14 December, 2025
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Conto alla rovescia per l’apertura della Stagione Autunnale Teatro di Villaspeciosa 2025 organizzata da Abaco Teatro sotto la direzione artistica di Rosalba Piras, vivace rassegna dai contenuti poliedrici e di elevato spessore artistico che, da ottobre a dicembre, trasformerà il Comunale Maria Carta in un polo di grande attrattiva culturale offrendo agli spettatori un programma completo tra spettacoli, mostre d’arte, laboratori e momenti di incontro con gli autori.

L’inaugurazione di domenica 19 ottobre propone un doppio appuntamento che regala al pubblico eventi artistici di segno diverso. Si parte alle ore 19.00 con la presentazione della mostra fotografica di Enrico Spanu “ATTACCATI ALLE RADICI” allestita nel foyer del Maria Carta, alla presenza dell’autore delle opere esposte e di Lello Caravano, redattore dell’omonimo libro. La mostra tratteggia un viaggio magico alla scoperta dei più importanti e maestosi alberi ultra millenari della Sardegna, vere e proprie sculture viventi, giganti monumentali immortalati in suggestivi scatti in bianco e nero e stampati con l’affascinante e rara tecnica della tricromia.

La serata prosegue alle ore 19,30 con lo spettacolo “JOYCE ED EMILIO LUSSU – storia di un amore e di una passione civile” coprodotto da Abaco Teatro, l’Associazione L’Alambicco e il Festival Letterario Emilio Lussu con Rosalba Piras, Tiziano Polese e Antonio Luciano, scenografie digitali di Patrizia Masala, testi e regia di Alessandro Macis.

