13 December, 2025
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Saranno 104 i pazienti coinvolti in un progetto dedicato alla Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO), attraverso l’utilizzo di strumenti digitali per il telemonitoraggio domiciliare. Deliberato ieri dalla direzione aziendale, mira a migliorare la qualità dell’assistenza ai pazienti cronici, grazie a un monitoraggio quotidiano dello stato di salute, interventi tempestivi in caso di peggioramento e un coinvolgimento attivo del paziente.
Inserita in un modello ispirato al Chronic Care Model, l’azione si avvale di Sistemi di Supporto alle Decisioni (SSD) capaci di analizzare i dati clinici e segnalare in tempo reale situazioni critiche.
I pazienti saranno selezionati non in base allo stadio della malattia (GOLD), ma in funzione della frequenza delle riacutizzazioni, per intercettare i casi più delicati e prevenire ospedalizzazioni.
Ogni partecipante riceverà un kit per il monitoraggio domiciliare, composto da un pulsossimetro Bluetooth e da un’App per smartphone (Android e iOS) dotata di un algoritmo predittivo di intelligenza artificiale. L’algoritmo è in grado di individuare precocemente le riacutizzazioni con un’accuratezza del 98,4% e di inviare automaticamente i dati rilevati.
Le misurazioni seguiranno un piano predefinito e saranno supervisionate da un infermiere case manager afferente alle COT.
In caso di anomalie nei parametri o discrepanze con i sintomi percepiti, sarà attivata una procedura immediata di assistenza. I pazienti avranno a disposizione una rete di supporto che include, oltre agli specialisti pneumologi, l’Infermiere Case Manager, il Medico di Medicina generale, il Medico di Continuità assistenziale (116117), il 118 e il Pronto soccorso per le emergenze.
L’iniziativa è aperta anche a pazienti con comorbilità, senza criteri restrittivi aggiuntivi, se non quelli clinicamente ostativi. Grazie all’analisi intelligente dei dati, sarà possibile monitorare anche l’evoluzione di altre patologie croniche.
«Un intervento che ci consentirà di accompagnare ogni paziente nel percorso di cura, anche a distanzaha dichiarato la referente delle COT Simona Frau -. Il telemonitoraggio non è solo una questione tecnologica, ma una nuova modalità di relazione e di ascolto. Ogni giorno ci assicuriamo che si sentano seguiti, compresi e supportati.»
«Con questa iniziativa vogliamo trasformare la modalità di gestione delle cronicità, attraverso un approccio proattivo e multidisciplinare, che unisce innovazione tecnologica e presa in carico personalizzataha commentato il responsabile del progetto Antonello Cuccuru -. La BPCO è una patologia complessa, ma grazie al monitoraggio continuo e all’analisi intelligente dei dati possiamo anticipare i peggioramenti e migliorare concretamente la qualità di vita dei pazienti.»
«La BPCO è una malattia ad alto impatto epidemiologico, clinico ed economicoha concluso il direttore sanitario della ASL Antonio Pisano una gestione precoce, continuativa e integrata è fondamentale per migliorare la qualità della vita dei pazienti e ridurre le riacutizzazioni e i ricoveri ospedalieri.»

Ieri ci ha lasciati la dott.ssa Rossana Farci, dirigente medico di emergenza urgenza e di diabetologia.

Rossana arrivò in Pronto Soccorso nel 1992 e dopo 11 anni chiese di essere trasferita in Diabetologia per problemi di salute. Ho avuto l’onore di condividere con lei 9 anni di Pronto Soccorso prima di passare al 118, anche se ho continuato ad
incontrarla.
Di Rossana ho apprezzato la grande professionalità e umanità. Negli anni 90, dopo l’accorpamento tra USL 16 di Iglesias e USL 17 di Carbonia, eravamo ubicati nel vecchi e angusti locali del Pronto soccorso (oggi sede dell’Anatomia Patologica) con sole due medicherie e due stanze di Astanteria (oggi Osservazione Breve Intensiva) e Rossana ha vissuto insieme ad altre sue colleghe e colleghi (molte/i dei quali in pensione), infermieri e Ausiliari (gli OSS non erano ancora nati) l’esperienza della Medicina di Emergenza-Urgenza
Sicuramente una delle branche più entusiasmanti e travolgenti della medicina. Il medico di urgenza in pochi minuti può fare la differenza rispetto all’esito del paziente. E’ il medico delle patologie “tempo dipendenti ” – infarto, ictus, sepsi politrauma etc. – quelle che si devono diagnosticare ed inquadrare rapidamente e altrettanto velocemente si devono gestire per contrastare il deterioramento del paziente. Allora per fortuna, non c’erano i problemi della carenza dei posti nei reparti e di boarding (fenomeno che consiste nel tenere i pazienti su barelle in Pronto Soccorso, in attesa che si liberi un posto letto in reparto).
Anche se la frequenza dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma mi teneva lontano per qualche giorno dal Pronto Soccorso, di Rossana ricordo il suo carattere mite e il suo sorriso. Non l’ho mai vista una sola volta perdere la pazienza o alzare la voce anche di fronte a pazienti violenti o al senza fissa dimora che chiedeva di dormire in barella nella “camera calda”. Un’empatia che è riuscita a trasmettere a tutto il team di urgenza emergenza. Nel locale ristoro che chiamavamo cucinetta, riuscivamo a condividere, ogni tanto qualche spaghettata notturna, spesso interrotta dall’arrivo di qualche paziente, dove cercavamo una pausa e richiamavamo alla memoria aneddoti dei tempi passati, di gavettoni e di gamberoni cucinati nelle stuffe a secco.
Mi piace ricordare Rossana con i versi della poesia di Gabriel García Márquez, Perderai molte persone nel tuo cammino.

Certe lentamente, senza accorgertene.
Una telefonata in meno, un messaggio dimenticato.
Altre per scelta, tua o non tua.
Alcune però ti rimarranno addosso.
Basterà una foto dimenticata
tra un libro,
una canzone alla radio ed ecco che te ne ricorderai.
Sorriderai.
Magari ti chiederai come stanno
affrontando le loro battaglie.
Se sono felici. E … forse
ti commuoverai pensando
a come le avete affrontate voi
insieme le battaglie.
Poserai la foto, spegnerai la radio
e di nuovo continuerai la tua giornata cercando di scrollarti
di dosso quella sensazione di aver perso … insieme a loro almeno un po’ di te.

