23 April, 2024
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«L’Ufficio di Sorveglianza di Cagliari registra ancora una grave sproporzione tra numero di magistrati e lavoro da espletare. Ci sono detenuti che aspettano da due anni che venga loro riconosciuta la libertà anticipata per buona condotta e altri che aspettano mesi prima avere una risposta per poter fruire di un permesso.»

Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, osservando che «il mancato riconoscimento della libertà anticipata e dei permessi blocca il percorso riabilitativo del detenuto impedendogli, tra l’altro, l’accesso alle misure alternative».

«L’assegnazione delle premialità previste dall’ordinamento penitenziario e dalle più recenti norme che tendono a favorire l’utilizzo delle pene alternative alla detenzione come l’affidamento in prova – sottolinea Maria Grazia Caligaris – ricadono quasi interamente sull’Ufficio di Sorveglianza. Quello di Cagliari però deve occuparsi non solo dei cittadini privati della libertà di Uta, ma anche di quelli di Iglesias. Lanusei, Oristano-Massama e delle colonie penali di Isili e Is Arenas. Una mole di lavoro che si è moltiplicata insieme al crescente numero dei ristretti. La conseguenza è deleteria soprattutto per quei detenuti che stanno seguendo un percorso riabilitativo e comportamentale positivo. La mancata revisione del fine pena ha risvolti negativi proprio sul reinserimento sociale.»

«Il cumulo di istanze e il susseguirsi di novità normative – evidenzia la presidente di SDR – inducono anche a dover rivedere più volte la stessa richiesta. Talvolta si è verificato che un detenuto si è visto considerare inammissibile un’istanza di affidamento in prova con associati i lavori di pubblica utilità perché non è stato tenuto nella dovuta considerazione che la misura alternativa prevedeva non un lavoro esterno, da retribuire, ma l’impegno di accudire un genitore infermo a cui è corrisposta la pensione idonea al mantenimento di entrambi.»

«Occorre inoltre riconsiderare l’imprescindibile ruolo di ascolto del Magistrato di Sorveglianza. Troppo spesso, nonostante i detenuti chiedano di poter effettuare un colloquio per rappresentare la propria condizione, l’istanza resta inevasa o si verifica con un eccessivo ritardo che incide negativamente sullo stato emotivo del cittadino privato della libertà. E’ quindi improcrastinabile rafforzare l’Ufficio del Tribunale di Sorveglianza di Cagliari affinché sia possibile dare risposte meditate ma più celeri a quanti stanno scontando la pena anche per evitare – conclude Maria Grazia Caligaris – che le celle continuino a riempirsi quando ciò non è indispensabile potendo trovare modalità di esecuzione penale extramuraria e ridurre i costi di mantenimento che gravano sullo Stato.»

«Suscita perplessità la dislocazione dei funzionari dell’area giuridico-pedagogica nella sezione detentiva del settore maschile del Carcere di Cagliari-Uta». Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, avendo rilevato che l’area educativa a cui afferiscono i volontari è stata ubicata nel piano terra dell’edificio nella stessa ala in cui sono reclusi ai piani superiori  i cittadini privati della libertà.

«Il problema non sono gli spazi giacché – sottolinea – sono state messe a disposizione 12 stanze per sette operatori fissi e altri quattro che si alternano provenendo, grazie ai distacchi, da altri Istituti. Appare però singolare che i funzionari del Ministero debbano fornirsi di chiavi perfino per accedere ai bagni. Le finestre inoltre benché ampie, non solo hanno le grate, ma sono collocate a circa  due metri d’altezza con aperture a vasistas.»

«Chi ha progettato l’edificio – conclude la presidente di Socialismo Diritti Riforme – ha frainteso forse il ruolo dei funzionari giuridico-pedagogici ritenendo che, essendo impegnati nel recupero e nel reinserimento dei detenuti, debbano condividerne la condizione. Un’interpretazione davvero suggestiva sulla finalità di chi svolge un compito particolarmente complesso e delicato per il ministero della Giustizia.»

 «I familiari dei detenuti in attesa di poter effettuare i colloqui o dell’autobus per fare rientro a casa non hanno alcun riparo all’esterno del nuovo carcere di Cagliari Uta. Sono costretti a sostare al freddo e sotto la pioggia talvolta per ore». Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, avendo ricevuto segnalazioni dai parenti delle persone private della libertà attualmente nel Villaggio Penitenziario ubicato nell’area industriale di Cagliari.

