16 April, 2024
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Il 10 ottobre 2021, è iniziata la consultazione elettorale per il rinnovo dei Consigli comunali di Carbonia, San Giovanni Suergiu, Masainas, Domusnovas, Buggerru, Gonnesa, Narcao, Perdaxius e Villaperuccio.
Si tratta di un fenomeno sociale estremamente complesso, dove entrano in gioco molti elementi, come: le strade, l’illuminazione, il commercio, i parcheggi, la rete idrica e fognaria, lo sport, la Sanità territoriale, le circoscrizioni, etc… Questi sono argomenti semplici che, però, diventano argomenti difficilissimi se cimentati in un sistema complicato e se li associamo alle aspettative della gente, alle speranze, al lavoro, al tempo che passa, al clima, alla pandemia, alla salute in generale, alla riduzione dei servizi locali come la Giustizia, la Scuola, gli Ospedali, per chi crede, all’assistenza religiosa, ai tossicodipendenti, alla distanza dei servizi della città capoluogo di Cagliari, alla lontananza percepita delle istituzioni, allo stato di periferia in Europa, al mare senza governo per la mancanza dell’Area Marina Protetta e al depauperamento della pesca, alla perdita della cultura mineraria, di quella industriale, di quella artigiana, di quella agricola, dell’allevamento, della cultura ospedaliera, dei trasporti su strada ferrata e su nave, alla crisi energetica incombente, all’alto numero di pensionati, alla prevalenza demografica di vecchi sui giovani, al problema dell’influenza del continente africano sulle nostre coste, alla sensazione di instabilità politica nel Mediterraneo e nel quadro internazionale.
Questo è solo l’inizio di una lunga serie di fattori che interferiscono fra di loro, si sommano, si escludono, confliggono, crescono o si annullano, complicando le cose.
Questa elencazione è utile per dare basi alla tesi, scientificamente accertata, che il Sistema del nostro territorio non è semplice, ma estremamente complesso. Per capirlo è necessario l’intervento di altri apporti intellettuali.

Vorrei richiamare l’attenzione sul fatto che questo giornale, fin dal 30 gennaio 2020, quando Vuhan annunciò al mondo l’inizio della pandemia, ebbe una particolare predilezione per i pareri dei Fisici-matematici su quelli dei Virologi. Il perché deriva dalla stessa motivazione che ha indotto la Commissione di Stoccolma ad assegnare il premio Nobel per la Fisica all’italiano Giorgio Parisi. Il professor Parisi ha un merito straordinario: ha dimostrato che è possibile esprimere con una formula i rapporti matematici che regolano i “Sistemi Complessi”. Giorgio Parisi stesso, per spiegare meglio che differenza ci sia far un “sistema semplice” e un “sistema complesso”, ha proposto questo esempio: “Un bicchiere d’acqua è un sistema semplice; esso è formato da un bicchiere di vetro, sempre simile a se stesso, e da acqua; cioè da molecole di H2O tutte uguali fra di loro e immutabili”. Quindi si tratta di una cosa semplice, stabilmente uguale a se stessa. Invece, diventa tutto più complesso se l’acqua è quella che riempie il bacino di uno stagno e si visi lancia una pietra per provocarvi delle onde. Le onde che si espandono circolarmente sono onde di energia che modificano il corpo liquido del laghetto, sia modificando la forma e la posizione del surnatante, sia del corpo acquoso sottostante la superficie, sia modificando il profilo della spiaggia sul litorale con l’arrivo dell’onda e della risacca, sia interferendo sulle correnti del plancton e le rotte dei pesci che se ne nutrono. E questo è solo l’inizio di una serie di cambiamenti per cui il sistema “laghetto” diventa un fenomeno matematicamente instabile con le sue variazioni di forme e di energie distribuite. Si tratta di un cambiamento apparentemente caotico, ma in realtà si tratta di fenomeni rispondenti a formule fisicomatematiche comprensibili e condivisibili. La formula della diffusione del moto ondoso è stata applicata dai Fisici per capire la “Primavera Araba” del 2010-2011. L’espressione venne usata per la prima volta dal giornalista-politologo americano Marc Lynch. La Primavera Araba fu una rivoluzione popolare provocata dalla povertà diffusa, dalla mancanza delle libertà individuali, dalla corruzione, dalla violazione dei diritti umani, etc., e si manifestò con sommosse, marce e cortei in cui avvennero fatti di autolesionismo e immolazione pubblica. Le sommosse iniziarono in Egitto, poi si diffusero in Siria, in Libia, in Tunisia, in Yemen, in Algeria, etc..
La diffusione della rivolta popolare avvenne, se riportata in un grafico, nello stesso modo in cui avviene la diffusione a cerchi concentrici delle onde provocate da un sasso lanciato nello stagno. I Fisici tradussero la diffusione dell’idea rivoluzionaria in un grafico fisico-statistico-matematico, basandosi sulle tracce lasciate nei social Facebook e Twitter. Si vide che i messaggi si diffondevano da uno smartphone all’altro dei rivoluzionari esattamente con gli stessi rapporti matematici trovati nella diffusione concentrica delle onde di un laghetto.
Si può capire l’importanza di questo dato. Infatti, messo nelle mani delle multinazionali che si interessano di pubblicità commerciale sono diventati uno strumento utilissimo per parametrare la diffusione dei messaggi pubblicitari efficace nell’indurre il desiderio all’acquisto e l’incremento delle vendite.
Con la Fisica statistica viene studiata la dinamica della diffusione delle emozioni popolari e di conseguenza il modo di provocarle e governarle. Le ultime elezioni americane, sfociate in una ondata incontenibile di aggressività, culminata nella presa paramilitare di Capitol Hill, sede del Congresso degli Stati Uniti a Washington , è stata una dimostrazione sul campo di come si possa indirizzare il sentimento popolare.
Utilizzando le stesse formule matematiche i Fisici si sono dedicati a tre studi.
1 – la previsione delle pandemie future originabili in ogni angolo del mondo,
2 – La previsione delle Pandemia “X” (quella incontrollabile che distruggerà l’Umanità).
3 – L’evoluzione e mutazioni delle varianti nel corso dell’attuale pandemia.
Che differenza c’è tra i Virologi e i Fisici-Statistici?
– I Virologi, tutto sommato, studiano un sistema abbastanza semplice: il virus, il contagio, le cure.
– I Fisici-statistici studiano l’evoluzione della pandemia e fanno proiezioni sul futuro. Il loro studio è molto più complicato perché si addentra nell’esame di un “Sistema Complesso” multifattoriale (il virus, le comunicazioni, le emozioni, la politica, i trasporti, l’economia. etc).
Fu sulla base di queste motivazioni che questo giornale si dedicò, fin dal 30 gennaio 2020, a riferire i dati provenienti dagli studi dei Fisici-Statistici. Ricordiamo il Fisico anglo-italiano prof Nicola Perra ed il Fisico Anglo-americano professor Alessandro Vespignani, e altri dell’Università di Torino e Zurigo.
I problemi di accettazione delle notizie da parte del pubblico (come si è visto dai movimenti popolari di protesta in questi giorni a Roma e Milano) emergono quando si cerca di descrivere un “Sistema Complesso” come se fosse un “Sistema Semplice”. Questo tentativo riduttivo, non è veritiero, ed offre il fianco alla contestazione. Ci ha dato una grande lezione sul tema dei sistemi complessi e i sistemi semplici è stato il professor Giorgio Parisi, che ha conquistato il Premio Nobel per la Fisica, per aver individuato il metodo di analisi matematica per l’interpretazione dei “Sistemi Complessi” in natura.
Naturalmente, egli ha fatto cose più difficili studiando i sistemi complessi del moto degli atomi e delle Galassie nell’Universo. Iniziò i suoi studi per elaborare i rapporti matematici che regolano gli effetti della collisione fra protoni, neutroni e altre particelle subatomiche quando, scontrandosi ad altissima velocità, per aver cambiato traiettoria, generano alte energie e si frammentano in particelle ancora più piccole. Si era accorto che il volo degli stormi di storni sul cielo di Roma, che si preparano alla migrazione in Africa, assume quegli aspetti sinuosi e rapidamente mutevoli, con spostamenti rapidi, e sincroni che, registrati e misurati, corrispondono a rapporti matematici simili a quelli che governano lo spostamento degli elettroni intorno al nucleo e la deriva delle galassie dal centro dell’Universo.
I “Sistemi Complessi” sono la nuova terra di conquista della Scienza. A questo punto, è chiaro che i “Sistemi Complessi” sono intorno a noi, che noi vi siamo immersi e che la “semplificazione” porta al fallimento della comprensione di tutti i fenomeni in generale.
Semplificare un “Sistema Complesso” è stato l’errore che ha portato alla distruzione della nostra Sanità.
Vi fu una legge formidabile, la 833 del 1978, che si proponeva di realizzare l’utopia di dare assistenza sanitaria a tutti “dalla culla alla tomba”. Come tutti i “sistemi complessi” appariva, a certi economisti del tempo, come una “utopia irrealizzabile” perché i contorni del progetto non erano ben definiti. In realtà il “Sistema Complesso” è un “divenire” di qualcosa che muta continuamente in funzione del tempo , dei cambiamenti sociali, delle variazioni dell’economia e della politica, pertanto, è fortemente instabile. La sua instabilità contrasta con la semplificazione di un contesto costretto a restare uguale a se stesso per sempre.
Chi non capì quale fosse l’essenza della instabilità evolutiva del “Sistema Complesso della Sanità”, la sottopose ad una procedura di semplificazione fino a distruggerla. Credeva che accentrando la Sanità nelle città capoluogo e chiudendo reparti ospedalieri qua e là nel territorio, avrebbe risolto il problema di bilancio e mantenuto le cose come prima. In realtà, togliendo una carta dal “castello di carte” tutto il castello è caduto. Togliendo dai territori di provincia sia la Giustizia che la Sanità, è mancato l’ossigeno proprio a quelle popolazioni che alimentano la ricchezza delle città. Il malcontento dei giovani si è trasformato in bassa natalità e emigrazione, mentre è cresciuto un grosso gap demografico con eccesso di anziani non produttivi. Adesso lo spopolamento e la bassa produttività sono assicurati.
Questo fenomeno politico-economico-sociale è stato descritto pochi giorni fa in un articolo a firma Antonello Cuccuru. All’inizio della sua esposizione egli ha citato una metafora che merita d’essere ripetuta: «I Direttori generali di un’Azienda sanitaria ricevette un invito per un grande Concerto; era in programma l’esecuzione dell’”Incompiuta di Schubert”. Il Direttore generale non poté accettare però, essendo amante della musica classica, regalò l’invito al suo direttore delle “Risorse Umane”, che accettò e vi andò. Il giorno dopo il Direttore Generale chiese al direttore delle risorse umane come fosse andata. Grande fu la sorpresa nel sentire la freddezza da parte del collaboratore che rispose:

Primo: – per un tempo troppo lungo gli oboe non fanno nulla, quindi potrebbero essere eliminati e distribuito il
loro lavoro al resto dell’orchestra -.