La Regione Autonoma della Sardegna torna da protagonista al Salone del libro di Torino con il meglio della produzione editoriale regionale. Dal 15 al 19 maggio nello Spazio Sardegna – lo stand della Regione al padiglione 2 del Lingotto (stand L117 K118) – in 120 metri quadrati si alterneranno oltre 40 appuntamenti in un denso programma curato da AES, l’associazione che riunisce la maggioranza degli editori sardi, presente al Lingotto anche con un proprio spazio (Pad. 2, stand H118 J117) e che coinvolge 37 case editrici e marchi regionali.
A richiamare il tema della XXXVII edizione del Salone, “Le parole tra noi leggere”, il filo conduttore dello Spazio Sardegna sarà “Lèbias” che nella sua dimensione aperta ed evocativa rimanda alla freschezza, leggerezza e inclusività del linguaggio e delle parole, che hanno il potere di stabilire legami e dialoghi tra le persone e le comunità.
Dalle presentazioni di libri a incontri, dibattiti e proiezioni nei cinema della città, per cinque giorni l’isola sarà di scena nella più importante vetrina dell’editoria italiana, mettendo in mostra i suoi grandi autori, da Salvatore Satta a Emilio Lussu, dei quali ricorre il cinquantesimo anniversario della morte, a Sergio Atzeni, di cui si celebra il trentennale dalla prematura scomparsa.
La missione sarda al Salone del Libro è stata presentata oggi in una conferenza stampa dall’assessora della Cultura Ilaria Portas e dalla presidente AES Simonetta Castia nella sala riunioni dell’assessorato della Pubblica istruzione in viale Trieste a Cagliari.
«Sono molto soddisfatta del lavoro che stiamo portando a Torinoha detto l’assessora Ilaria Portas -, un programma di qualità e altissimo livello. Celebriamo anche tre autori sardi di grande rilievo e profilo internazionale attraverso le opere letterarie, gli incontri e, aggiungo, anche attraverso il cinema.»
«Lo spirito di collaborazione tra le case editrici sarde e le istituzioni è una condizione virtuosa da convincente con costanza e lungimiranza per raggiungere obiettivi di visibilità e tutela della diversità culturale e del pluralismoha spiegato Simonetta Castia, presidente AES -. Siamo perciò contenti e grati di aver potuto rinsaldare il nostro rapporto con la Regione Sardegna in una cinque giorni fatta di incontri, nuovi stimoli e obiettivi comuni.»
Al Salone del Libro di Torino l’assessora Ilaria Portas parteciperà giovedì 15 maggio alle 18 al dialogo “Le verità”, con Valeria Aresti, Serena Bersani, Silvia Garambois, Susi Ronchi, Silvano Tagliagambe e Caterina De Roberto, a cura di GiULiA Giornaliste Sardegna; venerdì 16 nella sala Granata del Lingotto, alle 10.30, prenderà parte all’incontro “Omaggio a Thomas Mann e Salvatore Satta. La letteratura europea in dialogo attraverso la lingua e il tempo” e alle 19 presenterà il libro L’incontenibile forza della gentilezza con l’autore Ottavio Olita.
Oltre ai tanti eventi al Lingotto, la Regione sarà anche agli eventi del Salone OFF, con la minirassegna cinematografica “Sardegna frame by frame” al Cinema Centrale in via Carlo Alberto, in collaborazione con AES e FASI, la Federazione delle associazioni sarde in Italia. Nei giorni 15, 16 e 19 maggio saranno proiettati Emilio Lussu. Il processo di Gianluca Medas, Il giorno del giudizio di Marco Spiga (su gentile concessione di RAI Sardegna) e Il figlio di Bakunin di Gianfranco Cabiddu. Alle prime due proiezioni parteciperà l’assessora Ilaria Portas.
Il Salone ospita inoltre due incontri in collaborazione con il Festival “ Mediterranea . Culture, scambi, passaggi” curato da AES: venerdì 16, alle 10.30, nella sala Granata “ Omaggio a Thomas Mann e Salvatore Satta. domenica 18, nella sala Malva alle 18.30 “Danzatore delle stelle: In ricordo di Sergio Atzeni”, con Antonio Franchini, Giuseppe Ledda e Giancarlo Porcu, incontro che segna l’avvio delle celebrazioni per i trent’anni dalla scomparsa del grande scrittore, poeta e traduttore di Capoterra.
Il programma.
Giovedì 15 maggio, alle 15.00, il programma degli eventi si apre con il laboratorio di lettura “Anime in viaggio nel giorno del giudizio” con Giuditta Sireus, Lia Caporin e Viviana Porru, a cura del Club Jane Austen. Alle 16 Adriana Valenti Sabouret presenta Rivoluzionari sardi in Francia (Arkadia). Seguono L’isola (im)possibile di Gherardo Gherardini, con Michele Cossa e Salvatore Fozzi (Edizioni Della Torre) e Non solo mamme (Abbà edizioni) con Giulia Pizzolato e Francesco Pongiluppi. Alle 18 l’assessora regionale della Cultura Ilaria Portas interviene nel dialogo “Le verità”, con Valeria Aresti, Serena Bersani, Silvia Garambois, Susi Ronchi, Silvano Tagliagambe e Caterina De Roberto, a cura di GiULiA Giornaliste Sardegna (IsolaPalma). A seguire, Due esuli sardi nell’Europa di Napoleone, di Gianni Ibba, con Martino Contu (Aipsa). La giornata si chiude alle 20.30 con la proiezione di Emilio Lussu. Il processo , di Gianluca Medas e con Enrico Lo Verso, che partecipa alla proiezione con l’assessora Ilaria Portas.
Venerdì 16, alle 10.00, prevede il laboratorio di narrazione orale “Pane e fiabe” a cura di Enedina Sanna. Alle 10.30, nella Sala Granata del Lingotto si terrà l’incontro “Omaggio a Thomas Mann e Salvatore Satta. La letteratura europea in dialogo attraverso la lingua e il tempo”, con Ilaria Portas, Angela Guiso, Stefano Brugnolo e Francesco Rossi. Nello Spazio Sardegna sono previste quindi le presentazioni di Il cavaliere indomito di Gianluca Medas (Abbà) e L’eredità delle donne di casa Lussu di e con Claudia Crabuzza e Dilva Foddai (Archivi del Sud), cui segue Il Consiglio regionale con Antonello Mattone e Salvatore Mura insieme a Adriano Viarengo (Ilisso). Nel pomeriggio, dalle 15.00 sono in programma La Sardegna e il Mediterraneo. In ricordo di Ercole Contu e verso il riconoscimento Unesco delle domus de janas con Sara Mameli e Luisanna Usai (Condaghes e Cesim), Sa bendidora de arroba di Carmen Salis e Ivan Murgana con Roberto Sanna (Amicolibro), “Il ritorno” con Marisa Salabelle ( La bella virtù ) e Giorgio La Spisa ( L’imprevedibile accade ), a cura di Arkadia. Lidia Sirianni presenta con l’autrice Francesca Spanu Il corpo sbagliato (Il Maestrale); seguono Familienalbum (Ischire) di Katia Fundarò con Carla Fiorentino e il dibattito “Figure femminili tra letteratura e società”, con Neria De Giovanni (Grazia Deledda. Un Nobel in cucina ) e Claudia Origoni ( Non escludo il ritorno ) a cura di Nemapress. Alle 19 Ilaria Portas dialoga con Ottavio Olita, autore di L’incontenibile forza della gentilezza , in collaborazione con IsolaPalma. Conclude Fertilia di Mauro Manca (Panoramika) in dialogo con Davide Rossi. Alle 20.30 il Cinema Centrale propone Il giorno del giudizio , con la partecipazione di Ilaria Portas, del regista Marco Spiga e dell’attore Marco Moledda (Sardegna Teatro).
Sabato 17, si apre alle 10.00, con il laboratorio sull’emigrazione Italia, Uruguay e Argentina a cura degli alunni degli Istituti “Buonarroti-Volta” di Guspini e “Einaudi-Bruno” di Muravera. Costantino Pes e Dario Maiore presentano poi I condannati di Guido Cuileddu (Taphros); a seguire Alberto Contu presenta Pariri Carlu Marx (Ediuni), poi Vannina Mulas e Laura Puppato, in collaborazione con Carlo Delfino e l’associazione Raichinas e chimas con Lina Merlin. Una storia di confine . Alle 14.00 viene presentato il progetto artistico-editoriale “Sard’excellence.Musica&parole” con Alberto Sanna e Andrea Andrillo in collaborazione con S’ard Music, Abbà e Eja tv. In occasione dei 40 anni del Premio Letterario Giuseppe Dessì, segue la presentazione della nuova edizione di Donne Italiane. Le Sarde (LibriLiberi) con Debora Arru, Anna Dolfi, Angelino Mereu, Nicola Turi e Antonella Cavallo, a cura di Fondazione Dessì. Alle 16.00 Pier Giorgio Pinna presenta con Giampaolo Cassitta Volpe 132. Libro bianco su un volo nero (Mediando), e lo stesso Cassitta con Pier Luigi Piredda presenta Aria mossa (Il Maestrale). A seguire, Alberto Pinna dialoga con Luciano Marrocu, autore di Assassinio a La Sapienza. Avventure e turbamenti di professori allo sbando (EDES) e Tore Quartu e Mauro Mura illustrano Innocenza in catene (Domus de Janas). Sul tema “La sfida della traduzione dei capolavori letterari in sardo e in altre lingue minoritarie. Il caso di Sa die de su giudiziu di Salvatore Satta” si confrontano Franco Bronzat, Diego Corraine e Matteo Ghiotto (Papiros). Chiudono la serata Ti confesso di Cesare Carta (Barbaro Editore) e Sperata speranza di Danilo Mallò (La Zattera).
Domenica 18, alle 11.00, con Carlo Delfino si parla di sport, con la presentazione della collana “Lo sport si racconta” con Maria Antonietta Azara, Renato Copparoni, Mario Fadda, Umberto Oppus, Darwin Pastorin e Roberto Valentino. Attilio Mastino presenta poi, con Antonio Ibba e Antonio Corda, La Sardegna nel mondo romano fino a Costantino (Unicapress), prima di “Grazia Deledda nella riedizione di Cosima e Elias Portolu, con Stefano Lavra e Dino Manca (ISRE). Alle 15 Tra le mie corde di Maria Gabriela Ledda con Bruno Gambarotta, Paolo Lusci e Mauro Palmas (IsolaPalma); Quaderni verdi di Federica Abozzi con Michela Magliona (Catartica); ‘Ottocento con Angelo Mascia e Luigi Orrù (PTM) . Sergio Atzeni”, con Antonio Franchini, Giuseppe Ledda e Giancarlo Porcu, in collaborazione con “Mediterranea. Culture, scambi, passaggi”, incontro che segna l’avvio delle celebrazioni per i trent’anni dalla scomparsa del grande scrittore, poeta e traduttore. Si chiude allo Spazio Sardegna con la presentazione del progetto a cura di Giulio Pisano “Luoghi letterari in Sardegna”.
Lunedì 19, alle 11.20, Irene Salidu presenta Su Bisu (Aurea Nox), prima di Medicina interna. Metodologia, semeiotica, fisiopatologia, clinica, terapia medica con Marco Bartoli e Sergio Rassu (Chirone Moderno Editore). Nel pomeriggio Mauro Fiori e Luca Spissu parlano di Mommotti (Amicolibro). Il programma si chiude al Cinema Centrale alle 20.30 con la proiezione di Il figlio di Bakunin di Gianfranco Cabiddu alla presenza del regista e di Enzo Cugusi.
 

