5 December, 2025
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Sabato 5 luglio, alle ore 21.30, si terrà il primo appuntamento di “Notti a Monte Sirai”, rassegna giunta alla 17ª edizione. Apre la stagione 2025 un trio eccellente: l’opera dello scrittore e intellettuale Italo Calvino viene letta dalla voce suadente di Sergio Rubini, con l’accompagnamento musicale del pianista Michele Fazio.
Nel suo vasto amore per la letteratura italiana, Italo Calvino riprende i due protagonisti de Il Milione, Marco Polo e Kublai Kan, per farli dialogare sulle città dell’Impero di Kublai, città che l’imperatore non ha visto e che invece Marco Polo ha visitato. Il titolo dell’opera, “Le città invisibili”, fa riferimento al fatto che Marco Polo descrive all’imperatore città che non esistono, città ricche di pregi e virtù laddove il kan sa che il suo regno è, invece, in rovina.
L’opera, scritta negli anni Sessanta e pubblicata nel 1972, permette a Calvino di esprimere la disillusione, vissuta in quegli anni, sulle attese e le speranze indotte dal boom economico. L’industrializzazione dell’Italia, l’inurbamento dalle campagne alle città, il benessere economico, la larga disponibilità di beni di consumo portavano con sé anche l’altra, triste, faccia della medaglia: la speculazione edilizia, la competizione, l’individualismo, la solitudine, l’alienazione.
Sabato 5 luglio il pubblico sarà il quarto protagonista della serata, in quanto ognuno potrà dare a sé stesso la propria interpretazione dei significati dell’opera, avvalendosi della percezione dell’arte drammatica del grande Sergio Rubini – attore, regista, sceneggiatore e docente – e del pianista, maestro Michele Fazio, nella lettura di un testo che è allegoria di paure e desideri e che i due artisti potrebbero svelarci sotto nuove prospettive da scoprire così come Kublai Kan che “solo nei resoconti di Marco Polo riusciva a discernere, attraverso le muraglie e le torri destinate a crollare, la filigrana d’un disegno sottile da sfuggire al morso delle termiti” (I. CALVINO, Le città invisibili, capitolo I).
Per ulteriori informazioni consultare il sito www.nottiamontesirai.it .

Simona Pirosu

Un filo di pace realizzato con il lino della Normandia ei fili delle reti dei pescatori del Sulcis. Lo hanno realizzato gli alunni e le alunne dell’Istituto Comprensivo “Taddeo Cossu” di Sant’Anna Arresi e Teulada insieme ai loro coetanei della Tunisia, della Francia e del Galles con lo scopo di unire simbolicamente le sponde dei mari su cui si affacciano i quattro paesi coinvolti nel progetto e creare un ponte di pace.

Questa mattina i bambini e le bambine dell’Istituto “Taddeo Cossu”, accompagnati dai loro insegnanti, sono stati ricevuti nel giardino di Villa Devoto dalla Presidente della Regione Alessandra Todde e dall’assessora della Pubblica Istruzione Ilaria Portas e hanno avuto modo di raccontare il progetto di educazione alla cittadinanza globale che attraverso l’arte dà un segnale di grande speranza.

«Spesso i conflitti sono causa dalla paura e dalla mancanza di conoscenza dell’altro», ha detto ai bambini e alle bambine il presidente Todde, evidenziando l’importanza di costruire la pace, ogni giorno ed in ogni circostanza. «Scegliere il dialogo è più difficile che alzare muri ha aggiunto la Presidente della Regionema è l’unica strada che ci rende umani. Il Filo di Pace è un’opera collettiva, simbolica e concreta. Un ponte tra sponde lontane, un messaggio di speranza che parte dalle scuole.»

«La Pace è l’elemento più rivoluzionario in un tempo di guerre e di riarmoha aggiunto l’assessora Ilaria Portas -. La voce delle bambine e dei bambini, che in questo particolare momento storico subiscono l’orrore della guerra, si alza attraverso un’opera delle loro mani e racconta la loro e la nostra speranza.»