 – Secondo: – i dodici violini suonano le medesime note, quindi
l’organico dei violini potrebbe essere ridotto a uno -.

Terzo: – Non serve a nulla che gli ottoni ripetano i
suoni già eseguiti dagli altri -.

E concluse: Se tali passaggi ridondanti fossero eliminati, il concerto potrebbe essere ridotto di un quarto con evidente risparmio di spese e risorse. Se Schubert avesse tenuto conto di tali indicazioni avrebbe terminato la sinfonia prima di morire».

Ecco, la Sanità ad un certo punto è finita nelle mani di “pensatori” che hanno ragionato come il soggetto della metafora, ed è stata distrutta come sarebbe stata distrutta l’orchestra e rovinata la sinfonia di Schubert. Questa metafora si attaglia bene alla Sanità territoriale e ospedaliera di Carbonia e Iglesias.
Si sta ora delineando il parallelismo tra i “Sistemi Complessi”, la Sanità decaduta e le elezioni Comunali di questi giorni. Con la consultazione elettorale si stanno gettando le basi di un “sistema complesso” terribilmente complesso, in cui agiranno fattori, personaggi, popolazioni, sogni, necessità, problematiche dei territori intensamente interagenti fra di loro fino a generare altri sistemi complessi oggi difficilmente prevedibili, instabili e mutevoli. Per capirli sarà necessario seguire il filo d’Arianna dei valori civili e della creatività geniale, e non credere che basti asfaltare le strade o illuminare le città semplificando le esigenze del presente e del futuro.

Il direttore generale di un’azienda riceve un invito per un grande concerto, dove sarà eseguita l’Incompiuta di Schubert. Purtroppo, per un precedente impegno, gli sarà impossibile accettare l’invito. Essendo però un amante della musica classica, non vuole che l’invito vada perduto. Così lo regala al suo direttore dell’organizzazione e delle risorse umane, il quale accetta con entusiasmo, pur essendo poco abituato a quel genere di musica. Il giorno dopo al direttore generale viene spontaneo chiedere come fosse andato il concerto. Grande la sorpresa nel sentire freddezza da parte del collaboratore: «Le invierò una mia relazione appena possibile». Questa, puntuale, arriva il giorno dopo. Il contenuto è, più o meno, questo. «Primo: durante considerevoli periodi di tempo i quattro oboe non fanno nulla, quindi si potrebbe ridurne il numero e distribuire il lavoro sul resto dell’orchestra. Secondo: i dodici violini suonano le medesime note, quindi l’organico dei violinisti dovrebbe essere drasticamente ridotto. Terzo: non serve a nulla che gli ottoni ripetano i suoni che sono già stati eseguiti dagli altri.» E conclude: «Se tali passaggi, ridondanti, fossero eliminati, il concerto potrebbe essere ridotto di un quarto, con evidente risparmio di tempo e risorse. Se Schubert avesse potuto tener conto di tali indicazioni avrebbe terminato la sinfonia prima di morire».

Questa è una delle ventuno storie raccolte e commentate nel volume “Breviario semiserio per manager pensanti”.

Molte volte, anche sul lavoro, o lo stupore ti conduce alla bellezza, o l’analisi te ne allontana. Ogni giorno siamo immersi nella quotidianità del nostro lavoro. Mediamente tutti lavoriamo molto, ma è sempre più raro trovare qualcuno che parla con soddisfazione del suo lavoro o dell’organizzazione in cui lavora. Ognuno di noi si sente un po’ in terra straniera, come il nostro direttore al concerto. E allora leggiamo la realtà che ci circonda con occhiali distorti.

È quanto accaduto alle direzioni delle professioni sanitarie delle 8 Aree Socio Sanitarie Locali della Regione Sardegna, a seguito dell’applicazione dell’Atto Aziendale ATS, che con l’art. 41 istituì il (mai attivato/attribuito) Dipartimento delle professioni sanitarie, articolato nel Servizio delle professioni infermieristiche e ostetriche (n. 3 Strutture Complesse – SC, una per zona: nord, centro, sud) e nel Servizio delle professioni tecnico sanitarie (n. 1 Struttura Complessa – SC, aziendale). Vennero così soppresse 5 Strutture Complesse delle professioni sanitarie e istituite 4 nuove SC, una delle quali mai attribuita.

L’adozione del successivo Regolamento sul Conferimento, la revoca e la graduazione degli incarichi dirigenziali, all’art 4 comma punto 6, precisava che: «In via transitoria e limitatamente in prima applicazione del presente regolamento, al fine di dare piena attuazione al nuovo Atto Aziendale, tenuto conto della profonda variazione che ha subito l’assetto organizzativo ed in base ai principi impartiti dai vigenti contratti di lavoro, L’Azienda, doveva provvedere ad effettuare una apposita selezione interna tra i dirigenti già titolari di struttura complessa al fine di collocarli nella struttura più attinente alle capacità proprie di ciascuno di essi, in base ai principi impartiti dall’art. 31 CCNL 05/12/1996 come integrato dall’art. 17 CCNL 10/04/2004, nel pieno rispetto dei principi di economicità ed efficienza dell’azione amministrativa».

L’ultimo regalo, considerato l’avvicinarsi delle festività natalizie, fu lo straordinario funzionigramma delle tre Strutture Complesse, partorito con la DG n 238 del 12.2.2018 e “cucito addosso” alle professioni sanitarie, senza nessuna precedente interlocuzione con i professionisti del settore e senza nessun riscontro alla proposta di modifica.

Un funzionigramma che prevede, ancora oggi, funzioni di collaborazione con la Direzione del Dipartimento (mai attribuito), la SC Programmazione Sanitaria e Strategica, e le altre Strutture coinvolte, per la definizione della programmazione sanitaria e socio-sanitaria aziendale, in particolare in relazione all’area delle professioni infermieristiche ed ostetriche…omissis.. ma che, al suo interno, non contiene le funzioni del Dipartimento delle professioni sanitarie, al quale le tre Strutture avrebbero dovuto interfacciarsi.

Un funzionigramma indeterminato che ha creato non pochi conflitti con alcuni Commissari di ASSL che rivendicavano la permanenza a tempo pieno del Direttore della SC delle professioni infermieristiche e dell’ostetrica  delle diverse zone (Nord, Centro e Sud) nella propria ASSL e/o richiedevano funzioni di gestione di tutti i 22 profili, non previste però nel funzionigramma.

Per dare compimento a quanto previsto nel Regolamento sul conferimento, la revoca e la graduazione degli incarichi dirigenziali, con Deliberazione n. 183 del 01/03/2019, fu successivamente indetta la Selezione Interna per il conferimento di n. 3 incarichi di Direzione di Struttura Complessa Servizio delle Professioni Infermieristiche e ostetriche – Zona Nord, Centro e Sud.

Solo con successiva Deliberazione n.451 del 16/07/2020, da parte della gestione commissariale ATS, si è proseguito nel cammino di riduzione delle 8 Strutture iniziato da Fulvio Moirano, con l’attivazione di n° 3 Strutture Complesse “Servizio delle Professioni Infermieristiche ed Ostetriche” della Zona Nord, Zona Centro e Zona Sud, afferenti al Dipartimento delle Professioni Sanitarie (a tutt’oggi sempre inesistente).

Tale Delibera nella parte del dispositivo evidenzia che «a decorrere dall’attivazione delle nuove strutture complesse ATS in questione, verranno meno le Strutture Complesse alle quali afferivano in precedenza, presso ciascuna ASSL, le medesime funzioni, ora ricondotte alle nuove»; e…omissis… che, contestualmente al venir meno delle Strutture Complesse sopra indicate verranno meno anche le Strutture Semplici in esse ricomprese, le Strutture Semplici Dipartimentali nonché i Dipartimenti (o incarichi agli stessi assimilati) che ne costituiscono l’aggregazione; – che il venir meno delle Strutture Complesse, delle Strutture Semplici e Semplici Dipartimentali nonché dei Dipartimenti (o incarichi agli stessi assimilati) comporterà, automaticamente e contestualmente, la decadenza dei relativi incarichi di direzione (rimane la parte economica fino alla scadenza del contratto).

Il fallimento gestionale di queste 3 Strutture dovuto all’assenza di un Dipartimento e alla difficoltà/impossibilità di interagire con più direzioni di ASSL in assenza di Staff ben definiti (gli incarichi funzionali sono stati banditi due volte, ma mai espletati), è sotto gli occhi di tutti.