Rossana è una di quelle persone che ci rimarrà appiccicata addosso, insieme a lei se ne va una parte di molti di noi.
Ringrazio il Signore per avercela fatta conoscere e mi stringo al dolore dei familiari

Antonello Cuccuru

Si è tenuta nei giorni del 29 e 30 maggio scorsi, presso l’Aula Gaetano Fiorentino dell’Ospedale Sirai di Carbonia, la 1ª edizione del corso sulla “Prevenzione del conflitto all’interno del contesto lavorativo: strumenti per comunicare efficacemente nelle aziende sociosanitarie”, diretto a Direttori di Struttura (ex primari) e Incaricati di Funzione Organizzativa di Coordinamento (ex caposala).
Il corso promosso dalla Struttura delle professioni sanitarie, è stato affidato alla ditta Pipol Persone e Organizzazione S.r.l con determina dirigenziale ARES n 1085 del 18/04/2025 e ha previsto l’integrazione di un docente interno.
La docenza ha visto alternarsi il dott. Michele Confalonieri – amministratore unico di Pipol Persone e Organizzazione S.r.l ed esperto in gestione e sviluppo delle Risorse Umane e cambiamento organizzativo – e la dott.ssa Katia Palmas, – psicologa del lavoro e delle organizzazioni sociali, psicoterapeuta analista transazionale Mediatrice familiare, terapeuta EMDR- del Consultorio Familiare di Carbonia.
Dopo l’introduzione del Direttore scientifico, dott. Antonello Cuccuru, che ha aperto i lavori con una chiarificazione semantica sul termine conflitto (cum-fligere) che in latino significa letteralmente “urtare insieme”, ma anche “far incontrare” a seconda del contesto, sono stati presentati gli obiettivi del corso e i due docenti. A seguire l’intervento del commissario straordinario, dott. Andrea Marras, che, nel portare i saluti istituzionali, ha sottolineato come il conflitto può essere considerato costruttivamente come uno scambio di idee, un’occasione per far emergere differenti punti di vista, o un processo di confronto.
Il corso della durata di due giornate, ha avuto l’obiettivo generale di sviluppare e rinforzare, nei dirigenti e nel middle management, le capacità di comunicare efficacemente anche in situazioni ad alto livello di conflittualità.
In particolare, l’intervento formativo ha inteso conseguire i seguenti obiettivi specifici: sapere distinguere le motivazioni e le cause che possono determinare incrinature o vere rotture nel rapporto con l’altro; fornire strumenti per potere gestire al meglio le difficoltà relazionali; curare le relazioni nei contesti operativi di lavoro quotidiano, autodiagnosticare alcune aree di sviluppo individuali e definire un action plan individuale per il loro miglioramento.
Dopo un momento di setting d’aula con la presentazione di tutti i partecipanti, che ha messo in luce le aspettative dei partecipanti, il dott. Michele Confalonieri, ha precisato come nella società complessa – come quella attuale -, la comunicazione ha assunto ormai una centralità strategica in tutte le sfere delle prassi individuali e organizzative.
I cambiamenti sempre più veloci aumentano il numero di conflitti organizzativi e fra i professionisti delle aziende ed il cittadino/cliente. Le persone sono quindi sempre più chiamate a lavorare per prevenire o gestire conflitti. Avere efficaci processi di comunicazione e saper affrontare e risolvere positivamente un conflitto consentono una crescita importante delle persone coinvolte, ecco perché all’interno delle organizzazioni diventa quindi vitale conoscere e praticare i comportamenti e le tecniche di comunicazione orientati a comunicare efficacemente prevenire e gestire situazioni conflittuali, possedere conoscenze e tecniche per negoziare e fare evolvere in senso costruttivo situazioni critiche.
Per affrontare efficacemente le problematiche legate alla comunicazione efficace ed all’anticipazione e gestione del conflitto sono state approfondite in aula le seguenti aree di competenze: la relazione efficace, la gestione conflitto, la comunicazione e la negoziazione, i principi della comunicazione interpersonale, le trappole relazionali, la differenza tra contrasto e conflitto, l’identificazione delle cause del conflitto per adottare le appropriate tecniche di gestione, le strategie e le tecniche di negoziazione ed infine, la gestione del post conflitto.
I principali modelli e metodi di riferimento utilizzati in aula hanno preso in esame la pragmatica della comunicazione umana di Watzlawick, il Conflitto e la sua gestione di De Dreu, Galthung, Glasl), il Modello i Fisher Ury , il Modello di Scaglione e Vergnani e la negoziazione generativa.

L’intervento delle dott.ssa Katia Palmas, pur nell’economia di tempo a disposizione, ha catalizzato l’attenzione dei partecipanti con la presentazione dell’Analisi Transazionale (AT) applicata ai diversi contesti lavorativi. L’Analisi Transazionale è una teoria psicologica sviluppata da Eric Berne negli anni ’50. Si basa sull’idea che la personalità di un individuo sia composta da tre stati dell’Io: Genitore, Adulto e Bambino.
Questi stati influenzano pensieri, emozioni e comportamenti, e l’analisi delle interazioni tra essi, chiamate “transazioni”, aiuta a comprendere e migliorare le dinamiche relazionali.
Ogni individuo possiede ed utilizza tutti gli Stati dell’Io descritti (G, A, B) ma può esservi la tendenza ad utilizzarne uno in maniera privilegiata ovvero in maniera rigida.
L’AT offre un approccio psicologico che aiuta a comprendere le dinamiche relazionali e comunicative, fornendo strumenti per gestire in modo più efficace i conflitti e le difficoltà comunicative.
Dopo la presentazione dell’AT, la docente ha coinvolto i partecipanti con la compilazione del questionario sugli stati dell’io (egogramma), un interessante modello psicometrico è messo a punto da John M. Dusay nel 1965 che permette la mappatura degli Stati dell’Io ai fini del confronto transazionale. L’analisi dei risultati di un questionario sugli stati dell’Io è generalmente effettuata per fornire un feedback personalizzato e guidare l’individuo verso una maggiore consapevolezza di sé.
Nel corso delle relazioni sono stati sperimentati ulteriori test di autodiagnosi sugli stili di relazione e sugli aspetti da migliorare.
Attraverso l’esame della descrizione di alcuni conflitti, raccontati dai partecipanti, è stato infine possibile individuare, sulla base dei principi delle teorie sistemiche e psicosociali relative alla gestione dei conflitti, le cause del conflitto, la percezione del proprio e altrui atteggiamento relativo alla gestione del conflitto, le “reali” parti coinvolte e gli aspetti emozionali.
I partecipanti si sono dichiarati molto soddisfatti del corso, con una richiesta di maggiore approfondimento dell’AT, affermando che ha risposto alla maggior parte delle attese espresse in fase iniziale.