La presidente Alessandra Todde ha poi ringraziato il Corpo forestale della Regione Sardegna, che con i propri mezzi ha accompagnato la delegazione e ha menzionato la docente Daniela Selis, che con intensità e delicatezza ha interpretato il canto Juste quatre lettres di Malika Bazega. «La sua voceha detto Alessandra Toddeha ricordato a tutti noi che la pace si insegna, si coltiva, si trasmette.»

Inserito nel Piano triennale dell’offerta formativa (Ptof), il progetto Un filo di Pace è un percorso di sensibilizzazione e di educazione alla pace che si inserisce all’interno di una formazione più ampia per l’educazione della cittadinanza e la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’Onu. In questi mesi ha coinvolto circa 800 alunni sardi. Il manufatto, esposto all’inizio di giugno nella spiaggia di Porto Pino, sarà donato dalla scuola ad una personalità che si è impegnata per la costruzione della pace.

È stato presentato questa mattina nel Centro Intermodale di Carbonia, il servizio bus Arst che da domani, 1° luglio 2025, fino al 31 dicembre 2026, sostituirà i treni lungo le tratte del Sulcis interessate da importanti lavori di ammodernamento della rete. I bus saranno operativi tra le stazioni di Decimomannu e Carbonia/Iglesias.

Nel corso della presentazione del servizio sono stati mostrati i nuovissimi autobus ibridi e dotati di tutti i comfort che saranno utilizzati in tutto il Sulcis. Uno sforzo economico che la Regione ha compiuto per garantire il migliore servizio possibile e che sarà utile anche dopo la riapertura del servizio ferroviario.

«Assicurare la mobilità dei cittadini del Sulcis durante il periodo dei lavori ferroviari è stata per noi una priorità assoluta, non solo per limitare i disagi ma per riaffermare un principio fondamentale: il diritto alla connessione, anche e soprattutto nei momenti più complessi», ha detto l’assessora regionale dei Trasporti, Barbara Manca.

«Abbiamo realizzato un sistema temporaneo che non è un semplice servizio sostitutivoha spiegato l’assessora – ma un’operazione strutturata per essere efficiente, sostenibile e il più possibile integrata con la rete regionale. L’obiettivo è garantire continuità negli spostamenti quotidiani, nel lavoro, nello studio e nella vita delle persone, senza compromessi sulla qualità. Si tratta di un servizio che può essere implementato anche con i suggerimenti dei cittadini quindi invito tutti gli utenti a segnalare prontamente tutti gli aspetti potenzialmente migliorabili. Questo intervento di ammodernamento della rete si inserisce nella visione più ampia di una Sardegna moderna, che punta a colmare i divari storici e a costruire un sistema di mobilità realmente vicino ai bisogni dei territori e delle comunità.»

 

Giovedì 26 giugno il sito geo-speleologico archeologico Sa Marchesa, a Nuxis, ha ospitato la prima conferenza di “Dopo gli scavi”, con la presentazione del libro “Se io”, di Davide Casula.
Nel corso della serata l’autore ha letto alcune poesie, regalando emozioni agli spettatori, il tutto guidato dalla sapiente mano di Agnese Delogu. Il professor Riccardo Cicilloni, direttore scientifico degli scavi archeologici che si stanno realizzando nella Grotta di Acquacadda, ha introdotto l’evento.
Le prossime conferenze sono in programma mercoledì 2 luglio, con la dottoressa Giovanna Pietra che parlerà delle scoperte e degli studi che si stanno effettuando nell’importante sito archeologico di Pani Loriga a Santadi, e giovedì 3 luglio, com il professore Duilio Caocci che parlerà di Peppino Mereu, poeta sardo della fine dell’800, autore della famosa poesia “Nanneddu Meu”,diventato uno dei canti più popolari della Sardegna.
 

