28 March, 2024
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Il Coordinamento Nazionale Sanità ha organizzato un incontro dibattito live su Facebook, per sabato 30 maggio, alle 17.00, sul tema della libertà di stampa al tempo del Coronavirus, dal titolo “VIETATO RILASCIARE DICHIARAZIONI ALLA STAMPA E A CHICCHESSIA”.

«E’ in atto in tutta Italia una pesante censura sugli operatori della Sanità, ispirata dal concetto secondo cui anche dalla malattia e dalla sofferenza si deve trarre profittosi legge nella nota di presentazione -. L’imposizione della “fedeltà all’azienda” ai medici e a tutto il personale del sistema pubblico, è una misura repressiva indispensabile per la gestione neoliberista della Sanità pubblica. Con i processi di privatizzazione in corso e con lo smantellamento di tutto l’apparato sanitario pubblico, il diritto alla salute torna ad essere un privilegio di casta sociale.»
«Con il bavaglio al personale sanitario aggiunge il Coordinamento Nazionale Sanitàsi lede il diritto dei lavoratori alla libertà di opinione, di espressione e d’informazione. Con ciò si impedisce ogni sorta di vigilanza e di denuncia contro le violazioni del diritto inalienabile di ogni cittadino all’assistenza sanitaria gratuita e di qualità. E’ il paradosso che trova la sua logica nella gestione dell’apparato Sanitario pubblico come azienda privata e nella considerazione della Salute come merce.»
«L’unico “impegno di fedeltà” del personale sanitario deve riguardare il rispetto del concetto di universalità, di uguaglianza e di equità su cui poggia il Sistema Sanitario pubblico, contro ogni forma di discriminazione e di disuguaglianzaconclude il Coordinamento Nazionale Sanità -. La lotta contro il “bavaglio” è per la difesa della Salute e di tutti i diritti in una società realmente civile, equa e solidale.»

Sono previsti cinque interventi:

Aida Trentalance – Portavoce del Coordinamento Nazionale Sanità

Lucio Pastore – Medico – Forum per la Difesa della Sanità Pubblica di Qualità del Molise

Marco Lenzoni – Infermiere – Comitato Salute Pubblica Alta Lunigiana

Mena Lombardi – Consulta Popolare Salute e Sanità della Città di Napoli

Claudia Zuncheddu – Medico – Rete Sarda per la Difesa della Sanità Pubblica.

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La chiusura di porti e aeroporti sardi è una necessità anche se decreti non ben definiti consentono il trasporto marittimo delle merci paradossalmente con autisti provenienti spesso da zone a rischio. Il presidente della Regione, in veste di Autorità sanitaria, infatti, ha autorizzato il “traffico” di lavoratori, “potenziali vettori del virus”, dalle aree maggiormente interessate dall’epidemia alla Sardegna, senza che venga imposta la quarantena e gli opportuni controlli.

Anche stamane sono sbarcati carichi di merci provenienti da zone ad alto rischio con relativi autisti. Arrivano da fabbriche metallurgiche e dal mercato agro-alimentare. Per contrastare e limitare la diffusione del virus non è sufficiente sospendere i trasporti ordinari dei passeggeri, se le stesse misure e controllo non vengono adottati per tutte le persone che operano nei trasporti.

Lo stesso problema si pone anche in altri settori produttivi.

A oggi, sarebbero 6.668 i tecnici delle 416 società che accedono al Petrolchimico di Sarroch. In questo settore vi lavorano 3.100 persone di cui 700 non sardi che sarebbero giunti in gran parte in Sardegna dopo il 24 febbraio. Si tratta di lavoratori che nel rispetto dell’ordinanza regionale n. 5 del 9 marzo avrebbero l’obbligo di osservare la permanenza a domicilio per 14 giorni. Ma la salute non è sempre prioritaria.

Dal 20 febbraio in poi sarebbero giunti in Sardegna 3.000 addetti alla manutenzione di questi impianti. Con la nota esplicativa del presidente Christian Solinas, all’ordinanza n. 5 del 09 marzo 2020, sarebbero infatti ammessi “gli spostamenti motivati da comprovate esigenze lavorative”. Questo provvedimento non impone a questi lavoratori, “potenziali vettori di coronavirus”, l’obbligo della quarantena preventiva, anzi, li autorizza alla libera circolazione.