Un carrello di medicazione in favore della SC Chirurgia Generale e Week Surgery del CTO di Iglesias – Ambulatorio Stomaterapia è stato donato stamane dall’associazione Alberto Riccaboni, alla presenza della Direzione di Presidio e della Direzione delle professioni sanitarie.
Questa donazione – ha sottolineato Rosanna Carta -, ex infermiera della ASL Sulcis Iglesiente dal 1992 al 2023, è nata dopo un’esperienza presso l’ambulatorio di stomaterapia, dove, dopo l’intervento chirurgico, ho potuto toccare con mano l’importanza di questo servizio. A questa donazione, ha evidenziato il marito Enrico, seguiranno anche altre iniziative per colmare alcune importanti necessità dell’ospedale.
Il responsabile del presidio ospedaliero del CTO Giuliana Riola e il responsabile delle professioni sanitarie, Antonello Cuccuru, hanno ringraziato l’associazione a nome della Direzione Generale per la sensibilità dimostrata.

L’Ordine delle Professioni Infermieristiche (OPI) di Carbonia Iglesias ha organizzato per venerdì 31 gennaio alle ore 16.00, presso la sala conferenze Anfiteatro di via Roma 253, a Cagliari, il “tavolo progettuale interistituzionale per l’attivazione del corso di laurea infermieristica nella provincia Carbonia-Iglesias”.
L’OPI è fortemente convinto che sia possibile un accordo sinergico tra la Regione Sardegna, l’Università di Cagliari, la Asl Sulcis, i Comuni del Sulcis Iglesiente, il Consorzio AUSI, per dare anche ai ragazzi della nostra provincia una maggiore opportunità di studio e nel contempo per promuovere la formazione di professionisti sanitari competenti e indispensabili per il sistema Salute.
In piena carenza di professionisti sanitari infermieri ed in un frangente in cui non pochi studenti sono costretti a interrompere o a non intraprendere un corso di studi universitario per mancanza di risorse economiche in seno al proprio nucleo familiare anche per la drammatica condizione lavorativa e sociale del Sulcis Iglesiente, è una opportunità che il territorio deve cogliere
e che le istituzioni potrebbero sostenere.
L’OPI avanzò dal 2013 l’ipotesi di realizzare un corso di laurea in infermieristica decentrato, rifacendosi all’esperienza delle realtà già presenti in territorio sardo e con quelle dell’Università degli studi di Torino. A distanza di 12 anni, la necessità di fornire risposte agli stessi bisogni formativi sociali e, nondimeno, assistenziali, si fa più forte: i dati sul fabbisogno formativo che verranno esposti dal dott. Mastrillo, dell’Università di Bologna, l’esperienza della gestione e organizzazione dei corsi di laurea in sedi decentrate del dott. Dimonte, dell’Università di Torino, apriranno il confronto con l’Università di Cagliari circa i vantaggi e le criticità per la realizzazione di corsi universitari e con le autorità locali e regionali. Sarà inoltre occasione per tutte le istituzioni di individuare risorse e soluzioni per la risoluzione delle criticità e problematiche che emergeranno eventualmente dal dibattito sui dati e considerazioni espresse.
Nel solco delle importanti iniziative che l’Ordine porta avanti e che vanno oltre all’ordinaria amministrazione, siamo impegnati dal 2013 nel nella promozione del corso di Laurea in Infermieristica nel Sulcis. Il “tavolo progettuale”, saprà avviare un confronto per la risposta alla nostra domanda: «Siamo finalmente pronti al corsi di laurea in Infermieristica nel Sulcis Iglesiente?»
Sono stati invitati all’incontro le seguenti autorità:
– Direttore Generale della Sanità, Luciano Giovanni Oppo

– Presidente del Consiglio regionale, Giampiero Comandini
– Assessore regionale della Sanità, Armando Bartolazzi
– Assessore regionale della Cultura, Ilaria Portas
– Rettore dell’Università di Cagliari, Francesco Mola
– Coordinatore del Corso di Laurea in Infermieristica, Paolo Contu, e Coordinatore attività professionalizzanti di Cagliari Maria Rita Pinna
– Il prof associato del Dipartimento di Scienze Mediche e San Pubblica, Luigi Minerba
– Il presidente Ersu Cagliari, Cosimo Ghiani
– Il commissario del Consorzio UniNuoro, Giovanni Pinna Parpaglia
– Il presidente del consorzio UniOlbia, Aldo Carta
– Il presidente del consorzio AUSI, Mauro Usai
– I sindaci dei 27 comuni del Sulcis Iglesiente
– Gli Ordini delle Professioni Infermieristiche regionali
– I consiglieri regionali Andrea Pilurzu, Luca Pizzuto, Gianluigi Rubiu
– Il Direttore Generale della ASL Sulcis Giuliana Campus
– Il Direttore delle Professioni Infermieristiche Antonello Cuccuru.

 

Unire le forze verso obiettivi utili a risollevare il territorio dalla crisi ed avviare un nuovo modello di sviluppo. Sono le indicazioni emerse ieri a Carbonia nel corso di un incontro promosso da Sardegna Avanti, la formazione politica guidata dall’ex consigliere regionale Fabio Usai, cui hanno partecipato l’ex presidente della Regione Antonello Cabras, l’assessore regionale dell’Industria Emanuele Cani (Pd), il consigliere regionale Gianluigi Rubiu (Fratelli d’Italia), rappresentanti di diverse forze politiche di diversa estrazione, l’amministratore unico della Provincia del Sud Sardegna Sergio Murgia, amministratori locali (assessori e consiglieri di diversi Comuni), amministratori di società.

“Le buone pratiche della politica” è lo slogan scelto, condiviso da tutti i presenti. E di buona politica, in una fase storica importantissima e decisiva, nella quale non mancano le risorse per avviare percorsi virtuosi (JTF, PNRR, Piano Sulcis), il Sulcis Iglesiente ha assoluto bisogno, perché – come è stato sottolineato in diversi interventi – nel territorio, nel passato più o meno recente, le risorse sono arrivate ma spesso non sono state investite in progetti di lungo respiro, a volte addirittura non sono state spese interamente (l’esempio più recente è il Piano Sulcis).

