14 December, 2025
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Al Direttore de LA PROVINCIA DEL SULCIS IGLESIENTE

Gentilissimo Direttore, con intento proattivo e per ristabilire una corretta informazione, Le chiedo ospitalità per controbilanciare alcune argomentazioni pubblicate sul suo giornale a firma dr. Mario Marroccu.

Per quanto ci riguarda, infatti, nel passaggio su “infermieri” e “caposala” sono poste all’attenzione dei lettori una serie di considerazioni superate, e non da oggi, dai tempi e dai fatti.

Che gli infermieri siano distinti in base alla formazione in laureati e diplomati è un falso storico.

Con il DM 739/1994 Profilo Professionale dell’Infermiere è sancita l’equipollenza del titolo regionale con il diploma universitario abilitante e abrogata la denominazione “professionale”.

Con il D.M. 509 del 3 novembre 1999 anche il diploma universitario viene riqualificato in laurea triennale.

Con la legge n. 251 del 2000 del 10 agosto si definiscono i titoli equipollenti al diploma di laurea come validi per l’accesso ai master infermieristici e ai corsi universitari formativi per accedere a funzioni di dirigenza infermieristica.

Senza distinzione alcuna, la formazione per diventare infermiere in Italia è quindi triennale universitaria e il titolo che ne consegue è Dottore in Infermieristica.

Gli studi possono proseguire con una Laurea Magistrale (due anni), Master di I livello o Master di II livello, o un Dottorato di Ricerca.

Obsoleta e decontestualizzata appare anche la suggerita risoluzione della carenza di professionisti sanitari infermieri, testuale «in realtà l’ospedale può risolvere il problema della carenza di personale assumendo le funzioni di scuola infermieristica e generare infermieri diplomati e anche OSS».

I desiderata sono finanche legittimi, ma un ritorno al passato con le scuole infermieristiche di stampo regionale non potrà fortunatamente realizzarsi.

Stucchevole, inoltre, sempre testuale che «i nuovi infermieri diplomati e laureati, acquisiscono le capacità della professione pratica imitando gli infermieri professionalmente più anziani posti ad uno scalino gerarchico più elevato. E’ necessario che anche tra di essi esista una rigorosa gerarchia in cui il capo è tenuto alla verifica costante della qualità delle prestazioni assistenziali e abbia autorità disciplinare e premiante».

Prendiamo in ultimo le distanze dall’assunto, ancora testuale che «l’infermiere Capo sala di un reparto di degenza è il capo di tutti gli infermieri della stessa Unità operativa. Deve avere competenza organizzativa e autorità professionale e disciplinare su tutto il personale infermieristico. La sua autorità gli deriva direttamente dal primario».

Le professioni infermieristiche e di coordinamento non sono ferme al “DPR 27 marzo 1969, n. 128 Ordinamento interno dei servizi ospedalieri”.

Nel 2025 sono termini desueti CAPOSALA e PRIMARIO, sostituiti infatti dai più moderni e attuali COORDINATORE INFERMIERISTICO e DIRETTORE DI STRUTTURA COMPLESSA.

Il Coordinatore Infermieristico non ha una autorità professionale e disciplinare sul personale e che gli deriva direttamente da terzi.

Il coordinatore infermieristico gestisce e organizza il personale e le attività all’interno di un’unità operativa, assicurando l’efficienza del servizio: è l’architetto del sistema assistenziale e deve saper bilanciare efficienza, umanità e competenza.

Tanto ritenevo di condividere con Lei e con i suoi lettori.

FIRMATO IL PRESIDENTE DELL’ORDINE Graziano Lebiu

Esce oggi nelle sale il film della regista Petra Volpe “L’ultimo turno”, dedicato alla professione infermieristica, che prende le mosse dal saggio-romanzo intitolato “Il problema non è la nostra professione, sono le circostanze”, opera dalla giovane infermiera tedesca Madeline Calvelage. Pur essendo contestualizzato in un paese differente dal nostro, il film rappresenta uno spaccato della professione infermieristica, veritiero e senza alcuna retorica. La narrazione si snoda intorno alle attività tipiche di un turno lavorativo notturno, fatto di attività previste e di altre non prevedibili, descrivendo benissimo le dinamiche, interne ed esterne, senza tralasciare di dare rilevanza al valore dei gesti assistenziali espressi dalla protagonista, al netto delle difficoltà contingenti e dei limiti vari dei contesti. Il lungometraggio autoriale interamente dedicato alla professione infermieristica, dal primo all’ultimo fotogramma, si presenta quindi come una storia universale sulla condizione umana prima che lavorativa di una figura cardine per una società occidentale sempre più anziana, patologica, fragile, assediata da malesseri fisici e morali, narra di circostanze favorevoli, che non leniscono le sofferenze di una professione, celebra la professione infermieristica senza alcuna retorica. E’ anche da dire che ci sono professioni come la nostra che vivono nel rumore di fondo del mondo, che tengono in piedi le giornate degli altri, che hanno cura sia delle loro fragilità che delle loro emergenze. Spesso, però, restiamo fuori dal racconto collettivo popolare o, se ci entriamo, lo facciamo con maschere inadeguate.

