25 April, 2024
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Per capire quale fosse la condizione femminile fino al Referendum Istituzionale del 1946 bisogna andare a vedere il film “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi. E’ un’opera d’arte fantastica, da Oscar. Non si può raccontare la trama del film, perché è fortemente raccomandato andare a vederlo senza compromettere la sorpresa allo spettatore.
La storia raccontata nel film ha un preciso rapporto con l’Articolo 3 della Costituzione in cui si afferma che: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali».
Quell’articolo indusse una profonda trasformazione nella struttura sociale italiana e nel costume, perché riconobbe che Uomini e Donne sono uguali senza distinzione di genere, qualunque sia l’etnia di appartenenza, la religione professata (vedi leggi razziali), l’opinione politica (vedi la messa al bando dei partiti), il censo, la cultura, la condizione fisica ed economica. Fino ad un attimo prima della promulgazione della Costituzione, la società italiana era ancora regolamentata dallo Statuto Albertino del 1848. In quello statuto la Donna era posta “sotto la tutela del marito”. Con tale espressione si disponeva che le donne dovessero vivere sempre, sia da nubili che da coniugate, sotto la “tutela” di un uomo. Ciò comportava quella soggezione economica, culturale, sociale, politica che oggi Amnesty International definisce “sistema di sorveglianza”. La Costituzione Repubblicana liberò le donne da quella soggezione e, dal giorno in cui venne promulgato l’articolo 3, esse ebbero per la prima volta il diritto di programmare la propria vita. Quella legge nacque a conclusione di una Guerra mondiale e di una sanguinosa guerra civile combattuta tra fascisti-repubblichini e partigiani dal 1943 al 1945.
Chi non ha conosciuto quei tempi, dovrebbe vedere il film di Paola Cortellesi per capire cosa vuol dire non avere diritto a una propria identità e vivere sotto tutela a causa del genere di appartenenza.
Contemporaneamente all’articolo 3, i Costituenti dettero forma alla Sanità futura con l’articolo 32.
Anch’esso, come raccontò Tina Anselmi, era nato dalle utopie libertarie e ugualitarie disegnate nel periodo della guerra civile 1943-45. I legislatori che produssero la grande Riforma sanitaria con la legge 833/78 erano riusciti a liberare gli ospedali e la sanità territoriale dalla tutela delle Casse mutue, ma purtroppo nel 1992, per sfuggire alla grave crisi economica, si cadde nella tentazione di prendere una scorciatoia verso il risanamento economico adottando provvedimenti legislativi d’emergenza che rimisero il Sistema Sanitario Nazionale sotto la tutela di strutture formalmente pubbliche ma oggettivamente di tipo privatistico. Fu fatta una scelta che oggi equivarrebbe all’idea di rimettere le donne “sotto tutela” degli uomini per mettere sotto controllo un bilancio familiare critico. Oggi è accertato che l’ impostazione data alla gestione della Sanità italiana dal 1992 in poi è fallita. L’ha dimostrato scientificamente pochi giorni fa il più autorevole istituto nazionale che si occupa di Economia sanitaria, l’Istituto Gimbe (gruppo italiano per la medicina basato sull’evidenza) che ha reso pubblico uno studio in cui si sostiene che la Sardegna è al 19° posto fra le province e regioni autonome per inefficienza sanitaria. Le gravi condizioni in cui ci troviamo sono attestate dalla documentata insufficienza delle cure, dalla ridotta aspettativa di vita messa in rapporto alla spendita sbagliata dei fondi, dal forte aumento dei viaggi in continente per curarsi, dallo scarseggiare di medici e infermieri, dal fatto che il 45 % delle spese sanitarie in Sardegna è a pagamento mentre nelle altre regioni d’Italia lo è solo il 25%, dal fatto che circa la metà delle risorse assegnate ai cittadini non ha prodotto alcun servizio e che il Nsg (Nuovo sistema di garanzia) ha registrato un punteggio insufficiente nell’area ospedaliera. Si è calcolato che gli obiettivi di assistenza agli anziani over 65, fissati dal PNRR, sono irraggiungibili. In questo contesto di dati, si resta frastornati davanti all’evidenza che il disagio sanitario patito non è esattamente compreso dai responsabili della Sanità pubblica. Quando la popolazione lamenta le carenze ospedaliere, immediatamente le viene offerta la costruzione di nuovi edifici ospedalieri. In realtà chi lamenta la carenza ospedaliera intende riferirsi al bisogno di ottenere una maggiore disponibilità di offerta sanitaria intesa come maggiore disponibilità di attrezzature mediche e di “Personale dedicato alla cura del malato”.
Il problema del “Personale” va analizzato secondo due aspetti:
– l’aspetto numerico: cioè l’adeguatezza numerica al bisogno contrattuale di cure.
– l’ aspetto etico: cioè l’elemento valoriale che lega il prestatore al fruitore di cure tramite il vicendevole rispetto e la compassionevole solidarietà.