Nel ricordare Mario Melis, le mie riflessioni riguardano il suo lascito politico, culturale e morale. Questo lascito appartiene innanzitutto ai familiari: essi ne sono i primi custodi. Appartiene al partito, il PSd’Az, in cui ha militato un’intera vita. Ma non solo a loro. Il patrimonio di idee e di coerenza morale di Mario Melis appartiene, a ben vedere, all’intero popolo di Sardegna e alle future generazioni, come è accaduto per i grandi sardi del secolo scorso che hanno saputo farsi guida e che hanno saputo connettere, idealmente e operativamente, la visione e l’azione nella loro terra, con le classi e i popoli, ovunque essi fossero, che lottano per affrancarsi da una condizione di subalternità.

Si può affermare che Mario Melis abbia assegnato una missione alla sua vita pubblica: agire per l’emancipazione del popolo sardo «con la fede profonda – sue parole – negli ideali che, da sudditi, ci fa cittadini e, da oggetto, soggetti e protagonisti». Soggetti e protagonisti della propria storia, s’intende, con la propria identità etnoculturale «aperta alle correnti di pensiero e alle problematiche di respiro europeo e mondiale». Per questa missione ha impegnato ogni sua energia.

La sua azione politica è stata alimentata dalle grandi correnti culturali dell’autonomismo e del federalismo, dei federalisti americani e dei pensatori europei e, soprattutto italiani: da Carlo Cattaneo a Altiero Spinelli e Ernesto Rossi.

A queste grandi correnti autonomiste e federaliste hanno dato un «vigoroso apporto – per dirla ancora con le parole di Mario Melis – insigni politici sardi», da Giovanni Battista Tuveri a Camillo Bellieni, da Giorgio Asproni a Emilio Lussu. Mario Melis include Antonio Gramsci tra i suoi riferimenti culturali federalisti: si riferisce al Gramsci dell’alleanza fra gli operai del Nord e dei contadini meridionali, sardi e siculi e della Repubblica federativa come tratteggiate nelle riflessioni sulla questione meridionale. Di autonomismo e federalismo ha avuto i primi maestri in casa: i fratelli maggiori, Giovanni Battista e Pietro che lo hanno iniziato al sardismo e alla militanza nel PSd’Az.

L’autonomismo e il federalismo, per le ragioni generali e fondamentali, costituiscono una prospettiva politica di crescente attualità̀ e utilità̀ per il nostro tempo. I principi dell’autonomia e del federalismo cooperativo, infatti, sono fondativi di una teoria e di una prassi portatrici di soluzioni positive dei problemi più̀ critici della società̀, del presente e del futuro: la pace tra gli stati e i popoli, il controllo democratico della globalizzazione dell’economia, il governo delle grandi questioni planetarie come la protezione dell’ambiente, le disuguaglianze regionali e territoriali, la qualità̀ della democrazia.

Vi è qui un primo lascito rilevante del pensiero e dell’azione di Mario Melis.

Più propriamente: che cosa sono l’autonomismo e il federalismo in Mario Melis?

Il discorso sull’Autonomia di Mario Melis, come si riscontra nei maggiori intellettuali e capi politici che si collocano in questa corrente, è profondamente radicato nella cultura del popolo sardo, esprime coscienza e capacità di decisione su come si vuole vivere in un territorio specifico per civiltà e storia e al quale si è intimamente legati.

L’Autonomia non è mai ridotta a pura forma giuridica, vuoto involucro istituzionale, bensì̀ è innanzitutto discorso umanistico, perché rimanda a una condizione di inveramento, al grado migliore, della libertà delle persone e di un popolo.

L’Autonomia è innanzitutto “appropriazione” (è un termine usato da Mario Melis) delle risorse che ci appartengono (paesaggio, storia, lingua): appropriazione non egoistica ma rispettosa, collettiva e partecipata; appropriazione che non tenda a consumare quelle risorse, bensì a comprenderle per quel che sono e dunque a rispettarle ed espanderle condividendole in una dimensione sociale e umanistica. Riflettiamo sul fatto che Mario Melis era un giurista (come Emilio Lussu) ma (ancora come Emilio Lussu) era fortemente interessato alla cultura, all’ambiente, al paesaggio, alla lingua sarda e al bilinguismo perfetto che considerava «quasi sintesi dell’intera questione sarda [e] elemento di coagulo della riscoperta e riappropriazione della identità». Era interessato, in definitiva, ai valori e alle cose che danno sostanza all’Autonomia.

L’Autonomia è un’espressione di libertà, il cui soggetto è la comunità̀ sarda, che, come afferma un illustre storico del diritto, Italo Birocchi, si manifesta nella libertà da ogni vincolo che non sia accettato per il bene comune e non sia necessario ai fini del riconoscimento della coesistenza dei pari diritti altrui, e nella libertà di autogoverno, intendendo per tale la facoltà̀ di darsi norme e istituzioni idonee alla costruzione del futuro del popolo sardo e idonee a provvedere alla conservazione e potenziamento delle sue risorse materiali, culturali e storiche, in una prospettiva di sviluppo e innovazione creativa. L’Autonomia, così intesa, come la intendeva Mario Melis, si risolve, dunque, in una forma di democrazia.

Per i suoi caratteri più̀ propri l’Autonomia non ha niente a che vedere con il passatismo o la separatezza. Non è passatismo perché́ non guarda alla storia con nostalgia per alimentare ideologie di conservazione, ma per acquisire la consapevolezza necessaria per guardare dinamicamente all’oggi, per progettare. Non è separatezza perché l’Autonomia è storicamente e necessariamente rapporto con altri: mira ad aggregare e non a separare o a separarsi.

L’Autonomia è anche responsabilità. S’intende che è capacità di utilizzare al meglio i poteri di cui già si dispone, per espandere la democrazia. E s’intende che è capacità di utilizzare al meglio le risorse: sono sempre più insostenibili, oltre che riprovevoli, i comportamenti di irresponsabilità nella spesa: tanto qualcuno pagherà comunque il conto.

Al riguardo, Mario Melis affermava: «Commetteremo un errore imperdonabile se non ci interrogassimo sul nostro modo di fare autonomia o più semplicemente amministrazione; se non 3 indagassimo sulla parte di responsabilità che ricade su di noi nel prodursi della crisi nella sua globalità». Il suo giudizio è molto critico: «L’Autonomia regionale [salvo brevi stagioni] è stata gestita nella logica del giorno per giorno, storditamente, in un procedere discontinuo, contraddittorio. Traguardi, che, al di là delle frasi fatte, ma vuote di contenuti ed elaborazione, avremmo dovuto perseguire non sono stati realizzati». Si riferisce agli esiti di decenni di esercizio dell’Autonomia speciale.