L’accrescere del numero dei contagi da Covid-19 in Sardegna, imprevedibile nella sua manifestazione, richiede da parte della Regione Autonoma provvedimenti istituzionali urgenti, chiari ed efficaci a cui chiunque arrivi è soggetto al rispetto.

Claudia Zuncheddu – Sardigna Libera

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La difficoltà di gestione dell’epidemia in corso è il banco di prova degli effetti dei tagli esercitati nel tempo sulla Sanità pubblica. Le regioni ricche d’Italia fanno mea culpa e si pensa a nuove misure di potenziamento, in Sardegna a colpi di Note istituzionali, si decretano ennesimi tagli sugli ospedali già in ginocchio.
L’epidemia per molti aspetti imprevedibile, fa emergere le disfunzioni della rete ospedaliera, non più in grado di dare risposte né alle nuove emergenze né alle necessità ordinarie.
ll Dipartimento delle Attività Ospedaliere, con la nota della Direzione Sanitaria NP/2020/0012451 del 11/03/2020, annuncia, contro ogni logica di buonsenso, tagli pesantissimi agli ospedali di La Maddalena, Bosa, Sorgono, Ghilarza, Isili e Muravera.
La sospensione immediata del servizio di Anestesia e Rianimazione e l’abolizione del Pronto Soccorso H24, nei sei ospedali, implica che nessuna urgenza potrà essere risolta in loco.
Nessun tipo di indagine diagnostica che prevede la presenza di un anestesista/rianimatore potrà essere eseguita. L’assenza di questi specialisti, indispensabili dentro e fuori dalle sale operatorie, penalizzerà tutti i reparti ospedalieri, i servizi di indagine diagnostica con mezzo di contrasto, la stessa somministrazione di terapie oncologiche.
Non ci sarà soluzione per le emergenze-urgenze dei territori sia per le distanze geografiche sia per la crisi degli stessi grandi ospedali sardi.

La preoccupante emergenza Coronavirus, non può essere affrontata in modo maldestro accrescendo altre emergenze.
Alla carenza di medici non si può rispondere con la chiusura dei reparti. Il Presidente Solinas e i parlamentari sardi esercitino pressioni presso il governo per agevolare i giovani medici e perché si aboliscano i test di accesso a Medicina.
Si chiede al Presidente Solinas, all’assessore della Sanità Nieddu e a tutta la classe politica sarda, di porre fine ai tagli in Sanità. L’epidemia di Coronavirus non si affronta sacrificando gli ospedali ma potenziandoli. Così come scongiuriamo che gli Hospice sardi, già insufficienti per i malati oncologici gravi, vengano destinati al Covid-19 con dimissione dei ricoverati.
Sarebbe un atto di cinismo e di viltà che la nostra classe politica non dovrebbe permettersi.

Claudia Zuncheddu – portavoce Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica

 

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La dottoressa Claudia Zuncheddu è stata nominata presidente della sezione ISDE di Cagliari, nel corso dell’assemblea degli iscritti del 10 dicembre scorso.

L’associazione medici per l’ambiente – ISDE Italia, affiliata all’International Society of Doctors for the Environment – ISDE (organizzazione internazionale presente ed attiva in circa 30 Nazioni al mondo, riconosciuta dall’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e dall’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), lavora per diffondere ed approfondire conoscenze sul legame tra il degrado ambientale e la salute umana. Claudia Zuncheddu, da numerosi anni medico ISDE, svolge l’attività clinica di medico di Medicina generale e di specialista in malattie infettive e tropicali a Cagliari, operando nei quartieri di Castello e Sant’Elia, occupandosi, oltre che dei residenti, anche di cittadini immigrati.

Grande soddisfazione è stata espressa dai medici di ISDE Sardegna per tale incarico.

«L’affidamento di un incarico così importante per la dottoressa Claudia Zuncheddu, è un valore aggiunto a tutte le battaglie ambientali che ha sostenuto e continua a sostenere con impegno, dedizione e grande competenza da anni – afferma il presidente di ISDE Sardegna Domenico Scanu -. La scelta della dottoressa Claudia Zuncheddu, insieme al Consiglio direttivo, determinerà da subito le prime strategie operative a riguardo degli interventi più urgenti relativi alle problematiche ambientali del territorio provinciale, certo che da questa importante nomina i medici ISDE trarranno maggior forza ed autorevolezza.»