«Chi ha progettato la struttura – sottolinea Maria Grazia Caligaris – ha individuato solo un locale di identificazione e transito per i familiari, tralasciando di considerare che anche quando i turni sono a regime esistono tempi morti per gli effettivi accessi. Ciò ha determinato nei giorni scorsi gravi disagi, soprattutto per i bambini a causa della pioggia e del freddo. Il buon senso degli Agenti della Polizia Penitenziaria ha consentito di ridurre le difficoltà ma occorre risolvere il problema al più presto realizzando all’esterno un gazebo per accogliere le persone.»

«Nel piazzale antistante in Villaggio Penitenziario – ricorda la presidente di SDR – non è stata neppure realizzata una pensilina in prossimità della fermata dell’autobus del CTM, peraltro neppure delimitata da precise indicazioni ma solo con un cartello arancione. Permane inoltre la difficoltà di raggiungere il sito per la totale assenza di indicazioni stradali. Il servizio pubblico inoltre non è garantito durante i giorni festivi con la conseguenza che anche gli Agenti senza mezzi propri devono farsi accompagnare al lavoro o chiedere ferie.»

«E’ necessario inoltre considerare che quando i detenuti hanno terminato di scontare la pena o accedono a misure alternative, specialmente se sono stranieri e/o senza familiari in grado di accudirli, non possono essere lasciati fuori dal cancello della mega struttura senza alcuna indicazione sui mezzi di trasporto e/o i servizi. Appare insomma assurdo che avendo speso 94 milioni di euro sia stato del tutto ignorato il ruolo dei parenti e la funzione degli affetti familiari per il reintegro sociale e per limitare gli atti di autolesionismo dei ristretti. Occorre quindi che gli amministratori locali e la Regione unitamente al CTM, al Provveditorato dell’Amministrazione penitenziaria e alla direzione della Casa circondariale – conclude Maria Grazia Caligaris – affrontino unitariamente la questione per una soluzione rapida.»

«Nel breve spazio di un mese, a novembre, sono aumentati in Sardegna i detenuti in attesa di giudizio, anche se si è ridotto il numero complessivo dei ristretti, forse soprattutto in seguito ai trasferimenti nella Penisola predisposti anche per alleggerire la casa circondariale di Cagliari in vista dell’apertura del Villaggio Penitenziario di Uta.» Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme” con riferimento ai dati diffusi dal ministero della Giustizia che fotografano la realtà detentiva nell’isola al 30 novembre 2014.

«Il resoconto ministeriale – sottolinea Maria Grazia Caligaris – induce a riflettere. Vivono dietro le sbarre, benché non siano state ancora processate 165 persone (61 straniere) pari all’8,6 per cento della popolazione privata della libertà. A queste occorre però aggiungere altre 108 con una pena non ancora definitiva in quanto non sono stati completati i gradi di giudizio. Sono pertanto complessivamente 273 detenuti (14,5 per cento) coloro che non hanno terminato l’iter giudiziario. Erano 266 (58 stranieri) al 31 di ottobre.»

«I dati – evidenzia ancora la presidente di SDR – rivelano il permanere del sovraffollamento in cinque strutture. Si tratta della nuova casa di reclusione di Tempio-Nuchis con 191 presenze per 167 posti regolamentari; della casa circondariale di Oristano-Massama con 281 per 266; di Iglesias “Sa Stoia” 80 persone per 62 e del San Daniele di Lanusei 55 detenuti per 34 posti. Negli altri Istituti, e in particolare nelle colonie penali, gli spazi sono invece eccedenti.»

«La situazione è destinata però a cambiare molto presto con l’imminente chiusura della casa circondariale di Iglesias e il trasferimento dei ristretti suddivisi tra Cagliari-Uta e Sassari-Bancali. E’ inoltre previsto il rientro nella nuova struttura cagliaritana di molti dei cittadini privati della libertà che erano stati trasferiti a Sassari per le esigenze del Dipartimento. Prossimamente insomma il villaggio penitenziario ubicato nel territorio dell’area industriale sarà – conclude Maria Grazia Caligaris – al limite della capienza.»

«Anche se il Consiglio di Stato bacchetta alcuni Partiti per non aver presentato in Ogliastra, nelle ultime consultazioni elettorali, liste con un numero sufficiente di candidate, determinando perciò presumibilmente qualche cambiamento di rappresentanza politica, ciò che resterà invariato è il numero delle elette nel Consiglio regionale della Sardegna. Insomma le donne non solo vengono discriminate prima, ma subiscono anche la beffa dopo in virtù di un modello culturale ancora monosessista.»

Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, con riferimento alla sentenza del Consiglio di Stato che ha ammesso i ricorsi di due candidati esclusi dal Consiglio regionale, evidenziando che «la democrazia paritaria non solo è lontanissima dalle Aule in cui si assumono decisioni importanti per tutti, ma lo è soprattutto nella maggior parte dei Partiti vecchi e nuovi che continuano nei fatti a promuovere e riprodurre un’oligarchia sessista».

«Si conferma una distanza abissale – sottolinea Maria Grazia Caligaris – tra mondo reale, in cui la presenza femminile si caratterizza per sensibilità, professionalità e competenze, e il mondo politico dove le donne sono ancora quasi del tutto escluse per un’incapacità da parte dei principali Partiti di considerare la qualità dei contributi alla vita sociale, economica e culturale della società che la componente femminile può offrire.»

«Va bene, dunque, che il Consiglio di Stato intervenga per ribadire la necessità del rispetto delle norme elettorali – conclude la presidente di SDR – ma resta l’amaro in bocca per l’assurdità di un esito che non cambia nulla rispetto alla rappresentanza di genere nell’Aula di via Roma.»

Il carcere di Iglesias si avvia alla definitiva chiusura. La conferma viene da Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”.

.«L’apertura del carcere di Uta, che sarà inaugurato alla presenza del vertice del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria a dicembre – dice Maria Grazia Caligaris –, coincide con l’ormai imminente chiusura della struttura detentiva di “Sa Stoia”, nel territorio di Iglesias. Lo stesso destino è riservato anche all’Istituto di Macomer (Nuoro). Entro la metà del mese di dicembre è prevista la conclusione della storia dei due Istituti gemelli. Il cui destino è stato definitivamente segnato sette mesi fa da un decreto ministeriale sospeso temporaneamente ma mai annullato, nonostante le manifestazioni e le proteste di amministratori, familiari, detenuti e volontari.»

«La riorganizzazione ministeriale del sistema detentivo in Sardegna – sottolinea Maria Grazia Caligaris – è improntata al risparmio e alla razionalizzazione dell’impiego degli Agenti della Polizia Penitenziaria. Il personale attualmente in servizio nelle due carceri sarà infatti utilizzato in buona parte per completare le piante organiche delle nuove strutture, in particolare quelle di Oristano-Massama e Cagliari-Uta, dove saranno concentrati la maggior parte dei detenuti.»

«E’ ancora incerto invece il destino dei sex offender dislocati a Iglesias. La struttura del San Daniele di Lanusei non può infatti accoglierli per il sovraffollamento. E’ quindi probabile che alcuni di loro vengano trasferiti a Sassari-Bancali e altri nel Villaggio Penitenziario di Cagliari-Uta. L’auspicio è che i trasferimenti avvengano – conclude la presidente di SDR – tenendo conto della vicinanza alle famiglie e dei programmi riabilitativi in atto. La migliore sicurezza infatti è quella di azzerare la recidiva garantendo con opportuni interventi il recupero dell’individuo durante il periodo di privazione della libertà.»

Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, ha ricevuto diverse nuove segnalazioni da detenuti e familiari in merito all’indifferenza dell’ASL di Oristano alle problematiche nell’Istituto Penitenziario di Massama, dove sono ristretti oltre 300 detenuti 240 dei quali in regime di alta sicurezza.

«Si moltiplicano gli atti di protesta dei detenuti per l’inadeguatezza dell’assistenza sanitaria – dice la Caligaris -, con particolare riferimento alla cura e conservazione dell’apparato dentario. I cittadini privati della libertà sono decisi a presentare nuova istanza al Magistrato di Sorveglianza per inosservanza da parte dell’assessorato regionale della sanità del principio costituzionale sulla salute». «Non si comprende come sia possibile che l’Azienda Sanitaria non abbia risolto il problema della cura e conservazione dell’apparato dentario mentre nelle altre realtà territoriali – sottolinea Caligaris – sia stata trovata una soluzione. La ASL oristanese non può continuare ad ignorare le norme nazionali e sovranazionali che stabiliscono l’effettivo accesso alle cure, a prescindere dalla condizione di reclusione».

«E’ evidente, infatti, che quello alla salute – ricorda la presidente di SDR – è un diritto che non può soggiacere a discrezionalità di tipo amministrativo dal momento che l’assenza di libertà non limita in alcun modo l’esercizio di un principio costituzionale. Ciò a maggior ragione quando  da due anni chi si trova ristretto nella Casa di Reclusione di Oristano-Massama subisce una limitazione nella possibilità delle cure odontoiatriche.»