Nel tempo ci sono stati molti tentativi di raccontare l’infermieristica, ma il linguaggio artistico è spesso malamente convinto che ci sia bisogno di elementi narrativi straordinari (l’eroe, il reietto, la vittima, il carnefice, il salvatore) o da immaginario collettivo (il missionario, la facilona). La professione infermieristica è invece straordinaria nella sua quotidianità e qui su “L’ultimo turno” è stato, finalmente?, ben compreso. Le storie da raccontare su infermieri ed infermiere sono infinite, ma nessuno aveva ancora avuto il coraggio di trasferire questa ordinarietà, che in quanto tale diventa avvincente storia, su pellicola, perché una delle cifre della nostra professione è che ha un valore così elevato e costante che, paradossalmente, rischia di diventare invisibile pur fondamentale: lo si nota solo quando manca. “L’ultimo turno” ha il merito di interrompere questo silenzio. Lo fa scegliendo di non ricercare l’episodio straordinario, la tragedia o l’eroismo, ma mettendo al centro l’ordinarietà fatta di corse continue, di gesti ripetuti, di dialoghi minimi, di decisioni che sembrano piccole ma non lo sono mai. È in questa ripetizione, in questo ciclo quotidiano, che si trova l’eccezionalità di una professione: essere il perno silenzioso senza il quale nessun sistema sanitario reggerebbe.

Il film mostra – senza proclami – che il valore degli infermieri non si misura soltanto in competenze tecniche, ma nella loro capacità di essere ancora radicati nella solidarietà, nella comunità, nella relazione umana, quando tutto il mondo intorno sembra perderla. Baluardi ostinati e contrari di valori che sembrano non interessare più a nessuno. In un’epoca in cui la sanità rischia di diventare sempre più prestazione e sempre meno relazione, questa è una presa di posizione politica, prima ancora che artistica. Il film fa emergere con forza che l’infermieristica, anche nel Sulcis Iglesiente per il nostro ambito di competenza, è visibile solo a chi ne ha bisogno: più sei lontano da un luogo di cura, meno ti rendi conto della sua importanza mentre più ne hai bisogno, più capisci che lì c’è qualcosa di essenziale che non puoi dare per scontato. Non dovrebbe servire una malattia, un incidente o una degenza per riconoscere il valore di chi vi sta accanto in quei momenti. E in questa narrazione, universale per chiunque lavori nella cura, si riconoscono le stesse dinamiche da un continente all’altro. Cambiano le lingue, i sistemi, gli stipendi, le competenze, le funzioni, ma la grammatica della cura e dell’infermieristica è la stessa: è fatta di ascolto, di contatto, di decisioni rapide, di interventi risolutivi, di gestione e organizzazione, di frustrazioni e soddisfazioni che si intrecciano.

Il cuore del film sta nel mostrare che dietro ogni gesto professionale c’è una persona che sceglie ogni giorno di esserci. Nonostante la fatica, nonostante i turni, nonostante la scarsa considerazione sociale che chi lavora nella cura conosce fin troppo bene. Guardando “L’ultimo turno” non si esce con un senso di pietà. Si esce con la consapevolezza che la cura e noi infermieri ed infermiere siamo un bene comune e che, quando ci logoriamo, si logora un pezzo di civiltà. La protagonista – con i suoi errori, le sue scelte, la sua stanchezza – non è un simbolo, è un essere umano. Ed è proprio questa umanità a renderla indimenticabile. Dopo i titoli di coda noi, infermieri ed infermiere e rappresentanza professionale anche in provincia di Carbonia Iglesias, siamo ancora disposti a scegliere, investire, sviluppare, proteggere e raccontare la cura, l’assistenza e la professione prima che tutto diventi un lusso raro, sia economicamente sia umanamente. Non solo è la leva economica a rendere un impiego più gradevole e attrattivo, a evitare episodi di burnout, ma tutto un insieme, appunto, di circostanze. Terminale di tutto e di tutti, l’infermiera Floria, interpretata dall’attrice tedesca Leonie Benesch, preparatissima e credibilissima: l’empatia del pubblico è sicuramente tutta dalla parte della protagonista, malgrado la sua corsa continua contro il tempo le faccia commettere anche dei gravi errori. Ma non si empatizza con gli infermieri per pietà, per compassione, per atteggiamento caritatevole. Le frasi e i dati che la regista porta in evidenza dopo l’ultima struggente inquadratura non lasciano spazio a dubbi: il problema degli infermieri è il problema di una intera collettività. Una piccola storia che contiene un enorme interrogativo posto a ciascuno di noi: è giusto che le professioni di cura siano così poco raccontate e valorizzate, in un mondo che avrà sempre più bisogno di loro?