«Purtroppo, viviamo in un contesto in cui troppo spesso la politica si trasforma in un’arena di rivalità e odio. Questo approccio distruttivo non solo alimenta tensioni inutili, ma allontana i cittadini dalla fiducia nelle istituzioni. Noi dobbiamo essere diversi. Sardegna Avanti, con la sua visione aperta e pragmatica, si distingue proprio per questa volontà di superare i vecchi steccati ideologiciha detto Fabio Usai -. Quando affrontiamo situazioni complesse, come ad esempio la condizione sanitaria del nostro territorio, non possiamo permetterci di basarci su slogan, emozioni o interessi di parte. Dobbiamo utilizzare parametri oggettivi, dati concreti e analisi approfondite. La politica deve essere al servizio delle soluzioni, non dei conflitti. Parlare di sanità significa guardare ai bisogni reali delle persone: investire nelle infrastrutture, rafforzare i servizi nei territori più isolati, garantire personale qualificato. Non si tratta di un problema di destra o di sinistra, ma di una questione che riguarda la dignità di ogni cittadino. La politica deve essere in grado di cogliere le opportunità che si presentano, come il Just Transition Fund o i fondi del PNRR. Questi strumenti rappresentano occasioni straordinarie per trasformare il nostro territorio, ma solo se riusciamo a collaborare per utilizzarli al meglio – ha concluso Fabio Usai -. La politica non è un’arena per dimostrare chi urla più forte, ma un luogo dove si decide il destino di una comunità. Sta a noi scegliere se essere costruttori di ponti o demolitori di speranze.»

Sono stati numerosi gli interventi, in materia di Sanità, Lavoro, Industria e Agricoltura, per una panoramica che ha gettato le basi per un lavoro a medio e lungo termine, da sviluppare in successivi incontri, dedicati a singoli settori. Nei diversi interventi è emersa chiaramente l’importanza dell’unità del territorio, ritrovata negli anni in cui venne istituita la provincia di Carbonia Iglesias e poi nuovamente persa dopo la sua cancellazione sancita dal referendum abrogativo, con il risultato che le comunità locali hanno ripreso a pensare e programmare iognuna per proprio conto.

Il consigliere comunale di Carbonia Nino Spanu ha evidenziato le difficoltà dei Comuni, alle prese con una grave carenza di personale che rallenta la macchina amministrativa, in particolare in una fase come quella attuale che vede gli enti locali alle prese con la programmazione degli interventi sui progetti finanziati dai fondi comunitari.

Il dottor Antonio Macciò, Responsabile UOC Ginecologia Oncologica, Ospedale A. Businco, di Cagliari, si è soffermato sulla difficile situazione vissuta dal sistema sanitario regionale, dalla quale si potrebbe venire fuori se si valorizzassero le competenze, che non mancano.

Sono poi intervenuti Bruno Angioni, ex consigliere comunale di Carbonia ed infermiere in pensione; Antonello Cuccuru, Direttore della SC Professioni Sanitarie della Asl Sulcis Iglesiente; l’ex consigliere regionale Peppino La Rosa; l’ingegner Mario Porcu, amministratore unico della Sotacarbo; il professor Cristian Galbiati, responsabile del progetto Aria nelle miniere della Carbosulcis; Marco Antonio Piras, assessore e vicesindaco del comune di Tratalias; Paolo Luigi Dessì, sindaco di Sant’Anna Arresi ed ex consigliere regionale; Andrea Pisanu, sindaco di Giba e presidente dell’Unione dei Comuni del Sulcis; Manolo Mureddu, assessore dei Lavori pubblici e Ambiente del comune di Carbonia; Michele Stivaletta, assessore delle Attività produttive e vicesindaco del comune di Carbonia; l’assessore regionale dell’Industria Emanuele Cani; il consigliere regionale Gianluigi Rubiu.

L’intervento conclusivo è stato quello di Antonello Cabras, ex presidente della regione e sottosegretario di Stato del Ministero del Commercio con l’Estero, oggi vicepresidente della Bper, che riportiamo integralmente.

Giampaolo Cirronis

Con l’assunzione del dirigente delle Professioni Sanitarie – Area delle professioni della Riabilitazione -, dott. Massimo
Rossi, è stato completato il nuovo assetto organizzativo della Direzione delle professioni sanitarie della ASL del Sulcis
Iglesiente.
La Direzione delle professioni sanitarie (infermieristiche, ostetriche, tecnico sanitarie, della riabilitazione e della
prevenzione), diretta attualmente dal dott. Antonello Cuccuru, concorre al perseguimento della mission aziendale
assicurando qualità, efficacia ed efficienza tecnica ed operativa delle attività assistenziali erogate dalla ASL Sulcis
Iglesiente.
La Struttura, alla quale afferiscono 929 dipendenti, è la più popolata tra le strutture complesse aziendali e si configura
come un servizio pienamente integrato con tutte le Unità Operative Ospedaliere e Territoriali, con cui concorre al
perseguimento degli obiettivi prefissati, assicurando qualità e sicurezza delle cure.
La  Direzione delle professioni Sanitarie (DPS), collocata in Staff alla Direzione Generale, è articolata in un livello
centrale, in un livello ospedaliero e in un livello territoriale, il cui governo è garantito dagli incaricati di funzione
organizzativa (ex coordinatori infermieristici e tecnici).
In particolare, si occupa di garantire il fabbisogno delle risorse del personale infermieristico, ostetrico, tecnico-
sanitario, riabilitativo, di prevenzione e degli operatori di supporto che operano nella ASL, in conformità con la
pianificazione strategica e gli obiettivi aziendali, di progettare e sviluppare modelli organizzativi assistenziali innovativi
e coerenti con l’organizzazione aziendale.
Punto di forza della DPS è rappresentato dalla valorizzazione delle competenze dei propri professionisti, garantita
anche da una continua e costante valutazione sul fabbisogno formativo, con definizione di piani formativi mirati alle
singole figure professionali.
La Struttura delle professioni sanitarie assicura la programmazione, la definizione e l’erogazione dei percorsi tecnico
assistenziali garantiti dalle professioni sanitarie e dagli operatori di supporto nelle diverse strutture aziendali, secondo
criteri uniformi modulati in base alle diverse esigenze organizzative, garantendo l’impiego ottimale delle risorse
disponibili e favorendo un’assistenza personalizzata e di qualità nel rispetto delle norme etiche e deontologiche.
Insieme al neoassunto dott. Massimo Rossi, fanno parte della Struttura il dirigente delle professioni sanitarie – Area
delle professioni infermieristiche e ostetriche dott. Giuseppe Lojacono e il dirigente delle professioni sanitarie – Area
delle professioni tecnico sanitarie – dott. Alessio Urgenti.
I tre dirigenti sono supportati dall’Ufficio di Staff a cui afferiscono l’infermiera dott.ssa Silvana Vincis e il tecnico di
laboratorio dott. Francesco Masala.