L’organizzazione e gestione delle articolazioni delle 3 Strutture, presso le 8 ASSL e/o le macrostrutture aziendali, per la gestione operativa delle proprie competenze che necessitavano di presidi periferici (eventuali dirigenti / posizioni organizzative / nuclei di unità di personale dedicate, strutture semplici) non è mai stata oggetto di attenzione.

Lo scenario realizzato è quello in cui è incorso il nostro direttore HR davanti all’Incompiuta di Schubert. Al contrario, nelle nostre aziende sanitarie c’è bisogno, soprattutto, di una svolta culturale, che sappia valorizzare il grande capitale “personale” e “sociale”, oltre che economico, che si esprime nel lavoro assistenziale. Competenza, inventiva, senso del proprio dovere, capacità comunicative, organizzative e relazionali sono soltanto alcune espressioni di questo capitale, attraverso le quali conferire nuovamente il giusto valore al lavoro.

Proporre un modello organizzativo basato solo sul versante dei costi porta inevitabilmente al comportamento del direttore del personale della storiella iniziale. Ma davvero, vogliamo far fare questa fine alle professioni sanitarie della Regione Autonoma della Sardegna?

In attesa dell’emanazione delle indicazioni sulla redazione degli atti aziendali da parte dell’Assessorato (che spero coinvolga anche le direzioni delle professioni sanitarie), la governance delle professioni sanitarie deve trovare una pratica applicazione ad ogni livello dell’articolazione organizzativa della filiera professionale, certamente nella massima integrazione con le articolazioni organizzative di altre famiglie professionali, anche attraverso precisi indirizzi governativi alle regioni e alle aziende:

  • a livello della “linea di produzione” – attraverso la rigorosa applicazione delle normative vigenti (in particolare il DM 739/94 e la l.251/2000 (art. 1), per la valorizzazione dell’infermieristica (Disciplina)  e della professione, con un esercizio professionale in linea con i dettati normativi e con le conoscenze e le competenze acquisite nel percorso formativo (CL I liv.);
  • a livello della “linea specialistica” – attraverso lo sviluppo dei Master specialistici (nel rispetto delle normative vigenti, dell’accordo interministeriale MUR/Salute e del vigente CCNL dell’Area del Comparto), per garantire conoscenze e competenze avanzate, per una migliore risposta ai bisogni degli utenti, tenuto conto delle evoluzioni scientifiche, metodologiche e tecnologiche che hanno interessato l’intero sistema sanitario;
  • a livello della “linea di Coordinamento” – attraverso il pieno riconoscimento di una funzione “antica”, nel rispetto dei contenuti della l. 43/2006 e dei contenuti del vigente CCNL, per la garanzia delle funzioni programmatorie, organizzative, direzionali e gestionali delle attività e delle risorse assegnate;
  • a livello della Dirigenza – nel rispetto dei contenuti delle normative vigenti (es. l. 43/2006) e del vigente CCNL dell’Area della Dirigenza Sanitaria.

Le direzioni delle professioni sanitarie non possono ancora far paura ad altre professioni e devono trovare spazio nelle future ASL/AOU, nel rispetto della normativa vigente.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rilancia una lunga serie di progetti finalizzati alla costruzione di  nuovi modelli organizzativi e di nuovi processi assistenziali ognuno dei quali “reclama” un nuovo ruolo per le professioni sanitarie. Solo per fare qualche esempio:

– la infermieristica di famiglia e di comunità, che modifica i rapporti con la medicina di famiglia e di comunità;

– gli ospedali di comunità con “reparti” a prevalente gestione infermieristica;

– gli ambulatori per la malattie croniche a gestione infermieristica;

– l’introduzione del  case management nella gestione della cronicità che riguarda non solo gli infermieri, ma anche altri professionisti sanitari come i fisioterapisti;

– la Case della Comunità con equipe multidisciplinari;

– la telemedicina con tutte le sue ricadute, a solo titolo di esempio, nell’area della diagnostica per immagini.

Ma anche le linee di tendenza relative alla assistenza ospedaliera che il PNRR non tocca pure prevedono nuovi modelli organizzativi e nuovi ruoli professionali

In un contesto come questo, la presenza di una Direzione delle professioni sanitarie (e non solo delle professioni infermieristiche e della professione dell’ostetrica), con conseguenti Strutture Semplici ospedaliere e territoriali, che si faccia specificamente carico dei cambiamenti culturali ed organizzativi che riguardano la grande maggioranza dei professionisti che operano nel sistema sanitario appare una grande opportunità.

Antonello Cuccuru

Le riflessioni dell’amico Mario Marroccu, sul PNRR e sul ruolo e competenze che gli infermieri dovranno possedere, mi hanno sollecitato questo contributo, che riprende un interessante lavoro pubblicato dalla Redazione della prestigiosa Rivista del pensiero Scientifico “Assistenza Infermieristica e Ricerca”.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) rappresenta un’opportunità imperdibile di investimenti, sviluppo e riforme per affrontare le sfide dei prossimi anni, con pacchetti di misure e interventi complementari tra di loro. Il PNRR è articolato in 16 componenti, raggruppate in 6 missioni:

Missione 1. digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura;

Missione 2. Rivoluzione verde e transizione ecologica;

Missione 3. Infrastrutture per una mobilità sostenibile;

Missione 4. Istruzione e ricerca;

Missione 5. Coesione e inclusione;

Missione 6. Salute.

Le misure previste sono in linea e rafforzano quanto previsto dalla Missione 5: Inclusione e coesione (Componente 2: Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore). Infatti – come dichiarato nel PNRR – solo attraverso l’integrazione dell’assistenza sanitaria domiciliare con interventi di tipo sociale si potrà realmente raggiungere la piena autonomia e indipendenza della persona anziana/disabile presso la propria abitazione,  riducendo il rischio di ricoveri inappropriati, anche grazie all’introduzione di strumenti di domotica, telemedicina e telemonitoraggio.
Nel testo della Missione 6 si riconoscono le disparità territoriali nell’erogazione dei servizi, in particolare di prevenzione e assistenza sul territorio; la mancata integrazione tra servizi ospedalieri, territoriali e sociali; i tempi di attesa elevati per alcune prestazioni; una scarsa sinergia nella risposta ai rischi ambientali, climatici e sanitari; l’importanza delle competenze digitali, professionali e manageriali e di un maggiore uso dei dati disponibili per poter migliorare la pianificazione sanitaria.
Il piano è indubbiamente un documento di grande respiro: la presenza degli infermieri è tangibile e nodale, soprattutto, nelle parti del Piano che orientano il futuro SSN verso la prossimità e la domiciliarità, aspetti che dovranno obbligatoriamente  prevedere una presa in carico della persona assistita, della famiglia, del reticolo sociale di sostegno e della comunità di riferimento, contestualizzata e personalizzata. Ruolo e spazi saranno figli delle competenze.
Nella Componente 1 della missione 6 (Salute) del PNRR è evidente il ruolo numericamente e qualitativamente significativo assegnato agli infermieri e gli investimenti, anche di notevole entità sulla professione infermieristica facendo riferimento ai progetti relativamente alle case di comunità 2 miliardi, al potenziamento dell’assistenza domiciliare 2.7 miliardi, istituzione di centrali operative territoriali (C.O.T.) finanziate con 280 milioni, 381 ospedali di comunità con un miliardo.
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che arriva dopo una serie di decreti nazionali e regionali atti a potenziare l’assistenza sul territorio (Decreto Rilancio del 19 maggio 2020; Piano pandemico influenzale 2021-23 per citarne solo due), rappresenta sicuramente un’opportunità per la professione infermieristica. Infatti, mai si erano visto esplicitare in una norma fabbisogni e relativi finanziamenti per portare, nelle case e sul territorio, professionisti, assistenza di base e specialistica, tecnologia e supporti informatici.
Nello specifico la Missione 6 del PNRR “Realizzare una nuova salute territoriale” si propone di:

– dare risposte integrate socio sanitarie a una domanda di salute costituita da bisogni complessi;
– potenziare l’assistenza domiciliare Integrata (ADI);
– garantire omogeneità di risposte tra regioni;
– potenziare infrastrutture tecnologiche e digitali;
– implementare competenze professionali, sia avanzate che specialistiche, di diversi professionisti sanitari: medici, con particolare riguardo alle cure primarie ma anche infermieri, fisioterapisti, assistenti sanitari e sociali;
– incrementare in termini assoluti il numero di infermieri, passando dall’attuale rapporto di 5,8 infermieri ogni 1.000 abitanti a 8,8 dello standard dell’Unione Europea.
Realizzare quanto previsto nel PNRR si scontra però con alcuni problemi che vanno affrontati nell’immediato: la carenza di infermieri, le competenze da garantire e l’organizzazione dei servizi.
I decreti legislativi che daranno applicazione alla riforma sicuramente daranno alcune risposte: è bene però sin da ora sollevare alcuni problemi e domande per tenere alta l’attenzione su aspetti che dovranno necessariamente trovare una riposta in modo tale che il PNRR diventi effettivamente operativo e non una dichiarazione di principi e una destinazione di fondi a strutture che non saranno poi in grado di operare.
Dove si reperiranno gli infermieri?
Il PNRR disegna un modello che dovrebbe portare a un riequilibrio dei luoghi di cura e dei modi di presa in carico dei bisogni dei cittadini, spostando l’asse degli interventi dall’ospedale al territorio. Per raggiungere questo obiettivo si punta a rafforzare l’assistenza domiciliare (con la presa in carico di almeno il 10% della popolazione ultrasessantacinquenne con problemi di cronicità o dipendenza), l’istituzione di 602 Centrali Operative Territoriali (COT) per il raccordo tra i diversi servizi sanitari e sociali, l’istituzione di 1.288 Case di comunità e 381 Ospedali di comunità. In ciascuno di questi contesti sarà presente la figura dell’infermiere: con competenze cliniche avanzate nell’assistenza domiciliare, con competenze di presa in carico dei problemi della famiglia e della comunità per l’infermiere di famiglia, con competenze cliniche e manageriali per gli infermieri degli ospedali di comunità, che saranno a gestione prevalentemente infermieristica.
È un piano che prevede un notevole incremento numerico che dovrà essere quantificato a breve termine.
Ci sono, però, diversi aspetti problematici, omessi o lasciati sottintesi, da affrontare e risolvere con urgenza.
Per illustrare meglio questi aspetti, ritengo opportuno far riferimento ad alcune considerazioni inviatemi dal Segretario Nazionale dell’Associazione Nazionale Dirigenti Professioni Sanitarie – affiliata COSMED, di cui faccio parte.
“Le Case di Comunità” – (ma non avevamo già le “case della salute”?) – assolutamente condivisibile il principio enunciato “dove il cittadino può trovare una risposta adeguata alle diverse esigenze sanitarie o socio-sanitarie, con la presenza di MMG/PLS/Infermieri … omissis…Ne vengono previste 1.288 (1/50.000 abitanti)!