Diversi mesi fa Nino Dejosso, professore in pensione residente a Carbonia e laureato in Lettere Moderne, aveva inviato a una ristretta cerchia di amici una sua inedita silloge poetica in pdf, accompagnando la richiesta di “un’attenta lettura”. L’intenzione del “rivelato” poeta era sondarne il gradimento ma soprattutto ricevere un riscontro critico e così valutare per una possibile pubblicazione.
Avevo letto le composizioni con assoluto interesse lirico. Trovandole estremamente interessanti in contenuti dal linguaggio evocativo-simbolico, e rispondevo con sincero incoraggiamento, sottolineando la personale considerazione per l’originale versificare che «non sono ‘spiccioli di poesia’ (questo era il modesto ed iniziale titolo dato alla bozza) ma sonanti monete preziose di rivelati intimi sentimenti e versi proposti con precise sfumature emotive e profondità concettuali». Rilevavo il tono lirico riflessivo-meditativo, in sintonia con la concezione e cultura letteraria del Novecento italiano che aveva coltivato in studio, insegnamento ed ora come personale interpretazione letteraria; la straordinaria liricità era anche matura capacità introspettiva e di sensibilità, in cui fermare l’essenza del tempo e le emozioni, per elaborare un bilancio esistenziale che coinvolge e sollecita riflessione.
Ed ora, trascorsi solo tre mesi, la piacevole sorpresa cartacea della pubblicazione di Nino Dejosso, titolata “Sulla soglia dei giorni perduti” (LFA Publisher di Lello Lucignano Editore, Caivano-Napoli, giugno 2025).
La rilettura, naturalmente, offre nuovi stimoli e considerazioni e mi rivela un profondo aspetto che percorre rivelatore tutta la silloge: malinconia e dolore.
L’intreccio ricorrente di malinconia e dolore dimostra la piena adesione, con segni e approfondimenti innovativi, a una poetica sviluppata da diversi autori di riferimento del Novecento italiano, con certe radici nelle opere leopardiane dell’Ottocento, che analizzano lo stato umano tramite il meditativo senso di sofferenza e tristezza. Per Dejosso è necessario esprimere una interpretazione lirica di consapevolezza sulla sofferenza esistenziale, dettata dall’esperienza e condizione quotidiana, come manifesta riflessione di emozioni e sentimenti sulle fragilità della vita che si affacciano costantemente «sulla soglia dei giorni perduti».
La prefazione della componente EASA (European Academy of Sciences and Arts di Saliburgo) dott.ssa Maria Miraglia – un vero prezioso scritto saggistico e scrigno di emozionante compiutezza e bellezza – propone un’attenta visione dell’attualità poetica che vede protagonista non più il critico «ma il lettore libero finalmente di interpretare un prodotto letterario, una poesia secondo la propria sensibilità ed il particolare momento intimo di vita. La straripante ricchezza linguistica e formale della poesia contemporanea ha saputo costruire negli ultimi decenni una grande varietà di soluzioni da sorprendere i critici e gli stessi poeti. Non è mai stata trovata tanta poesia come negli ultimi cinquant’anni. A questo ha contribuito il maggiore accesso alla scrittura, l’estendersi e il moltiplicarsi delle realtà editoriali, la diffusione capillare di Internet e delle piattaforme online».
E in questo rinnovato contesto Nino Dejosso “porta il suo contributo”, riformulando con radicate “forti e innovative” liriche “la comunicazione poetica”. La critica evidenzia il sorprendente stile del poeta sardo, che con il suo distintivo stile, «in versi liberi, li consente di esprimersi in modo autentico e che da subito rivela la sua spiccata originalità. Nella maggior parte lirica, la sua produzione poetica è carica di un personale tono evocativo che evidenzia la capacità del poeta di suscitare, in chi legge, attraverso immagini, sensazioni e ricordi una esperienza emotiva senza servirsi di una descrizione esplicita dei contenuti».
Una poesia, quella coltivata e ora donata da Nino Dejosso, che riserva un vasto universo letterario, tra realtà e immaginifiche visioni concettuali, da interpretare e leggere in dimensioni e significati che collegano il microcosmo interiore umano al cosmico macrocosmo dell’infinito.

 

Lunedì 30 giugno, dalle ore 9.00 alle ore 17.00, la Sala Studio dell’Archivio Storico Minerario della Sardegna, di IGEA (Monteponi – Iglesias), ospiterà il workshop internazionale “Argentaria 2025 – Gli archivi minerari contemporanei: fonti per l’archeologia”. 

