29 April, 2024
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«Continua il vergognoso furto di sabbia dalle spiagge che offende e violenta l’intera Sardegna. Con l’aggravante che la sfrontatezza e il senso di impunità dai ladri è tale da consentirgli di vendere il bottino per pochi euro sui siti di e-commerce internazionale!»

E’ questo il doloroso grido di allarme lanciato da Pierpaolo Vargiu e Roberto Frongia, rispettivamente deputato e presidente dei Riformatori sardi, con un’interrogazione urgente al Ministero competente sul demanio marittimo, a cui è unito un esposto alle procure della Repubblica sarde, con le schermate del sito www.ebay.de , che mette in vendita per pochi euro la sabbia sarda.

«Il bottino vigliacco di sabbia, che è il frutto del tradimento della ospitalità dei sardi – denunciano Vargiu e Frongia – è messo in vendita nei siti di e-commerce per pochi euro: la sabbia del Poetto, di Cala Sinzias, di Sant’Elmo e di Alghero Maria Pia è stata venduta per 2,50 euro. Per 5,99 euro è stata venduta la sabbia dello Scoglio di Peppino, con 9,99 euro di un “compralo subito” si può ancora portare a casa la sabbia evidentemente più pregiata di Porto Pollo.»

«E’ una vergogna che deve finire! – concludono Vargiu e Frongia -. Il turismo è un’attività economica di scambio tra culture, non può diventare la spoliazione fraudolenta delle risorse ambientali, che sono un bene indisponibile, da tutelare e trasmettere ai figli! E’ per questo che chiediamo l’intervento immediato del Ministero competente e sottoponiamo i fatti alle procure sarde perché accertino – ed eventualmente perseguano – fatti illeciti.»

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Insularità’: una battaglia talmente forte che sfonda anche ad agosto. La Sardegna si unisce intorno alla bandiera del principio di insularità! 

Mentre crescono le adesioni di importanti personalità al Comitato Scientifico, parte con il botto anche il comitato degli amministratori: sono già scesi in campo 70 sindaci, con oltre 300 tra consiglieri ed assessori, pronti a mettere a ferro e fuoco la Sardegna per ottenere ciò che ci spetta di diritto!

L’iniziativa referendaria per l’inserimento del principio dell’insularita in Costituzione, lanciata soltanto da una settimana, trova dunque spazi crescenti.

Tra i sindaci hanno aderito Andrea Lutzu (sindaco di Oristano), Roberto Ragnedda (Arzachena), Giorgio Alimonda (Portoscuso), Ivan Mameli (Barisardo), Roberto Uda (sindaco di Loceri), Diego Loi (Santu Lussurgiu), Antonio Cappai (Guamaggiore), Paola Secci (Sestu), Flavia Loche (Tonara), Tomaso Locci (Monserrato), Giusepppe Fasolino (Golfo Aranci), Massimo D’Agostino (Bonorva), Massimo Cannas (Tortolì), Antonello Figus (Santa Giusta), Marco Falchi (Muravera), Costantino Tidu (Teti), Gianfranco Trullu (Perdaxius), Marco Pisano (Mandas), Giovanni Porcu (Irgoli), Domenico Gallus (Paulilatino), Andrea Piroddi (Ilbono), Maristella Lecca (vice sindaco di Monserrato), Sandro Pili (Terralba), Claudio Pinna (Zeddiani), Martino Salis (Oliena), Celestino Pitzalis (Tuili), Luca Pilia (Isili), Andrea Nieddu (Berchidda), Fausto Orrù (Gonnosfanadiga), Giovanni Santo Porcu (Galtellì), Pietro Moro (Laerru), Gabriella Mameli (vice sindaco di Selargius), Vincenzo Cosseddu (Benetutti), Ester Satta (Olzai), Marco Atzei (Pompu), Mario Sassuolo (Siligo), Marco Floris (Siris), Andrea Santucci (Marrubiu), Serena Massa (Senis), Alessandro Scano (Decimoputzu), Pierandrea Deias (Nuxis), Giorgio Scano (Simala), Mauro Steri (Gonnosnò), Luciano Barone (Mamoiada), Antonio Diana (Stintino), Renzo Ibba (Morgongiori), Gianfranco Pinducciu (Telti), Gianni Orrù (Busachi), Pierpaolo Sitzia (Gonnoscodina), Agostino Pirredda (Luogosanto), Elio Mameli (Villaspeciosa), Alessio Piras (Selegas), Franceschino Serra (Pau), Giovanni Daga (Nuragus), Antonello Pirosu (Villaperuccio), Antonello Demelas (Samugheo), Paolo Spezziga (Valledoria), Francesco Caggiari (Bortigali), Tito Loi (Osini), Pietro Arca (Sorradile), insieme a 312 amministratori comunali.