Graziano Lebiu

Presidente OPI Carbonia Iglesias

 

Il 12 maggio, Giornata Internazionale dell’Infermieristica, è stato declinato in chiave provinciale invitando nel nostro Sulcis Iglesiente presso la sede l’assessora della Cultura Ilaria Portas, la sindaca di Villamassargia Debora Porrà, i consiglieri regionali Luca Pizzuto, Gianluigi Rubiu, Alessandro Pilurzu, per approfondire con gli infermieri e le infermiere alcuni contesti che in prospettiva andranno affrontati nel corso della XVII legislatura.

E a proposito di cultura, tema del confronto, il presidente dell’Ordine Graziano Lebiu ha posto l’accento sull’«impegno quotidianamente profuso dalla professione per sviluppare un sistema salute a misura di cittadino, ma soprattutto di “collegare la funzione di cura e assistenza che discende da tale impegno alla dimensione intellettuale e culturale del ruolo” e dell’essere infermiere e infermieri, infermiere pediatriche “sostenuti da un insieme di valori e di saperi scientifici».

Notevoli benefici economici e sociali nel nostro territorio «possono derivare anche per il tramite dell’iniziativa culturale di livello internazionale che rappresenta il Museo Filatelico Infermieristico, unico nel suo genere, a Villamassargia».

«Il Museo meriterebbe più attenzione e collaborazione da parte delle istituzioni regionali, soprattutto per la prospettiva e l’opportunità di entrare nel circuito museale regionale, valore aggiunto per l’intera comunità civica, residenziale e turistica nel Sulcis Iglesiente per tutte le bellezze di cui già dispone.»

La sindaca di Villamassargia Debora Porrà ha richiamato l’attenzione di tutti sulle «potenzialità del Consorzio AUSI di Iglesias Monteponi che può fungere da polo didattico per la formazione post base di I e II ad esempio il Master di Infermieristica di Famiglia e Comunità che nel territorio è una figura fondamentale di cui ASL Sulcis è privo», proseguendo con la proposta «di approfondire tutte le opportunità culturali in un tavolo tecnico ad hoc ed in un territorio che è già di suo un museo a cielo aperto».

L’on. Luca Pizzuto ha auspicato «una collettiva riconversione delle mentalità dell’azione amministrativa anche locale» e ha concordato con la sindaca Debora Porrà che «occorre riprendere la battaglia per la Facoltà di Scienze Infermieristiche nel Sulcis Iglesiente per dare opportunità di un percorso di studio universitario anche a chi non può permetterselo per motivi di grande sofferenza occupazionale».

L’on. Gianluigi Rubiu ha riportato al tavolo di confronto il tema della «qualità della vita delle infermiere e degli infermieri, troppo spesso professione sottoposta ad indebite pressioni sia organizzative interne che sociali esterne per il mal funzionamento della sanità nel suo complesso, per l’arrancare della medicina di prossimità, e per il persistere di un qualche dualismo tra Iglesias e Carbonia conseguente anche all’imposta unificazione di realtà sanitarie diverse e complesse per storia e conformazione geografica».

Per l’on. Alessandro Pilurzu, intervenuto da remoto, «la cultura non solo arricchisce le nostre vite, ma può anche catalizzare la crescita economica, creando opportunità per il nostro territorio e attrarre investimenti che favoriscano la sostenibilità della nostra comunità. La cultura è il motore anche del progresso sociale. Investire in essa è investire nel futuro della Sardegna e del Sulcis Iglesiente».