Presto sarà attiva anche nella Asl Sulcis Iglesiente una struttura ambulatoriale dedicata ai pazienti tumorali e ai pazienti ricoverati, ponendo fine alle trasferte verso altri centri cagliaritani.
L’obiettivo principale dell’ambulatorio è quello di fornire ai pazienti un accesso venoso affidabile e duraturo attraverso l’inserimento di cateteri venosi centrali a lunga permanenza, noti come Picc (peripherally
inserted central catheter o anche catetere centrale a inserzione periferica).
L’istituzione di tale servizio, a gestione infermieristica, prevede un percorso formativo con uno specifico corso che consente di acquisire le skills necessarie, unite all’esperienza professionale di almeno 5 anni nel
profilo di infermiere.
Grazie alla determinazione del direttore della Struttura complessa dell’anestesia e rianimazione, dott. Aldo Clemenza e del direttore della Struttura complessa delle professioni sanitarie dott. Antonello Cuccuru, unitamente al dirigente delle professioni sanitarie dott. Giuseppe Lojacono, è stato portato a compimento il percorso formativo, fortemente voluto dalla Direzione Generale, che il 4 ottobre ha permesso alle due infermiere dell’Anestesia e Rianimazione, dott.ssa Claudia Puddu e dott.ssa Francesca Chessa, di conseguire il certificato di impiantatore di PICC, secondo le raccomandazioni della Consensus del G.I.P.E. (Gruppo Italiano PICC Expert) pubblicate nel 201 e alla Consensus evidence-based del WoCoVa (World Congress of Vascular Access) – pubblicata nel 2013 sul British Journal of Anaesthesya -, presso l’istituto di Medicina Didattica Srl (I.Me.D.) di Siracusa.
Il percorso professionalizzante intrapreso dalle due professioniste è iniziato il 22 gennaio 2024 con un corso di formazione presso l’istituto di Medicina didattica I.Me.D. di Siracusa, al quale è seguita la formazione sul campo, con invio in comando presso l’ambulatorio di accessi vascolari del presidio ospedaliero Marino della Asl di Cagliari, con il tutoring del dott. Paolo Congia, abilitato formatore GAVeCeLT (Gli Accessi Venosi Centrali a Lungo Termine), e delle dottoresse Cristina Mura e Carlotta Spettu. Una curva di apprendimento che si è conclusa ieri con l’audit finale presso il Centro di formazione didattico di Siracusa.
Sarà compito della direzione sanitaria attivare il team di gestione degli accessi vascolari di concerto con la Direzione di anestesia e rianimazione e quella delle professioni sanitarie.
«Un servizio importantedice il direttore sanitario della Asl Sulcis Iglesiente dott. Giuseppe Pirasper gli utenti che vengono sottoposti a chemioterapia non solo presso il presidio ospedaliero Sirai ma anche per i pazienti che effettuano chemioterapia in altre Asl ma che sono residenti sul territorio della Asl Sulcis Iglesiente, evitando così lunghi viaggi verso altri ospedali.»

 

Diversi anni fa, quando sono stato nominato direttore della Struttura complessa delle professioni sanitarie, ho ricevuto in regalo un libro – da alcuni colleghi dell’area dell’emergenza, da cui provenivov-: “Il nostro iceberg si sta sciogliendo” di John Kotter e Holger Rathgeber.
Un testo che mi è piaciuto subito e che nella vita ho usato diverse volte, soprattutto, negli incontri con il middle management (livello intermedio costituto dagli ex coordinatori assistenziali) o nelle lezioni ai corsi di laurea delle professioni sanitarie.
“Il nostro iceberg si sta sciogliendo”, è una favola che insegna ad affrontare in modo efficace la sfida del cambiamento. Questa favola, apparentemente semplice, racconta la storia di una colonia di pinguini che da sempre abitano su un iceberg in Antartide.
La storia ruota intorno a 6 personaggi principali, 6 caratteri e 6 modi di reagire all’inevitabile cambiamento che la colonia di pinguini dovrà affrontare: Fred, Alice, Louis, Buddy, il Professore e NoNo sono come le persone che ci circondano quotidianamente. La storia fa sorridere, perché ognuno di noi può ritrovarsi in uno di questi pinguini ed ognuno di noi può ritrovare un collega, un amico, un sindacalista o un manager.
I nostri amici pinguini sono convinti che quella che per generazioni è stata la loro casa (o il loro ospedale, nel nostro caso) lo sarà per sempre, ma un giorno Fred, curioso e osservatore, scopre che l’iceberg si sta sciogliendo e rischia di spaccarsi in mille pezzi mettendo a serio rischio la sopravvivenza di tutti.
Deve assolutamente fare qualcosa, ma lui è un pinguino qualunque e teme di non avere sufficiente autorevolezza per farsi ascoltare da tutta la comunità. Preoccupato per la gravità della sua scoperta, decide di farsi coraggio e di informare il Consiglio direttivo, detto anche il Gruppo dei Dieci, composto dai leader della colonia. Coinvolge Alice, una pinguina concreta e tenace, il membro del Consiglio che è disposta ad ascoltarlo ed a prenderlo seriamente in considerazione.
Insieme verificano l’effettiva gravità del pericolo che li minaccia e decidono di informare tutti i membri del Consiglio direttivo, compreso il Pinguino capo.
Si verifica ciò che molto spesso accade anche nella nostra realtà lavorativa: scetticismo, ostacoli, paura dell’ignoto, fermezza sulle proprie posizioni anche di fronte all’evidenza. Non sarà facile convincere i leader a comprendere che il loro mondo sta cambiando e che tutta la comunità dovrà adattarsi al cambiamento prendendo rapidamente delle decisioni importanti.
Non è facile accettare che tutto ciò che hai costruito negli anni, tutto ciò che sei abituato a vivere (il lavoro a due passi da casa), vedere e riconoscere come familiare, d’un tratto non sia più lì, non sia immutabile e invulnerabile.
Sempre con l’apparente semplicità di una favola, ma in realtà densa di concetti, la storia prosegue raccontando, con semplicità e chiarezza, come la colonia di pinguini riesce a comprendere il problema, a mettere in atto un’efficace comunicazione per informare tutta la comunità senza diffondere il panico, ad analizzare insieme la situazione individuando vantaggi e svantaggi delle scelte possibili, e ad impostare con impegno e passione un buon lavoro di squadra, per motivare tutti a trovare la soluzione migliore e metterla in pratica con successo.
Quella dei pinguini è una storia di resistenza al cambiamento, di un’eroica vittoria su ostacoli apparentemente insormontabili, di confusioni, di intuizioni, di problemi, di tattiche ingegnose per superarli. E’ la storia di un tempo in cui il cambiamento non può essere più evitato.