La maggior parte degli interventi dello specialista odontoiatrico della Asl, che dispone di un numero di ore insufficienti alle reali esigenze, si risolvono con la distribuzione di antidolorifici, antibiotici e/o estrazioni dentarie anziché garantire le pratiche conservative ed è praticamente impossibile ricorrere a un dentista privato. L’Azienda Sanitaria Locale, per consentire a un dentista privato di utilizzare la dotazione strumentale, richiede una fideiussione di 25 mila euro e pretenda il 30% su ciascuna prestazione per l’utilizzo della poltrona odontoiatrica e della relativa strumentazione laddove la Asl non deve sostenere alcuna spesa in quanto risulta a carico dell’amministrazione penitenziaria. «Non solo, ciascun professionista – evidenzia Maria Grazia Caligaris – deve portare la strumentazione medicale».

«La mancanza di risposte univoche a livello regionale sulle cure sta accentuando le tensioni tra i detenuti che chiedono l’applicazione delle norme in vigore nelle altre realtà territoriali. E’ quindi improcrastinabile – conclude la presidente di SDR – un intervento dell’assessorato regionale della salute anche perché si presentano differenti problematiche nelle diverse ASL a testimonianza del fatto che è assente una linea unitaria per garantire il rispetto del dettato costituzionale.»

E’ stato completato ieri il trasferimento dei detenuti di Buoncammino nel nuovo carcere di Uta.

«Non è stato facile garantire nell’arco di sette ore il trasferimento di oltre 300 detenuti da viale Buoncammino, nel cuore della città di Cagliari, in una landa desertica e insalubre dell’area industriale di Macchiareddu-Uta, a 18 chilometri dal capoluogo regionale. Restano irrisolti però i problemi nella nuova sede detentiva non ancora del tutto completata. Saranno quindi necessari diversi mesi prima che il Villaggio Penitenziario possa entrare a regime.»

Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, con riferimento «al passaggio epocale che ha portato alla chiusura dell’Istituto detentivo cagliaritano e all’inaugurazione della nuova mega struttura ubicata nell’area industriale di Macchiareddu».

«La realtà della nuova sede penitenziaria di Cagliari-Uta, nonostante abbia impresso una svolta nella storia detentiva in Sardegna dopo poco meno di 150 anni, non può essere considerata – sottolinea Caligaris – soddisfacente e desta preoccupazioni. La mega struttura, articolata in sezioni separate l’una dall’altra e strutturata su cinque livelli, con una capienza regolamentare di quasi 600 detenuti, risulta difficilmente raggiungibile in quanto a tutt’oggi è assente una segnaletica in grado di indicare l’esatta ubicazione del carcere in una zona peraltro destinata a iniziative industriali.»

«I familiari dei cittadini privati della libertà – evidenzia la presidenza di SdR – dovranno percorrere una strada privata, extra urbana, a tratti dissestata, con una scarsa segnaletica orizzontale e verticale, gravata da un traffico di mezzi pesanti e totalmente priva di illuminazione che ne accentua la pericolosità soprattutto nelle buie ore serali. Le difficoltà si moltiplicheranno per chi proviene da altre regioni a causa dei collegamenti con i mezzi pubblici scarsi e inadeguati. E’, infatti, del tutto assente una linea diretta al carcere. Basti pensare che non è indicata alcuna fermata di autobus lungo tutto il percorso.»

«L’allontanamento delle sezioni detentive dal centro urbano del capoluogo sardo – osserva ancora Maria Grazia Caligaris – limiterà inoltre l’accesso alla struttura dei volontari. Rischia intanto di essere cancellato almeno in parte il contributo della Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia che, peraltro, con un camper attrezzato ha garantito negli ultimi 20 anni accoglienza e sostegno ai familiari dei detenuti facilitando le prenotazioni e l’accesso ai colloqui con i parenti ristretti. La nuova struttura infatti utilizzerà un Centro Unico di Prenotazione per consentire la regolarità degli incontri tra ristretti e familiari. La distanza dal centro urbano avrà negative conseguenze anche sulla presenza dei Magistrati di Sorveglianza e graverà sulle spese del Ministero.»

«Problemi anche per garantire il trasferimento e il piantonamento dei detenuti che necessitano di ricoveri negli ospedali, senza contare le difficoltà per poter usufruire, in caso di urgenza, dell’ambulanza. Detenuti, familiari, agenti di Polizia Penitenziaria e amministrativi insomma vivranno ai margini della società e sarà sempre più difficile – conclude Maria Grazia Caligaris – coinvolgere i cittadini di Cagliari e hinterland in attività di solidarietà e in azioni di sensibilizzazione, laddove le distanze e i tempi per raggiungere la nuova struttura ne condizioneranno la partecipazione. Sarà poi necessario verificare, aldilà delle buone intenzioni della Direzione e della Sicurezza affidate rispettivamente a Gianfranco Pala e Alessandra Uscidda, le reali condizioni quotidiane di vita dei cittadini privati della libertà.»