Da capire:
a. i criteri distributivi, tenuto conto delle variabili “di contesto”, riportate nella tabella seguente ed i possibili accordi inter comunali;

b. i modelli organizzativi ed i sistemi di cura ed assistenza (non è “un’attività in tandem” come sostenuto da alcuni, ma una integrazione inter-professionale, con un impianto organizzativo interamente da ri-costruire, insieme al sistema delle cure primarie). Il fine è quello di implementare le attività di assistenza domiciliare (rif. DL 34/2020) e a favorire la presa in carico sia delle persone a rischio fragilità / disabilità / cronicità (il 3,7% delle persone da 65 a 74 aa e il 7% della popolazione con età > 75 aa – rif. Scaccabarozzi) per un totale  di 745.889 persone su 13.859.090), sia i circa 14 mln di persone, al momento in salute, ricomprese nella fascia di età > 65 aa, per le attività di promozione ed educazione alla salute e agli stili di vita sani, nell’ambito di progetti, percorsi e processi, definiti e condivisi con i MMG/PLS). Sta qui la differenza tra “prendersi cura” e “prendersi in carico”;
c. le necessità di risorse assistenziali (9.600 infermieri di comunità e famiglia, che vanno ad aggiungersi ai 10.500 infermieri necessari per l’implementazione dei pl di TI ed ai circa 3.100 infermieri necessari per la riqualificazione dei pl di SI, per un totale di oltre 23.000 infermieri – rif. DL 34/2020);
d. l’ipotesi di 96.088 infermieri disponibili dal 2027 rimane solo una ipotesi (il dato non è corretto in quanto il totale dei laureati non può scaturire dalla sommatoria dei posti messi a bando fino all’abilitazione del 2027, in quanto ci sono gli abbandoni, i fuori corso, etc.);
e. la stima di 26.018 infermieri pensionandi nel periodo 2020/2026 – I valori stimati presumibilmente sono in difetto, tenuto conto anche del fatto che il pensionamento non avviene all’età di 67 anni, come riportato, bensì ad una età più bassa di circa 4 anni; inoltre al 1 gennaio 2018 risultano n. 18.617 infermieri ricompresi nella fascia di servizio da 35 a 40 anni (i 2/3 – circa 13.000 già in quiescenza) e 65.000 ricompresi nella fascia di servizio da 26 a 35 anni (per una stima di circa 35.000 infermieri in quiescenza nel periodo 2020/2026 – fonte: min Salute);
f. a titolo conoscitivo (e per le necessarie comparazioni) nel periodo 2014-2018 sono usciti per pensionamento (SSN) 37.744 infermieri e ne sono stati assunti 37.731 (fonte MEF);
g. i neo-laureati (circa 50.000 nel periodo 2014-2018) hanno garantito il turnover e la copertura dei posti nelle strutture private (ospedaliere e residenziali);
h. potrebbe risultare utile conoscere i dati precisi relativamente alle assunzioni collegate al DL 34/2020 (TI/SI/Infermiere di comunità) e alle relative destinazioni, con la forte possibilità di riscontrare un utilizzo privilegiato per parziali compensazioni delle carenze di organici accumulate negli anni;
i. prima ancora è necessario definire le reali necessità criteri e standard per la determinazione delle dotazioni organiche (ospedali / territorio / residenzialità) e per la strutturazione degli staffing assistenziali, tenuto conto dei nuovi bisogni della popolazione e delle nuove esigenze di funzionamento delle strutture;
j. servono dati certi e non “ipotesi” ed è necessario affrontare la questione in maniera completa, evitando gli errori del passato (mettere “toppe” non serve a nulla … e spesso è maggiormente oneroso!), tenendo ben presente che ad un sistema assistenziale carente corrisponde sempre un grosso rischio per i pazienti.
Bozzi M. Il Pnrr va sostenuto, ma servono dati certi e rigore metodologico. Quotidiano Sanità 13 giugno 2021http://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=95678
Oltre tali considerazioni, bisognerà, ulteriormente, chiarire se l’importante incremento numerico di infermieri sarà “sottratto” alla compensazione del turn over del personale ospedaliero che andrà in pensione. Difficile pensare che al momento questa sia una decisione realistica, perché gli ospedali sono già in sofferenza di personale. Bisognerebbe, perciò, riprogrammare l’offerta formativa dei prossimi anni, tenendo ben presente che l’eventuale sforzo per l’aumento di questi numeri richiede congrui investimenti economici per aumentare le risorse umane (docenti, tutor, ecc.) e strutturali anche nelle sedi formative
universitarie e delle Aziende sedi di corso.
Sul versante delle risorse non vengono formulati parametri di riferimento. Non ci sono numeri ma un generico impegno “è stato previsto un incremento strutturale delle dotazioni di personale”. Un già sentito che non rinforza quanto al contrario è descritto in altre parti della Missione 6.

Continuare a proporre uno sviluppo formativo, tra l’altro necessario e condivisibile, senza però essere recepito dal mondo del lavoro attraverso un adeguato sviluppo di carriera e una remunerazione più consona causerebbe una ulteriore frattura all’interno della professione. Nei progetti che dovrebbero riorganizzare il nostro SSN non vi è traccia di tutto ciò.
L’analisi e le proposte inerenti la gestione della attuale scarsità di infermieri presenti sul mercato sono carenti nel PNRR: senza infermieri diventa impossibile non solo mantenere lo status quo ma anche avviare eventuali progetti innovativi. L’attuale carenza di infermieri resterà cronica se non si consentirà:
– un superamento del vincolo di esclusività dei dipendenti pubblici, resi finalmente liberi di portare la propria esperienza e competenza in quei settori dell’assistenza (domiciliare e residenziale) che maggiormente ne beneficerebbero. Si possono valutare possibili proposte quali collaborazioni con infermieri Libero Professionisti (esempio: infermieri di famiglia comunità contrattualizzati al pari dei MMG/PDLS e altri rapporti di lavoro in consulenza).
– un incremento delle retribuzioni, sia in termini assoluti che per il riconoscimento di responsabilità e competenze messe in campo. Oggi esistono sperequazioni che non valorizzano professionalità e retribuzioni.
Lo sblocco delle assunzioni nella pubblica amministrazione, per esempio, ha comportato una grave “emorragia” di infermieri che si sono dirottati verso Ospedali pubblici, sguarnendo le RSA e il territorio, laddove gestito tramite Cooperative. Le RSA sono in grave sofferenza per la carenza di infermieri e di conseguenza, gli standard assistenziali rischiano di non essere garantiti.
Gli investimenti proposti nel PNRR permettono alla stampa di titolare che verranno fatti maggiori investimenti sugli infermieri, dimenticando che tali provvedimenti sono necessari per la maggioranza dei casi per la carenza attuale e non tanto per un miglioramento qualitativo dei processi di cura.
Quale formazione e per quale infermiere
Leggendo orizzontalmente le Azioni 4, 5 e 6 si delinea uno scenario affascinante ma nel contempo altrettanto ricco di insidie. Quando nell’Azione 4 si parla di “ecosistemi dell’Innovazione (…) luoghi di contaminazione e collaborazione tra università, centri di ricerca, società e istituzioni local” e nell’Azione 5 si declina la Coesione e l’Inclusione affrontando “la qualità dell’abitare”, “la prevenzione dell’istituzionalizzazione degli anziano  autosufficienti”, “strategie per le aree interne” e i “servizi sanitari di prossimità”;, si viene a creare un processo che sfocia fisiologicamente nelle articolazioni dell’Azione 6 quali “casa come primo luogo di cura, assistenza domiciliare e telemedicina” e ancora nello “sviluppo delle cure intermedie”.
Per dare gambe alla professione perché sappia garantire un supporto consapevole e competente a quanto previsto dal PNRR si dovranno, sin da ora, rivedere i piani di studio, a partire dalla laurea triennale.
Colpisce in maniera preoccupante che non siano richiesti obbligatoriamente per i ruoli previsti requisiti di competenze specifiche avanzate e non siano previsti investimenti di formazione per gli infermieri domiciliari, di famiglia e di comunità e degli ospedali di comunità. Ancora più evidente risulta questa lacuna leggendo che, nella componente 2 della Missione Salute, è invece previsto (giustamente) il potenziamento delle borse di studio in medicina generale ma non avviene altrettanto per altri professionisti, limitando l’impegno alla realizzazione di percorsi di formazione su specifiche tematiche: un programma di corsi di formazione sulle infezioni ospedaliere (è ormai tanto tempo che il nome è stato modificato in Infezioni Correlate all’Assistenza (ICA), una formazione per figure manageriali per lo sviluppo della digitalizzazione del servizio sanitario.