L’Autonomia responsabile è contro la demagogia: «Io pensodichiara Mario Melis, rivolgendosi innanzitutto al suo partito riunito nel congresso – che il pericolo maggiore cui vada incontro un politico e, in fondo, la classe politica, sia quello di abbandonarsi agli slogan, alle frasi fatte, utili senza dubbio per lanciare messaggi, per riassumere, in sintesi, concetti complessi, ma inidonea a proporre, da sole, un serio, articolato e razionale programma politico. Con gli slogan si rischia la mitizzazione miracolistica, scoprendo poi che si dispone solo di scatole vuote».

Ho accennato all’ idea di Autonomia come coltivata da Mario Melis. Accenno, ora, al federalismo come emerge nel pensiero di Mario Melis. Autonomia e federalismo, beninteso, non sono separati: si presuppongono, s’integrano, in quanto realizzano l’affermazione della dignità di un popolo e, insieme, il rispetto dell’altro e del diverso, riconoscendosi negli stessi valori di fondo.

Dobbiamo interrogarci su quale modello di federalismo. Mario Melis non ha ignorato, né eluso, né è stato evasivo su questo cruciale punto. In un intervento sull’auspicata Unione federale dell’Europa, ha riassunto la questione nei suoi termini essenziali: «Si discute se all’origine del patto federale debba individuarsi la solidarietà e, in ultima analisi un reciproco impegno di fedeltà, o più un semplicemente un contratto, volta a realizzare al meglio i rispettivi interessi dei contraenti che restano pertanto liberi di recedere una volta che questi siamo stati raggiunti. Pur senza contestare la rilevanza delle motivazioni che supportano la seconda ipotesi, si osserva che a legittimarla resta solo la logica del mercato: la logica del più forte». Il punto in discussione, un punto conflittuale, riguarda l’idea di Stato e di società che essa implica. Giova sempre tenere presente che le teorie politiche, o più semplicemente economiche, non sono mai neutrali, in quanto supportano diverse visioni dei rapporti sociali e del rapporto fra cittadino e istituzioni pubbliche. Così è anche per il federalismo ormai largamente applicato nel mondo, ma secondo valenze sociali molto differenti fra loro, in particolare per la componente fiscale, questione cruciale per l’acceso paritario ai diritti di cittadinanza indipendentemente dalle condizioni sociali e dal luogo dove si vive.

Quando Mario Melis afferma: «Federalismo che cos&’è, se non solidarietà?» indica un preciso modello di federalismo: quello basato sulla cooperazione, sulla solidarietà e sulla responsabilità dei soggetti federati «in vista, non tanto e non solo di particolari obiettivi, quanto del reciproco bisogno di mettere insieme i comuni valori che, pur senza confondersi, divengono patrimonio e forza di entrambi».

Il federalismo in Mario Melis è in relazione con l’indipendentismo. Non tralascio questo nodo delicato. Il foedus, il patto fra eguali, passa per l’indipendenza: rendersi indipendenti 4 e poi unirsi attraverso la federazione, questa era la sua idea in coerenza con il programma fondamentale del Psd’Az. Questa enunciazione di principio non ne ha distolto, però, l’attenzione e l’impegno dalle riforme, a partire da quelle costituzionali, che, senza percorrere l’impervio sentiero dell’indipendentismo, avvicinano l’obiettivo finale della federazione nella Repubblica. Anzi, così a me sembra, l’impegno politico maggiore era profuso nella seconda direzione. Così, nel dibattito sulle dichiarazioni programmatiche del Governo Craxi, agosto 1983 – per la prima volta, da giovane deputato, mi accadeva di ascoltare un discorso di Mario Melis – mentre riafferma il nesso fra federalismo e indipendentismo, si diffonde e ben più ampiamente, sulle riforme. Pone il tema, fondamentale, della partecipazione delle autonomie alle sedi decisionali centrali. Afferma che affinché «le Regioni abbiano un ruolo, esse debbono contare nel momento formativo della volontà legislativa e delle grandi scelte sia in politica estera che interna, come nel governo e nella programmazione dell’economia». Con questo obiettivo, propone «in sede di riforma costituzionale, la trasformazione del Senato in Camera pariteticamente rappresentativa delle Regioni e anche delle altre nazionalità presenti in Italia» (pariteticamente, sull’esempio del Senato Usa). Propone la riforma della Corte costituzionale, che «oggi nella sostanza è un giudice di parte e quindi non è un giudice, e dovrà essere integrata da giudici eletti dalle rappresentanze regionali quando è chiamata a risolvere problemi di conflitti tra Stato e Regioni. Tutte le moderne democrazie così si atteggiano…». E poi colpisce sui corposi problemi della riduzione dei gravami militari, dei trasporti e della rivendicazione storica della zona franca. Emerge il dirigente politico avveduto che lancia ponti verso altre forze federaliste o regionaliste per cogliere risultati, anche parziali, che segnino passi in avanti nella trasformazione in senso federale della Repubblica.

Mario Melis è stato un convinto militante della causa dell’Unione politica e federata dell’Europa. Durante il suo mandato al Parlamento europeo cade l’ordine mondiale fissato a Yalta, si dissolve l’Unione Sovietica, i Balcani sono insanguinati da orribili guerre. «L’angoscia delle popolazioni croate, massacrate dalla violenza dell’esercito serbo, sono la testimonianza più drammatica di quanto intendiamo lasciarci alle spalle per costruire, nella solidarietà e nella pace, una nuova e più grande patria». La nuova e più grande patria è l’Europa unita: questa è l’aspirazione che ci propone. Ogni passo in avanti in questa direzione è buono. Perciò è favorevole alla nascita della Banca centrale europea e alla moneta unica che vede come passaggi intermedi verso l’Unione politica. Ha una precisa idea dell’Unione politica europea: «Non l’Europa degli Stati, non l’Europa dei partiti (che dovranno ovviamente svolgere un ruolo di confronto e di costruzione democratica), ma l’Europa dei popoli, di tutti i popoli. Questi non possono essere valutati soltanto in virtù del loro peso numerico ma devono essere accettati per il contributo di civiltà che sono in grado di offrire. Noi crediamo che l’Europa degli Stati non saprà uscire dalla logica del mercato…».

