultura tradizionale contadina, e dalla nuova modernità della città.
Fra i tanti episodi, ve n’è uno da cui si può desumere lo stato dell’organizzazione sanitaria del tempo. Alla “signora della stazione”, nel 1940-42, accadde di dover assistere, come levatrice, una passeggera del treno che veniva da Sorgono diretto a Cagliari. La stazione si trovava a Corte, una località a pochi chilometri da Desulo, da Atzara e da Tonara. Il motivo per cui la gravida a termine viaggiava tutta sola per Cagliari era dovuto alla necessità di consegnarsi nelle mani degli Ostetrici specialisti dell’Ospedale Civile San Giovanni di Dio in quanto nel suo territorio non esistevano Ospedali attrezzati. Il motivo del viaggio della speranza era da ricercarsi in un sua malformazione del bacino che avrebbe ostacolato un parto naturale. La donna sapeva benissimo che, se non fosse riuscita a partorire, il bambino si sarebbe incastrato nel canale del parto e lei sarebbe morta assieme al figlio. Questo era il destino di tutte le donne che non riuscivano a partorire naturalmente. La poveretta stava tanto male che non sarebbe mai arrivata a Cagliari. Venne fatta scendere e fu accompagnata nella casa di Eva (la signora che dirigeva la stazione) dove miracolosamente avvenne un parto regolare e mamma e bambino si salvarono.
Questo racconto fa entrare la micro-storia della stazione ferroviaria di Corte nella Grande Storia dell’Umanità.
In quegli anni, a Carbonia, esisteva un ospedaletto in piazza Cagliari, destinato all’assistenza dei minatori per gli incidenti in galleria e, per necessità, venne messo a disposizione anche della popolazione. Allora era giovanissimo medico il dottor Renato Meloni che era chirurgo generale e, in quanto tale, si intendeva anche di ostetricia. Il primario era il professor Ignazio Scalone, patologo chirurgo esperto in chirurgia del cervello per causa traumatica; era esperto in tecnica chirurgica per ferite da guerra del cranio e del cervelletto. L’esperienza l’aveva acquisita al fronte della Prima Guerra Mondiale. Era il chirurgo adatto per assistere i frequenti traumi cranici che avvenivano in miniera a causa del franamento di massi sulla testa degli operai. Chirurghi di questo genere erano idonei ad operare il cesareo, quindi il Sulcis era sicuramente più fortunato, dal punto di vista sanitario, della popolazione del centro Sardegna. Simile fortuna toccava anche ad Iglesias dove operava un ospedale che secondo le cronache del tempo, già nel 1904, in occasione della rivoluzione operaia di Buggerru si occupava di chirurgia complessa.
Nel 1904, ad Iglesias, non si eseguiva ancora il parto cesareo perché quella tecnica era stata ideata da poco e non era ancora stata standardizzata sul territorio nazionale. Infatti la tecnica del cesareo classico venne sistematizzata nell’anno 1900 dal dottor Luigi Mangiagalli di Milano. In realtà il primissimo cesareo venne eseguito a Pavia nel 1876 dal dottor Bianchi Porro, maestro di Mangiagalli. Ma la tecnica di Porro era distruttiva per l’apparato riproduttivo femminile.
Fino all’avvento del taglio cesareo messo a punto dagli italiani le donne morivano in tutto il mondo; nulla le poteva salvare da un parto distocico, né i soldi né il potere. E’ stata recentemente pubblicata una serie televisiva dedicata alla vita della zarina di Russia Caterina la Grande. La ricostruzione storica è accuratamente documentata. In un frammento del film si vede chiaramente l’immagine della giovane moglie dello Zar Paolo I adagiata su un tavolo autoptico, nuda e totalmente eviscerata. Accanto era adagiato il cadavere del neonato. La donna aveva avuto una buona gravidanza ma un parto impedito da un’anomalia del bacino. Nonostante lo stuolo di medici reali indaffarati per salvare la regina ed il principino, la poveretta era comunque morta. Appena spirata le era stato aperto l’addome e l’utero per estrarne il bambino forse ancora vivo. Ma fu tutto inutile. Era già morto.
Era l’anno 1793, l’anno in cui due donne monarca reggevano due imperi: Elisabetta prima d’Inghilterra e Caterina la Grande di Russia. Eppure non bastava essere regine per salvarsi dal destino mortale di un parto distocico.
In quell’anno 1793 Giorgio Washinghton governava gli Stati Uniti d’America e dopo breve tempo moriva per un salasso eccessivo di sangue praticato per curare una faringite febbrile.