Un segnale molto forte quello che stanno dando gli amministratori locali con un numero di adesioni che cresce di ora in ora. 

La mobilitazione ha avuto una forte accelerazione a seguito dell’indizione dei referendum che si terranno in Lombardia e Veneto il 22 ottobre prossimo, finalizzati ad ottenere “particolari forme di autonomia” e maggiori risorse: un evento di forte impatto politico, destinato a modificare radicalmente il sistema di ripartizione delle risorse tra le regioni italiane. La Sardegna nella sua condizione di insularità ha uno svantaggio geografico permanente e grave, di cui la comunità nazionale sembra non accorgersi. Da qui l’idea di portare il caso Sardegna all’attenzione del dibattito politico e dell’opinione pubblica nazionale: il “caso Sardegna”, attraverso un referendum sardo.

In prima linea da oggi dunque anche i sindaci e tutti gli amministratori: «È stata una risposta immediata, forte e entusiasta – ha dichiarato Lucia Tidu del comitato promotore del referendum che coordina il gruppo Amministratori a sostegno del referendum -. Il segnale fortissimo dato dai sindaci e amministratori in pochi giorni ci porterà a fine agosto con la maggioranza dei sindaci sardi a una grande mobilitazione.»

«Una battaglia di tutti i sardi che va oltre tutte le appartenenze politiche – ribadisce Roberto Uda sindaco di Loceri (Pd) – e che porteremo avanti nei nostri territori». «Il riconoscimento dell’insularità in costituzione è centrale per lo sviluppo della nostra Sardegna – aggiunge Giuseppe Fasolino, sindaco di Golfo Aranci (Forza Italia) -, qualsiasi strumento che possiamo mettere in campo lo perseguiremo con la massima determinazione».

«Queste adesioni, che seguono di pochi giorni la formazione del Comitato scientifico – sottolinea Roberto Frongia, coordinatore del Comitato referendario -, servono a legare in modo formidabile la battaglia Referendaria ai  diversi territori sardi.»

 «Questa battaglia va al di là di ogni appartenenza politica e gli amministratori ne hanno dato un segnale fortissimo – dice ancora Lucia Tidu -. Questa è la nostra battaglia, la battaglia di tutti noi sardi uniti e coesi.»

«Contiamo di avere molte decine di migliaia di adesioni, per riaffermare che essere isolani non voglia dire essere isolati. Non per avere assistenzialismo ma semplicemente pari opportunità: vogliamo gli stessi diritti e le stesse opportunità degli altri cittadini italiani. Nulla di più, ma neanche nulla di meno», conclude Roberto Frongia che ribadisce che la raccolta delle firme inizierà ai primi di settembre e si protrarrà sino alla fine dell’anno.

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Nasce in Sardegna il “Comitato scientifico per l’insularità”. “Il Comitato scientifico”, apartitico ed indipendente, svolgerà una funzione tecnico-consultiva in merito al referendum sull’insularità anche attraverso un programma di iniziative di studio e di eventi che si terranno nei prossimi mesi. Il Comitato promotore per il referendum sull’insularità ha chiesto la partecipazione di uomini di chiara fama internazionale e nazionale, come il prof. Paolo Savona, il dr. Gavino Sanna, il prof. Massimo Carpinelli, rettore dell’Università di Sassari, il prof. Pasquale Mistretta, già rettore dell’Università di Cagliari, il dr. Ettore Angioni, già procuratore generale della Repubblica, dr.ssa Simonetta Sotgiu, Giudice della Corte di Cassazione, prof.ssa Maria Antonietta Mongiu, archeologa, prof. Giovanni Lobrano, ordinario di Diritto romano presso l’università di Sassari, prof. Gavino Faa (medico, università di Cagliari), il dr. Paolo Fadda, storico, l’editore Carlo Delfino, il Giudice dr. Enrico Altieri, il Dr. Francesco Manca, già Direttore Generale dell’Osservatorio industriale della Sardegna, il dr. Paolo Figus, già direttore de L’Unione Sarda, avv. Francesca Curreli, l’avv. Rita Dedola, presidente Consiglio dell’Ordine Forense di Cagliari, Antonello Gregorini, presidente dell’associazione Nurnet, il prof. Stefano Altea, docente Università di Cagliari.