Sembra trasparire la convinzione che un infermiere, con la sola formazione triennale, possa andare a ricoprire sul territorio ruoli di responsabilità clinica, assistenziale e manageriale, sia nell’assistenza diretta, sia nella prevenzione delle malattie, sia nella promozione della salute. L’Osservatorio nazionale delle professioni sanitarie istituito presso il Ministero dell’Università ha già dato indicazioni sulla necessità di formazione di competenze avanzate con master specialistici anche nelle realtà territoriali, come, peraltro, era già previsto dal profilo professionale del 1994.
È necessario modificare un approccio che rispecchia una cultura organizzativa risalente agli anni Settanta del Novecento, quello di un infermiere polivalente “adatto” (nel senso di adattabile) a qualunque contesto clinico assistenziale con la sola formazione di base. Approccio che poteva andare bene in un contesto di “responsabilità limitata” in quanto professionista sanitario ausiliario che doveva applicare correttamente in maniera intelligente le prescrizioni di altri professionisti. Oggi non solo è cambiata la normativa che assegna all’infermiere (e altri professionisti) una completa responsabilità nel proprio campo di azione professionale, ma sono cambiate soprattutto la natura e la complessità dei problemi e dei bisogni dei cittadini che rendono necessaria una formazione avanzata che renda possibile un’assunzione di responsabilità decisionale.
Naturalmente questo è un problema che riguarda tutti gli ambiti in cui l’infermiere svolge la propria professione, ma la riorganizzazione della sanità in senso territoriale pensata in generale nel PNRR può essere l’occasione per iniziare questa trasformazione. Senza la quale il raggiungimento degli obiettivi della prima parte della Missione 6 è destinato a fallire.
Il ruolo della tecnologia
Gli investimenti sono per lo più assegnati a riorganizzazioni che affidano alla tecnologia il governo dell’assistenza. Se da una parte la digitalizzazione e la teleassistenza sono elementi fondamentali, la reale presa in carico sembra sfumata in elementi tecnico-gestionali e non di centralità dei bisogni delle persone.
Anche se, chiaramente, è il bisogno di salute che anima l’erogazione dei servizi. Una fetta degli investimenti veramente importante è dedicata alle tecnologie e alla informatizzazione: sarebbe stato auspicabile investire su di essi ma a fattori inversi. Il fattore professionale legato alle competenze alle abilità e alle capacità relazionali rappresenta il motore trainante di tutto il processo di cura. Da sempre è noto che non sono le strutture né tantomeno le tecnologie e fare la differenza ma piuttosto i professionisti e le loro abilità professionali e la capacità di leadership dei team hanno sempre consentito all’organizzazione  di essere resilienti ed efficaci. Evidentemente le numerose prove offerte dai nostri professionisti durante questa pandemia non sono state sufficienti per convincere ad investire su queste dimensioni in modo più rilevante. È più semplice investire sulle tecnologie ma esse sono solo un mezzo non di certo un fine capace di garantire cure efficaci alla nostra comunità.
Pur consapevoli che l’alleanza con la telemedicina sia irrinunciabile, per evitare il venirsi a creare di nuove marginalità, in questo caso digitali, oltre alla ineludibile implementazione strutturale della connettività, servirà un intervento di affiancamento e di sostegno capace di evitare la spersonalizzazione della presa in carico.
Organizzazione dei servizi
Un altro degli aspetti da esplicitare è legato al tipo di organizzazione ed ai rapporti tra i servizi. Mancano il modello organizzativo e la governance dei processi. I progetti sembrano più una necessità formale da diffondere su tutto il territorio nazionale come strutture di frontiera, come prova della loro esistenza e non tanto della loro efficacia. L’analisi quantitativa del numero di infermieri da assegnare sembrerebbe far intendere questo e non altro. Dovrebbe esserci una maggiore consapevolezza dell’esiguità dell’incremento del numero x rispetto all’effettiva necessità ed ai criteri di dimensionamento degli operatori e alla necessità di pianificare i servizi in base agli esiti da raggiungere e non per prestazioni. Nei progetti di assistenza domiciliare si possono leggere indicatori di questo tipo: almeno una visita al mese fino ad un massimo di 15 giorni al mese nel caso di cure palliative. Non si trovano indicazioni di presa in carico e personalizzazione delle cure in base alla complessità assistenziale al nucleo familiare. Ancora, gli ospedali di comunità sono proposti con dotazione di organici infermieristici verosimilmente con rapporti pazienti/infermieri che al massimo potranno soddisfare il 10/1, in assenza di una riflessione sui modelli organizzativi, sulle competenze degli OSS (Operatori Socio Sanitari).
In un percorso di cambiamento, è fondamentale un ruolo forte di coordinamento centrale, per evitare la frammentazione dei servizi socio sanitari alla persona sul territorio: va strutturata una chiara cabina di regia che riconosca ruoli e processi che la garantiranno, altrimenti il grosso timore è che l’attuale strategia di progetto lasci autonomie operative regionali che se non ben governate porteranno ad ampliare ulteriormente la frammentazione dei servizi perdendo l’occasione, con le cure infermieristiche, di identificare questo ruolo come collettore dei bisogni di salute del singolo e della comunità. Nelle Regioni esiste troppa difformità in proposito e questo rappresenta un rischio anche per la gestione dei finanziamenti da destinare all’implementazione dei nuovi servizi.
Nei progetti si fa cenno a ruoli di coordinamento non ben definiti, mai a quelli di direzione in un contesto, quale quello sanitario, dove negli ultimi anni l’azione del management è stata indicata come indispensabile e strategica, vero e proprio volano di armonizzazione dei processi di cura che deve essere resa sempre più indipendente dalla politica. In questo ambito non una riga che indichi coinvolgimento progettuale, strategico e gestionale.
Sono poco chiari i rapporti con le ASL/ATS e con i distretti, che vengono nominati solo come sede di attuazione per 602 COT, strutture peraltro già presenti sotto altro nome, e affidate di fatto agli infermieri.

Poco chiaro anche il rapporto delle Case della Comunità con gli infermieri delle cure domiciliari dei distretti. Non si nomina il ruolo specialistico degli infermieri di famiglia e di comunità (infermieri di comunità nel Piano), che non possono essere assimilati agli infermieri con formazione di base attivi attualmente sul territorio. Gli studi  elaborati dall’OCSE e dall’OMS si basano sui Nurse Practitioner (NP), equivalente di una laurea magistrale clinica da noi non ancora presente. I NP hanno competenze e stipendi molto superiori rispetto agli infermieri con formazione di base.
Il PNRR assimila le due figure utilizzando il lavoro di divulgazione del ruolo portato avanti negli ultimi dieci anni dalla Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (FNOPI) e dall’Associazione Infermieri di Famiglia e di Comunità (AIFeC), senza riconoscere la funzione specialistica. In Italia inoltre, il riconoscimento delle specializzazioni si è interrotto nel 2008, ostaggio di rivendicazioni e posizioni regionali che giocano al ribasso sul ruolo infermieristico.
La collaborazione e il coordinamento tra gli infermieri di famiglia e di comunità previsti nelle case di comunità e gli infermieri delle cure domiciliari è un aspetto fondamentale per dare vita alle parole del PNRR e del Piano Nazionale di Prevenzione 2020-25.
Orientamento verso il pubblico o il privato
Un’ultima (non perché sia meno importante, anzi) nota di preoccupazione è la mancata chiarezza sul contesto nel quale si collocano gli investimenti delle strutture di prossimità sul territorio: se in una cornice pubblica o privata. Il PNRR non fa una scelta esplicita (il DM che definisce l’orientamento dovrebbe essere approvato entro il 31 ottobre 2021). I possibili scenari sono 2:
a. Mettere al centro il distretto, che governa sia le strutture ed i professionisti sanitari (magari anche i medici di medicina generale?) e sociali. Un governo pubblico, con personale dipendente, consente stabilità delle equipe, uniformità di contratti, investimenti sulla formazione, l’integrazione tra le diverse professioni e figure ed una regia dei servizi basata su una programmazione locale a partire dai dati che saranno resi disponibili dagli investimenti nelle strutture informatiche e nelle banche dati.
b. Continuare a lavorare con una logica prestazionale, che ha caratterizzato sino ad ora i nostri servizi territoriali, con scarso controllo del pubblico (basti pensare a quanto accaduto nelle RSA durante la pandemia). Quanto dichiarato nel PNRR non fa ben sperare “l’investimento mira ad aumentare il volume delle prestazioni rese in assistenza domiciliare” e non è chiaro il ruolo delle “602 Centrali Operative Territoriali (COT), una in ogni distretto, con la funzione di coordinare i servizi domiciliari con gli altri servizi sanitari”, che si sovrappongono ad una funzione che dovrebbe svolgere un distretto con ruolo centrale sul governo dei servizi.
Il PNRR è un documento tecnico di programmazione di ripartizione di fondi presi in prestito dalle generazioni future. I meccanismi di valutazione che propone non considerano il miglioramento della qualità di vita delle persone. ma mettono in campo gli strumenti affinché questo avvenga.
Si ribadisce la necessità che gli infermieri (al pari delle altre professioni, ma tenendo soprattutto conto del ruolo fondamentale che ricoprono per garantire continuità delle cure e presa in carico delle popolazioni) siedano ai tavoli Regionali dove vengono prese le decisioni, per portare l’esperienza concreta, i possibili problemi, le proposte.