La prima riforma sanitaria della storia fu propriamente una “Riforma etica”. Nacque tra quarto, quinto e sesto secolo d.C. dall’idea, di San Basilio di Cappadocia e San Benedetto da Norcia, di interpretare concretamente il significato della parabola del Buon samaritano. Il viandante ferito dai briganti rappresentava il malato, che era sacro in quanto rappresentazione del corpo sofferente del Cristo, l’oste e il suo albergo erano la rappresentazione dei curanti e del luogo fisico del ricovero, il Buon samaritano rappresentava la comunità solidale che si autotassa e fornisce le cure gratuite al bisognoso. Quello etico-caritativo fu il primo sistema sanitario nel mondo e durò fino al 1900.

Nella prima metà del 1900 nacque la Sanità basata sulle Casse mutue che erano enti assicurativi che affondavano le loro radici nelle società operaie.
La prima “Riforma ospedaliera” fu quella varata dal ministro della Sanità Mariotti nel 1968. Fu una vera rivoluzione perché istituì la prima “Rete degli ospedali pubblici” e, per la prima volta, la legge estese il diritto all’assistenza ospedaliera a tutti i cittadini a spese dello Stato. Quella riforma introdusse il concetto che gli ospedali devono essere pubblici e devono essere finanziati con la fiscalità generale. Con questo atto l’“Etica laica” entrò nel sistema sanitario italiano.
La “Prima Riforma sanitaria”, legge 833/78, introdusse il “Sistema sanitario nazionale” finanziato dalla fiscalità generale. Quella riforma abolì le Casse mutue e realizzò il dettato dell’articolo 32 della Costituzione.
Poi dopo il 1992 noi italiani, con la nostra esperienza millenaria di civiltà ospedaliera, riuscimmo a invertirne la rotta verso la sua autodistruzione.
La “Seconda Riforma sanitaria” fu la 502/92, chiamata anche Riforma italiana alla Tatcher, perché fu improntata al rigore amministrativo per ridurne i costi, e introdusse il principio della gestione manageriale della Sanità.
La “Terza Riforma sanitaria” fu quella del 1999 della ministra Rosy Bindi; fu improntata a metodi gestionali di spiccata privatizzazione con l’obiettivo della efficienza-efficacia, cioè della maggior produzione con la minor spesa possibile. Con la nuova riforma le ASL divennero aziende produttrici di servizi sanitari che venivano pagati dalle regioni secondo i DRG. I DRG sono codici di identificazione delle diverse prestazioni sanitarie; ad ogni codice viene attribuito un valore in euro (si immagini il cartellino del prezzo su un prodotto in vendita). Quanti più DRG sanitari vengono erogati tanto più l’azienda incassa.
Con i fondi incassati, ogni reparto ospedaliero si finanzia per pagare gli stipendi, i farmaci, i presìdi e le spese alberghiere. I reparti specialistici che non hanno raggiunto gli obiettivi sono stati chiusi. La ministra Rosy Bindi allargò la platea delle prestazioni che potevano essere fornite anche da Società di servizi sanitari privati e accettò che il privato accreditato potesse fornire le prestazioni dei LEA socio-sanitari a nome e per conto dello Stato. Così dal 1999 il privato iniziò a sostituire il pubblico competendo per economicità nell’impiego delle risorse e diventando più conveniente tanto da farlo preferire alle strutture ospedaliere pubbliche. Incredibilmente sfuggì che il sistema sanitario pubblico, che si occupa di patologie non assistibili dai privati (ad esempio: rianimazioni, tumori, demenze, urgenze ed emergenze “h24” nei Pronto Soccorso), era più costoso perché si doveva sobbarcare un impegno professionale infinitamente più difficile di quello che poteva fornire il privato. Ne conseguì che il diritto alla salute nel sistema pubblico, subordinato al limite delle risorse messe a disposizione dallo Stato, entrò in crisi. Sembrava che il privato accreditato, meno oneroso, potesse addirittura sostituirsi al sistema sanitario pubblico.
