26 April, 2024
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«Ci impegneremo da subito per garantire a tutte le organizzazioni di allevatori la rappresentanza democratica all’interno della neonata Associazione allevatori della regione Sardegna. E’ del tutto evidente che questo settore, che è davvero nel patrimonio culturale prima che economico della Sardegna, abbia bisogno di democrazia e soprattutto di servizi efficienti per tutti i produttori, che devono assicurati direttamente e indirettamente dalla Regione.»

Lo ha detto l’on. Piero Maieli, presidente della commissione V, al termine dell’audizione di tutte le organizzazioni di produttori tranne la Coldiretti, assente per altri improrogabili impegni.

E’ stato Pietro Tandeddu, direttore regionale di Coopagri a rivolgersi per primo ai commissari, evidenziando i limiti della neonata Associazione allevatori della Regione Sardegna e contestando il fatto che «servizi pubblici, pagati con i soldi pubblici, possano diventare strumenti di potere in mano a qualcuno. Nessuno intende dipendere dall’Associazione italiana allevatori, con al quale si può collaborare ma in un rapporto chiaro».

A seguire, il rappresentante della Cia Nord Sardegna, Michele Orecchioni ha aggiunto: «Sono evidenti le manovre dell’Associazione italiane allevatori, non alla luce del sole». Luca Sanna, in rappresentanza di Confagricoltura, ha toccato il tema della rappresentanza in seno al governo di Aars: «La prevalenza è di Coldiretti, non c’è un rappresentante della Regione nonostante sia previsto. Nel consiglio di amministrazione siede un funzionario che non mi risulta allevi nemmeno un gatto o una cocorita. In questo scenario mancano i servizi per gli allevatori e persino le analisi sul latte vaccino e ovino vengono effettuate fuori dalla Sardegna, nonostante abbiamo i tecnici formati e pagati per fare questo. Siamo in un momento molto difficile, negli ultimi 15 anni la Sardegna ha perso un milione e mezzo di capi a causa della Blue tongue e nessuno si preoccupa di far ripartire il miglioramento genetico delle nostre greggi».

 

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La Cia Nord Sardegna contesta le elezioni per la nomina del Consiglio di amministrazione dell’Associazione allevatori della Regione Sardegna (AARS), l’ente che di fatto sostituisce le vecchie Apa, commissariate da oltre un anno.

Le votazioni si sono svolte oggi ma hanno visto andare alle urne un numero limitato di associati: «Queste consultazioni si sono rivelate come l’ennesimo atto di arroganza del commissario – denuncia Michele Orecchioni, presidente della Confederazione italiana agricoltori Nord Sardegna -. Molti associati erano all’oscuro delle votazioni, non avendo ricevuta nessuna convocazione o avviso al riguardo. Ci duole rimarcare che queste mancanze non sono una novità nei comportamenti del commissario, che per oltre un anno ha sempre evitato di coinvolgere nelle attività dell’ente tutte le associazioni di categoria e i soggetti interessati. Contestiamo con forza il metodo adottato per lo svolgimento di queste elezioni, ed essendo AARS un’associazione che usufruisce di fondi pubblici – conclude Michele Orecchioni -, chiediamo alla Regione Sardegna e quindi agli assessorati regionali preposti di vigilare e di verificare su quanto sta accadendo».

 