Ha chiuso i lavori Ilaria Portas, assessora regionale della Cultura e della Pubblica Istruzione. «La parola d’ordine territorio significa che nessuno dei 377 comuni della Sardegna e i 23 del Sulcis Iglesiente in materia di Cultura deve essere considerata periferia e nessuna comunità civica deve restare indietro e sentirsi politicamente isolata. La formazione assume un punto fermo in una stagione nuova e con importanti inversioni di tendenza, ad iniziare dal mondo accademico che guarda con interesse ad un’Università diffusa nel Sulcis Iglesiente e una logica e conseguente reale prospettiva di riscatto sociale ed economico. Più sedi periferiche, più opportunità di studio per molti e per chi non ha disponibilità. Il Museo Filatelico ha tutte le carte in regola per perfezionare le pratiche di inserimento nel circuito museale sardo e l’Assessorato sin d’ora è disponibile a collaborare per valutare i requisiti minimi e i parametri ministeriali per diventare una realtà culturale di tutto rispetto. Turismo e cultura, politica ed infermieristica possono viaggiare in direzioni convergenti.»

La giornata si è conclusa con la visita delle autorità al Museo Filatelico Infermieristico.

 

L’Ordine Professioni Infermieristiche Carbonia Iglesias manifesta piena e convinta solidarietà agli operai che occupano la ciminiera di Portovesme e che lottano per i diritti di tutti, e due suoi rappresentanti si sono recati questo pomeriggio sul luogo della protesta e hanno consegnato ai 4 lavoratori che occupano la ciminiera dell’impianto Kss da tre giorni a 100 metri di altezza, 1 sfigmomanometro, 1 fonendoscopio, 1 termometro a infrarossi, 1 frequenzimetro e 1 saturimetro, affinché arrivi il messaggio che è necessario lottare ma anche salvaguardare la propria salute e vigilare su quella dei compagni.

«Il tempo di relazione è tempo di cura e nel nostro piccoloha detto il presidente dell’OPI Carbonia Iglesias Graziano Lebiuriteniamo che il gesto solidale ed assistenziale possa contribuire a fare sentire meno soli e più tutelato chi lotta per la propria dignità. Lavoro e Salute vanno di pari passo.»

L’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Carbonia Iglesias è più volte entrato nel merito della figura dell’infermiere di famiglia e di comunità, prevista dal DL 34/2020, che sta crescendo un po’ ovunque in Italia tranne che in regione Sardegna.

Per il raggiungimento degli obiettivi del Piano Socio Sanitario 2022/2024, vi sono risorse economiche da stanziare con la prossima ed imminente Legge Regionale Omnibus 2 per i Master “Infermiere di Famiglia e di Comunità”, formazione post laurea di I e/o II livello.

La Regione Sardegna ha previsto un infermiere di comunità ogni 2.000-2.500 abitanti, per il Sulcis Iglesiente ne occorrerebbero quindi almeno n. 50, e sul punto abbiamo il 23 novembre scorso chiesto alla Direzione Generale dell’Assessorato della Sanità, durante uno specifico incontro, di dedicarci e riservare attenzione a garanzia della formazione degli IFeC che ci sono necessari.

A sostegno dei Master “Infermiere di Famiglia e di Comunità” ci eravamo in tempi non sospetti già mossi nel 2019 con il consorzio AUSI di Iglesias e l’Università di Cagliari, arrivando quasi in dirittura d’arrivo prima dell’esplosione della pandemia.

Il Master per l’Infermiere di Famiglia e Comunità rappresenta lo sviluppo di competenze specialistiche, ha certezza di spendibilità operativa, è immediatamente attivabile e finanziabile, certifica abilità avanzate, è di impatto e utilità notevole per il territorio che insiste in ASL 7 Sulcis Iglesiente.

Confidiamo che tutti i portatori d’interesse nel Sulcis Iglesiente ad iniziare dai 23 Sindaci possano sostenere la tenuta del Master direttamente nel territorio e per il territorio piuttosto che in sedi lontane dagli ambiti che insistono nel confini della nostra Azienda Socio Sanitaria Locale.

Per il Consiglio Direttivo, il presidente Graziano Lebiu, infermiere

Gentile Direttore,

sulle Case di Comunità apprendiamo dal suo giornale del giudizio tranchant della Presidente di Rete Sarda Difesa della Sanità Pubblica:

«Lo smantellamento in corso degli ospedali pubblici, Case di Comunità e Ospedali di comunità, gestiti da infermieri, operatori socio-sanitari e amministrativi, quindi, “strutture non di cura”, non possono essere considerati strutture intermedie ma potrebbero essere il capolinea del sistema sanitario pubblico».

Dissentiamo dalla modalità comunicativa che tende pubblicamente più a delegittimare professioni sanitarie e l’infermieristica in particolare, (e non solo oggi, ndr), piuttosto che rafforzare e valorizzare il proprio ruolo e/o la funzione del team multidisciplinare.