Tutte le sezioni della Sardegna (Sassari, Nuoro, Oristano ed ora Cagliari) faranno il punto del lavoro svolto finora da ISDE e programmeranno insieme le future attività anche alla luce delle scelte in materia di ambiente che stanno portando avanti i governi regionale e nazionale, tra cui, per citare i più recenti, il progetto di metanizzazione e la tecnologia 5G, per i quali ISDE Sardegna sta producendo una netta opposizione con rigoroso razionale scientifico.

Il coordinamento del Sulcis Iglesiente in difesa della sanità pubblica «ringrazia il dottor Domenico Scanu per il lavoro professionale ed umano svolto in questi anni in qualità di consigliere prima e di presidente poi dei medici ISDE. Ed esprime i complimenti augurando buona strada alla dottoressa Claudia Zuncheddu (referente della Rete sarda in difesa della sanità pubblica) per la nomina a presidente medici ISDE Regione Sardegna. In relazione al suo spessore scientifico, umano e politico – conclude il coordinamento del Sulcis Iglesiente in difesa della sanità pubblica – offrirà il giusto contributo al popolo sardo e ad una terra che ha necessità di persone libere e ricche di spessore. Certi del suo lavoro, auguriamo alla dottoressa Claudia Zuncheddu un buon lavoro». 

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Nella tarda serata di ieri, la Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica ha avuto la prima interlocuzione con l’assessore regionale della Sanità Mario Nieddu. Una rappresentanza dei comitati presenti in tutti i territori dell’Isola dopo aver illustrato lo stato di degrado degli ospedali pubblici sardi, sempre più declassati, svuotati di servizi, di personale sanitario ed avviati alla chiusura, ha consegnato all’assessore una documentazione sulle carenze prodotte dai tagli esercitati in questi anni e le proposte risolutive.

La Rete, nata nel 2015 per la confluenza di diverse esperienze in ambito sanitario e per la necessità di coordinare i numerosi comitati sorti come risposta ai tagli della Sanità in tutti i territori, in questi anni ha portato nelle piazze decine e decine di migliaia di cittadini, ha organizzato numerose assemblee, ha approfondito la propria conoscenza su un tema così sensibile e complesso. Ha dialogato con le istituzioni di ogni ordine e grado senza che nessuna parte politica abbia manifestato sino ad oggi alcuna sensibilità.

Gli ammalati sono in stato di totale abbandono. Le attività ospedaliere sono ovunque paralizzate. I sardi che hanno rinunciato alle cure sono oltre il 14,6%. I servizi territoriali, di cui citiamo come simbolo quelli della neuropsichiatria infantile, sono stati ovunque soppressi. I nostri bambini con disagio mentale, privi di assistenza, saranno i pazienti psichiatrici di domani con maggiore sofferenza e più alti costi sociali.

Chi governa, a Cagliari come a Roma, ha il potere di cambiare le cose. Il Piano di riordino della rete ospedaliera sarda, che ha condannato i nostri ospedali pubblici alla chiusura e al caos, deve essere rimessa in discussione.

Con l’accordo Prodi/Soru del 2006 è stato decretato il regime di autogestione della Sanità sarda. Il 50% del bilancio Regionale va alla Sanità per cui le soluzioni alle carenze non si cercano a Roma ma all’interno delle scelte politiche della Regione Autonoma.

“Nella tutela della salute la Specialità della Sardegna c’è ma non si vede” – così bacchettò la classe politica sarda, l’ex ministro Balduzzi del governo Monti, in un corso di aggiornamento organizzato dall’Ordine dei giornalisti della Sardegna.

Un’accusa che richiede una svolta locale nell’amministrare la nostra Autonomia in materia Sanitaria.

All’assessore che ha manifestato un’apertura inusuale alla collaborazione con la Rete, anche in previsione della stesura della legge sanitaria, chiediamo azioni concrete per il ripristino dei servizi ospedalieri e territoriali. Non basta la volontà espressa per il decentramento dell’ATS, come promesso dall’assessore. A breve un nuovo incontro.