Qui non si tratta di capire se le intuizioni dei ministri Di Lorenzo, Garavaglia, Bindi e di tutti quelli che seguirono fossero state giuste o sbagliate, ma si tratta di ricostruire il nesso causale tra quegli eventi e l’attuale stato di disagio sanitario della nazione. Si tratta di capire perché il sistema sanitario pubblico sia arrivato impreparato davanti all’epidemia del 2020 e abbia dovuto sopportare, con poche attrezzature e poco personale, la potente spallata del Covid, soffrendone profondamente. Nello stesso periodo il sistema sanitario privato fu esentato dall’affrontare direttamente l’epidemia e resse molto bene. Le funzioni dei due sistemi sono distinte e complementari, com’è il caso delle specialistiche oculistiche e ortopediche delle Case di cura private che sono di supporto agli ospedali pubblici i quali non riuscirebbero a contenere le file d’attesa colossali che si sono formate. Si deve prendere atto, dopo l’esperienza di questi ultimi anni, che il privato non è in condizioni di garantire l’organizzazione dell’Igiene pubblica e della Prevenzione o di sobbarcarsi l’impegno a curare tutte le grandi patologie, dai tumori alle demenze, alle epidemie e alle urgenze ed emergenze. E’ ormai accertato dai più autorevoli osservatori economici che il sistema sanitario privato è del tutto incapace di sostituirsi al Sistema sanitario nazionale e la lezione che abbiamo avuto dall’epidemia di Covid ha dimostrato che solo lo Stato può garantire un Sistema sanitario nazionale efficiente. Oggi davanti al problema demografico, e con i problemi geopolitici incombenti come il rischio di guerra, l’urgenza di ricostituire un Sistema sanitario nazionale secondo i principi della legge 833/78 è ineludibile.
Un nesso causale evidente che collega le buone riforme sanitarie iniziali al decadimento attuale è rappresentato dall’estromissione dei Sindaci dalle ASL; con quell’atto venne impedito alle Amministrazioni locali il “controllo” sulla Sanità. Di fatto da allora le autorità territoriali e le Usl vennero messe “sotto tutela” e affidate a entità esclusivamente burocratiche, interrompendo la “cinghia di trasmissione” che mette in comunicazione le popolazioni e le Amministrazioni centrali.
Per liberare le donne dalla tutela del “sistema di sorveglianza” a cui le condannava lo Statuto Albertino, fu necessario superare una guerra mondiale e un’atroce guerra civile. Così si addivenne al Referendum del 1946 per la scelta della forma istituzionale da dare allo Stato. Per la prima volta votarono le donne che avessero almeno 21 anni d’età. Con quel referendum vennero eletti i deputati all’Assemblea Costituente cui spettò il compito di redigere la nuova Carta Costituzionale. Quei deputati, eletti da 12 milioni e 700mila donne e da 10 milioni e 700mila uomini, scrissero sia l’articolo 3 (uguaglianza di genere) sia l’articolo 32 (Sanità) della Costituzione. Mentre l’articolo 3 ha dato i risultati cercati, l’articolo 32 ha ancora forti difficoltà a raggiungere gli scopi immaginati dai padri Costituenti.
Per rappresentare cosa sta avvenendo in questo stato di “tutela sanitaria” in cui siamo stati posti, ci vorrebbe una Paola Cortellesi sanitaria. Per adesso non ci resta che andare a vedere il suo film “C’è ancora domani”.