Nello stesso anno Robespierre decapitava la regina Maria Antonietta e Luigi XVI.
In quell’anno la Sardegna vide i tentativi dei francesi di invaderla, ma furono fermati dapprima all’istmo di Santa Caterina a Sant’Antioco e poi nella spiaggia di Quartu da truppe raccogliticce guidate dal notaio Vincenzo Sulis, A ciò seguì la cacciata del viceré piemontese dal Castello di Cagliari. In quell’anno a Cagliari non esisteva l’Ospedale civile ma vi erano perlopiù strutture caritative religiose destinate ad ospitare poveri e incurabili. Il Cesareo non si praticava e, anche in Sardegna, le donne gravide con anomalie del canale del parto morivano. Queste anomalie erano frequenti perché erano molto diffusi il rachitismo, la tubercolosi ossea, ed i deficit alimentari.
Bisogna precisare che esisteva una tecnica chirurgica che si eseguiva esclusivamente a mamma morta nel tentativo di estrarne il bambino che poteva essere ancora vivo.
Tutto il mondo cristianizzato si adeguava alla bolla papale emanata da Paolo V nel 1615. In essa si disponeva che nella circostanza di un parto distocico il medico stava in presenza fino alla morte della donna. Appena certificata la morte egli doveva procedere all’apertura dell’addome ed estrarne il bambino. Il prete doveva procedere all’immediato battesimo. In assenza del medico questa funzione chirurgica veniva assunta dalla levatrice. In assenza della levatrice la procedura doveva essere portata a termine del prete che, estratto il bambino, doveva affrettarsi a battezzarlo.
Poi nel 1876 il dottor Bianchi Porro di Pavia ebbe una illuminazione: eseguì l’asportazione dell’utero intero a “madre viva” per estrarne il bambino senza traumatizzarlo. La tecnica che aveva ideato non prese piede ma fu utile al suo allievo Luigi Mangiagalli per mettere a punto la sua nuova tecnica nel 1900.
Fino ad allora la prospettiva di salvezza per le donne di tutto il mondo era identica, sia che fossero delle povere popolane o potenti regine.
In quell’anno 1900 il dottor Luigi Mangiagalli dimostrò che con la sua nuova tecnica di cesareo, eseguito a “madre viva”, poteva salvare sia la madre che il bambino e consentiva di salvare anche l’utero per future gravidanze.
Questa lunga premessa serve a dimostrare quanto, fino a poco tempo fa, fosse terrificante il destino delle madri con difetti del canale del parto. Questo orrore si concluse in Sardegna negli anni a ridosso della Prima Guerra mondiale con la diffusione degli Ospedali territoriali. Fino ad allora l’assenza di una valida rete ospedaliera imponeva alle donne della provincia di imbarcarsi sul treno, in pieno travaglio, per arrivare a Cagliari dopo molte ore di viaggio.
La nascita degli Ospedali territoriali fu un miracolo. Da allora il terrore è cessato, ma un pericolo nuovo incombe: la destrutturazione degli Ospedali con la chiusura di reparti.
Nel Sulcis Iglesiente, nella ASL 7, sta avvenendo un fenomeno che ci sta respingendo nel passato. Si stanno impoverendo gli Ospedali sia di Medici che di Infermieri e strumenti.
A Carbonia, dopo la chiusura della Pediatria si è proceduto alla chiusura della Ostetricia e Ginecologia. E’ stata chiusa l’Anatomia Patologica impedendo la diagnosi immediata in corso di un intervento chirurgico programmato con l’intento di escidere radicalmente un tumore.
L’Emodinamica in Cardiologia è chiusa al 70 per cento e durante la sera, la notte, e nei giorni festivi non si possono operare gli infarti. Chi arriva in Ospedale fra le 8.00 e le 16.00 può essere operato. Chi ha l’infarto durante la notte o il sabato e la domenica e nei festivi deve essere trasferito a Cagliari e sperare che ci arrivi vivo.
La Radiologia è ridotta ai minimi termini sia in specialisti che in tecnici. Similmente avviene per la Dialisi. I sei Medici in organico sono ridotti a tre. Questo bassissimo numero genera eroi (i Medici) e pericoli (per i malati).
La Chirurgia Generale ha dovuto subire la chiusura dell’Endoscopia digestiva che è imprescindibile per l’individuazione della fonte di emorragie dal tubo digerente e la crescita dei tumori maligni (che possono trovarsi in tutto il percorso dall’esofago all’ano); per non parlare poi della riduzione dei posti letto resasi necessaria per la scarsità di personale.
Le stesse difficoltà soffrono l’Anestesia e la Rianimazione. Ne consegue la drastica riduzione delle sedute operatorie (una la settimana) per mancanza di Specialisti e Infermieri.
Ad Iglesias il disastro è immane. Oltre alla chiusura di servizi e alla riduzione dei posti letto, avverrà presto la messa in pensione del Primario di Chirurgia Generale. Con la sua uscita di scena quel reparto cesserà di funzionare.
Per effetto di questo insieme di carenze adesso esiste la pericolosissima condizione per cui l’Ostetricia di Iglesias è privata del supporto della Chirurgia generale. Supporto che è assolutamente necessario nel caso in cui un parto cesareo venga complicato dalla insorgenza di lesioni arteriose e viscerali mortali.
Questa coesistenza di deficit strutturali dovrebbe immediatamente indurre a riorganizzare con urgenza la Chirurgia generale con un Primario, oppure a trasferire la Ostetricia al Sirai di Carbonia dove è ancora libera l’antica sede posta al III piano. Così le pazienti operate in Ostetricia, in caso di complicazioni chirurgiche, verrebbero messe sotto la protezione della Chirurgia generale che è ancora bene organizzata ed è in grado di dare immediata assistenza in caso di patologie ginecologiche associate a malattie chirurgiche addominali, o urologiche o vascolari.
Le vicende politiche ed amministrative pubbliche che si sono succedute dal 1992 ad oggi hanno precipitato il territorio del Sulcis Iglesiente in un passato di oscurantismo sanitario che ci fa vivere in uno stato di pericolo incombente.
La facilità con cui siamo arretrati così pericolosamente fa supporre che questo degrado non sia solo derivato da incapacità amministrativa centrale ma anche da una assurda inconsapevolezza popolare di questi fatti.
E’ necessario ripartire dalla Storia passata e conoscere le atrocità in campo sanitario perpetrate nei secoli passati per capire quali strumenti abbiamo per non doverle rivivere.
Aveva ragione Edmund Burke: «Chi non conosce la Storia è condannato a riviverla» con tutti i suoi risvolti disumani. E’ necessario farsi promettere dai politici del futuro la restituzione di tutto il maltolto.
Oggi, a conclusione della enorme manifestazione popolare incoraggiata dalle componente dei pensionati di SPI CGIL, CISL, UIL, ad Iglesias, il sindaco Mauro Usai ha sintetizzato le ragioni della protesta in alcuni precisi punti:
1 – Il degrado degli Ospedali e della sanità territoriale.