Claudia Zuncheddu

Portavoce Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica

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Il Sulcis Iglesiente riavrà la sua ASL. Lo ha assicurato l’assessore regionale della Sanità, Mario Nieddu, alla  delegazione della Rete Sarda per la Difesa della Sanità Pubblica e gratuita, nel corso dell’incontro svoltosi questa sera, dalle 17.30 alle 19.30. All’incontro, la “Rete” era rappresentata dalla portavoce regionale Claudia Zuncheddu e dalle delegazioni di tutti i territori della Sardegna. Il Sulcis Iglesiente era rappresentato da Rita Melis e Giuseppe Perseu.

Le rassicurazioni dell’assessore circa il riassetto del sistema sanitario regionale, con il riconoscimento della ASL al Sulcis Iglesiente, rappresenta la risposta più attesa e la base di tutte le rivendicazioni, contenute in un documento portato all’attenzione dell’assessore.

Il coordinamento territoriale del Sulcis Iglesiente, ha evidenziato all’assessore che, «a seguito dei pensionamenti avvenuti da settembre 2017 ad oggi, è emerso il grave problema della mancanza dell’organico (specialisti, primari, medici, infermieri, OSS) necessario per il mantenimento e l’erogazione dei servizi sanitari. Rivendica l’immediata reintegrazione delle figure professionali andate in quiescenza e/o in mobilità verso strutture sanitarie del capoluogo; l’immediata riattivazione dei reparti di emodinamica, chirurgia e traumatologia H24, 7 giorni su 7; l’immediata riattivazione dei servizi diagnostici per immagini (risonanza magnetica, radiologia)».

Il coordinamento ha evidenziato che «questi semplici interventi non comportano nessun costo aggiuntivo rispetto a quelli sostenuti nel 2017, permettono inoltre l’immediato abbattimento delle liste d’attesa, liste cresciute a dismisura negli ultimi 24 mesi, e riducono in misura esponenziale i costi della mobilità passiva di questa ASSL a favore dei presidi pubblici e privati del capoluogo».

Il coordinamento territoriale del Sulcis Iglesiente ha altresì segnalato «il totale abbandono della struttura ospedaliera del Santa Barbara di Iglesias, sede dei servizi ambulatoriali, priva della guardiania diurna e notturna, lasciata alla mercé di qualsiasi male intenzionato».

Il coordinamento, infine, ha chiesto all’assessore «il dovuto riconoscimento dell’istituzione della ASL Sulcis Iglesiente, ASL che è stata sempre presente e riconosciuta indispensabile per la peculiarità del territorio, ASL venuta meno con la riforma Pigliaru-Arru-Moirano», convinto che «solo con questo strumento si potrà avere un centro organizzativo e di spesa in sede locale, richiamando i dirigenti preposti alle proprie responsabilità di corretta gestione».

L’assessore Mario Nieddu, come sottolineato all’inizio, ha assicurato che il Sulcis Iglesiente riavrà la sua ASL e, nell’immediato, entro la fine dell’anno (perché nel 2020 le nuove norme non consentiranno più di mantenere le graduatorie aperte), verranno fatte le selezioni per il completamento degli organici, con particolare attenzione alle aree che oggi lamentano le maggiori carenze. In questo modo si dovrebbero superare le emergenze più gravi.

«Il nostro giudizio sull’esito dell’incontro è cautamente positivo – spiegano Rita Melis e Giuseppe Perseu -. Abbiamo apprezzato sia la disponibilità dell’assessore al confronto, sia le rassicurazioni sull’istituzione della ASL del Sulcis  Iglesiente. E, ancora, l’apertura di credito annunciata nei confronti della “Rete”, che sarà chiamata al tavolo al momento in cui verrà avviato il confronto per la Riforma del Servizio sanitario pubblico regionale.»

L’annuncio sul riconoscimento di una ASL al territorio, contiene in sé l’implicita conferma che il Sulcis Iglesiente riavrà anche la sua Provincia.

«Abbiamo rimarcato all’assessore il rischio che un eventuale allungamento dei tempi di approvazione della legge di riordino del sistema degli enti locali, potrebbe provocare un altrettanto lungo iter per l’approvazione della riforma del servizio sanitario – concludono Rita Melis e Giuseppe Perseu – e la sua risposta è stata che una volta che la maggioranza ufficializzerà l’impegno politico per l’istituzione delle nuove Province, compresa quella del nostro territorio, si procederà celermente all’approvazione della riforma del Servizio sanitario pubblico regionale, nel quale sarà compresa anche la ASL del Sulcis Iglesiente.»