«Avere nel Comitato scientifico esperti rappresenta un’opportunità per poter dare un contributo scientifico non solo al referendum e alla comprensione degli svantaggi strutturali permanenti e i costi dell’insularità, pagati in termini di deficit infrastrutturale e deficit di sviluppo dalla Sardegna – dice l’avvocato Roberto Frongia, componente del comitato promotore per il referendum sull’insularità nella Costituzione italiana -, bensì anche alla creazione di una nuova coscienza culturale identitaria che assume una sempre più grande rilevanza in un tempo di grande cambiamento.»

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Una battaglia referendaria, di tutti i sardi, per inserire nella Costituzione italiana in principio dell’insularità della Sardegna: la chiedono i Riformatori sardi con una lettera inviata questa mattina al presidente della Regione, Francesco Pigliaru.

I Riformatori sardi prendono le mosse dai referendum consultivi per il principio di sussidiarietà che a ottobre prossimo si terranno in Veneto e in Lombardia e rilanciano il tema al popolo sardo. Per il consigliere regionale Luigi Crisponi «nella testa dei sardi non c’è ancora una piena consapevolezza di cosa valga in concreto l’insularità e di quanto sia determinante. Vogliamo un nuovo corso per la Sardegna, un new deal: possiamo scrivere tutti insieme una nuova pagina».

Per l’on. Michele Cossa «non si tratta di andare dal governo con il cappello in mano ma di comprendere che questo tema è trasversale e nodale per la Regione. Abbiamo un gap nei trasporti che comporta un onere spalmato su tutti i sardi, ingiustamente. In Lombardia e in Veneto si preannuncia un plebiscito che avrà ricadute evidenti sui trasferimenti statali, che saranno diminuiti, verso il  Mezzogiorno e le Isole. E’ davvero l’ora che la nostra non eliminabile insularità sia fatta valere in concreto».

Anche il consigliere Attilio Dedoni è intervenuto e ha aggiunto: «E’ una battaglia che viene da lontano, dai tempi delle “autostrade del mare” lanciate da Mario Segni. Ma è sempre attuale. Basta una piccola riforma, piccola solo in apparenza, a migliorare la vita dei sardi. Su questo vogliamo stimolare anche le forze indipendentiste, per evitare che di insularità si chiacchieri soltanto, come accaduto finora».

Per il coordinatore del partito, Pietrino Fois, «la Sardegna è la terza regione d’Italia per estensione ma conta poco più di un milione e mezzo di abitanti. La Lombardia è la quarta ma ha undici milioni. Ecco, sarei curioso di vedere se i tanti capaci imprenditori lombardi sarebbero altrettanto lumbard e bravi se provassero a fare gli imprenditori in Sardegna, con i limiti che abbiamo noi a causa dell’insularità».

Il presidente del partito, Roberto Frongia, ha aggiunto che il percorso di modifica della Costituzione parte da un referendum: «A partire da settembre raccoglieremo le firme. Vogliamo fare del caso Sardegna un caso nazionale e invitiamo tutte le forze politiche  a condividere questo percorso democratico».

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I Riformatori sardi hanno tenuto stamane una conferenza stampa, nel Palazzo del Consiglio regionale, per denunciare i tempi lunghissimi delle liste d’attesa nel sistema sanitario pubblico della Sardegna. 

Un anno e mezzo per una mammografia all’Ospedale Businco di Cagliari, un anno per una colonscopia al SS. Trinità, quasi nove mesi per una visita cardiologica al Sirai di Carbonia e per una ginecologica a Olbia, otto per un consulto oculistico a Bono. Sono i casi più eclatanti estratti dalle liste d’attesa delle Asl sarde e denunciati questa mattina dai Riformatori sardi.

«In Sardegna i tempi di attesa per una visita specialistica sono di circa 4 mesi contro i 30 indicati dal Piano nazionale – ha detto il coordinatore regionale dei Riformatori Pietrino Fois – tutto questo accade nonostante la Regione destini il 60% del suo bilancio alla copertura delle spese del sistema sanitario.»