La resistenza al cambiamento è l’ostacolo più grosso alla nostra sopravvivenza e, mi sia consentito, sia di quella professionale che di quella personale. Applicando la metafora alla nostra sanità locale, ci rendiamo conto che anche la sanità del Sulcis Iglesiente rischia di sciogliersi e di sbriciolarsi in tanti pezzi. In questo ultimo anno abbiamo temporaneamente sospeso (dire chiuso è pericoloso e rimanda a realtà di finitudine) le attività della Rianimazione di Iglesias, dell’Ortopedia e Traumatologia del Sirai e Cto, dell’Urologia e della Neurologia e, nei prossimi mesi, rischiamo di perdere altri pezzi per mancanza di specialisti. Tutto questo impone un cambiamento urgente della nostra organizzazione.
John Kotter e Holger Rathgeber  hanno usato la metafora della colonia di pinguini su un iceberg che si sta sciogliendo per identificare le tappe necessarie a un pinguino marginale alla colonia (Fred) per convincere gli altri ad avviare una strategia di cambiamento. A tal fine, Fred ha bisogno di creare un “senso di urgenza” rispetto alla necessità del cambiamento e all’importanza di agire tempestivamente, di costituire un gruppo coeso di promotori del cambiamento, di sviluppare una strategia di cambiamento efficace (nel caso, spostarsi su un altro iceberg), di adottare una strategia comunicativa capace di rimuovere le resistenze e di motivare i membri alla partecipazione attiva. Fred e i suoi compagni, infine, si trovano nella necessità di istituzionalizzare una cultura del cambiamento, in modo da rendere l’organizzazione capace di adattamenti continui.
Il cambiamento non è, dunque, frutto di strategie pertinenti, quanto di un’azione organizzata rivolta al superamento delle resistenze al cambiamento stesso, ovvero dei tentativi di rimandare, rallentare o impedire l’adozione di innovazioni organizzative (Ansoff, McDonnell, 1990). Nell’attuale spaccato di sgretolamento della sanità del Sulcis iglesiente, ma consentitemi di dire dell’intera Regione Sardegna, sarebbe facile scegliere di chiedere di più, invocare maggiori risorse. Ma sappiamo che le nostre richieste sarebbero destinate a non sortire gli effetti sperati.
In un contesto caratterizzato da un dibattito pubblico che raramente fa i conti con numeri ed evidenze, sono convinto che il management della sanità dovrebbe assumersi le responsabilità di un esercizio di realismo.
Quando diciamo che bisogna cambiare rotta per il futuro della sanità pubblica, pensiamo in primo luogo alla necessità di dire la verità, per riuscire a ragionare pragmaticamente su cosa fare per continuare a garantire la sostenibilità del SSN nel quadro di compatibilità dato. Questa operazione verità è necessaria e indispensabile per ricreare intorno al servizio sanitario pubblico quella cornice di condivisione collettiva di motivazioni e obiettivi comuni che è stata alla base dell’introduzione, nel 1978, della copertura universalistica della salute dei cittadini e, da ultimo nel 2020, della tensione positiva che ha permesso di superare, tutti insieme, una emergenza sanitaria violenta e inaspettata come quella da SARS-CoV2. Non possiamo continuare a organizzare i nostri servizi come se l’unica garanzia possibile dei LEA fosse affidata all’offerta di prestazioni. È necessario cambiare iceberg, abbandonare la logica della rincorsa alle prestazioni e puntare su un governo deciso della domanda. È questa, probabilmente, la strada obbligata per continuare ad assicurare l’universalismo del SSN, garantendo a ciascuno ciò di cui ha effettivamente bisogno nel momento in cui ne ha necessità, e coniugando appropriatezza e sostenibilità con produzione di valore per il singolo cittadino e la collettività.
Le strutture territoriali previste dal PNRR, Case e Ospedali di comunità e Centrali operative territoriali, così come la digitalizzazione, sono una straordinaria opportunità per trasformare i servizi che offriamo ai cittadini, mettere in discussione una volta per tutte le logiche prestazionali, ripensare i modelli di presa in cura e puntare con decisione sulla medicina di iniziativa, sull’integrazione dei percorsi e sull’appropriatezza.
Non possiamo accontentarci di aggiungere queste nuove strutture territoriali al nostro sistema di offerta dei 3 Distretti socio sanitari, dobbiamo cogliere questa occasione per ripensare modalità e obiettivi della presa in cura, soprattutto delle cronicità e delle fragilità, anche valorizzando i preesistenti servizi sul territorio. La vera posta in gioco dell’attuazione di quanto previsto da PNRR e DM77, al di là della dimensione strettamente strutturale, risiede nella nostra capacità di ripensare e riprogettare i servizi sanitari e i loro modelli organizzativi e di fruizione da parte dei pazienti.
Case e Ospedali di comunità, Cot, investimenti in assistenza domiciliare per concorrere al mantenimento dell’autosufficienza, scelta del domicilio del paziente come setting privilegiato per l’assistenza territoriale, realizzazione di strutture intermedie, rafforzamento della medicina generale e delle cure primarie, nuovo modello di organizzazione del territorio in relazione ed integrazione con le strutture ospedaliere. Dobbiamo guardare a tutti questi elementi come a un’opportunità per ripensare il modello di presa in cura. Sono tutti punti di una agenda obbligata per affrontare con successo la stagione attuale, con un occhio al quadro epidemiologico presente e futuro e al peso crescente di cronicità e comorbidità, e un altro alla tenuta e allo sviluppo del Sistema sanitario regionale.
Dobbiamo concentrare la nostra attenzione sulla mission effettiva del Ssn, che è produrre salute, non prestazioni, e garantirne la sostenibilità nella accezione più completa della parola, tenendo conto dei bisogni di salute, della nostra capacità di produzione, della esigenza di utilizzo appropriato ed equo delle risorse. Le transizioni demografica ed epidemiologica richiedono nuove politiche, a partire da investimenti organizzativi che abbiano il coraggio di innovare e riformare le vecchie modalità di erogazione dei servizi, lasciandosi definitivamente alle spalle le logiche prestazionali e puntando sulla appropriatezza allocativa in relazione alla tipologia di bisogni via via emersi e consolidati.
L’invecchiamento della popolazione, le cronicità, i nuovi bisogni di cura ed assistenza, la pressione dell’innovazione tecnologica e le ricadute di tutto ciò, richiedono un definitivo cambio di paradigma e di prospettiva. Non possiamo garantire efficacemente la tutela della salute continuando a privilegiare l’erogazione di singole prestazioni. La partita vera si gioca sull’intero percorso di presa in cura, soprattutto, per le cronicità, e sui suoi esiti in termini di salute e di qualità della vita.
Un approccio di questo genere favorirebbe una riorganizzazione dei servizi sanitari basati sulla centralità della costruzione dei percorsi integrati di presa in cura intorno ai pazienti con la loro patologia, condizione, i loro bisogni, in maniera da massimizzarne il valore per fasce o gruppi di popolazione portatori di quegli specifici bisogni e non guardando prioritariamente alle prestazioni e ai servizi erogati.
Tutte queste riflessioni rischiano, tuttavia, di lasciare il tempo che trovano se non facciamo i conti con le questioni che riguardano le risorse umane, tra le più complesse da affrontare e da risolvere.
Pesano certamente alcuni fattori esterni al settore, altri decisamente più specifici, come i livelli retributivi inadeguati o le condizioni di lavoro. Alle carenze di medici, soprattutto, per alcune aree specialistiche, si aggiunge il dato sull’età media. Nel 2020 il 56% del personale medico italiano aveva più di 55 anni di età, il valore più alto tra tutti i paesi dell’Unione europea. Oggi, inoltre, rischiamo di assistere impotenti alla fuga dei nostri operatori sanitari. Solo nel 2021 hanno lasciato il Ssn in 5mila. Nella nostra Asl si sono licenziati cardiologi, ortopedici e neurologi per andare a lavorare altrove, perché non siamo riusciti a motivarli. Non possiamo permettercelo, e non dobbiamo permetterlo. A tutto questo, si deve aggiungere che il rapporto tra il numero di medici e infermieri in servizio, il cosiddetto skill mix, non è cambiato nel tempo. Le crescenti difficoltà di reclutamento riguardano anche il personale delle professioni sanitarie e, in prospettiva, in misura più rilevante rispetto alla componente medica, con un preoccupante calo del numero di iscritti ai corsi di laurea.
Alle criticità del reclutamento, si aggiunge la difficoltà di non poter contare sulla piena disponibilità delle risorse in organico, a causa delle assenze e delle limitazioni per inidoneità. Una survey condotta dalla Federazione italiana delle aziende sanitarie e ospedaliere (Fiaso) su tutto il territorio nazionale per gli anni dal 2019 al 2022 documenta assenze dal lavoro per aspettative, permessi, legge 104, malattia, in crescita del 21,4% e un valore complessivo, nel 2022, del 18% di dipendenti assenti dal lavoro.
Altro fenomeno rilevante riguarda le limitazioni (alla movimentazione di pazienti o carichi, ai turni notturni o alla reperibilità, psichiatriche, psicosociali, da stress), che interessa il 12% degli operatori sanitari. Limitazioni, anch’esse, in crescita nello stesso periodo (+48%),e concentrate per il 65% nella fascia di età al di sopra dei 51 anni.
Nella Asl del Sulcis Iglesiente, dei 681 dipendenti afferenti alle professioni sanitarie, che prestano servizio nei 3 presidi ospedalieri, il 37% ha un giudizio di idoneità alla mansione specifica con limitazioni/prescrizioni e il 34% usufruisce dei permessi di cui alla L. 104/92.
A determinare la situazione attuale, ha concorso una pluralità di elementi. Sicuramente una programmazione inadeguata, in particolare degli accessi alle specialità, incrementati solo di recente, prevedendo anche la possibilità per i medici in formazione, di partecipare ai concorsi già dal secondo anno di specializzazione. Le norme per il reclutamento del personale sono vetuste, appesantite da numerosi adempimenti formali. La loro semplificazione, salvaguardando l’accertamento dei requisiti complessivi di accesso al Ssn, appare ormai improcrastinabile.
I sistemi di valutazione sono inadeguati, poco utili nelle forme attuali per la valorizzazione delle competenze, la premialità appiattita a vantaggio di riconoscimenti economici diffusi. Un quadro che, nell’insieme, lascia poco spazio a percorsi di carriera e sistemi di incentivazione interessanti per le nuove leve che decidono di venire a lavorare nella nostra Asl.
Sarebbe opportuno restituire alle aziende la capacità di scegliere come impiegare le risorse. Le risorse umane, così come i farmaci, sono un fattore produttivo indispensabile. E se provassimo a cambiare rotta e invece di stabilire quanto ogni azienda può investire in capitale umano in termini di tetto di spesa, utilizzassimo un valore legato alla produzione?
Ma dobbiamo anche essere in grado di guardare ai nostri operatori riconoscendone il ruolo di professionisti e valorizzandolo in pieno, lasciando a ciascuno la possibilità di investire sulla propria professione. Tutti, dagli infermieri al management strategico, devono poter guadagnare di più se producono risultati.
In questo scenario, le future proposte di policy è bene che tengano in debita considerazione consistenza numerica, profilo organizzativo ed erogativo dei nostri ospedali e le opportunità per un loro potenziale riorientamento produttivo. Non si tratta soltanto di rifocalizzare i nostri stabilimenti, ma, soprattutto, di programmare interventi infrastrutturali sistemici finalizzati alla realizzazione di un ospedale di dimensioni medio-grandi, in grado di esprimere una capacità di offerta all’avanguardia in termini di funzionalità sul piano logistico, impiantistico, organizzativo e tecnologico. In altri termini, non si tratta di tagliare posti letto per acuti, ma, al contrario, l’obiettivo deve essere quello di accorpare quelli che ci sono per raggiungere maggiore massa critica e conseguente “competence” clinica.
L’accorpamento dei posti letto esistenti al Sirai e al Cto in un presidio più grande consentirebbe due altri grandi vantaggi strutturali:
– la possibilità di concentrare anche le tecnologie e le grandi attrezzature, potendone quindi disporre di un numero inferiore, ma più moderne, quindi clinicamente più efficaci e più produttive, da usare con un tasso di saturazione della capacità produttiva più alto;
– una sicura riduzione dei costi di gestione, sia per l’effetto economia di scala, sia per l’effetto garantito dal rinnovo infrastrutturale.
L’errore da non compiere, che purtroppo si registra frequentemente nel Ssn, è mantenere l’utilizzo delle preesistenti facility, non avendo il coraggio attuativo – dei pinguini – di saltare su un altro iceberg e di concentrare tutte le attività in un nuovo ospedale, come inizialmente progettato.