La giornata di studio è organizzata dall’Universitè Toulouse – Jean Juarès, dall’Ēcole Francaise de Rome e dall’Università degli Studi di Cagliari, con la collaborazione del Consorzio AUSI, di IGEA SpA e di Label Scientifique UFI 2024 dell’Università Franco Italiana. 

Il workshop internazionale è inserito nelle attività del Progetto “Argentaria”, un’indagine storico-archeologica che si svolge nel territorio dell’Iglesiente, nata con lo scopo di ricostruire le realtà sociali, culturali e professionali del mondo dei minatori che lavoravano in un complesso di produzione argentifera ben documentato, ma il cui studio non è avanzato quanto quello di altre aree produttive dell’Europa medievale. 

Il lavoro si prefigge di ricostruire le conseguenze a breve e lungo termine dell’estrazione e della lavorazione del minerale sull’ambiente e sulla salute delle popolazioni, per offrire importanti opportunità in termini di formazione, collaborazione scientifica, promozione del patrimonio e sensibilizzazione del pubblico sui temi storici, archeologici e ambientali. 

Il tutto coinvolgendo i settori del pubblico e del privato, riunendo il mondo accademico, il comparto turistico, l’istruzione ed il settore delle politiche culturali. 

Abbiamo vissuto il tempo della sanità gratuita per tutti “dalla culla alla tomba”. Poi è venuto il tempo della Sanità a ranghi ridotti per risparmiare, e abbiamo cominciato a pagare esami e visite specialistiche. Adesso inizia il terzo tempo della “curva discendente” della Sanità pubblica: quello della nostra salute affidata alle assicurazioni. Ne esistono già i segni premonitori. Il giorno 24 giugno, la più nota emittente radiofonica italiana dedicata ai fatti economici, ha pubblicizzato la LTC (Long Term Care). Si tratta di un’assicurazione sanitaria per ottenere cure a lungo termine. Protegge dal rischio della perdita di autosufficienza in caso di malattie croniche inabilitanti. L’obiettivo della LTC è fornire un sostegno economico per coprire le spese sanitarie sia domiciliari sia in strutture specialistiche.

Durante la trasmissione ha chiamato un ascoltatore per dire quanto segue: «…io sono un lavoratore autonomo che sta andando in quiescenza con una pensione di 1.600 euro al mese. Supponiamo che riesca a destinare 100 euro mensili per l’acquisto della polizza LTC, quanto varranno quei 100 euro fra 10 anni?. Varranno tanto da pagarmi le spese di riabilitazione o di stipendiare una badante?»

I giornalisti hanno risposto: «E’ chiaro che non basteranno; infatti la polizza prevede che lei versi all’assicurazione anche tutto il suo TFR, cioè la liquidazione che riceverà andando in pensione». Si tratta di quella liquidazione che ogni pensionando attende per ripianare tanti debiti, per pagare le rate dell’auto, del mutuo della casa, dei lavori di manutenzione, eccetera. E’ evidente che il lavoratore e il pensionato medio non potranno rinunciare alla liquidazione. Potranno sottoscrivere quella polizza solo i titolari di redditi e pensioni corpose, cioè coloro che, comunque, potrebbero permettersi di pagare una badante, o il fisioterapista o la dialisi privata.

Il punto è questo: i super-pensionandi agiati non sono una preoccupazione. Sono una preoccupazione i titolari di piccoli e medi redditi e pensioni, cioè la maggioranza. Morale: l’assicurazione “long term care” non mette al sicuro la quasi totalità degli italiani con finanze appena autosufficienti. Soltanto lo Stato ha ancora il potere di proteggerli dalle difficoltà che dovrà affrontare la Sanità pubblica. E’ noto che i problemi internazionali, i dazi, le guerre, il riarmo, impegnano le risorse dello Stato in altre emergenze. Ci resta allora la possibilità di chiedere un maggiore sforzo in assistenza sanitaria alle Regioni. Esse negli ultimi decenni si sono impegnate a produrre leggi sanitarie regionali dedicate alla creazione di nuove “strutture organizzative” dotate di organigrammi amministrativi complessi. Si tratta di leggi ostiche, formulate con linguaggio burocratico poco comprensibile. Nonostante nella premessa di quelle leggi venga proclamato lo scopo di dare migliori servizi sanitari alla popolazione poi, negli articoli che seguono, il “malato” non viene neppure citato. Vengono invece elencati gli incarichi da dare alle gerarchie degli organi direttivi di nuove strutture più o meno utili.