Mario Marroccu

E’ stata inaugurata domenica 16 luglio, con un sold out, la stagione estiva 2023 alla Forte Arena, il “Teatro sotto le stelle”, nella splendida location di Santa Margherita di Pula, un anfiteatro naturale inaugurato nel 2016 che può ospitare fino a 5.000 persone. Uno spazio eccezionale ed unico nel suo genere, con infrastrutture realizzate con i più avanzati principi della bio-edilizia. Un prato che accoglie poltroncine bianche e luci colorate tutt’intorno regalano un’atmosfera magica sempre più ricercata per eventi dal vivo.

Il primo “Incanto” del palinsesto 2023 è stato proprio quello della notte del 16 luglio in cui si è esibito il cantautore, paroliere e produttore discografico Tiziano Ferro, con un’unica tappa in Sardegna. Salito alla ribalta con il brano “xdono” è considerato oggi uno dei più influenti e innovativi cantautori italiani.

Sin dai primi brani Tiziano Ferro ha catturato l’attenzione dei suoi ammiratori con il suo essere brillante e semplice, ammiccante e coinvolgente, emozionante e divertente. La sua continua interazione col pubblico con battute o auguri, come nel caso della coppia presente tra la prime file, lì per festeggiare i 53 anni di matrimonio e la lettura dei cartelloni scritti e disegnati per lui, tutti gesti affettuosi ed amorevoli che tracciano di lui un profilo d’artista facile da amare. Non è mancato il ricordo dedicato alla sua carissima amica Raffaella Carrà, così come non sono mancati gli auguri al suo amico Lorenzo Jovanotti vittima nei giorni scorsi di un incidente in bicicletta. Ancora una canzone dedicata alla sua cara amica Paola Cortellesi inaspettatamente seduta fra il pubblico.

I video che raccontano la sua felice vita di papà ed il suo modo di porsi sul palco… tutto fa di lui una persona vera che ama cantare per il suo pubblico ed ama la nostra Sardegna, isola a cui ha voluto dedicare, durante la serata, il suo singolo “Destinazione mare”.

Entusiasta di essere accompagnato dai cori dei suoi fan e dagli innumerevoli applausi, Tiziano Ferro ha cantato per due ore, accompagnato dalla sua band, a cui è molto legato e, a conclusione della serata, ha concesso il bis con ulteriori tre brani. Ha chiuso il concerto con un esplosivo “Rosso relativo”, lasciando tutti con un misto di emozione e adrenalina, come solo i grandi e veri artisti dalla voce potente e al tempo stesso suadente come la sua, sanno fare.

Le altre tre date della stagione estiva 2023 alla Forte Arena, il “Teatro sotto le stelle”:

Gigi D’Alessio, Dove c’è il Sole Tour | Sabato 29 luglio alle 21.30

La Leggenda di Belle e la Bestia – Il Musical | Sabato 5 agosto alle 21.00.

Checco Zalone,  AMORE + IVA Tour | Sabato 12 agosto alle 21.00

Nadia Pische

Fotografie di Ilaria Unali e Nadia Pische

       

 

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L’ultima tappa del Tour di Laura Pausini e Biagio Antonacci si è svolta alla Fiera di Cagliari il primo agosto ed ha letteralmente infiammato i cuori di tutti i fan accorsi da svariate parti dell’isola e non solo. Oltre alle bandiere dei Quattro mori, si vedevano sventolare bandiere della Spagna, del Cile e del Portogallo.

Quasi 20mila “Pausinacci” si sono dati appuntamento al concerto, organizzato da Friends & Partner ed Insula Events, di due grandi artisti che avrebbero potuto incantare solo con le loro voci e invece hanno ideato uno spettacolo senza precedenti…

Un megapalco formato dalle iniziali dei loro nomi, una band dalla bravura stratosferica capitanata dal direttore artistico Paolo Carta, compagno della Pausini e grande amico di Biagio, un corpo di ballo esplosivo, un’imponente scenografia curata dal coreografo Luca Tommassini ed un coro al top hanno reso il tutto unico e straordinario.