Divenne presidente della Regione una prima volta nel 1982, per circa due settimane e poi si dimise perché non c’erano le condizioni politiche per andare avanti. Nel 1984 divenne presidente della Regione per la strada maestra, grazie al forte successo del PSd’Az e alle scelte lungimiranti del PCI. La presidenza di Mario Melis fu l’esito politico naturale di un 5 lungo processo alimentato da movimenti di massa del decennio precedente: le lotte per i territori interni e per rompere le condizioni di arretratezza a partire dalla innovazione del sistema produttivo regionale, con uno spazio ampio assegnato alla riforma agropastorale, alle risorse locali e alla piccola media impresa. Era un grande movimento di massa che reclamava anche il cambio della direzione politica della Regione. Di quel periodo ha scritto Mario Melis che sin dal suo costituirsi: «La giunta e il suo presidente furono investiti da un tumultuoso accavallarsi di critiche (non disgiunte da velate ed esplicite minacce) provenienti dai più autorevoli esponenti della maggioranza di governo». Mario Melis rivendica il confronto paritario con il governo. Non esitò a convenire in giudizio il ministro pro tempore della Difesa, Spadolini, quando l’ammiragliato di La Maddalena infranse le norme sull’edificazione. Ma fu capace di aprire rapporti positivi con il governo, ottenendo risultati rilevanti nella riduzione dei gravami come la restituzione di 2.500 ettari di territorio controllato dall’amministrazione militare, la sospensione delle esercitazioni militari durante la stagione estiva. Concluse positive intese per la soluzione del contenzioso sulle entrate. Né meno impegnativo fu il confronto per affermare la competenza regionale nel vasto campo dei beni paesaggistici ed ambientali. Con la sua giunta la disoccupazione fu ridotta di 5 punti percentuali, si varò il piano per l’occupazione giovanile; si registrò un saldo nettamente positivo nel totale delle imprese attive, si creò il consorzio 21 per la promozione di imprese innovative; si promosse l’innovazione tecnologica. Si varò una legislazione avanzata e coraggiosa per la tutela delle coste: queste furono salvate dalla cementificazione, soprattutto da quella giunta. Si fecero leggi anticipatrici sulla trasparenza e sul suo procedimento amministrativo. L’esito delle elezioni regionali del 1989, seppure registrando una perdita di consiglieri nelle file del PSd’Az e del PCI, non fu la sconfitta di quella coalizione. Il risultato consentiva la prosecuzione dell’esperienza di quella coalizione. Non accadde perché a Roma le segreterie dei partiti al Governo, Craxi in modo particolare, ne impedirono la prosecuzione.

Mario Melis ha onorato gli uffici pubblici ricoperti. A partire dal Comune. È stato sindaco di Oliena per circa 20 anni. E poi in Regione e nei Parlamenti repubblicano ed europeo. Ha interpretato le cariche con la consapevolezza della responsabilità di rappresentare sempre una comunità e, da Presidente della Regione, un intero popolo. Lo ha fatto con il senso del dovere verso chi questa rappresentanza gli ha affidato confidando che fosse riposta in buone mani. Non è venuto meno a questo dovere. E lo ha fatto al meglio, con onestà nel pubblico e nel privato, con fermezza e con grande carisma. La gente comune traeva fierezza, vorrei dire: orgoglio, dal sentirsi così rappresentata: era il presidente dei sardi, non solo della Regione Autonoma della Sardegna. Penso che stia qui, nella tensione morale riversata nella funzione pubblica, un altro grande lascito di Mario Melis alle giovani generazioni della Sardegna: un lascito attuale, dunque, cui guardare e applicare nella società di oggi segnata da profonda crisi di fiducia nel rapporto fra cittadini e istituzioni.

Salvatore Cherchi

La Prefettura di Cagliari oggi ha celebrato Il “Giorno del Ricordo” a Sant’Antioco, nella palestra del Liceo Scientifico Emilio Lussu, tra centinaia di studenti, autorità politiche e militari. Una cerimonia solenne e partecipata, scandita da numerosi interventi e dalle note musicali della Scuola Civica di Musica di Sant’Antioco e San Giovanni Suergiu, “Don Tore Armeni”. Il momento più toccante della commemorazione di questa mattina è stata la consegna delle medaglie alla memoria ai parenti di Andrea Serra, vicebrigadiere della Guardia di Finanza, in servizio presso la caserma di Campo Marzio a Trieste, catturato il 2 maggio del 1945 da truppe titine, deportato verso chissà quale destinazione e probabilmente infoibato i giorni successivi alla cattura.

La mattinata è stata aperta dalle bimbe e i bimbi della scuola primaria di Sant’Antioco, che hanno intonato l’inno nazionale con in mano le bandierine dell’Italia, sventolate a conclusione dell’esibizione. Successivamente si è proseguito con gli interventi della dirigente scolastica dell’Istituto Globale di Sant’Antioco, Tiziana Meloni, del Sindaco Ignazio Locci e dell’assessore regionale all’Industria, Emanuele Cani, in rappresentanza della presidente della Regione Sardegna, Alessandra Todde. Hanno poi preso la parola il prefetto Giuseppe Castaldo e a seguire si è proceduto con la consegna delle due distinzioni onorifiche ai famigliari del vicebrigadiere. Infine, altra sessione di interventi: del comandante della Guardia di Finanza in Sardegna, generale Claudio Bolognese, e del direttore dell’Ufficio scolastico regionale, Francesco Feliziani. A chiudere, le rappresentazioni a tema dei ragazzi del liceo: altro momento intenso, particolarmente sentito dagli ospiti in sala.

«Per il comune di Sant’Antioco è stato un vero privilegio ospitare le celebrazioni del “Giorno del ricordo” promosse dalla Prefettura di Cagliari nello storico Liceo Emilio Lussucommenta il sindaco Ignazio Locci -. Per l’occasione sono state consegnate due medaglie ai parenti di Andrea Serra, vicebrigadiere della Guardia di Finanza originario di Thiesi, infoibato dalle truppe titine nel maggio del 1945. La figlia del vicebrigadiere, Maria Domenica Serra, rimasta orfana, ha sempre vissuto a Sant’Antioco con la sua famiglia. Oggi, lei e la figlia, Emma Fois, hanno ricevuto le distinzioni onorifiche alla memoria del padre e del nonno. Ed è stato bellissimo vedere bimbe e bimbi della scuola primaria aprire l’evento con l’intonazione dell’inno nazionale e, al termine, sventolare le bandiere italiane. Così come è stato emozionante assistere alla chiusura della manifestazione con le toccanti messe in scena degli elaborati di ragazze e ragazzi del Liceo Lussu. Gli studenti, ai quali è affidato il compito di perpetuare il ricordo, protagonisti assoluti, dunque, di questa mattinata, per un’esperienza altamente formativa. Ringrazio quanti hanno partecipato e in particolare la Prefettura per avere scelto Sant’Antioco e la Dirigenza dell’Istituto Globale di Sant’Antioco per avere accolto questo importantissimo evento.»