«Una situazione che va contro il Codice del Consumo che impone alle amministrazione pubbliche di rispettare precisi standard di qualità nell’erogazione dei servizi sanitari – ha aggiunto il presidente del partito Roberto Frongia – i cittadini hanno diritto a ricevere prestazioni adeguate. In Sardegna purtroppo questo non accade, la disorganizzazione è palese.»

Diverse le cause che influiscono sull’allungamento delle liste d’attesa secondo il deputato Pierpaolo Vargiu, componente della Commissione sanità della Camera: «In Sardegna sono ancora pochi gli investimenti in nuove tecnologie, indispensabili per adeguare l’offerta e monitorare l’appropriatezza delle prestazioni – ha detto Pierpaolo Vargiu – spesso i macchinari sono obsoleti e la classificazione delle prestazioni è fuori controllo. Altra questione riguarda le risorse umane: anche in questo caso servono investimenti per la formazione del personale medico. Una soluzione potrebbe essere rappresentata dal potenziamento dei servizi territoriali e della medicina 2.0 per la gestione dei pazienti da “remoto” – ha aggiunto Vargiu – i malati cronici devono essere intercettati prima che vadano ad intasare le liste d’attesa, altri potrebbero essere gestiti in modo semplice e rapido con l’utilizzo delle nuove tecnologie».

Le informazioni sulle liste d’attesa – hanno spiegato gli esponenti dei Riformatori sardi – sono stati estrapolate dai siti delle Asl sarde. «Si tratta di dati ufficiali – ha detto Attilio Dedoni, consigliere regionale e presidente della Commissione d’inchiesta sui costi della Sanità – il nuovo manager dell’Ats Fulvio Moirano sembra essere interessato ad altro. Preoccupa il fatto che le lungaggini riguardino anche gravi patologie, non c’è una Asl che si salvi. E’ una questione sulla quale si deve intervenire con urgenza, la politica ha il dovere di correggere se stessa senza aspettare che arrivi la magistratura».

Secondo i Riformatori sardi, la Sardegna dovrebbe guardare con attenzione alle pratiche virtuose di altre regioni italiane come l’Emilia Romagna che ha adottato soluzioni molto positive per la riduzione delle liste d’attesa. «Oggi è in via di definizione il nuovo Piano nazionale per la gestione delle liste d’attesa, alcune regioni hanno già approvato i loro piani, la Sardegna è invece in ritardo. Eppure – ha concluso Pierpaolo Vargiu – la nostra spesa sanitaria continua a crescere: secondo un recente studio dell’Università Cattolica Sacro Cuore di Roma la spesa media pro capite della nostra Regione è di 2062 euro contro i 1838 della media nazionale».

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I Riformatori sardi hanno presentato una proposta di legge per incentivare i “turisti residenti” e fare della Sardegna la Florida d’Europa, concedendo sgravi fiscali ai pensionati che scelgono di soggiornare nell’Isola per almeno nove mesi l’anno. È l’obiettivo della proposta di legge dei Riformatori sardi (inserita nel pacchetto delle misure fiscali denominato “Sardegna no tax”) che è stata illustrata questa mattina in conferenza stampa, oltreché dal capogruppo in Consiglio, Attilio Dedoni, dal segretario del partito, Pietrino Fois, dal presidente, Roberto Frongia, e dal responsabile dell’ufficio studi, Franco Meloni.

«Nei giorni in cui si discute la “finanziaria-stipendificio” del centrosinistra, affermiamo che alla Sardegna serve qualcosa di straordinario per rilanciare economia e sviluppo – ha dichiarato Pietrino Fois – e la nostra proposta lo è perché consente di incrementare il gettito fiscale e di creare una serie di opportunità per il lavoro e i redditi».

«Nel “bilancio fuori dal mondo” che si discute in Aula – ha aggiunto Attilio Dedoni – più della metà delle risorse  sono destinate a spese fisse (sanità, stipendi e agenzie) e non ci sono fondi per programmare lo sviluppo della Sardegna». «Servono maggiori entrate – ha proseguito il capogruppo – e con la nostra proposta le otteniamo favorendo la crescita del settore chiave per la nostra economia: il turismo».

«In sostanza – ha spiegato Franco Meloni – a tutti i pensionati che decidono di spostare la loro residenza in Sardegna, la Regione riconosce il rimborso Irpef pari alla metà delle tasse pagate e il beneficio aumenta fino al 60% se si sceglie di risiedere in un paese con meno di duemila abitanti.»