Giampaolo Cirronis

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https://www.facebook.com/giampaolo.cirronis/videos/10220970165391787/

Nonostante la partecipazione non sia stata pari alle attese e, soprattutto, all’importanza delle materie trattate, l’incontro svoltosi ieri mattina nella sala polifunzionale del comune di Carbonia su Sanità e Province, costituisce un passaggio importante nel percorso avviato da alcune settimane nel territorio per rivendicare il riconoscimento di un sistema sanitario pubblico e di un ordinamento istituzionale degli enti locali adeguati alle esigenze dei cittadini. Nel corso del dibattito è emersa la piena consapevolezza della delicatezza del momento e della necessità di fare fronte unico per fare le giuste pressioni sulla Giunta regionale guidata dal presidente Christian Solinas, affinché modifichino gli schemi di riordino del sistema sanitario regionale e degli Enti locali, con l’istituzione della provincia di Carbonia Iglesias (o, comunque, della provincia del Sud Ovest, strada verso la quale pare si stia convergendo) e, conseguentemente, di una ASL nello stesso territorio.

Ieri sera abbiamo pubblicato gli interventi sviluppatisi nel corso dell’incontro, vi proponiamo ora un’intervista realizzata al termine, con Claudia Zuncheddu, ex consigliere regionale, oggi portavoce regionale della Rete Sarda in Difesa della Sanità pubblica e gratuita.

 