Dopo dieci lunghi anni, eccoli finalmente in Sardegna, accolti da applausi e cori che acclamano i loro nomi a gran voce, loro rispondono cantando tutti i più grandi successi di entrambi…da “Un’emergenza d’amore” e “Liberatemi”, a tutte le altre accennate o cantate per intero, in scena mostrano una complicità ed un feeling che solo due grandi amici possono avere.

Un momento particolarmente emozionante: le lacrime di commozione di Biagio nel ripensare al lungo tour in dirittura d’arrivo…Un momento divertentissimo, dopo quasi due ore di concerto: l’arrivo inaspettato sul palco di due grandi amici degli artisti: Rosario Fiorello e Paola Cortellesi, frizzanti e spumeggianti con le loro gag ma anche fantastici nel duettare…Paola con Laura intonando “E ritorno da te” e Rosario con Biagio cantando “Mio fratello”.

Sembrava che nessuno volesse veder finire lo spettacolo…né i fan…né loro che, dopo quasi tre ore di concerto, hanno concesso anche il bis con “Non vivo più senza te” e “Tra te e il mare”, particolarmente emozionanti per via dei numerosissimi cellulari che illuminavano come tante stelle in un cielo scuro.

Ma, proprio quando tutto sembrava finito, ecco che con indosso l’accappatoio, i due big intonano a cappella alcuni pezzi sino a mezzanotte e mezza quando le luci si sono spente, lasciando però spazio ad una grande emozione che per sempre verrà serbata tra i ricordi più belli, in attesa che la magia possa di nuovo ripetersi…

Nadia Pische

                           

 

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Venerdì 23 novembre, nella sala consiliare di Sant’Antioco si terrà un convegno per la sensibilizzazione sul tema della violenza sulle donne: appuntamento in aula consiliare venerdì 23 novembre alle 9.00. La mattinata di proiezioni, incontri e dibattiti si articolerà sulla base di un folto programma tutto incentrato su un tema di stretta attualità: la violenza ai danni delle donne, che in Italia sta assumendo contorni sempre più preoccupanti. Non a caso si inserisce nell’ambito degli appuntamenti rientranti nella “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne”, istituita dall’assemblea Generale delle Nazioni Unite e per convenzione fissata il 25 novembre di ogni anno.

L’evento è organizzato dall’assessorato delle Politiche sociali del comune di Sant’Antioco, con il patrocinio della Regione Sardegna, di “IV Cinema” e dell’associazione “Donne al traguardo onlus”. Apriranno i lavori i saluti del sindaco Ignazio Locci, cui seguiranno gli interventi degli assessori Eleonora Spiga (Politiche Sociali) e Rosalba Cossu (Pubblica Istruzione). Modererà la Dottoressa Katia Puddu, dell’assessorato alle Politiche Sociali. Successivamente verranno proiettati due video: “Violenza sulle donne”, con protagonisti Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea, al quale seguiranno gli interventi degli operatori del Centro antistalking del plus distretto di Carbonia, Maria Mameli e Annalisa Ballocco; “L’amore… tutta un’altra cosa”, del regista Ignazio Vacca, che sarà presente insieme agli attori Carla Calabrò e Saul Formentin. Presenterà il mediometraggio il giornalista Luca Gentile. Seguirà il dibattito. Ai ragazzi delle scuole medie superiori che parteciperanno verrà rilasciato un attestato valido per l’alternanza scuola/lavoro.

«Si tratta di un tema antico ma di forte attualità, che vede coinvolte donne di tutte le età e di diverse espressioni culturali e lavorative – commenta l’assessore alle Politiche Sociali Eleonora Spiga -. È molto importante che nuove e vecchie generazioni, attraverso anche momenti di divulgazione come questo, riflettano sul rispetto di tutte le diversità, compresa quella di genere. Considerata l’importanza del tema, auspichiamo un’ampia partecipazione di pubblico.»