Per comprendere i vantaggi che ne deriverebbero alla Sardegna è stato ipotizzato il caso di un pensionato con 40mila euro lordi di pensione/anno. Sulla base degli scaglioni fiscali in vigore pagherebbe di Irpef circa 12mila euro/anno: 8.400 euro finirebbero nelle casse della Regione, in applicazione di quanto disposto dall’articolo 8 dello Statuto di Autonomia che stabilisce che la quota di compartecipazione regionale per i tributi sia pari ai 7 decimi Irpef e 9 decimi dell’Iva.

Verrebbe dunque restituita al “turista residente” la somma di 4.200 euro di Irpef, mentre le altre 4.200 euro resterebbero alla Regione che introiterebbe anche i 9 decimi dell’Iva sulle spese effettuate nel territorio regionale («stimando che si spenda l’80% della pensione rimanente dopo le tasse, circa 23mila euro, si incasserebbero  in media 4mila euro dall’Iva»).

In sintesi, un pensionato con 40mila euro lordi che sceglie di risiedere in Sardegna per nove mesi l’anno, in applicazione delle norme proposte dai Riformatori sardi, godrebbe di un sostanzioso sgravio fiscale e nel contempo genererebbe un incremento delle entrate fiscali della Sardegna pari almeno a 12mila euro l’anno.

«Ipotizziamo che centomila pensionati potrebbero scegliere la Sardegna invece del Portogallo o la Tunisia, dove già vigono queste forme di incentivo – ha spiegato ancora Meloni – e così il Pil sardo farebbe un balzo di almeno l’8% annuo (circa due miliardi di euro in più)».

I Riformatori sardi auspicano che la proposta possa registrare l’attenzione della maggioranza: «Ma non ci facciamo troppo affidamento anche se l’unica buona riforma che hanno fatto, quella della Asl unica, è nata da una nostra idea».

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La battaglia per le accise, che valgono un miliardo di euro l’anno, riprende. I Riformatori sardi hanno deciso di presentare ricorso all’Alta Corte europea per sanzionare il governo italiano che ha bloccato la norma sulle accise votata dal Consiglio regionale all’unanimità. Lo hanno annunciano  oggi il coordinatore regionale e il presidente del partito, Pietrino Fois e Roberto Frongia.

«L’articolo 8, comma 1, lettera d, e ancor più il comma 2, dello Statuto Speciale della Regione Autonoma della Sardegna, costituisce un grande risultato storico per la nostra Regione, riferito all’esito finale della lunga iniziativa politica regionale denominata “Vertenza sulle Entrate”, con la quale lo Stato riconobbe, con l’approvazione del comma 834 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, a favore della Sardegna, tra le altre partite di entrate elencate dal citato articolo 8, anche la compartecipazione, nella misura dei 9/10 delle imposte di fabbricazione su tutti i prodotti che ne siano gravati, percette nel territorio della regione  e non solo ma anche quelle, sebbene riferite a fattispecie tributarie maturate nell’ambito regionale e che affluiscono, in attuazione di disposizioni legislative o per esigenze amministrative ad uffici finanziari situati fuori del territorio della regione.

La questione di fondo è che la compartecipazione sulle accise, in quanto imposta di fabbricazione maturate nell’ambito regionale, gravanti sui prodotti petroliferi “fabbricati” in Sardegna, la cui entità è dell’ordine di alcuni miliardi di euro, non viene riconosciuta a favore della nostra regione.

Fa più comodo, infatti,  allo STATO CENTRALE, interpretare, con una forzatura giuridica fantasiosa, che le accise siano delle imposte di consumo e che quindi la compartecipazione debba essere riconosciuta limitatamente alle “accise” riferite ai consumi avvenuti nell’ambito del territorio regionale.

Il paradosso che si crea è che così lo STATO non risparmia niente ma le compartecipazioni che dovrebbero essere versate ai sardi vengano invece riconosciute alle regioni italiane nelle quali i prodotti petroliferi fabbricati nella nostra isola vengono invece consumati.   

E’ indiscutibile che le accise siano delle “imposte di fabbricazione”, e stupisce come, pur di voler sottrarre alla Sardegna una parte rilevante delle entrate dovuteci, si trovino mille argomentazioni, tutte senza alcun fondamento giuridico,  per sostenere che le accise non sono delle imposte di fabbricazione ma imposte di consumo. Ma stupisce ancora di più quando chi dovrebbe in prima fila difendere le nostre prerogative statutarie, in funzione del proprio ruolo di governo regionale, si prostra alla volontà dello Stato Centrale, allineandosi su interpretazioni artificiosamente create per non riconoscere quanto ci debba essere dato.