«Considerare tutto il territorio regionale come zona omogenea per la Blue tongue, non soggetta a restrizioni nella movimentazione dei bovini da carne, è un danno enorme per le aziende zootecniche della Gallura e del Sassarese, aree dove il sierotipo 3 del virus è assente, a differenza del resto dell’isola». Ad affermarlo è il presidente della Confederazione italiana agricoltori del Nord Sardegna, Michele Orecchioni, che lancia un appello alla Regione, e in particolare al presidente della Giunta regionale e all’assessore alla Sanità: «Come è già stato fatto in altre zone d’Italia, la Regione non deve recepire la Legge 44/2019, dove, all’articolo 4bis, stabilisce, appunto, che tutto il territorio nazionale è area omogenea non soggetta a restrizioni e libera la movimentazione degli animali delle specie sensibili al virus della Blue tongue». Prima dell’entrata in vigore del Decreto emergenze, poi convertito nella legge 44/2019, le province di Cagliari, Nuoro e Oristano erano zone di restrizione per il sierotipo 3 della Blue Tongue. Restava escluso dalle restrizioni il nord Sardegna, dove il sierotipo 3 non è mai apparso. «Nel nord Sardegna ci sono molte aziende che avevano già un filo diretto commerciale con la Penisola per l’esportazione dei bovini da carne, canale commerciale che ora è compromesso essendo stato parificata la zona settentrionale dell’isola alle altre zone dove è stato individuato il sierotipo 3 della Blue Tongue – aggiunge Michele Orecchioni -. Questo sta avendo effetti devastanti per le aziende, perché gli acquirenti non si fidano più: solo ieri, per fare un esempio, sono stati annullati dei modelli di vendita di 4 animali destinati alla Toscana e al Lazio».

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Il forte vento che nei giorni scorsi ha tempestato il nord ovest della Sardegna ha causato ingenti danni alle aziende vitivinicole del territorio compreso fra Alghero, Olmedo, Ittiri, Uri, Usini e Sassari. In particolare, oltre ai danni fisici provocati nei vigneti dalle raffiche di vento, le folate hanno trasportato grandi quantità di sale marino che, depositandosi sulle piante, ha causato la necrosi totale o parziale dei germogli.

«Il fenomeno ha interessato il 100% delle imprese vitivinicole del territorio, fra le quali anche la Cantina di Santa Maria La Palma, che ha registrato danni notevoli, tanto da vedere ormai compromessa la stagione agricola», spiega il presidente della Cia Nord Sardegna, Michele Orecchioni, che rivolge un invito alla neo assessora regionale all’Agricoltura, Gabriella Murgia: «L’assessora venga qui nel nord Sardegna e visiti di persona queste aziende, in moda da rendersi conto coi propri occhi dei disastri causati dal vento e della necessità che la Regione intervenga al più presto per supportare queste imprese. Il settore vitivinicolo è una porzione di importanza assoluta nel tessuto produttivo di quest’area dell’Isola, e merita la massima attenzione e sostegno da parte delle istituzioni, specialmente in frangenti di assoluta emergenza, come quello che le imprese stanno attraversando in questi giorni», conclude Michele Orecchioni.

Per determinare i danni causati dal vento eccezionale dei giorni scorsi, la direttrice di Cia Nord Sardegna, Rossana Piredda, invita le aziende interessate a presentare prima possibile agli uffici comunali preposti le segnalazioni dei danni subiti, per poter accedere a misure di tipo compensativo.

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«Centinaia di imprese agricole sarde rischiano di pagare cara la mancanza di un assessore regionale all’Agricoltura. Molti dei più importanti bandi dell’assessorato sono bloccati a causa di una paralisi politica che non può danneggiare gli imprenditori delle campagne, già in grave sofferenza e più che mai bisognosi di risorse in gran parte già programmate ma ferme a causa dell’assenza della figura istituzionale che guidi la struttura.»

Il presidente della Confederazione italiana agricoltori Nord Sardegna, Michele Orecchioni, chiede che il neo governatore della Regione rompa gli indugi e nomini l’assessore all’Agricoltura. «Il presidente Solinas non può fare tutto da solo. È necessario che nomini al più presto l’assessore alla Agricoltura per sbloccare una situazione diventata insostenibile. Non ci interessano le dispute politiche o il nome dell’assessore. Ci interessa che una struttura fondamentale per le imprese sarde possa funzionare a pieno ritmo offrendo alle aziende le risposte e i servizi dovuti», aggiunge Michele Orecchioni.

Fra i tanti bandi che risultano bloccati la Cia mette l’accento quello relativo ai contributi per l’acquisto dei riproduttori, tanto atteso delle aziende zootecniche, e quello che riguarda il finanziamento di interventi per la difesa del suolo: «Per l’acquisto dei riproduttori le risorse sono state stanziate ma l’assessorato non ha ancora pubblicato i bandi, mentre per la difesa del suolo la Regione è indietro di due anni sui pagamenti; sono state pagate le domande relative al 2016, mentre per il 2017 e 2018 ci sono ancora da istruire le pratiche».