La protesta dei comitati per la “difesa della sanità pubblica” e degli ospedali di Ghilarza, La Maddalena, Ozieri, Tempio, Iglesias, Lanuesi, Isili, Muravera e Sorgono, dopo aver animato la manifestazione di piazza che ha attraversato via Roma a Cagliari, è sbarcata in tarda mattinata in Consiglio regionale, sul tavolo della conferenza dei capigruppo che, guidata dal presidente Gianfranco Ganau, ed alla presenza dell’assessore della Sanità, Luigi Arru, ha ascoltato la rabbia e gli appelli dei piccoli centri della Sardegna che reclamano il diritto alle cure ed alla salute. «Basta tagli alla Sanità e stop ai disagi ed alla cancellazione dei servizi nei piccoli centri dell’Isola», è stato il motivo ricorrente dei diversi interventi che si sono succeduti e che hanno rappresentato, con toni a tratti crudi e ruvidi, le difficoltà e le penalizzazioni cui vanno incontro le comunità sarde per effetto delle novità introdotte con la istituzione della Asl unica e per effetto delle riforme che hanno riguardato la rete ospedaliera ed il servizio dell’emergenza- urgenza. Carenze negli organici («mancano medici, infermieri, personale sanitario e amministrativo») e nelle forniture («non ci sono medicinali, garze, siringhe e persino le sacche per la diuresi sono di infima qualità») insieme con incongruenza gestionali («ad Iglesias per un semplice tamponamento si interviene con l’elisoccorso») e organizzative («chiudono i laboratori, tante sale operatorie non sono a norma mentre si continuano a trasferire reparti sena alcuna logica»): sono state queste le lamentazioni “spicciole” dei portavoce dei comitati che sul piano prettamente politico hanno affermato un giudizio tranciante sull’operato dell’assessore Arru («sta distruggendo la sanità sarda e insieme con il direttore dell’Ats continua a smantellare i presidi del sistema sanitario in tutti i territori dell’Isola»). Claudia Zuncheddu (Rete sarda a difesa della sanità pubblica) e Monia Piano (Comitato Cagliari) si sono concentrate sulle strutture del capoluogo ed in particolare “sul disastroso stato in cui versa l’ospedale Civile” e sulle incertezze che riguardano il futuro dell’ospedale Marino, del Santissima Trinità, dell’Oncologico e del Binaghi («sono stati mortificati persino i servizi per la sclerosi multipla»). «Dal Brotzu al Policlinico – ha dichiarato Piano – si è assistito al trasferimento dei primariati e non dei servizi, come è avvenuto per quelli rivolti alle grandi ustioni che possono essere trattate però solo a Sassari». «Alla Maddalena non ci si può ammalare e non si può nascere», ha incalzato Emanuela Cauli a nome del comitato che occupa il Paolo Merlo e che ha accusato senza mezzi termini l’assessore Arru di essere stato smentito, dal direttore generale dell’Ats nel corso della recente visita sull’isola dell’arcipelago, a proposito del mantenimento di strutture e reparti («nel frattempo ci è stato tolto anche il pediatra e non sono garantite neppure le visite agli anziani»). «I medici – ha incalzato Marco Fenudi (Ozieri) – non vogliono più venire a lavorare nei piccoli centri della Sardegna perché sanno che hanno il futuro segnato». «Così la gente non si sente più sicura nei nostri paesi – hanno incalzato i rappresentanti di Lanusei (Carla Lai), e Muravera (Lidia Todde) – e si alimentata di disastroso fenomeno dello spopolamento mentre gli hub sanitari di Cagliari e Sassari sono già al collasso». «Nell’arco di vent’anni – ha aggiunto Adriano Urru (Sorgono) – nel Mandrolisai si sono persi diecimila residenti e nel nostro ospedale non c’è neppure più un ortopedico mentre un pezzo delle sale operatorie è già stato spostato all’ospedale di Nuoro». «Rivisitare la rete chirurgica regionale è la necessità urgente – ha dichiarato Luigi Pisci (Isili) – perché contraddice il piano di riordino della rete ospedaliera e la paventata cessazione del servizio chirurgico nei piccoli ospedali preannuncia lo smantellamento, nei fatti, delle strutture sanitarie nei nostri territori». «Ad Iglesias avevamo tre ospedali – ha spiegato Rita Melis – ed oggi siamo ridotti ad avere dei semplici ambulatori che di altisonante hanno solo i nomi in “inglese”». L’otorino e il punto nascita sono invece la preoccupazione di Nicola Luciano che reclama “un futuro” per l’ospedale di Tempio e “più attenzione per la Gallura”. La presa di distanze del capogruppo Upc, Pierfranco Zanchetta («i consiglieri regionali fanno le leggi ed hanno approvato il piano di riordino della rete ospedaliera ma spetta ad altri applicarla e garantirne la piena e corretta attuazione») ha preceduto la replica, a tratti stizzita, dell’assessore Luigi Arru che, così come aveva fatto in occasione dell’incontro con il comitato per l’ospedale di Ghilarza, ha difeso le riforme sanitarie della legislatura ed ha escluso “la chiusura degli ospedali nei piccoli centri dell’Isola”. «Abbiamo attivato processi straordinari – ha affermato Arru – che hanno bisogno di tempo per dispiegare i loro effetti positivi ma pretendo lealtà e rispetto anche nelle critiche». «Non corrisponde al vero – ha proseguito l’assessore – che si vogliano ridurre i servizi, che le scelte siano di tipo ragionieristico ed all’insegna della riduzione dei costi, che si voglia fare una vera e propria macelleria sociale, la verità è che stiamo facendo quello che in dieci anni in questa Regione non si è avuto il coraggio di fare per migliorare la sanità sarda e garantire l’efficacia delle cure a tutti i sardi». «Basta allarmismo – ha tuonato Arru – e chi mi vuole criticare lo faccia con i fatti e non con i sentito dire perché noi procediamo con la stabilizzazione del personale, con gli investimenti, con i concorsi, lavoriamo cioè per creare centri di alta specialità che da decenni sono stati invece sacrificati in nome dell’iper-frammentarietà dei servizi e delle strutture sanitarie». L’animato scambio di vedute è stato riportato a sintesi con l’intervento del presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau, che ha escluso la chiusura degli ospedali nei piccoli centri ed ha ribadito la difesa del piano di riordino della rete ospedaliera, proprio nell’ottica della tutela di tutti i presidi sanitari e di tutti i territori della Sardegna. «Gli atti aziendali dell’Ats – ha puntualizzato Ganau – adottati in difformità dalle previsioni del piano di riordino della rete ospedaliera dovranno essere aggiornati alla luce di quanto stabilito nel documento approvato dall’assemblea sarda». Il presidente del Consiglio regionale ha quindi rassicurato i comitati sulla stabilizzazione e il reclutamento del personale sanitario («ma la carenza degli anestesisti è un problema nazionale legato all’accesso alla professione») ed anche sulle modifiche da apportare in sede di Giunta alla rete chirurgica («ho notizia che si sia già provveduto ad adeguarla»).