 

Quando la passione è straripante arriva lui… Antonio La Rosa: un artista eclettico, attore teatrale, scrittore, poeta, scultore, pittore, installatore, un uomo dalle 1.000 sfaccettature. Un artista a tutto tondo che fa della sua arte il suo lavoro. Carismatico e profondo come pochi riesce a dare un’anima ad ogni suo capolavoro, sia esso scultura, poesia tela o installazione, le sue opere vivono di peculiarità. Regola ed interrompe continuamente quel filo d’equilibrio che ti regala adrenalina e che ti porta sempre ad accettare nuove sfide. Con i ragazzi del Liceo Artistico Emilio Lussu di Sant’Antioco, Antonio nel secondo semestre del 2024 crea un evento fantastico grazie all’associazione Iklos. Elabora un progetto dal titolo “#Cessate il fuoco” quasi un urlo disperato per quello che sta succedendo nel mondo. Tutto nasce da una poesia di Antonio intitolata il “Milite Ignoto”, inserita nella sua seconda pubblicazione “Vivo dove sto”. Nel progetto si lavora sul testo, si riflette, si legge, si parla, ci si confronta sullo “sfogo” di un milite ignoto. Un lavoro intenso ed appagante (40 ore) che dopo numerosi bozzetti ha dato vita ad un quadro di circa 5 metri x 2 di altezza.

Che dire? Non resta che vedere l’intervista di Nadia Pische che Antonio La Rosa ha rilasciato il 30 dicembre ai nostri microfoni, due giorni prima della fine dell’anno 2024 e, di seguito, il video che presenta il risultato finale del progetto di cui detto sopra

Nadia Pische

 

 

Era il 6 giugno del 2008 quando il tenente dell’Arma dei carabinieri Marco Pittoni si trovava casualmente in un ufficio postale di Pagani, cittadina della Campania, all’interno del quale improvvisamente fece irruzione una banda di rapinatori. Marco Pittoni, originario di Giba, al momento non era in servizio ma non esitò a contrastare l’azione delittuosa intimando ai tre malviventi di arrendersi. Riuscì persino a immobilizzarne e disarmarne uno, non utilizzò la pistola di ordinanza che portava con sé per evitare di colpire accidentalmente i cittadini presenti nell’ufficio e venne raggiunto da due proiettili che ne provocarono la morte poco dopo. Una storia di eroismo vero che gli è valsa la medaglia d’oro al valor militare e da oggi anche l’intitolazione della biblioteca del Liceo Scientifico Emilio Lussu di Sant’Antioco, dove Marco aveva condotto e concluso con successo il suo percorso di studi.

La cerimonia di intitolazione è stata promossa dall’associazione nazionale carabinieri di Sant’Antioco, che peraltro porta il nome del tenente sulcitano, ed è stata preceduta dallo scoprimento della targa posta all’ingresso dell’aula ad opera dei genitori del tenente, presenti alla cerimonia insieme al fratello e alla sorella, a ex docenti ed ex compagni di classe, nonché a una delegazione di studenti iscritti al liceo. Ancora, hanno partecipato le più alte cariche dei carabinieri territoriali e il sindaco di Sant’Antioco Ignazio Locci, oltre a un’ampia presenza dei componenti delle associazioni nazionali dei carabinieri di Sant’Antioco e Calasetta. Tanti gli interventi, dal comandante della Compagnia dei carabinieri di Carbonia a un compagno di corso di formazione dell’Arma, fino a ex docenti ed ex compagni di classe, che hanno tracciato il ricordo di un uomo, oggi eroe, che all’epoca degli studi sapeva eccellere senza mai mettersi in mostra.

«La scuola che l’ha formato come studente oggi lo ricorda e lo celebra come eroecommenta il sindaco Ignazio Locciun servitore dello Stato, un moderno Salvo D’Acquisto che, con il suo gesto eroico, sarà per sempre da esempio alle nuove generazioni. Ringrazio la famiglia per avere partecipato alla cerimonia e l’Associazione Nazionale Carabinieri di Sant’Antioco per avere proposto l’intitolazione della biblioteca, un luogo simbolo e ricco di significato in una scuola dove Marco – hanno raccontato stamane ex docenti ed ex compagni di classe – eccelleva per dedizione, preparazione e, soprattutto, per umiltà.»

 

La scrittrice Vanessa Roghi è la nuova protagonista delle Anteprime della X edizione del festival Premio Emilio Lussu con “Un libro d’oro e d’argento. Intorno alla Grammatica della fantasia di Gianni Rodari”, che presenterà venerdì 12 luglio, alle 19.00, in piazza Martiri a Siliqua.
L’autrice illustrerà la sua ultima fatica letteraria, edita da Sellerio nel 2024, dialogando con la giornalista e operatrice culturale Lorella Costa. Nel volume c’è tutta la storia intellettuale (e sentimentale) di un libro rivoluzionario e del suo autore, Gianni Rodari, ponendo una particolare
attenzione alla didattica dell’inventiva che ne è scaturita: l’idea di una Grammatica della fantasia, che venne al poeta di Omegna dopo aver letto una pagina del Novalis.
Il festival è organizzato dall’associazione culturale L’Alambicco con il sostegno della Regione Sardegna e del comune di Cagliari e, per questo appuntamento, in collaborazione con la libreria La Giraffa e con i Centri Studi Cisesg di Seravezza e Cisle di Torino.
Maestro di scuola, scrittore, poeta, utopista e creatore di una pedagogia poetica «per il mondo urbano e non per un’arcadia rurale che non esiste», Rodari viene ritratto nei capitoli sullo sfondo delle profonde trasformazioni della società del dopoguerra e, soprattutto, nell’ottica delle grandi energie e speranze sprigionate dall’attivismo nella pedagogia internazionale.
È necessario scoprire una disciplina «Fantastica» – sostiene l’autrice – così come esiste una logica.
Una disciplina che studi «l’arte di inventare storie», «il modo in cui le storie vengono al mondo», non per essere una scienza astratta ma con il fine principale di considerare il bambino e la bambina come persone attuali, presenti, né adulti futuri né generica infanzia.
Vanessa Roghi, che è storica e autrice di programmi culturali per la Rai, ha scovato anche il Rodari  più divagante tra gli esercizi di allegria, le parole e il loro doppio, Pinocchio contrapposto, quanto a realismo, ai Garrone e ai Muratorino di De Amicis, e poi le fiabe «archivio storico dei popoli», gli insiemi e la poesia, i fumetti. È la visione di un geniale, digressivo e trasgressivo fantasista che non è detto che non sia il Rodari più incantevole.

Sabato 1° giugno, al Teatro Centrale di Carbonia, alle ore 19.00, il prof. Sandro Dessì, scrittore e fumettista, presenterà l’incontro “Vite parallele: Emilio Lussu e Antonio Gramsci”, ripercorrendo – con l’accompagnamento musicale a cura di Carla Cocco e Andrea De Luca – la straordinaria vita di due personaggi fondamentali della cultura internazionale.
Sandro Dessi è un docente di Lettere e Storia dell’Arte. Insegna a Ottana, ma vive ad Abbasanta. Nel corso della serata illustrerà il grande valore etico e morale – estremamente attuale – di Antonio Gramsci ed Emilio Lussu e racconterà la sua avventura editoriale, basata su un sapiente mix tra libri e fumetti, nella consapevolezza che i fumetti sui grandi personaggi possano avvicinare i lettori, gli spettatori e le nuove generazioni alla conoscenza diretta delle loro opere e della loro vita.