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Un toro sardo conquista il titolo di campione nazionale junior alla 51ᵃ edizione di Agriumbria, la fiera nazionale dell’agricoltura, zootecnia e alimentazione che si è svolta lo scorso fine settimana a Bastia Umbra, in provincia di Perugia. Il toro si chiama Nikele, è di razza Limousine, e fa parte di un allevamento di Monteleone Roccadoria, di proprietà del veterinario Tore Fresi, allevatore associato alla Confederazione Italiana Agricoltori Nord Sardegna.

Il bovino è stato giudicato il migliore dalla giuria, prima nella categoria 16-20 mesi, e poi nel confronto fra i campioni di tutte le categorie in concorso, dando lustro agli allevamenti di tutta la Sardegna. Nikele fa parte di un’azienda con circa 40 capi bovini, allevati a pascolo semibrado.

«Dopo la scomparsa di mio padre ho rilevato io l’azienda, e dal 2010 allevo e seleziono i bovini esclusivamente con fecondazione artificiale e puntando sulle caratteristiche performanti e sulla docilità degli animali», spiega Tore Fresi. «Occuparsi dell’azienda costa impegno e sacrificio, che affronto con entusiasmo, e che sono ripagati da risultati come quelli conseguiti a Bastia Umbra». Ad Agriumbria Fresi non era il solo allevatore sardo presente: hanno partecipato e riscosso premi anche Giovanni Giannichedda, allevatore di Campanedda, nella Nurra sassarese, che ha piazzato una sua vacca razza Limousine al 3° posto di categoria, e Michele Filigheddu di Arzachena, che con una manza razza Charolaise ha vinto il 1° premio nella categoria 13-16 mesi.

«Siamo orgogliosi che un allevatore nostro affiliato abbia riscosso premi e successo a una delle fiere più importanti del panorama nazionale. Questo risultato è sicuramente una testimonianza della qualità e delle potenzialità degli allevamenti sardi – commenta il presidente di Cia Nord Sardegna, Michele Orecchioni m- a ora, e proprio in virtù di questa eccellenza e potenzialità degli allevamenti isolani, chiediamo alla nuova giunta regionale che si va a insediare, di adottare subito le soluzioni adeguate per contro la Blue Tongue. Non si può restare ostaggio di una situazione che si protrae ormai da troppo tempo con danni sempre maggiori sulle imprese zootecniche sarde».

 

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La Confederazione italiana Agricoltori del Nord Sardegna raccoglie l’invito della Cia nazionale e dell’Anp e prepara la mobilitazione per rivendicare il diritto a una pensione equa ed adeguata anche per gli imprenditori agricoli.

«Il decreto pensioni e reddito di cittadinanza varato nei giorni scorsi dal Governo nazionale rischia di discriminare pesantemente gli agricoltori perché usa criteri di accesso complicati e sbagliati – attaccano il presidente di Cia Nord Sardegna, Michele Orecchioni, e la direttrice, Rossana Piredda -. Una delle maggiori perplessità sui criteri stabiliti dal decreto riguarda i 30 mila euro di proprietà immobiliare oltre la prima casa e i 6mila euro di risparmi. Dei limiti che tagliano fuori una larga fetta degli agricoltori, che proprio per la natura del loro lavoro superano facilmente questi sbarramenti, pur non godendo di redditi alti – aggiunge il presidente, facendo sue le rivendicazioni elaborate dalla Cia e dall’Associazione nazionale dei pensionati promossa da Cia Agricoltori italiani –. La stragrande maggioranza dei pensionati al minimo resterà senza alcun aumento, con l’incognita anche della quattordicesima mensilità della quale fino ad oggi, non si è fatto menzione. Inoltre per gli agricoltori non c’è riconoscimento di lavoro gravoso e usurante, quindi, restano ancora fuori dall’Ape Social.»