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La Rete sarda difesa sanità pubblica ha avviato un percorso di adesione al Comitato Nazionale Sanità, che raggruppa tutte le realtà civiche in lotta contro i tagli al sistema sanitario pubblico e la privatizzazione del sistema sanitario nazionale, riunitosi in queste ore a Milano per contrastare il vertice del G7 sulla Sanità Mondiale.

Ne dà comunicazione il coordinamento del Sulcis Iglesiente, confederata alla Rete sarda difesa sanità pubblica, che ha avviato con le organizzazioni civiche della penisola tavoli per capire attraverso quali strumenti contrapporci al DM 70 e alle norme che ne derivano nelle Regioni a Statuto Speciale, anche attraverso il Diritto Internazionale e Costituzionale ed annuncia che «la votazione in Consiglio Regionale della nuova rete ospedaliera non ci fermerà».

La portavoce della Rete sarda Claudia Zuncheddu, ha inviato una lettera al Comitato Nazionale Sanità che di seguito riportiamo integralmente.

«In occasione del “controG7 sulla Sanità”, essendo impossibilitati a partecipare all’importante evento da voi organizzato a Milano, Vi ringraziamo per l’invito e per la vostra attenzione sulle lotte portate avanti in tutti i territori sardi dai comitati che fanno capo alla Rete Sarda Difesa Sanità Pubblica.

E’ palese che il Sistema Sanitario Pubblico in Italia ha intrapreso la via della privatizzazione. La Riforma Sanitaria (Legge 833 del 1978), che riteniamo tra le più importanti conquiste sociali dello scorso secolo, oggi è al centro degli attacchi delle politiche neoliberiste europee.

I governi italiani che si sono alternati in questi ultimi tempi eseguono i diktat dei poteri finanziari europei attraverso politiche sempre più antipopolari e di discriminazione.

L’80% delle Leggi italiane e cioè quelle più importanti, vengono formulate in Europa e fra queste si annovera la Sanità. Merita di essere ricordato che con la scellerata adesione dello Stato italiano al MES (Meccanismo Europeo Salva stati), l’Italia ha rinunciato alla sua sovranità abdicando a favore dei poteri Finanziari europei.

Queste politiche hanno generato pesantissime ripercussioni sulla Sanità Pubblica sarda.

Con il “Piano di Riordino della Rete Ospedaliera sarda”, votato a ottobre dal Consiglio della Regione Autonoma, in nome di “strane razionalizzazioni e di buchi di bilancio” i nostri ospedali pubblici vengono declassati, svuotati ed avviati alla chiusura.

Su questi temi da circa due anni si sono sviluppate lotte spontanee con la costituzione di comitati che hanno contribuito a smascherare l’ipocrisia della classe politica sarda che nei territori sosteneva a parole le lotte contro i tagli e la privatizzazione ed in Consiglio Regionale, con il solito balletto delle parti, votava il contrario.

In Sardegna mentre chiudono gli ospedali pubblici, fioriscono gli ospedali privati di cui il Mater Olbia del Qatar ne è simbolo. Il Qatar acquisisce imperi immobiliari anche con finanziamenti pubblici delle casse sarde e con essi il controllo della classe politica.

La Sardegna è tra le regioni d’Italia più impoverite. Vantiamo il record per la disoccupazione, dispersione scolastica, inquinamento ambientale, militarizzazione e spopolamento.

In queste situazioni i numeri anche in Sanità acquistano un valore peculiare.

La popolazione sarda è di 1.650.000 residenti dispersi in un vasto territorio con caratteristiche orografiche particolari, con problemi di trasporto e di viabilità ancora ottocenteschi.

I tempi di percorrenza delle distanze non sono quindi paragonabili a quelli della Lombardia. Da qui la necessità di potenziare gli ospedali dei territori disagiati. Inoltre fanno capo alla Sardegna numerose isole minori, come ad esempio La Maddalena dove in nome di una “inspiegabile sicurezza per le mamme e i nascituri” la Ministra Lorenzin impone la chiusura del Punto Nascite solo perché in quell’Isola il numero delle nascite è inferiore a 500.

Il problema dello spopolamento è drammatico. In 304 comuni sardi su 377 i decessi superano le nascite. E’ su questi dati che la Politica dovrebbe riflettere potenziando tutti i servizi a partire da quelli Sanitari e non negandoli in nome dei numeri.

In Sardegna più si abbassano i numeri in termini di sviluppo demografico e maggiori devono essere i servizi nei territori a partire da quelli sanitari.