 «Le nuove notizie in merito alla presenza di materiali tossici disseminati nell’area industriale di Macchiareddu, il territorio dove sorge il Villaggio penitenziario di Uta, stanno destando preoccupazione tra i detenuti di Buoncammino e i loro familiari per le conseguenze sulla salute.»

Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente della associazione “Socialismo Diritti Riforme”, con riferimento all’inchiesta della Procura della Repubblica di Cagliari che intende accertare se esistano situazioni di mancato rispetto delle norme in materia di protezione ambientale.

«Mentre da Buoncammino sono stati avviati i trasferimenti dei detenuti in altri Istituti sardi e della Penisola per predisporre le misure più idonee a garantire in totale sicurezza e rapidità il passaggio dei ristretti nel nuovo penitenziario di Uta, la cui apertura è prevista nelle prossime settimane, ha generato una diffusa preoccupazione – evidenzia Maria Grazia Caligaris – l’avvio della verifica ambientale affidata al Corpo Forestale, anche per le caratteristiche del territorio in cui sono stati edificati i padiglioni del Villaggio.»

«In prossimità delle strutture di reclusione, oltre a un impianto fotovoltaico e uno eolico e a una vasca per la raccolta dell’acqua di irrigazione, si trova – ricorda la presidente di SDR – l’Agrolip Sarda, ex Valriso, stabilimento specializzato nello smaltimento e trasformazione degli scarti di allevamenti e macellazioni da cui si sprigionano miasmi che viziano l’aria rendendola irrespirabile soprattutto in alcuni giorni.»

«Le preoccupazioni insomma non sono infondate anche perché nel nuovo sito penitenziario quotidianamente e con continuità convivranno oltre un migliaio di persone tra detenuti, familiari, agenti di polizia penitenziaria, personale dell’Amministrazione, insegnanti, medici e paramedici, senza contare magistrati, avvocati e volontari. Un realtà complessa che corrisponde numericamente a un paese di media grandezza per la Sardegna. Si pone quindi l’esigenza improcrastinabile di effettuare da subito dei controlli approfonditi con carotaggi e monitoraggi ambientali che scongiurino qualunque risvolto negativo per la salute. Ciò consentirebbe, aldilà delle polemiche legate alla scelta del sito in una landa desolata e difficilmente raggiungibile, di confermarne la salubrità oppure di risanarlo in tempi brevi con opportuni interventi. Rasserenare i cittadini ed evitare conseguenze sulla salute – conclude Maria Grazia Caligaris – deve essere una priorità anche se ciò dovesse comportare un ulteriore ritardo nella tabella di marcia dei trasferimenti.»

Carcere di Buoncammino copia

«Il nuovo tragico evento verificatosi a Buoncammino, il quarto negli ultimi 5 mesi in Sardegna, conferma l’incapacità del sistema penitenziario di dare risposte al disagio. La scelta estrema di una persona non può che ricadere sulle Istituzioni». Lo afferma Maria Grazia Caligaris, presidente dell’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, con riferimento al suicidio di Pier Giacomo Muscas, avvenuto nel Centro Clinico della Casa Circondariale cagliaritana.

«Aldilà del singolo caso che induce a riflettere per la complessità della vicenda, la realtà della detenzione – osserva Maria Grazia Caligaris – è spesso sottovalutata e non ci si rende conto che la maggior parte dei cittadini privati della libertà è legata al mondo della tossicodipendenza. In molti casi si tratta ormai solo di un mezzo per garantirsi un introito facile ma, molto spesso, è espressione di problematiche di carattere sociale e psichico.»

«Il sistema sociale esterno è inerte davanti a queste problematiche che fa ricadere quasi interamente su quello penitenziario. L’uno e l’altro operano secondo logiche distanti dai reali bisogni accentuando gli aspetti repressivi che si esasperano con la burocratizzazione delle istanze. Le risposte non sempre arrivano in tempo utile e l’attesa è vissuta come una tortura aggiuntiva generando disperazione. La Polizia Penitenziaria non può sempre scongiurare il peggio anche perché ha bisogno di essere supportata da altre figure professionali. Occorre maggiore attenzione ma è indispensabile – conclude la presidente di SDR – intervenire sulla rete sociale esterna per dare speranze di riscatto e di reintegro nella comunità.»