Altro problema che investe gli agricoltori è il blocco delle indicizzazioni: «È necessaria l’abolizione del blocco delle indicizzazioni che tengono al palo le pensioni sopra i 1.520 euro lordi, e un aumento adeguato delle pensioni minime», chiede la Cia.

Per andare incontro alle esigenze degli agricoltori e dell’utenza, gli uffici zonali della Cia Nord Sardegna sono a disposizione per la compilazione degli Isee e per la compilazione delle domande di pensione e reddito di cittadinanza. 

 

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Dopo 25 anni alla guida della CIA provinciale, il direttore Fabio Chessa ha rassegnato le dimissioni e lascia Sassari per Roma, dove è stato chiamato a ricoprire l’incarico di direttore nazionale del Centro di Assistenza agricola CAA-CIA. Al suo posto, come direttrice della CIA Nord Sardegna si è insediata Rossana Piredda, che sarà coadiuvata nella sua azione dal vice direttore Francesco Uras.

Il cambio al vertice è stato ufficializzato nel corso dell’Assemblea provinciale della CIA Nord Sardegna, che qualche giorno fa, presieduta dal presidente, Michele Orecchioni. «Il ruolo nazionale cui sono stato chiamato a svolgere è per me motivo di orgoglio e soddisfazione, ed è testimonianza del buon lavoro svolto in tutti questi anni», ha dichiarato Fabio Chessa. «Per questo ringrazio i nostri associati e, naturalmente, i dipendenti della struttura con cui in questo lungo tempo ho collaborato e che hanno contribuito ad accrescere e rafforzare il ruolo della CIA nel territorio. Ringrazio inoltre il presidente provinciale, Michele Orecchioni, e i dirigenti provinciali e regionali della CIA, che mi hanno incoraggiato ad accettare il nuovo incarico nazionale, quale riconoscimento importante per tutta la Confederazione della Sardegna», ha concluso Fabio Chessa, primo funzionario CIA della Sardegna a essere chiamato per ricoprire un incarico di dirigente nazionale. 

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Oltre il 50% dei Comuni della Sardegna è esposto ad un alto rischio idrogeologico: un fenomeno che interessa il 5% del territorio isolano ed almeno 100mila residenti. Per affrontare questa emergenza la Cia Nord Sardegna, rilanciando l’iniziativa promossa a livello nazionale dalla Confederazione italiana agricoltori, ha inviato un appello ai Comuni affinché si impegnino in prima linea per aderire a un progetto generale di manutenzione infrastrutturale del territorio, con la rivendicazione ai Governi nazionale e regionale di adeguate dotazioni finanziarie, finalizzate alla prevenzione di disastri climatico-ambientali.

«Le conseguenze derivanti dei fenomeni di dissesto idrogeologico assumono una connotazione particolarmente accentuata nelle aree rurali e interne che, di conseguenza, sono sempre più a rischio di abbandono e scomparsa – spiega il presidente della Cia Nord Sardegna, Michele Orecchioni –. Il ruolo dell’agricoltura e degli agricoltori diventa particolarmente strategico per arginare questi preoccupanti fenomeni: la presenza di un’agricoltura sostenibile rappresenta, infatti, il migliore presidio contro il dissesto».

L’invito rivolto alle amministrazioni locali è quello di discutere e approvare nei relativi Consigli comunali un ordine del giorno con cui si definisca la necessità di un progetto di manutenzione e salvaguardia straordinari del territorio. Progetto che dovrà essere attuato attraverso una serie di iniziative tra le quali:

– politiche e interventi orientati al governo del territorio;

– azioni che possano favorire e sviluppare politiche di filiera a forte vocazione territoriale;

– nuove e più incisive politiche di gestione della fauna selvatica;

– un rinnovato protagonismo degli Enti locali sul fronte della Politica Agricola Comune;

– specifiche politiche di integrazione all’interno delle aree interne delle Regione.