Pertanto, anche l’interlocutore “Regione” non è facile da interpellare. Ci rimangono i sindaci: gli unici, concreti, presenti e avvicinabili rappresentanti delle popolazioni territoriali.

Visto che non si possono affidare le cure dei malati cronici, soprattutto degli anziani, ad aziende private, è necessario che i sindaci prendano l’iniziativa di proteggere i cittadini dalle prospettive illustrate dalle assicurazioni. Esse, infatti, sostengono che le polizze per le “ Cure a lungo termine” non vengono proposte al malato cronico in sé, ma ai suoi conviventi e segnatamente ai figli. La motivazione è la seguente: « … nel caso in cui un parente convivente, padre o madre, avrà bisogno delle cure che lo Stato non potrà più dare, i costi dovranno essere sostenuti dai familiari che hanno un reddito: in genere i figli. Pertanto, se i figli non vogliono finire nel baratro delle spese per l’anziano genitore o dell’inabile a carico, è meglio che si convincano che devono essi stessi acquistare la polizza assicurativa LTC». Ecco: il cerchio è chiuso. Purtroppo, ciò sta avvenendo in tempi in cui la tecnologia digitale sta riducendo progressivamente i posti di lavoro dipendente nelle banche, nei supermercati, nelle attività amministrative, nelle università, nelle fabbriche, nei servizi pubblici, eccetera. La circolazione del danaro dedicato agli stipendi si sta limitando e si sta spostando in un altro circuito più ristretto; ciò avviene a causa della sostituzione digitale di molte funzioni burocratiche. Così i soldi si fermano in mano ai gestori delle grandi reti digitali. E’ previsto che tale fenomeno aumenterà con l’arrivo della Intelligenza Artificiale (A.I.) nel mondo del lavoro. In un mondo così preso nell’ingranaggio digitale, come lo stanno ipotizzando gli economisti e i sociologi, chi potrà pagarsi una badante per assistere il parente non autosufficiente?

Inoltre, considerato che i vecchi non autosufficienti aumenteranno, mentre i giovani diminuiranno, chi riuscirà a pagare l’assistenza sociale e sanitaria per tutti i richiedenti  Si prospetta un incubo. Tutti insieme potremmo contrastare i danni. «Tutti insieme», come? Attraverso il senso di appartenenza ad una comunità solidale. Tale appartenenza non può frammentarsi in divisioni correntizie. Sarebbe ideale avere una rappresentanza locale, unificante e governante, espressa dalla fiducia di tutti. Ci serve l’abolizione dalla “fede cieca” nei potentati e l’applicazione di un metodo scientifico nel momento in cui votando sceglieremo il candidato a governarci. Come diceva Galileo «credi in quello che vedi, che tocchi, che sperimenti personalmente, che critichi, che puoi rifare e migliorare». Cioè credere che la verità sia solo quella empirica (basata sull’esperienza vissuta e personale), che si presti alla revisione, al controllo e alla correzione. Bene fanno gli americani che dopo due anni dall’elezione del Presidente rinnovano il rito del voto ai parlamentari. Si chiamano “elezioni di medio termine”. I parlamentari eletti, che dopo due anni non abbiano attuato le promesse dei programmi amministrativi, vengono rimandati a casa. Fra un anno e mezzo, in America, verrà rieletto il Parlamento. Se Trump non avrà soddisfatto il contratto elettorale, i suoi elettori si libereranno dei suoi parlamentari inadempienti e li rimanderanno a casa; lui andrà in minoranza e verrà messo sotto stretto controllo da un’opposizione più vasta. Questo è il vero segreto dell’efficienza della democrazia in America: il popolo può liberasi del parlamentare inadempiente. In quel caso il potere dato ai politici governanti è controbilanciato dal potere dato al popolo di rimandare a casa dopo due anni coloro che non hanno rispettato gli impegni presi. Stessa cosa si fa con gli alti dirigenti delle agenzie di stato con lo “Spoil system”. Nessun potente è al sicuro per sempre.