Bibliografia
1. Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). https://www.governo.it/sites/governo.it/files/PNRR_0.pdf
2. FNOPI. Gli infermieri promuovono il Recovery Plan: protagonisti del cambiamento e dei nuovi modelli, 5 maggio 2021. https://www.fnopi.it/2021/05/05/fnopi-recovery-promosso/
3. Anessi Pessina E, Cicchetti A, Spadonaro F, Polistena B, D.Angela P, Masella C, et al. Proposte per l’attuazione del PNRR in sanità: governance, riparto, fattori abilitanti e linee realizzative delle missioni. https://www.panoramasanita.it/wp-content/ uploads/2021/05/Proposte-attuazione-PNRR.pdf
4. Bozzi M. Il Pnrr va sostenuto, ma servono dati certi e rigore metodologico. Quotidiano Sanità 13 giugno 2021http://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=95678
5. A cura della Redazione. Assist. Inf. Ric. 2021; 40 92-100

Antonello Cuccuru

All’età di 59 anni, dopo una lunga malattia ci ha lasciato Carlo Aste, infermiere coordinatore abilitato a funzioni direttive del PO CTO di Iglesias.
Il carico di dolente nostalgia che ogni addio porta con sé, può suscitare in noi lo sconforto per la mancanza della presenza fisica di una persona che si può superare alzando gli occhi al cielo e ringraziando il Signore per averlo conosciuto, certi che continuerà ad abitare con noi nei frammenti dei tanti ricordi che affiorano alla mente, difficili da catalogare.
Ho condiviso con Carlo esperienze significative, ai tempi dell’Agenzia Infermieristica, quando nel 1997 si mise in gioco nella sperimentazione della teoria del self care – autocura – dell’infermiera statunitense Dorothea Orem nell’Assistenza infermieristica domiciliare nel Distretto di Carbonia. Un modello rivoluzionario per quegli anni, che vedeva l’infermiere promuovere il cambiamento e agire nel momento in cui l’assistito non era in grado di gestirsi.
Con Carlo, inoltre, abbiamo collaborato nella gestione e direzione delle prime corse regionali di operatori socio sanitari della ex ASL 7 e delle Agenzie formative accreditate.
Ma l’esperienza più significativa è stata la sperimentazione dell’ambulatorio di Pronto soccorso dei codici minori al CTO con adozione del percorso veloce Fast track. Un modello di risposta assistenziale alle urgenze minori che si presentavano in pronto soccorso e che si applicava a quei pazienti che presentavano segni/sintomi/dati anamnestici con chiara pertinenza mono-specialistica allo scopo di: – Permettere al pronto soccorso del PO Santa Barbara di svolgere l’attività propria, occupandosi dei pazienti con patologie maggiori; – Snellire l’attività di pronto soccorso; – Diminuire le attese per questi pazienti; – Diminuire il conflitto tra paziente e infermiere di triage determinato dall’attesa; – Aumentare le competenze infermieristiche favorendo l’autonomia professionale. Un percorso condiviso con l’Oculistica e l’ORL.
Figlio di infermiere, Carlo è stato consigliere IPASVI della provincia di Cagliari e ha coordinato Il Pronto soccorso del PO Santa Barbara, del CTO e ultimamente l’UO di Oculistica sempre del CTO.
In definitiva, mi sento di ricordare Carlo come un “compagno di strada” che è riuscito a condividere importanti momenti di sviluppo professionale.
Antonello Cuccuru

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Con l’approvazione definitiva della Riforma sanitaria, il territorio e i cittadini del Sulcis Iglesiente riconquistano la ASL autonoma e cessano di essere segmento marginale in ATS.

La riforma arriva però a compimento con un ruolino di marcia a rilento rispetto ai tempi previsti, pur condizionati dalla fase pandemica.

Nel frattempo, e avendo comunque tutti contezza dell’innovativo assetto politico, gestionale e organizzativo in divenire nella sanità regionale, abbiamo assistito a determine aziendali ATS legittime ma non di meno inopportune, e che stanno replicando ricadute importanti anche in ASSL Carbonia.

Dal 16 di luglio us e dopo una dozzina di anni vincitore di concorso, ha infatti cessato di essere Direttore dell’SPS ATS/ASSL Carbonia il dirigente dr. Antonello Cuccuru, assegnato dal 1 di settembre alla ATS/ASSL di Nuoro.

Esattamente lo stesso 1 settembre, ATS/ASSL Nuoro e ATS/ASSL Carbonia hanno cessato la loro ragione giuridica e diventano ASL Nuoro 3 e ASL Sulcis 7, con tutto ciò che ne consegue e che se ne può intuire.

Riferito alla tempistica e non alla sostanza e alla forma, non possiamo non domandarci a che pro una delibera aziendale ad un passo dall’ufficiale Riforma sanitaria 2020, che stravolge assetti gestionali e di responsabilità apicale che non avranno senso di esistere.

Per anticipare possibili deduzioni strumentali, la questione alla sua attenzione non verte intorno alla doglianza per il Direttore assegnato ad altra sede, ma per essere venute meno tutta una serie di considerazioni gestionali che con l’approvazione della reintroduzione delle otto ASL non si potevano non compiere.

E’ svilita la considerazione della centralità del Servizio Professioni Sanitarie in ASSL Carbonia, e con essa l’ago della bilancia organizzativa e assistenziale rappresentata da coordinatori, infermieri, infermiere pediatriche, che dal 16 luglio us sono privi di punti di riferimento effettivi e non virtuali, ostaggio del rimbalzo e degli esiti delle responsabilità e delle annose e persistenti criticità del sistema salute ad iniziare dalla carenza delle dotazioni organiche per arrivare alle qualità delle prestazioni attese rispetto a quelle rese, senza disconoscere l’enorme questione aperta in ordine al volume e alla tipologia delle “competenze” pretese e alla correlazione di un esercizio professionale border line quando la pianificazione di “che servizio garantire all’utenza dove e con quali professionisti sanitari”, latita perché il cerino acceso è sempre nelle mani del prossimo.

Un vulnus che ultime determine in ATS Sardegna non contribuiranno certo a risolvere e che per certi versi è perfino ipotizzabile che possa elevarsi.

Rendere di fatto assorbita una Direzione SPS nell’area metropolitana cagliaritana è in controtendenza rispetto alla legge di Riforma sanitaria appena approvata, ma questa era e/o doveva essere notorio.

Nei pochissimi giorni tra il momento del passaggio di un sistema sanitario ad un altro, come si sarebbe potuto realizzare il forte legame con i professionisti sanitari infermieri, con il territorio, nei servizi e nelle unità operative, nei tre Presidi Ospedalieri e nei Distretti e come poter contribuire al miglioramento delle dotazioni organiche e alla garanzia di risposte dirigenziali importanti e adeguate, probabilmente resterà un quesito senza risposta.

Attendere da parte di ATS Sardegna le scelte del decisore politico di cui al 1 settembre 2020, sarebbe stata un’assunzione di responsabilità commisurata al contesto e apprezzata.

Si è scelto legittimamente di avviare un effetto domino che, superate le ultimissime schermaglie, era prevedibile venisse interrotto alla prima votazione utile in aula consiliare regionale sarda.

Graziano Lebiu

Presidente OPI Carbonia Iglesias

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Antonello Cuccuru.

E’ stata costituita oggi, a Cagliari, la sezione del “Comitato Infermieri Dirigenti, Società Scientifica” della Regione Sardegna.

Il CID (Comitato Infermieri Dirigenti) è una Società scientifica apartitica e senza fini di lucro, con specifica attenzione ai problemi di programmazione e di gestione dei servizi sanitari, alla valutazione della qualità delle cure, e alla formazione infermieristica.

Il CID intende aggregare tutti i professionisti infermieri interessati e coinvolti nelle tematiche della governance socio sanitaria.
Sono stati eletti a far parte del Consiglio Direttivo Sardo i dirigenti delle professioni sanitarie Salvatore Pretta ASSL Cagliari, Antonello Cuccuru ASSL Carbonia e Barbara Collu ASSL Oristano.
In questo modo, anche la Sardegna entra a far parte del novero delle regioni già rappresentate all’interno del CID nazionale, nell’ottica di concorrere insieme ad esse ed in modo sinergico, al raggiungimento degli obiettivi indicati nell’articolo 4 dello statuto di questa Società:
a. promuovere la ricerca ed altre iniziative culturali e scientifiche con specifica attenzione ai problemi della programmazione, della gestione, della valutazione della qualità delle cure, dei servizi sanitari e della formazione infermieristica in Italia e all’estero;
b. realizzare la raccolta, la diffusione e lo scambio di informazioni attraverso strumenti editoriali e multimediali in Italia e all’estero;
c. promuovere la progettazione, la sperimentazione e la verifica di innovativi modelli organizzativi, formativi e di strategie manageriali nonché tracciare linee guida per definire gli aspetti tecnici e organizzativi del management infermieristico;
d. elaborare proposte sul piano legislativo, contrattuale ed amministrativo, tese a valorizzare la Dirigenza Infermieristica;
e. individuare, costruire e gestire in proprio o in collaborazione con le istituzioni pubbliche e private, eventi di Educazione Continua in Medicina anche attraverso la metodologia della Formazione a Distanza;
f. costruire e gestire banche dati di natura scientifica per la diffusione e lo scambio di informazioni ed esperienze in Italia e all’estero.
g. promuovere i rapporti con i collegi e gli ordini professioni, le associazioni e le parti sociali;
h. offrire attività di consulenza.

L’auspicio del Comitato di Coordinamento promotore è che questa Sezione si arricchisca, sempre più nel tempo, della partecipazione e dell’adesione di colleghi infermieri dirigenti interessati.

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Il 12 gennaio scorso si è svolto a Giba l’incontro dibattito sui servizi attualmente erogati nella Casa della Salute di Giba e sull’imminente apertura dei nuovi ambulatori, promosso dal sindaco di Giba Andrea Pisanu e dal consigliere comunale di maggioranza Francesco Uccheddu.