In una vignetta del Corriere della Sera esiste un’illustrazione che strappa un sorriso: la porta del Paradiso è stata sfondata da un pallone di calcio sparato da “Rombo di tuono” e San Pietro, il re delle reti, non è riuscito a pararlo. L’ha subito capito: «Sta arrivando Gigi Riva».
Gigi Riva, a Cagliari, è stato ricoverato e prima di sottoporsi ad una procedura di Emodinamica interventistica immediata, ha deciso di attendere il parere-conforto della famiglia. Le sue condizioni, purtroppo, sono rapidamente peggiorate ed è sopraggiunta la morte estesa della muscolatura cardiaca con l’arresto in asistolia.
Il “tempo” che intercorre fra il momento in cui scatta l’emergenza e il momento in cui si inizia a soccorrere, è il fattore essenziale che si frappone fra il vivere e il morire.
La regola della “tempestività” è valida per il campione mondiale come per il comune cittadino del profondo Sulcis Iglesiente. La disuguaglianza tra le possibilità di sopravvivenza concesse a un cagliaritano e a noi Sulcitano – Iglesienti contrasta con la Costituzione (articoli sull’Uguaglianza), con i L.E.A. (Livelli Essenziali di Assistenza), e con i principi etici posti all’introduzione di varie leggi e decreti che regolano la Sanità Regionale Sarda.
E’ noto che la Asl 7 del Sulcis Iglesiente ha diritto ad avere un centro per le Urgenze ed Emergenze vicino alla popolazione. Tale centro, per sua natura, deve fornire assistenza immediata ai nostri ammalati e salvarli. E’ anche noto che la norma imprescindibile della tempestività qui nel Sulcis Iglesiente ha subito deroghe: l’Emodinamica d’Urgenza ed Emergenza deve restare chiusa dalla sera del venerdì, fino a tutto il sabato, tutta la domenica, e fino al lunedì mattino alle 8.00. Negli altri giorni rimane aperta per 8 ore al giorno: dalle 8.00 alle 16.00. Chi arriva al Pronto Soccorso nella condizioni di Riva deve aspettare.
Se l’infarto avviene dalle 8.00 alle 16.00 dei giorni feriali viene curato. Se arriva dopo le 16.00 o nei giorni festivi deve aspettare. Aspettare cosa? Deve aspettare che riapra il Servizio di Emodinamica, oppure deve affrontare il viaggio verso Cagliari perdendo tempo vitale. Perché? Giunto lì deve attendere altro tempo ancora perché si deve aspettare il proprio turno. Esiste infatti un’affluenza numerosa di pazienti in crisi cardiaca diretti all’ unico Centro Cardiologico e provenienti da tutto il territorio provinciale e dalla città metropolitana di Cagliari. Questa storia della iper-affluenza degli ammalati al Brotzu o al Policlinico di Monserrato è stata sperimentata quotidianamente dai fratturati di femore di queste parti a causa del nostro Servizio di Ortopedia chiuso per motivi di carenza di personale. Nei scorsi giorni, tutti coloro che andavano al Brotzu venivano messi in fila, su barelle allineate, in attesa del loro turno. E’ una situazione difficile da gestire, soprattutto per i Medici cagliaritani sopraffatti dall’esorbitante carico di richieste.
Nonostante i loro sforzi l’accumulo di malati provenienti dalla provincia comporta attese prolungate.
Lo Stato, attraverso un ente del ministero della Sanità, che si chiama Agenas, ha pubblicato da anni un documento ufficiale che si chiama “elenco dei LEA”. I “LEA” sono i “Livelli Essenziali di Assistenza”. Si tratta cioè del minimo essenziale di assistenza sanitaria che si deve fornire ai cittadini.
Tra questi, ci sono tutte le emergenze che compromettono la vita o la funzione di un organo. Ebbene, i LEA non possono rispettare i tempi della fisiopatologia ma devono piegarsi ai tempi della burocrazia.
Quale burocrazia? Quella che controlla la spesa e riduce i servizi essenziali. Così il cerchio si chiude: il diritto ai LEA è riconosciuto per legge ma non può essere erogato per motivi di bilancio.
Ciò che è successo al Campione per sua scelta, succede a tutti i malati cardiologici e ortopedici urgenti della nostra provincia: bisogna aspettare che qualcuno ti curi e nel frattempo, se è il caso, morire.
Il caso della legge sulla “Autonomia Differenziata tra Regioni” del Nord e quelle del Sud e Isole, è già concretamente rappresentato nella “Autonomia sanitaria differenziata” fra le ASL dei capoluoghi di Cagliari e di Sassari, e le ASL delle Province. Apparentemente siamo tutti uguali; in realtà esiste una forte discrepanza fra l’impiego di fondi nei due centri e nelle altre 6 ASL provinciali. A ciò si aggiunge, per quanto ci riguarda, l’assenza del potere di assumere personale, di programmare spese, e di spendere autonomamente per le nostre diverse esigenze. Significa, praticamente: non esistere come entità. Ciò ha portato alla paralisi della Sanità nel Sulcis Iglesiente, come nel Nuorese, nell’Oristanese, etc..
La citazione delle leggi che segue è noiosa ma è necessaria per capire il disastro sanitario che si prepara in aggiunta a quello attuale.
Esiste una legge regionale che genera discriminazioni: è la legge 24/2020. E’ la legge che istituì la ARES (un ente gestionale autonomo che ha risucchiato tutte le funzioni amministrative delle ASL).
In premessa, quella legge assicura equità e uguaglianza nel trattamento sanitario dei cittadini, però dispone che le ASL non abbiano gli strumenti per gestirsi. Questo è già di per sé un fatto gravissimo. Con l’avvento della “Autonomia Differenziata” avremo a che fare con una nuova legge che, seguendo la stessa logica dei LEA, creerà una situazione identica a quella appena descritta sulla Sanità Regionale. Si tratta del previsto elenco dei L.E.P. (Livelli Essenziali di Prestazioni). Cosa sono le prestazioni di cui si deve preparare l’elenco? Sono le prestazioni intorno all’Assistenza sanitaria, alla Giustizia, all’Istruzione, ai Trasporti, etc.. Praticamente, tutto ciò che riguarda i servizi che lo Stato deve fornire al cittadino. Dopo l’esperienza dei LEA con la Sanità si capisce cosa avverrà con i i LEP in tutti i Servizi pubblici. Si può ragionevolmente supporre un altro crollo del Sistema Sanitario e degli altri Sistemi sociali che sono alla base della Unità nazionale.
La nuova legge della “Autonomia Differenziata Regionale” avrà due effetti immediati:
1 – Cancellerà l’Autonomia speciale della Sardegna;
2 – Sopprimerà il “Fondo Perequativo” delle Regioni (che è quello che ci consente di avere ancora Sanità e Istruzione).
Noi Sardi per avere il nostro Statuto ci abbiamo messo molti secoli. Ora in pochi mesi potremmo perdere tutti i vantaggi dell’Autonomia speciale della Sardegna.
L’embrione della “Autonomia speciale della Sardegna” venne generato nel 1793, quando una delegazione di 5 saggi sardi si recò a Torino per chiedere al Re le “5 domande”. Si trattava di 5 richieste per dare un po’ di autonomia amministrativa alla Sardegna al fine di permetterle uno sviluppo economico dignitoso e attenuarne lo sfruttamento.
Il Re ignorò i sardi e se ne andò a caccia a Tenda. La delegazione rimase in attesa fuori dal palazzo reale per 6 mesi. Al ritorno il Re non la ricevette e rispose un “No”.
I sardi, tornati a Cagliari, si organizzarono in circoli intellettuali pseudo-rivoluzionari e infiammarono la popolazione fino al 28 aprile 1794. Il dissenso dei sardi sfociò nella cacciata del viceré Balbiano e di tutta la corte piemontese da Cagliari. Fu “Sa die de sa Sardigna”. L’unica vera rivoluzione fatta dai sardi.
In seguito quelle “5 domande” furono la base su cui si fondò l’azione dei politici sardi un secolo e mezzo dopo alla fine della II Guerra Mondiale. Quei parlamentari sardi parteciparono alla stesura del testo della Costituzione e discussero la forma da dare all’articolo 116 primo e terzo comma e all’articolo 119 contenente il principio del “Fondo Equiparativo”. E’ la legge madre sull’autonomia delle Regioni a Statuto speciale e quelle a Statuto ordinario.
Le motivazioni per la richiesta di Autonomia speciale alla Sardegna vennero scritte da Renzo Laconi e Emilio Lussu. Il motivo fu l’estrema povertà della Sardegna dopo 4 secoli di dominazione spagnola e due secoli di piemontese. Da lì emerse lo “Statuto Sardo”.
Nello Statuto, all’articolo 8, sta scritto che una parte consistente dei fondi raccolti con le tasse sarebbero rimasti in Sardegna. Così pure si riconobbe alla Sardegna il diritto a godere di un’elevata percentuale derivante dagli utili prodotti dalla produzione e distribuzione di fonti energetiche e di energia (parte mai applicata secondo una pubblicazione dell’ufficio IVA della Regione Sarda – d.ssa Tagliagambe – che oggi sarebbe interessante riportare in discussione).
Venne riconosciuta la necessità di costituire un “fondo perequativo”. Di cosa si tratta? Si tratta di un fondo formato dalla contribuzione delle regioni più ricche da utilizzare per garantire un equo ed uguale sviluppo tra cittadini delle regioni avvantaggiate e cittadini di regioni storicamente e strutturalmente svantaggiate e povere.
Oggi, con la legge sulla “Autonomia Differenziata regionale” è stato preparato il terreno normativo per ridurre, o abolire, il contributo delle regioni più ricche a favore dei servizi pubblici nelle regioni pi svantaggiate. Con i fondi che le regioni più ricche che da ora tratterranno per sé, le stesse regioni finanzieranno i propri programmi scolastici, sanitari, dei trasporti, etc. Dando titoli di studio (lauree) e Sanità superiori per valore ai nostri (chi vincerà tra i concorrenti tra un laureato a Cagliari e uno a Milano?)
Senza entrare nel merito di cosa sia equo ed eguale, e cosa no, si può già prevedere, con la fine del fondo perequativo, quale inverno sanitario stia per iniziare in Sardegna. Abbreviare il più possibile il “tempo” fra l’inizio del malore e l’inizio delle cure è costoso. Quel “tempo” costa, ed è evidente che quando i fondi diminuiranno, diminuirà anche la possibilità di sopravvivenza dei sardi, soprattutto in provincia (a dispetto dell’articolo 119 della Costituzione che garantisce a tutti uguale godimento dello “esercizio dei diritti basilari” compreso il diritto alla Salute).