«I Comuni e tutti gli altri Enti locali rappresentano il primo e più strategico riferimento istituzionale. Per tali ragioni ci rivolgiamo proprio ai sindaci e li sollecitiamo a svolgere un ruolo da protagonista con l’approvazione dell’Ordine del giorno, inviato a tutte le Amministrazioni comunali del nord Sardegna, impegnandosi così a farsi promotrici di politiche, azioni e interventi necessari alla definizione di tale progetto – precisa il direttore della Cia Nord Sardegna, Fabio Chessa -. La CIA favorirà pertanto la piena sinergia tra agricoltura e le altre risorse socio economiche dei territori, per contribuire insieme al raggiungimento degli obbiettivi di questo piano straordinario di interventi.»

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«La mancata ratifica del trattato di libero scambio Ceta tra Unione europea e Canada sarebbe un clamoroso autogol per l’Italia e un’opportunità di espansione commerciale negata per le imprese agroalimentari sarde.»

La Cia Nord Sardegna sollecita il Governo e il Parlamento nazionali ad approvare l’accordo Ceta entrato in vigore in forma provvisoria il 21 settembre 2017, e ora in attesa di una ratifica dei vari Parlamenti nazionali.

Il trattato economico siglato fra il Paese nordamericano e l’Ue riconosce del principio delle indicazioni geografiche dei prodotti e del loro legame con il territorio, e rappresenta quindi un importante passo avanti in tema di semplificazione e regolamentazione del commercio globale e del progressivo abbattimento dei dazi doganali. Il recepimento in Italia di questo trattato non è certo, dato che una sua mancata ratifica in sede parlamentare è stata annunciata più o meno velatamente da alcuni esponenti del Governo nazionale facendo eco a qualche organizzazione agricola dalle nobili origini Bonomiane. In seguito il ministro dell’Agricoltura, Gian Marco Centinaio, ha fatto una parziale apertura, dichiarando «di voler capire con dati concreti quali e quanti sono i vantaggi del Ceta per il made in Italy»; un segnale valutato positivamente e con speranza dalla Confederazione italiana agricoltori.

«A beneficiare del Ceta saranno in primo luogo le grandi produzioni isolane quali il Pecorino Romano, ma anche le altre produzioni agroalimentari che guardano ai mercati esteri come una grande occasione di sviluppo. Non possiamo pensare che i nostri prodotti siano venduti all’interno dei confini Italiani e magari solo nei mercatini locali; contrasteremo con ogni mezzo le visioni miopi di taluni, facendo capire loro che abbiamo necessità di internazionalizzare sempre più le nostre imprese e di stringere accordi commerciali internazionali che promuovano la qualità dei nostri prodotti e ne accrescano il valore aggiunto», dichiara il direttore della Cia Nord Sardegna, Fabio Chessa.

«La mancata ratifica dell’accordo, inoltre, oltre a creare disagi diplomatici e di immagine tra l’Ue e il Canada, rappresenterebbe anche uno “strappo” del Paese nei confronti del Parlamento e dell’Esecutivo comunitario, in una fase tra l’altro delicata in cui si discute della riforma della Pac e dove il no al Ceta arrecherebbe un grave danno al principio della politica commerciale dell’Ue, fondamentale per contrastare il sistema dei dazi introdotto dal presidente Usa, Trump, e per scongiurare lo scoppio di nuove guerre commerciali», aggiunge il presidente della Cia Nord Sardegna, Michele Orecchioni.

Secondo i dati rilevati dall’Istat, il Canada è il secondo Paese al mondo, dopo il Giappone, per importazione di pecorino romano sardo. Sempre l’Istituto nazionale di statistica ha rilevato che nel primo trimestre del 2018, con gli scambi già regolati secondo il Ceta, le esportazioni di pecorino romano in Canada hanno avuto un’impennata del 24 per cento nelle quantità, arrivate a 164 tonnellate, pari a un incremento di valore del 41,57 per cento.

«Sosteniamo pertanto le ragioni che il Consorzio del Pecorino Romano e il Coordinamento nazionale di Agrinsieme stanno portando avanti, affinché si giunga presto alla ratifica del trattato da parte del Parlamento italiano», conclude Michele Orecchioni.