All’incontro, moderato dal consigliere Francesco Uccheddu, hanno partecipato il Direttore di Area Socio Sanitaria di Carbonia Maddalena Giua, il Direttore della Struttura Complessa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (NIPIA) di Sanluri e Carbonia Silvio Maggetti, il Direttore della Struttura Complessa di Urologia del P.O. Sirai Andrea Solinas, il Direttore della Struttura Complessa di Chirurgia Antonella Ivana Piredda ed il Dirigente medico della SC di Chirurgia del P.O. Sirai Nicola Pulix.

Il consigliere Francesco Uccheddu, aprendo i lavori ha presentato l’iniziativa quale momento di partecipazione e confronto con  l’obiettivo di presentare  ai cittadini del comune di Giba le attuali prestazioni sanitarie erogate dagli specialisti presenti all’incontro, al fine di favorire una maggior diffusione delle prestazioni erogate, non sempre conosciute dagli utenti.

il primo relatore, il Direttore della Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (NPIA,) ha illustrato l’attività di questa branca specialistica della medicina, che si occupa della presa in cura dei minori con disturbi dello sviluppo neuropsichico (neurologici e psichici), e garantisce  l’assistenza dei bambini e agli adolescenti in età fra zero e diciotto anni ed alle loro famiglie.

Si tratta di un servizio, ha precisato Silvio Maggetti, che eroga prestazioni di neuropsichiatria dell’età evolutiva, psicologia, riabilitazione ed educative. Per quanto concerne le modalità di accesso al  Servizio, è stato precisato che questo può avvenire chiamando direttamente  la Segreteria (situata presso il PO Santa Barbara di Iglesias) al numero 0781 3922325 (fax: 0781 3922321) dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 14.00. Successivamente, il paziente verrà richiamato per avere la data del primo appuntamento e,  in tale circostanza, verrà informato che dovrà presentare l’impegnativa del pediatra o del medico di medicina generale.

Il Direttore della Struttura di Chirurgia del Sirai, con una interessante comunicazione sull’evoluzione della chirurgia, ha proseguito gli interventi affermando che, nel corso degli anni, la chirurgia e la medicina in generale hanno conosciuto un notevole sviluppo, al punto che la moderna chirurgia non solo cerca di porre rimedio alla patologia del paziente ma allo stesso tempo cerca di minimizzare i disagi dovuti all’intervento e massimizzare il successo terapeutico. Si sta evolvendo, quindi, come una disciplina sempre meno invasiva, che tende a limitare la traumaticità dell’intervento stesso.

Il dirigente della Chirurgia ha, poi, illustrato la casistica generale degli ultimi anni con una particolare attenzione alla chirurgia oncologica e all’aumento della sopravvivenza di questi pazienti, alcuni dei quali presenti in sala. Il Direttore della Struttura di Urologia ha, invece, descritto le diverse patologie che afferiscono alla Struttura di Urologia. Fra i problemi più diffusi,  è stata citata l’iperplasia prostatica benigna, un ingrossamento della prostata che colpisce molti utenti della nostra zona  causando disturbi urinari che minano la qualità della vita, come minzione notturna con interruzione del sonno, elevata frequenza diurna, urgenza ma difficoltà ad iniziare la minzione, gocciolamento post-minzionale e getto urinario di intensità ridotta. Tra le ulteriori patologie che richiedono l’intervento dell’urologo, estremamente frequenti sono poi i calcoli urinari, problemi contro i quali la prevenzione rappresenta un’arma fondamentale. Infine, fra le patologie con cui hanno più spesso a che fare gli uomini sono inclusi il cancro della prostata, l’infertilità e la disfunzione erettile.

Grazie all’introduzione del percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) sul tumore della prostata, ha chiosato il dottor Andrea Solinas, ci sono stati indubbi vantaggi e il coinvolgimento dei medici di Medicina Generale con l’obiettivo finale di garantire a tutti i pazienti una Medicina personalizzata che tiene conto da un lato delle caratteristiche biologiche del tumore, e dall’altro, dei bisogni del singolo paziente, così da ottenere, come ricaduta, la migliore sopravvivenza e qualità di vita dell’individuo.

Il dottor Nicola Pulix ha concluso  le relazioni su tema preordinato, parlando della sua esperienza di chirurgo in assistenza domiciliare a supporto dalle cure domiciliari e dei medici di medicina generale, con particolare enfasi sull’integrazione ospedale territorio. Il manager dell’Area Socio Sanitaria Maddalena Giua, ha chiuso i lavori comunicando l’imminente apertura dei due ambulatori specialistici di urologia e chirurgia e dell’ambulatorio infermieristico, con l’obiettivo di ridare spessore della Casa della Salute di Giba che dovrà diventare il fulcro della sanità territoriale integrata, per una risposta completa e appropriata al cittadino.

I diversi interventi, dei cittadini presenti in sala, hanno richiamato l’attenzione sulla necessità di garantire anche un punto unico di accesso (PUA), capace di ricomporre il processo del cittadino, e di assicurare  le promesse di sviluppo e apertura dei nuovi servizi già fatte dal 2014.

Il Direttore di Area ha, infine, affermato che le Case della Salute non sono tutte uguali, ma si basano su un modello flessibile, capace di adattarsi alle caratteristiche delle diverse realtà territoriali.

Antonello Cuccuru

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Fulvio Moirano.

Il Collegio di Direzione è l’organo dell’ATS deputato a supportare la Direzione aziendale nel perseguimento della missione aziendale e ad assicurare la partecipazione decisionale delle figure professionali presenti nell’ATS al governo complessivo della stessa, orientandone lo sviluppo ai bisogni della popolazione, agli standard più avanzati di assistenza sanitaria e di integrazione sociosanitaria ed all’implementazione degli strumenti del governo clinico.

Il 13 novembre scorso, presso la sede dell’ATS Sardegna, si è riunito in seduta plenaria, il Collegio di Direzione dell’Azienda per la tutela della salute – ATS Sardegna, costituito, ai sensi del Regolamento aziendale approvato con deliberazione del direttore generale n. 1072 del 5/10/2018.

Durante la seduta è stato eletto il Comitato Ristretto del Collegio di Direzione, composto come di seguito:

Presidente: Direttore Generale ATS: dott. Fulvio Moirano;

Direttore Sanitario ATS: dott. Francesco Enrichens;

Direttore Amministrativo ATS: dott. Vincenzo Lorusso;

Direttore della SC Servizio Socio Sanitario: dott. Giuseppe Frau;

Direttori DAP e DAD, in quanto coordinatori aziendali delle attività ospedaliere e distrettuali; si rimanda alla norma transitoria ex art. 9 Regolamento fino a formale atto di nomina;

Direttore Dipartimento Staff: dott. Paolo Tecleme;

Direttore del Dipartimento delle Professioni Sanitarie, Direttore SPS Carbonia dott. Antonello Cuccuru; si rimanda alla norma transitoria ex art. 9 Regolamento fino a formale atto di nomina;

Direttore ASSL Oristano: dott. Mariano Meloni;

Direttore ASSL Nuoro: dott.ssa Grazia Cattina;

Direttore P.O. Oristano dott. Antonio Francesco Cossu;

Direttore P.O Carbonia dott. Sergio Pili;

Direttori Distretto ASSL Sassari: dott. Nicolò Licheri;

Direttore Distretto Siniscola: dott. Pasqualino Manca;

Direttore Distretto n. 5 Cagliari : dott. Maurizio Rachele;

Direttore Distretto n. 2 Cagliari : dott.ssa Luisa Casu;

Direttore Dipartimento prevenzione: dott. Francesco Sgarangella; si rimanda alla norma transitoria ex art. 9 Regolamento fino a formale atto di nomina;

Direttore DSMD: dott. Alessandro Coni; si rimanda alla norma transitoria ex art. 9 Regolamento fino a formale atto di nomina;

Dipartimento del Farmaco dott. Paolo Sanna; si rimanda alla norma transitoria ex art. 9 Regolamento fino a formale atto di nomina.

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Il 7 dicembre presso la Hall dell’Ospedale Sirai, si è tenuta una tavola rotonda dal titolo: Ospedale e territorio fare sistema al servizio del paziente, organizzata dalla Direzione dell’Ospedale Sirai e dall’Associazione “Amici del Sirai”. Alla giornata di studio, moderata dal direttore delle professioni sanitarie Antonello Cuccuru, sono intervenuti il direttore dell’Ospedale Sergio Pili, il presidente della Conferenza Socio Sanitaria e sindaco di Gonnesa Hansel Christian Cabiddu, il pediatra di Libera scelta Paolo Zandara e il medico di Medicina generale Domenico Salvago.

I lavori sono stati introdotti da Antonello Cuccuru che ha delineato la nuova geografia della sanità regionale, in attesa dell’emanazione della rete territoriale. Antonello Cuccuru, ha illustrato inoltre quanto contenuto nel Rapporto OASI 2017 (Osservatorio sulle Aziende e sul Sistema Sanitario Italiano), realizzato da Cergas e SDA Bocconi, che dal 2000 monitora lo stato del settore sanitario pubblico e privato in Italia, dove si evidenzia che “la prevenzione, insieme alla gestione delle non-autosufficienze è il tallone di Achille dello scenario sanitario italiano. Le fonti pubbliche coprono il 95% della spesa ospedaliera, ma solo il 65% della spesa per assistenza residenziale a lungo termine (LTC) e il 60% della spesa per prestazioni ambulatoriali. I pazienti cronici pluri-patologici rappresentano, oggi, il 21% della popolazione e, data la complessità del loro quadro clinico, tendono ad assorbire gran parte dell’offerta delle prestazioni ambulatoriali, facendo sì che i pazienti occasionali si rivolgano più frequentemente al circuito a pagamento

Il direttore del Sirai Sergio Pili, in attesa del nuovo ospedale del Sulcis Iglesiente, ha raffigurato uno scenario regionale di incertezza con timore che, in assenza di precise indicazioni di programmazione sanitaria, si vada alla deriva. Secondo il direttore del Sirai, in questi ultimi anni, siamo rimasti prigionieri di logiche di spartizione e di campanili, dove hanno prevalso i numeri dei primari e delle strutture complesse rispetto ai servizi realmente necessari. Definire il ruolo dell’ospedale del futuro -dentro un territorio-, afferma il Direttore del Sirai, non può inoltre prescindere da un insieme di fattori dovuti all’invecchiamento della popolazione, alle cronicità di lunga durata, ai costosi farmaci innovativi, alla non autosufficienza, che rischiano di mettere in ginocchio la più importante conquista sociale di tutti i tempi: la sanità per tutti, equa e inclusiva.