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Questa sera il Puntodivista Film Festival entra nel vivo dell’11ª edizione con una serata speciale dedicata al mestiere del regista. Al Teatro Adriano, alle 21.00, Riccardo Milani regista italiano tra i più apprezzati e premiati (David Donatello, Nastro d’Argento, Ciak d’Oro, Globo d’Oro) sarà l’ospite d’eccezione sul palco del Concorso Internazionale di Cinematografia, tra film, musica fumetto e teatro, promosso e organizzato da Art’In e diretto dal regista Romano Usai, per parlare dei segreti e delle scelte di stile che trasformano le storie in capolavori del grande schermo. Le incursioni musicali saranno affidate al jazz dei Musica Ex Machina, formazione attiva dal 2006 composta da quattro musicisti protagonisti della scena musicale isolana: Francesco Bachis alla tromba; Guido Coraddu al pianoforte; Mauro Sanna al basso e Simone Sedda alla batteria. In apertura di serata alle 20.45 l’attesa proiezione del primo gruppo delle opere finaliste dei cortometraggi selezionati dalla giuria di esperti del concorso tra oltre duecento opere inviate alla commissione da tutte le parti del mondo. Un festival del cinema da undici anni crocevia di idee e sguardi d’autore e occasione di lancio per tanti talenti provenienti da diverse parti del pianeta.

Il Puntodivista Film Festival da undici anni porta a Cagliari piccoli grandi film da tutto il mondo, vetrina per i giovani talenti e non solo. Piccole grandi storie di grande attualità che raccontano uno spaccato delle società e delle culture del pianeta, secondo diversi punti di vista. Ma il festival è soprattutto anche un luogo di incontro, dove poter mettere a confronto operatori, registi, giornalisti, attori, musicisti e pubblico, tra dolci divagazioni culturali e momenti di grandi emozioni, accompagnati da degustazioni di qualità. 

 

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Oggi il presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani, parteciperà, alle 16:00, alla cerimonia di premiazione della 30esima edizione del Premio Marisa Bellisario “Donne ad alta quota”, presso l’Auditorium del Foro Italico di Roma. Il Presidente Tajani, membro del comitato d’onore, consegnerà le “Mele d’Oro” alle donne che si sono distinte in vari ambiti professionali, dalla scienza al mondo accademico, dall’economia al sociale, a livello nazionale e internazionale. 

Il premio, dedicato alla memoria di Marisa Bellisario, prima top manager italiana, è stato assegnato in passato a personalità di altissimo livello. Tra queste, Fabiola Gianotti, Margherita Hack, Samantha Cristoforetti, Roberta Pinotti, Aung San Suu Kyi, Rania di Giordania, Tara Gandhi, Ségolène Royal.

Alla vigilia dell’evento il presidente Antonio Tajani ha dichiarato: «E’ un onore per me prendere parte a questo prestigioso evento, nato per premiare il talento femminile. Il grande sviluppo economico, tecnologico e sociale degli ultimi decenni è dovuto soprattutto al ruolo crescente delle donne in questi settori. La parità di genere si sta sempre più affermando, ma servono ancora molti sforzi per arrivare ad una vera uguaglianza. A livello globale, solo il 24% dei manager è donna. Gli uomini occupano 655 milioni di posti di lavoro in più rispetto alle donne. E’ uno spreco di potenzialità, talenti e risorse che davvero non possiamo permetterci».

Quest’anno, a ricevere il premio saranno l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la Politica di Sicurezza, Federica Mogherini; il Commissario europeo per l’Economia e la Società digitali, Marija Gabriel; la Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati; le giornaliste Lucia Annunziata e Anna Maria Broggiato; l’attrice Paola Cortellesi; la virologa Ilaria Capua; le imprenditrici e manager, Elena Miroglio e Carla De Maria; il prefetto di Milano, Luciana Lamorgese; la fotografa Letizia Battaglia; l’astrofisica Marica Branchesi e la campionessa olimpica di snowboard Michela Moioli.

La cerimonia di premiazione verrà trasmessa su Raidue il 19 giugno.