«L’Istituto Globale di Sant’Antioco-Calasetta è un’autonomia scolastica che resta saldamente in piedi in ragione delle norme e dei requisiti attuali e non può essere messa in discussione: l’abbiamo ottenuta anni fa portando le nostre ragioni in tutti i tavoli istituzionali e non intendiamo certo sacrificarla sull’altare delle aspirazioni di chissà chi.»

Il sindaco Ignazio Locci, nell’ambito della discussione sul nuovo Piano di dimensionamento scolastico, interviene per liberare il campo da “fraintendimenti” che vorrebbero la soppressione dell’Istituto Globale e della sua autonomia grazie allo scorporo del liceo Emilio Lussu ai fini del suo inserimento nell’Autonomia scolastica del Gramsci-Amaldi di Carbonia.

«L’ipotesi è stata divulgata dalla CGIL Scuola territoriale che, tramite i propri canali comunicativi, ha diffuso questo prospetto di dimensionamento del Sulcis Iglesiente che non solo non è plausibile in base alle nuove regole, ma è inaccettabile sotto tutti i punti di vistaprosegue il sindaco Ignazio Locciva bene che annualmente in questa fase siamo abituati a vedere circolare  ipotesi di soppressione di autonomie e/o di accorpamenti di istituti tra diversi Comuni in alcuni casi inverosimili, ma provare a cancellare ‘un’Autonomia importante come la nostra, che rappresenta un’isola e due Comuni, ci pare un azzardo, una proposta scomposta e immotivata».

In questa fase sono in corso le varie conferenze territoriali che hanno l’obiettivo di redigere il Piano di dimensionamento e di riorganizzazione della rete scolastica del territorio sulla base delle nuove regole che in Sardegna metterebbero a rischio oltre 40 istituzioni scolastiche, ma non quella di Sant’Antioco. «Nella conferenza della provincia del Sud Sardegna alla quale appartiene il comune di Sant’Antioco, infatti, è pacifico che l’Istituto Globale Sant’Antioco-Calasetta resti in piedi perché abbondantemente all’interno dei requisiti richiesti dalla legge nazionaleconclude il Sindaco dato che comprende oltre 1.200 studenti di ogni ordine e grado a fronte dei 900 richiesti. Il documento di dimensionamento scolastico finale verrà portato all’attenzione dei Sindaci per poi essere votato, e non certo dei sindacati. Si mettano l’anima in pace».