La Politica non può affrontare la piaga dello spopolamento come un tema da salotto radical chic. Lo smantellamento degli ospedali, le restrizioni dell’assistenza sanitaria a colpi di Decreti Lorenzin sui Medici di Base, le lunghe liste d’attesa e i ticket spesso insostenibili, dicono che soffiano venti di privatizzazione. Intanto le assicurazioni avanzano per chi potrà e per chi non potrà, come la maggioranza dei sardi, l’aspettativa di vita si accorcerà.

Forse non tutti sanno che la Sanità Pubblica in Sardegna se la pagano i sardi. Per un accordo politico disatteso tra la nostra Regione Autonoma ed il Governo Prodi, noi ci saremmo impegnati a pagare con le nostre casse la Sanità pubblica e i trasporti interni, mentre il governo italiano ci avrebbe dovuto accreditare (come previsto dallo Statuto di Autonomia) le nostre Entrate Fiscali.

La beffa è che mentre noi sardi ci paghiamo la Sanità: 3 miliardi con un buco di oltre 300 milioni e ci accolliamo i costi dei trasporti pubblici interni, il governo disattende i patti e non ci accredita le Entrate Fiscali dovute.

Concludiamo con questa riflessione lasciando aperto il dialogo con tutti voi. La lotta dei sardi è la lotta perché tutti i popoli del mondo beneficino del diritto inalienabile alla Salute, presupposto per una società equa, solidale e felice.

E’ su questo diritto che la Rete Sarda Sanità Pubblica ha deciso di aderire al “contro G7 sulla salute” e al coordinamento dei vostri comitati.

Vi ringraziamo e vi auguriamo buon lavoro. A presto.»

Claudia Zuncheddu portavoce Reste Sarda Difesa Sanità Pubblica.

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C’è ancora spazio in Sardegna per una sinistra di Governo? E quale sinistra? Sono interrogativi ai quali cercherà di dare delle risposte il convegno“Quale Sardegna – Quale Sinistra” organizzato per venerdì 13 ottobre, a Sassari, presso il Centro sociale San Giorgio a Li Punti.

Dopo l’introduzione di Salvatore Meloni (segretario provinciale Sinistra Italiana) su “Quale Sardegna”, interverranno: Omar Chessa (Art. 1 MDP), Roberto Mirasola (Sinistra Italiana), Giovannino Deriu (Rifondazione Comunista), Patrizia Marongiu (PCI), Massimo Dadea (ex assessore regionale), Maria Antonietta Mongiu (associazione Lamas), Gesuino Muledda (Rossomori), Francesco Soro (Possibile), Sandro Roggio (Urbanista), Giovanni Tendas (Sinistra Italiana) e Claudia Zuncheddu (consigliere regionale Sardegna Libera).

Dopo la pausa pranzo, dalle ore 16.30, introdurrà il tema “Quale sinistra” Antonello Licheri (segretario regionale Sinistra Italiana). Interverranno Pippo Civati (Possibile), Miguel Gotor (Art. 1 – MDP) e Nicola Fratoianni (Segretario Nazionale Sinistra Italiana. Parteciperanno al dibattito anche Michele Carrus (CGIL), Gaetano Galia (Salesiani), Lilli Pruna (Sinistra Italiana), Maria Graziella Serra (Sinistra Italiana), Fiorella Tilloca (Sinistra Italiana) e Franco Uda (dirigente nazionale Arci).

Hanno dato la loro adesione, e interverranno, inoltre, Pasquale Lubinu (coordinatore provinciale di Art. 1 – MDP), i consiglieri regionali Luca Pizzuto e Daniele Cocco (art. 1 – Sdp), Thomas Castangia, dirigente regionale di Possibile, Piero Cossu, presidente regionale ANPI.

Il dibattito, aperto a tutti, sarà coordinato dal giornalista Costantino Cossu. Ci sarà la possibilità di pranzare all’interno della struttura.

«Si tratta del primo evento – si legge in una nota – che vede la partecipazione di tutta la sinistra plurale, quella organizzata nei partiti e movimenti (presenti con i più autorevoli dirigenti nazionali) e quella che fa capo alle associazioni e ai movimenti della società civile, quindi un importante momento di dialogo e confronto nel processo di costruzione di una alternativa alle politiche del governo nazionale e di quello regionale.»