In Italia invece non esiste l’istituto delle “elezioni di medio termine”. Il popolo italiano non ha i poteri per controbilanciare il potere perenne del governante eletto. Ne consegue che i parlamentari eletti possono eludere le promesse elettorali senza correre il rischio di perdere il posto, l’autorità e lo stipendio, per 5 anni.

Questa mancanza di potere impedisce ai cittadini di far sentire la forza del loro controllo sulla Sanità. Fino al 1992, le USL (Unità Sanitarie Locali) erano gestite e controllate dai Sindaci tramite il Presidente. Di fatto l’incarico al Presidente di gestire la USL, avveniva per elezione popolare indiretta e il programma amministrativo era un vero “contratto”. Se il sindaco non rispettava il contratto veniva rimandato a casa con le elezioni comunali successive. Fu il periodo migliore della sanità pubblica. Poi, dopo il 1992, con Francesco de Lorenzo, Maria Pia Garavaglia e Rosy Bindi vennero prodotte leggi di riforma sanitaria che abolirono la presenza democratica di rappresentanti politici eletti dalle amministrazioni sanitarie territoriali. Lo fecero con un semplice marchingegno: abolirono le USL e le trasformarono in ASL (Aziende Sanitarie Locali). In tal modo poterono creare i “Manager”, figure non elette, messe a capo delle Sanità territoriali, e le svincolarono dal controllo della politica locale. Cioè le svincolarono dai sindaci. Questo fu l’inizio della fine. Dal 2000 i governi successivi produssero leggi ancora più rigide. Per il controllo della spesa pubblica si procedette alla riduzione del personale sanitario, dei servizi ospedalieri e iniziò il tempo degli accorpamenti di ASL e ospedali. Si raggiunse l’acme del rigore dopo la crisi di Goldman-Sachs nel 2008, la crisi economica internazionale che ne conseguì e l’aumento vertiginoso dello spread in Italia. I governi caddero e si dovette affidare l’Italia al rigorosissimo governo Monti, il quale avviò ulteriori restrizioni sanitarie. La sanità pubblica divenne un’esclusiva organizzazione burocratica, e i sindaci e le gerarchie sanitarie ospedaliere vennero estraniate definitivamente dalla gestione della Sanità. I “Manager” non stabilirono canali di comunicazione con le popolazioni e iniziarono a prendere direttive soltanto dalla burocrazia regionale. Tali strutture avevano un chiara “mission”: spendere il meno possibile.

Il nuovo modo di gestire la Sanità pubblica portò alla riduzione progressiva di Unità Operative Specialistiche ospedaliere, e alla scomparsa di molte migliaia di posti letto. Fino a quel periodo, tra i 1992 e 2000, all’ospedale Sirai di Carbonia avevamo 384 posti letto. Oggi, per effetto di quei fatti storici, i posti letto sono ridotti a un centinaio.

Il “Consiglio dei sanitari” che supportava il presidente della USL, fino a tutto il 1992, era formato da tutti i primari, da un rappresentante degli Aiuti medici e da uno dei tecnici. Esso era un istituto fondamentale per dare al Presidente della USL tutte le informazioni corrette sullo stato della Sanità pubblica, reparto per reparto. Dopo la eliminazione di quel Consiglio, il controllo di tutto il sistema dei reparti ospedalieri passò nelle mani della sola burocrazia Regionale che sapeva tutto sulla contabilità ma nulla sui malati. Era avvenuto un cambiamento importante: il “contratto” fra i cittadini e i politici eletti al governo della Regione finì: si passò dal “contratto” di atti concreti, richiesti dalla base elettorale, a semplici “promesse elettorali”. Le “promesse” sono generiche dichiarazioni sull’intenzione di fare “il bene di tutti” senza la garanzia di un sistema di controllo. Il potere di controbilanciamento al potere dei politici eletti, come nel caso dell’elettorato americano, in Italia non esiste. Così i politici, dissociatisi dal controllo dei cittadini elettori, passarono ad un rapporto diretto con i soli apparati amministrativi.