2 – La sottrazione di personale sanitario a favore del centro Covid del Santissima Trinità, che dovrebbe rientrare immediatamente nei nostri Ospedali subito dopo la chiusura del Centro Covid cagliaritano.

Inoltre:
3 – ha dichiarato chiuso il tempo dell’invio di istanze a protezione della nostra sanità perché tutte le formalità procedurali presso le istituzioni regionali sono state già esperite. In mancanza di provvedimenti soddisfacenti si passerà a proteste direttamente nel capoluogo.
4 – Ha poi dichiarato testualmente: «E’ finito il tempo dei campanili, uniti saremo più forti».
5 – E ha concluso dicendo «Non ci interessa avere tre Ospedali non funzionanti; ce ne basta uno, ma che funzioni».
Tale discorso è stato tenuto in rappresentanza dei 23 sindaci del Sulcis Iglesiente, che hanno sottoscritto il “Patto per la Salute” formulato dai tre sindacati CGIL, CISL, UIL, e che è stato inviato al presidente della Giunta regionale Christian Solinas ed al Commissario dell’ARES Massimo Temussi.

Mario Marroccu

 

Sono 34 i nuovi positivi al Covid-19 accertati nelle ultime 24 ore in Sardegna, su 10.818 test eseguiti (2.115 molecolari, 8.703 antigenici), lo 0,31%.

I pazienti ricoverati nei reparti di terapia intensiva sono 19 (lo stesso numero di ieri).

I pazienti ricoverati in area medica sono 169 (2 in meno rispetto a ieri).

Sono 2.742 i casi di isolamento domiciliare (180 in meno rispetto a ieri).

Si registrano 2 decessi: un uomo di 78 anni residente nella Città metropolitana di Cagliari e un uomo di 85 residente nella provincia del Sud Sardegna.