Continuare a puntare su due presidi ospedalieri anche se con diversa vocazione (elezione Cto e urgenza emergenza Sirai), presenta diversi svantaggi:
a) si impedisce la compiuta concentrazione delle attività, l’unificazione dei percorsi di fruizione in un unico luogo, l’aumento potenziale del lavoro multi-professionale;
b) crescono esponenzialmente i costi di gestione dispersi su più strutture;
c) si perde l’effetto comunicativo agli occhi dei cittadini e degli utenti, rinunciando all’occasione di offrire un unico luogo simbolico di fruizione, moderno e funzionale, dove trovare il portafoglio completo dei servizi. L’alto indebitamento del paese, infatti, impone di focalizzarsi su impieghi in conto capitale, capaci, nel medio periodo, di razionalizzare la spesa corrente, non essendo immaginabile che nel lungo periodo essa possa crescere costantemente.
Non dobbiamo dimenticare infine, che il DM 70 esprime un marcato indirizzo verso il riorientamento delle risorse e, considerando l’evoluzione dei modelli assistenziali negli ultimi anni, appare inevitabile l’attivazione di una riflessione profonda verso alcuni punti rispetto al quale risulta parziale nel proprio sviluppo: sul fronte ospedaliero, intensità di cura e reti cliniche che vadano anche oltre quelle tempo-dipendenti; guardando oltre il setting ospedaliero, una maggiore spinta all’integrazione funzionale con setting di cura a minore intensità assistenziale e con il territorio.
La nostra sanità si sta sciogliendo, ma dobbiamo saper cogliere le altre opportunità per vincere la sfida. Ma per fare questo è necessario che il top management aziendale punti sul cambiamento ipotizzato dal prof. John Kotter.
Il professore di leadership alla Harvard Business School, nel 1996 definisce il suo modello di cambiamento in otto passi compresi nelle tre fasi di preparazione, sviluppo e coltivazione o consolidamento.
PREPARAZIONE
1. Creare la necessità.
Evidenzia ai decisori le minacce del non cambiamento e il bisogno di cambiare al più presto. Descrivi loro gli scenari e le forze che mutano le condizioni, e ciò che fanno i concorrenti o i migliori.
2. Formare il team.
Costituisci la squadra che dovrà realizzare il cambiamento, individuando le persone più entusiaste e facendone gli “evangelisti” del cambiamento.
3. Creare la visione.
Fai vedere agli altri come sarà la situazione a cambiamento avvenuto, dove si vuole arrivare, quali saranno i vantaggi.
SVILUPPO
4. Comunicare la visione.
Condividi la nuova visione con tutti i soggetti effettivamente o potenzialmente interessati al cambiamento. Insisti per rinforzare la comunicazione già fatta.
5. Rimuovere gli ostacoli.
Agevola gli agenti di cambiamento e ascolta i contrari per capire le loro ragioni e orientarle verso il cambiamento. Rimuovi gli ostacoli tecnologici, organizzativi e burocratici.
6. Fissare obiettivi a breve.
Spingi gli agenti di cambiamento a realizzare obiettivi limitati e provvisori, che però diano la sensazione di successo e possano così rinforzare la motivazione dei protagonisti. Questi obiettivi permettono anche di aggiustare il tiro nel caso che i risultati non siano del tutto soddisfacenti.
CONSOLIDAMENTO
7. Consolidare i successi.
Sostieni e conferma i miglioramenti raggiunti, rinforzandone gli effetti; tieni presente che il sistema tende a tornare com’era prima.
8. Incorporare i cambiamenti.