1) Basterebbe considerare che il prezzo finale che il consumatore paga sui prodotti petroliferi è gravato dall’IVA (che viene quindi calcolata anche sulle accise) per dimostrare che, non potendo in alcun modo esistere l’imposta su un’imposta,  è fin troppo evidente che le accise siano a tutti gli effetti un’imposta di fabbricazione e non imposte sul consumo, ma che quindi concorrono  a comporre il costo complessivo del prodotto, insieme agli altri costi di produzione, legittimandolo come imponibile per il calcolo dell’IVA. Se invece fosse un imposta di consumo lo STATO commetterebbe un palese illecito nei confronti dei cittadini, applicando illogicamente un’imposta su un’imposta.

2) Un’altra considerazione è derivata dalla organizzazione effettiva sull’imposizione e riscossione delle accise: il prodotto finito, prima di uscire dalla fabbrica, viene monitorato e misurato dall’Ufficio delle Entrate, che provvede ad emettere delle note di addebito dell’imposta nei confronti dell’azienda produttrice e nel contempo, emette un provvedimento di “sospensione temporaneo del gravame tributario” finalizzato al trasferimento del prodotto in “depositi fiscali” localizzati, guarda caso strano, fuori dalla Sardegna (lungo le coste tirreniche e adriatiche). Una traslazione nel tempo dell’imposizione fiscale che non muta però il soggetto sul quale grava il debito tributario.

3) Il riconoscimento della compartecipazione sulle accise a favore della Regione Sardegna, come imposta di fabbricazione, nella misura dei 9/10, è opportuno ricordare che lo STATO intendeva riconoscere alla nostra regione una sorta di “prezzo di compensazione” per l’immenso danno ambientale creato dallo stabilimento di fabbricazione e lavorazione dei prodotti petroliferi, localizzata in un punto incantevole delle nostre coste, a vocazione turistica, al centro dell’area metropolitana di Cagliari, sulla quale insiste una presenza di oltre 500mila abitanti.

La partita in gioco per la Regione Sardegna è molto elevata e i Riformatori sardi l’hanno sempre denunciata e indicata anche nel suo valore presunto se pur approssimato per difetto.

Occorre infatti considerare che in Sardegna si produce attualmente circa il 20% dell’intera produzione nazionale di prodotti petroliferi gravati da accise e destinati al consumo interno, che pertanto genera  circa 1/5 delle entrate misurate nel Bilancio dello Stato per accise +IVA sulle accise, che complessivamente ammontano annualmente  a circa 30 miliardi di euro.

Ricordando che la compartecipazione riconosciuta sulle entrate regionali sull’IVA è nella misura dei 9/10 di quella percetta sui consumi registrati nel territorio regionale (lettera f del comma 1 dell’articolo 8 dello Statuto) diventa immediato calcolare che a fronte dei soli 450 milioni di euro che ci vengono corrisposti annualmente come compartecipazione sulle accise, la regione Sardegna ha un credito annuale verso lo STATO di ben oltre 3 miliardi di euro ogni anno.

Questo spiega perché lo Stato su questo fronte sia completamente sordo alle richieste dei sardi e nel contempo si prenda beffa di noi dal momento che, come se giocasse al gioco delle tre carte , va a sostenere  quando gli fa comodo esattamente la validità della tesi opposta.

Con l’approvazione del comma 1 dell’articolo 1 della L.R. n. 7 del 21 gennaio 2014, 2014 , con la quale veniva approvata la Finanziaria ed il Bilancio di previsione per l’anno 2014, la volontà unanime del Consiglio Regionale Bilancio Regionale, fu quella di mettere in mora lo STATO richiedendo quanto ci era dovuto, in una misura se pur forfettaria annuale di 1 miliardo di euro.

Si registrò in quei giorni politicamente un momento di grande spessore autonomistico della nostra potestà legislativa.

La reazione dello Stato non si fece attendere ed il 27 marzo del 2014, forse anche fuori dai termini di ammissibilità, depositò un ricorso presso la Corte Costituzionale richiedendo la dichiarazione di incostituzionalità dell’articolo 1, comma 1, della nostra Legge Regionale 7/2014.  