Per capire il cambiamento di mentalità avvenuto, basta leggere i testi delle leggi sanitarie varate da allora in poi: sono in linguaggio molto tecnico, riservato agli addetti, fatto di richiami ad altre leggi: sostanzialmente incomprensibili. Tanto incomprensibili che probabilmente quei testi non vennero totalmente capiti neppure dagli stessi consiglieri che poi li avrebbero votati.

Oggi, con l’incubo del futuro che arriva, è facile immaginare il fallimento sanitario che porterà povertà alle famiglie. Povertà dovuta alle spese che ogni cittadino dovrà sobbarcarsi per assistere i familiari non autosufficienti. Lo hanno capito con grande anticipo le assicurazioni private che stanno propagandando le polizze LTC (“cure a lungo termine”).

Che fare? Da queste premesse sembrerebbe necessario:

– Nominare, come Presidente della ASL, un sindaco con funzioni di controllo e verifica sulla gestione.

– Pretendere un “contratto elettorale”, per i candidati al Consiglio regionale, che contenga delle penalità, e decadenza, per chi non lo rispetta;

– Restituire autonomia gestionale al Consiglio dei sanitari.

– Associare il “Consiglio dei sanitari” alla “Commissione sanitaria provinciale” formata dai sindaci del territorio, con funzioni di controllo, verifica e proposta.

L’alternativa è: rassegnarsi e cedere alle assicurazioni private il controllo della Sanità.

Mario Marroccu

Si chiudono in bellezza, a Portoscuso, i seminari di canto, musica e danza popolare di Mare e Miniere organizzato nella cittadina sulla costa del Sud Sardegna dall’associazione culturale Elenaledda Vox con la direzione artistica del musicista e compositore Mauro Palmas. Domani sera  domenica 29 giugno – a suggello di cinque intense giornate di lezioni e concerti, l’antica Tonnara di Su Pranu ospita il momento di congiunzione fra il lato didattico e quello spettacolare della manifestazione: il tradizionale concerto conclusivo – con inizio alle 21.30 e ingresso gratuito – che vedrà impegnati insieme, sullo stesso palco, allievi e docenti dei seminari.

Una testimonianza della validità dell’iniziativa didattica di Mare e Miniere, anche quest’anno sono stati tanti, più di centocinquanta, gli iscritti ai corsi e ai laboratori tenuti da Elena Ledda e Simonetta Soro (per la classe di canto popolare), Riccardo Tesi (suo il corso di organetto diatonico), Cuncordu e Tenore de Orosei (laboratori di canto “a tenore” e “a cuncordu”), Mauro Palmas (mandola e liuto cantabile), Marcello Peghin (chitarra), Alessandro Foresti (canto corale), Silvano Lobina (basso), Giulia Cavicchioni (laboratorio per bambini e ragazzi sulle musiche dal mondo), Andrea Ruggeri, Dario Muci ed Enza Pagliara (batteria e percussioni popolari), e alle due novità di questa edizione: il laboratorio di danze tradizionali del centro e sud Italia a cura di Viola Centi, e quello dedicato a musiche e canti della Val d’Aosta, Savoia e Piemonte condotto da Vincent Boniface. Ed è proprio dalle Alpi valdostane che partirà il repertorio del concerto di domani sera (domenica 29) per proseguire in un giro del Mediterraneo in musica, da Creta alla Grecia, dai Balcani al Salento, alla Sardegna, naturalmente.