Metti a sistema i cambiamenti raggiunti e consolidati, facendoli diventare la regola della nuova organizzazione. In molti casi operazioni di successo, non confermate nel tempo, hanno finito con l’esaurirsi lasciando frustrati quelli che ne erano stati gli artefici. Quest’ultima fase è simile a quella di chi coltiva le piante per tutto l’anno per ottenere un buon raccolto.

Antonello Cuccuru

E’ operativo un nuovo ambulatorio infermieristico per la cura e la riabilitazione delle persone con stomia e gestione delle incontinenze con percorso di continuità assistenziale ospedale-territorio, a disposizione dei cittadini del Sulcis Iglesiente: si tratta di un servizio all’interno della Struttura Complessa di Chirurgia generale e Week Surgery del Presidio ospedaliero CTO di Iglesias, diretta dal dott. Francesco Autuori, gestito con la Struttura delle Professioni Sanitarie diretta dal Dott. Antonello Cuccuru.
Si inserisce nella rete degli ambulatori di stomaterapia della Regione Sardegna, eroga consulenze ai pazienti ricoverati presso il Presidio e agli esterni, che possono accedere con prescrizione del medico di medicina generale.
Il paziente viene preso in carico da personale infermieristico specializzato, con competenze avanzate in stomaterapia, che fornirà un’assistenza personalizzata durante tutto il percorso terapeutico riabilitativo, dal  periodo pre-operatorio, fino al momento del ricovero ospedaliero e, infine, durante il follow-up.
L’ambulatorio di stomaterapia vuole assicurare un servizio in sinergia tra ospedale, territorio e domicilio del paziente, attuando un percorso integrato di cura che garantisca l’omogeneità della risposta assistenziale in tutto il territorio regionale.
L’attività e le prestazioni erogate permetteranno al paziente l’assunzione di un coping adeguato, che gli consentirà di sviluppare le capacità di resilienza necessarie per la nuova condizione di vita. E’ essenziale, infatti, che la persona e/o il caregiver acquisiscano conoscenze e competenze specifiche per la cura della stomia affinché il paziente sia autonomo nella ripresa delle attività quotidiane, lavorative e sociali.
L’ambulatorio è operativo presso la UOC Chirurgia generale e Week Surgery del PO CTO di Iglesias dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 14.00. Si accede previo appuntamento telefonico al numero 0781 3922680 o mediante invio mail all’indirizzo ambulatorio.stomaterapia@aslsulcis.it.
Si sta predisponendo l’attivazione del medesimo servizio presso la Casa della Salute di Sant’Antioco, per il quale verranno fornite ulteriori tempestive comunicazioni.