Questa straordinaria ed esaltante volontà unanime del nostro consiglio Regionale è stata poi incomprensibilmente e dolosamente dimenticata dall’attuale governo regionale, che di fronte al ricorso dello STATO contro questo disposto normativo, ha preferito, prostrandosi supinamente alla volontà dello Stato Centrale e mortificando quindi non solo la volontà di tutti i sardi ma anche la nostra Autonomia Statutaria, la cui forza era contenuta nel dettato dell’articolo 8, non costituendosi nel giudizio e rinunciando a portare le proprie fortissime ragioni del fondamento dei nostri diritti statutari di fronte alla Corte Costituzionale.

I Riformatori Sardi sono convinti che questa inerzia del governo regionale costituisca in ogni caso un gravissimo atto di tradimento alla nostra Autonomia e che non poteva optare di non scendere in campo per giocare una “partita” così importante per le Entrate regionali.

Oggi parrebbe, a distanza di tre anni, che i lamenti di questo governo regionale contengano anche un non velato pentimento per aver consumato un atto di tanta viltà nei confronti di tutti i sardi».

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Il presidente del Riformatori sardi, Roberto Frongia, ha presentato un esposto al Procuratore della Repubblica di Cagliari, al Procuratore della Repubblica di Sassari e al Presidente dell’ANAC, «in ordine ai procedimenti relativi alla formazione dell’elenco degli idonei alla nomina di Direttore Generale delle Aziende Sanitarie e dell’elenco degli idonei alla nomina a Direttore delle Aree Socio Sanitarie Locali. L.R.17/2016, nonché in relazione alla nomina del Direttore Amministrativo dell’ATS».

«L’avviso pubblico per la formazione dell’elenco degli idonei alla nomina a Direttore delle Aree Socio Sanitarie Locali dell’Azienda per la Tutela della Salute – scrive tra l’altro Roberto Frongia nell’esposto -, ha previsto un procedura di selezione in più fasi, che avrebbero dovuto garantire trasparenza, imparzialità ed autonomia di giudizio, fino alla scelta ultima riservata al Direttore Generale; al contrario, tale procedura si è svolta in pochi giorni, con metodi non trasparenti, e solo a ridosso delle nomine, si è venuti a conoscenza dell’elenco degli idonei dal quale avrebbero dovuto essere scelti, per la maggiore coerenza del profilo, i 30 nominativi da sottoporre ad un colloquio.»
«A seguito della pubblicazione di tale elenco, nel quale sono presenti numerosi nominativi di figure professionali che palesemente non possiedono i requisiti richiesti (per non aver avuto, per almeno 5 anni negli ultimi 10, responsabilità di “strutture complesse” in aziende sanitarie”, le uniche che per legge configurano autonomia gestionale, con diretta responsabilità di risorse umane, tecniche o finanziarie”) – aggiunge Roberto Frongia – emerge con evidenza, così come tempestivamente riportato sulla stampa, come la “prassi” seguita non solo non risulta ispirata a criteri di autonomia e trasparenza da parte del Direttore Generale dell’ATS, ma, al contrario, sembra ispirata da un spregiudicata forma di lottizzazione politica, di cui la stessa stampa ha dato ampiamente atto, con puntuale indicazione della precisa “appartenenza” di ciascuno ad una ”area politica” o corrente di partito.»
«Anche nell’elenco degli idonei alla nomina a direttore generale delle aziende sanitarie, pubblicato sul sito della RAS – sottolinea ancora il presidente dei Riformatori sardi -, sono presenti diversi nominativi privi della qualificata esperienza richiesta, per non aver ricoperto per almeno cinque anni incarichi di struttura complessa, e non aver avuto, quindi, autonomia gestionale, con diretta responsabilità di risorse umane, tecniche o finanziarie; l’attuale Direttore Amministrativo della ATS, dott. Lorusso, non risulta aver maturato i requisiti di “qualificata” esperienza richiesti dalla normativa vigente·»
Nell’esposto, infine, si chiede al Procuratore della Repubblica di Cagliari, al Procuratore della Repubblica di Sassari e al Presidente dell’ANAC, «di voler verificare se nelle procedure indicate siano state rispettate le norme di legge ed i relativi procedimenti amministrativi e se i criteri di scelta utilizzati siano stati ispirati alla trasparenza ed imparzialità ovvero a “favoritismi” e clientele politiche che, lungi dall’apparire superate, sembrano pervadere l‘operato dell’attuale governo regionale, in tutte le nomine dallo stesso effettuate nei diversi Enti/Aziende/Agenzie».