Per il presidente della Conferenza socio sanitaria Hansel Christian Cabiddu, si registra sia un’insufficienza di risorse, sia una frammentazione delle competenze istituzionali (disperse tra SSN e Comuni), dove le famiglie vengono lasciate sole con il compito di auto-organizzarsi, o attraverso un impegno diretto nella cura del proprio parente, o con l’aiuto di un caregiver informale, o ricorrendo al ricovero sociosanitario in solvenza completa. Il Sindaco ritiene prioritaria la difesa dei servizi dedicati delle patologie tempo-dipendenti (Emodinamica e Stroke) che non possono essere mercanteggiati con altri interessi. Ha detto, infine, che tali obiettivi dovrebbero essere visti dalla politica come il vero ritorno degli investimenti in sanità, volando alto nel pensiero politico, nell’idea di welfare e nella (ri)programmazione socio-sanitaria.

Prima di affrontare il discorso del rapporto tra cure primarie e ospedale, Paolo Zandara ha snocciolato impietosamente alcuni dati relati al definanziamento del SSN, riportando quanto previsto nel Documento di economica e finanza (Def) 2017, dove si prevede che il rapporto tra spesa sanitaria e Pil diminuirà dal 6,7% del 2017 al 6,5% nel 2018, per poi scendere ancora al 6,4% nel 2019, lasciando intendere che l’eventuale ripresa del Pil non avrà ricadute positive sul finanziamento pubblico del Ssn. Riprendendo quanto affermato dal Sindaco di Gonnesa, invita gli amministratori locali ad utilizzare lo strumento della Conferenza Socio sanitaria per tutelare in maniera più incisiva la sanità del Sulcis Iglesiente. Per quanto concerne alcune azioni che potrebbero migliorare l’integrazione, ricorda che dal 2011, la ricetta cartacea, di cui al decreto 17 marzo 2008, è stata sostituita dalla ricetta dematerializzata generata dal medico prescrittore. Il medico prescrittore, a prescrizione avvenuta, rilascia all’assistito il promemoria della ricetta dematerializzata provvisto di Numero Ricetta Elettronica (NRE) e codice di autenticazione dell’avvenuta transazione; un percorso apparentemente lineare ma che trova ancora oggi qualche ostacolo legato alla copertura della Rete. Forte di alcune esperienze formative multidisciplinari – il pediatra- ritiene che il tallone di Achille sia ancora rappresentato dalla insufficiente comunicazione tra medico e paziente. In ultima analisi, ha invitato la ASSL a mettere in atto alcune azioni, alla luce del ridimensionamento delle strutture ospedaliere pediatriche previste dall’atto aziendale ATS, attraverso l’istituzione di un Pronto soccorso pediatrico e la creazione di ambulatori di chirurgia pediatrica nel territorio.

Per il medico di Medicina generale e vice presidente SNAMI (Sindacato Nazionale Autonomo Medici Italiani) Domenico Salvago, che ha concluso il giro degli interventi, la sanità del Sulcis Iglesiente deve fare i conti con una politica nazionale di de-finanaziamento del SSN che spesso ha portato a privilegiare la sanità privata rispetto a quella pubblica e a creare una situazione di contrapposizione fra medici, personale sanitario e i cittadini-pazienti. Anche lo sciopero del 12 dicembre – ha aggiunto Domenico Salvago – rappresenta un indicatore di disagio di professionisti a causa del mancato rinnovo di un contratto bloccato da 8 anni.  Il territorio dovrebbe essere al centro dell’attenzione dei politici e degli amministratori del Servizio Sanitario Nazionale, per questo motivo prima di parlare di nuovi modelli concettuali come la medicina di iniziativa, di Case della Salute e di Ospedali di Comunità – a fronte di una apertura nel territorio ancora tutta in evoluzione, bisognerebbe concentrarsi su modelli sperimentabili nel nostro territorio. Per dirla con Cavicchi – che mi capita di leggere spesso su “quotidianosanità” – ha sottolineato ancora Domenico Salvago -, non ha senso ripensare la medicina generale, la specialistica, l’ospedale, come “enclave” cioè ciascuno separato dall’altro. Giusto per fare un esempio, si potrebbe cominciare a fare integrazione migliorando i servizi telematici resi disponibili dall’infrastruttura nazionale per l’interoperabilità del Fascicolo sanitario elettronico (FSE).  Il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) è, infatti, lo strumento attraverso il quale il cittadino può tracciare e consultare tutta la storia della propria vita sanitaria, condividendola con i professionisti sanitari per garantire un servizio più efficace ed efficiente.

Il dibattito conclusivo ha registrato la partecipazione di diversi interventi, che hanno rilevato la necessità di integrazione tra ospedale e territorio, attraverso la costruzione di percorsi diagnostici terapeutici assistenziali su patologie croniche, come ha sottolineato l’ex Direttore Sanitario Enrico Pasqui, e l’urgenza di far riacquistare sicurezza ai cittadini del Sulcis Iglesiente che scelgono di farsi curare al Sirai e al CTO, come ha invece fatto risaltare l’Assessora ai Servizi Sociali Loredana La Barbera.

La serata è proseguita con un concerto della OMA big band che si è esibita in occasione dei festeggiamenti per l’anniversario di Carbonia.

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Il Collegio Ipasvi di Carbonia Iglesias ha tenuto stamane, nella sala consiliare del comune di Carbonia, la prima conferenza stampa per la presentazione delle novità su «Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici», previste dalla Legge Stanca del 9 gennaio 2004, n. 4 (G.U. n. 13 del 17 gennaio 2004) ma fino ad oggi quasi completamente inattuate.

Hanno partecipato alla conferenza stampa, con il presidente del Collegio Ipasvi di Carbonia Iglesias Graziano Lebiu, l’assessore delle Politiche sociali del comune di Carbonia Loredana La Barbera, il presidente della IV commissione del comune di Carbonia Daniela Marras, le infermiere che hanno realizzato il video proiettato in sala, Lisanna Grosso dell’Ipasvi di Pavia e Valeria Rita Cani dell’Ipasvi di Carbonia Iglesias.

«I motivi e la proposta di recepire nel sito web del Collegio Ipasvi uno spazio di accesso dedicato a soggetti disabili – ha detto tra l’altro Graziano Lebiu – devono quindi essere considerati la prima pietra di un percorso perfettibile, integrabile e rispettoso di altri punti di vista e necessità, ma soprattutto strutturato e curato nel quotidiano del suo evolversi. Sapremo fare certamente sintesi di tutti i contributi che via via saranno posti alla nostra attenzione per arrivare a condividere nel lungo periodo il più corretto e fruibile “risultato” nelle forme e nei supporti sopra espressi. Questa è la finalità della condivisione del “gesto assistenziale ed istituzionale” nell’iniziativa della nostra comunità professionale, e che qui presentiamo unitamente alle curatrici del video, l’infermiera sorda Lisanna Grosso, di Pavia, e l’infermiera Valeria Rita Cani, di Carbonia.»

Lisanna Grosso, originaria di Biella, è stata una delle prime quattro bambine non udenti inserite in un famoso progetto di integrazione tra bambini sordi e udenti e, vincitrice di una borsa di studio “Fulbright-Roberto Wirth”, presto volerà negli Stati Uniti per un’esperienza formativa unica.

«Era un sabato del mese di aprile quando mi arriva un messaggio da Graziano, il quale mi chiese se volevo collaborare con l’Ipasvi di Carbonia Iglesias e di altre province aderenti per un progetto di accessibilità – ha detto nel suo intervento Lisanna Grosso -. Felice di questa perspicacia e sensibilità verso anche le persone sorde, ho accettato subito. Essendo un’infermiera sorda bilingue (italiano/lingua dei segni italiana) ho sempre desiderato e promosso l’accessibilità e di divulgare informazioni e notizie anche alle persone sorde che spesso sono trascurate perché la nostra sordità è invisibile e spesso non ci si accorge che i video con solo l’audio e non sottotitolati o le notizie via radio non ci giungono.»

«Questi primi video in lingua dei segni italiana – ha concluso Lisanna Grosso – sono un primo passo verso la piena accessibilità per la maggior parte delle persone sorde italiane. Si tratta di un buon inizio di un grande progetto.»

Alla conferenza stampa hanno partecipato, tra gli altri, anche il direttore della SC Professioni Sanitarie della ASSL di Carbonia, Antonello Cuccuru, il medico pediatra Paolo Zandara ed il direttore del Centro Servizi culturali della società Umanitaria di Carbonia, Paolo Serra, che si è intrattenuto sulle iniziative messe in atto dal Centro Servizi Audiovisivi e dalla Fabbrica del Cinema per consentire ai diversamente abili pari opportunità nell’accesso ai servizi.

Un’analoga conferenza stampa è in programma mercoledì prossimo, 21 giugno, a Roma, nella sede Ipasvi nazionale, alla quale hanno già assicurato la loro adesione numerose associazioni.