Alla vigilia dell’ultimo atto, è possibile trarre un primo bilancio su questa edizione di Mare e Miniere a Portoscuso: «Il consuntivo è straordinariodichiara con soddisfazione Elena Ledda -, abbiamo molti più iscritti anche della precedente edizione, tanto che sarà complicato far stare tutti sul palco, nel concerto finale. Il programma della serata non ha un tema, come invece l’anno scorso , che era la guerra: abbiamo infatti lasciato a ogni classe la libertà di sviluppare e presentare il proprio programma. Anche il bilancio dei concerti è molto positivo: Mare e Miniere ha un pubblico stabile, fedele, che ci segue sempre. Naturalmente ci sono concerti che richiamano più spettatori, ma non si scende mai sotto una certa media».

Rassegna itinerante, dopo Portoscuso Mare e Miniere proseguirà il suo cammino nell’arco dell’estate in altri siti legati al mare e alla storia mineraria della Sardegna. Prossima tappa dal 24 al 26 luglio a Sarroch. Per informazioni: mareminiere@gmail.com .

 

Su delega della ASL Sulcis Iglesiente, è stata bandita da parte della Centrale Regionale di Committenza la gara d’appalto per la ristrutturazione e l’adeguamento dei locali che ospiteranno la nuova Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) presso il CTO di Iglesias.
L’intervento interesserà il piano -1 del corpo centrale del presidio e rappresenta una tappa significativa del percorso di potenziamento della diagnostica per immagini nell’ambito della sanità pubblica regionale.
L’investimento è sostenuto con fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e con cofinanziamento regionale. L’aggiudicazione dei lavori è previsto entro la fine di luglio.
Il progetto esecutivo, già completato, è stato redatto dalla ditta BTCsrl di Bolzano. A lavori conclusi, il Servizio di Ingegneria Clinica di ARES Sardegna provvederà alla consegna e installazione del nuovo macchinario RMN, dotato di tecnologia di ultima generazione, anch’esso acquistato tramite fondi PNRR.
L’intervento consentirà di ampliare l’offerta diagnostica del presidio ospedaliero, migliorare l’efficienza dei percorsi clinici e ridurre i tempi di attesa, garantendo ai cittadini del Sulcis iglesiente un servizio moderno e tecnologicamente avanzato.

«La chiusura della linea ferroviaria del Sulcis, per la realizzazione del raddoppio, presentata come una scelta strategica per ammodernare la mobilità della zona, non porterà benefici concreti alla popolazione e rischia, anzi, di lasciare il territorio ancora più isolato.»
Lo afferma la segretaria generale della Fit Cisl, Claudia Camedda, spiegando che «studiando i dettagli del progetto e le sue effettive prospettive, emerge una realtà ben diversa dagli annunci. Il progetto finanziato dal PNRR interesserà una tratta di soli 6 chilometri, dalla fermata di Uta-Villaspeciosa alla stazione di Siliqua, un tratto esiguo che copre una distanza irrilevante. Ad oggi non esistono né progetti completi né finanziamenti certi per la realizzazione dell’intero raddoppio della tratta ferroviaria. Senza una visione d’insieme, l’intervento rischia di rimanere un’opera monca, scollegata e inefficace rispetto alle esigenze reali del territorio. Tutto questo non può essere spacciato come un passo avanti. Al contrario, si configura come un’operazione puramente simbolica, utile più per finalità politiche che per rispondere ai reali bisogni della popolazione.” Per la Fit Cisl “chi vive nel Sulcis ha bisogno di collegamenti certi, funzionali e continuativi, non di promesse futuribili. Fino a quando non saranno messi nero su bianco un piano organico e fondi certi per completare tutta la nuova infrastruttura, la chiusura della linea ferroviaria esistente rappresenta un danno, non un progresso».

La segretaria generale della Fit Cisl chiude con un «appello alla politica, affinché si adoperi per il reperimento dei fondi necessari per la progettazione e la realizzazione dell’intera tratta, altrimenti arriveremo all’appuntamento del 31 dicembre del prossimo anno, data di ultimazione dei lavori, senza aver dato nessun beneficio reale alla comunità locale, già fortemente provata. La mobilità non si costruisce con annunci e progetti parziali: servono visione, impegno e investimenti concreti. E al momento, tutto questo manca».