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Durissimo attacco del presidente e del coordinatore regionale dei Riformatori sardi Roberto Frongia e Pietro Fois alla Giunta regionale sull’approvazione della proposta di legge n. 389 firmata da Pietro Cocco, Fabrizio Anedda, Daniele Secondo Cocco, Roberto Desini e Pierfranco Zanchetta, “Modifica della legge regionale 30 novembre 2016, n. 30, per lo svolgimento temporaneo delle attività di cui alla convenzione Ras-Ati Ifras nelle more della procedura di scelta dell’aggiudicatario del nuovo Piano per i lavoratori del Parco Geominerario storico e ambientale della Sardegna”.

«Oltre essere palesemente illecita – affermano Roberto Frongia e Pietro Fois -, mortifica le migliaia di giovani disoccupati nonché coloro i quali si trovano nelle stesse condizioni dei lavoratori dell’ATI Ifras. Igea, Ati Ifras e Parco Geominerario si sarebbero dovuti occupare di bonifiche e gestione dell’immenso patrimonio minerario. Ad oggi hanno sperperato centinaia di milioni euro senza ottenere alcun risultato. Intanto, il Sulcis Iglesiente continua a pagare un prezzo altissimo in termini ambientali. La salute dei cittadini residenti vale pochissimo, anzi nulla. Chi ha inquinato, chi continua ad inquinare e chi non ha vigilato deve pagare.»

«Lo diciamo da anni – aggiungono il presidente e il coordinatore regionale dei Riformatori sardi -: è conclamata la gravissima omissione delle istituzioni centrali e locali. Il Governatore avrebbe dovuto esercitare tutte le prerogative della Regione Sarda in materia di disciplina dell’attività mineraria imponendo all’Igea S.p.a. l’esecuzione di tutti i lavori, radicali e definitivi, per la messa in sicurezza e per il ripristino ambientale dei siti minerari dismessi. La Regione avrebbe dovuto vigilare e controllare: non è stato fatto alcunché. Anzi, la Regione, chiaramente colpevole del mancato controllo della sua società in house, ha assistito passivamente al depauperamento delle competenza dell’Igea, sancendo il suo sostanziale fallimento.»

«Agiremo in ogni sede competente – concludono Roberto Frongia e Pietro Fois -, per vedere riconosciuti i risarcimenti per i danni ambientali e perché vengano identificati gli eventuali reati derivanti dall’omissione di atti dovuti e venga finalmente tutelata la salute dei cittadini residenti.»

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Nel dibattito su Olimpiadi 2024 a Roma sì – Olimpiadi 2024 a Roma no, si inserisce oggi anche la Sardegna, con una lettera aperta inviata da Roberto Frongia, presidente dei Riformatori sardi, al presidente della Giunta regionale, Francesco Pigliaru.

«Le Olimpiadi possono rappresentare, oggi, l’occasione storica per fare un passo decisivo verso la rinascita dell’Isola – scrive Roberto Frongia a Francesco Pigliaru -.Senza voler disputare sulle responsabilità del ritardo strutturale, abbiamo l’opportunità di veder riconosciuti quei diritti negati ai sardi: le pari opportunità, vale a dire il diritto di avere le stesse possibilità che hanno i popoli che vivono sulla piattaforma continentale; il tema è quello dell’insularità, oggetto di statuizioni di diritto internazionale, in specie pattizio, e comunitario, a cui bisogna sommare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che sancisce all’articolo 14 un divieto generale di discriminazione. Possiamo dare prova di legalità e trasparenza nella gestione degli appalti. Possiamo raggiungere la reale coesione dell’intero territorio nazionale superando i divari strutturali ed infrastrutturali. Abbiamo l’opportunità di migliorare quella percentuale del prodotto interno lordo che risulta formato per meno dell’8 per cento dal turismo.»

«Insomma, abbiamo l’occasione di fare la storia, le chiedo, pertanto, di collaborare con i Governatori del Meridione d’Italia che ritengono di non dover perdere questa chance, permettendo alle regione Sardegna, l’Isola più periferica nel Mediterraneo – conclude Roberto Frongia -, un’effettiva ed illimitata continuità territoriale con la parte continentale della Repubblica e con l’Europa.»

Roberto Frongia copia