Sono almeno tre le dichiarazioni che riteniamo quanto meno fuorvianti rese da Rete Sarda Difesa della Sanità Pubblica:

1)    che le Case di Comunità non siano strutture di cura

2)    che gli operatori socio sanitari gestiscano le Case di Comunità

3)    che le Case di Comunità siano il capolinea del sistema sanitario pubblico

La “Casa di Comunità” è il luogo dove diversi professionisti integrano le loro competenze per offrire a tutti i cittadini assistiti servizi efficienti e contrastare le disuguaglianze nella salute collettiva.

Nella Casa della Salute lavora un team multidisciplinare, formato da medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, infermieri, altri professionisti sanitari, personale sociale e di supporto e amministrativo che garantiscono la presa in carico globale della persona, la continuità assistenziale ospedale-territorio e l’integrazione tra assistenza sanitaria e sociale.

Al netto delle criticità, delle difficoltà oggettive e delle risorse umane e professionali sanitarie disponibili che nemmeno l’Ordine Professioni Infermieristiche Carbonia Iglesias sottovaluta, anche nel Sulcis Iglesiente le Case della Salute rappresentano la sede di accesso ed erogazione dei servizi sanitari, sociosanitari e socio-assistenziali rivolti alla popolazione dell’ambito territoriale di riferimento.

Come possono quindi essere considerate “strutture non di cura” le Case di Comunità quando assicurano un punto unico di accesso ai cittadini, garantiscono la continuità assistenziale, organizzano e coordinano le risposte da dare al cittadino, rafforzano l’integrazione con l’ospedale, soprattutto in relazione alle dimissioni, implementano la presa in carico di pazienti affetti da una o più patologie croniche, sviluppano programmi di prevenzione, promuovono e valorizzano la partecipazione dei cittadini?

Come può essere considerato “capolinea del servizio sanitario pubblico” la Casa della Salute e il team che vi opera e che lo rappresenta quando accoglie i cittadini, valuta i bisogni, orienta ai servizi, gestisce in coordinamento le patologie croniche, pianifica e gestisce l’assistenza domiciliare integrata, educazione alla salute, favorisce stili di vita sani, assicura continuità assistenziale, supporta i care givers, avvicina sempre di più ospedale e territorio e garantire una presa in carico sempre più completa ed efficace?

Noi infermiere ed infermieri, coordinatori infermieristici, dirigenti delle professioni sanitarie in ASL 7 Sulcis Iglesiente e per tutti i 130mila abitanti che prende in carico ci assumiamo la responsabilità della definizione di percorsi assistenziali specifici soprattutto nell’assistenza primaria, con un ruolo centrale di governo e case management per situazioni di criticità clinica o soggetti fragili, a svolgere un’importante attività nei programmi di prevenzione e di educazione sanitaria destinati alla popolazione, con particolare riferimento alla gestione delle patologie cronico-degenerative.

Tanto ritenevo di portare a conoscenza dei suoi lettori per correttezza e completezza d’informazione.

Graziano Lebiu

Presidente OPI Carbonia Iglesias

Ci risiamo. Dopo alcuni mesi di tregua, si ritorna a parlare del servizio di Dialisi notturna dell’ospedale Sirai di Carbonia, la cui sopravvivenza viene ancora una volta messa in discussione. Il servizio di emodialisi notturna intra-ospedaliera, una delle poche eccellenze rimaste nel disastrato servizio sanitario pubblico della Asl Sulcis, vittima negli ultimi anni di ripetuti, sistematici tagli e ridimensionamenti, è nuovamente a rischio, nonostante la sua importanza non possa essere messa in discussione, in quanto «riduce la mortalità, la morbilità ed il consumo di farmaci; aumenta la fiducia nell’èquipe sanitaria, l’autostima ed il flusso emozionale; migliora la qualità della vita dell’assistito».

A denunciare il pericolo di una soppressione del servizio, è Graziano Lebiu, presidente dell’OPI, Ordine delle Professioni Infermieristiche, di Carbonia Iglesias, con una nota che riportiamo integralmente.

«Con delibera 25/10 del 2 agosto 2022 è stata istituita e convocata dall’Assessore alla Sanità la Commissione Regionale per l’Assistenza Nefrologica, Dialitica e del Trapianto Renale, ma rileviamo che non è ivi prevista la partecipazione della componente infermieristica, e poiché le professionalità sanitarie che presso le Dialisi PO Sirai Carbonia e PO Santa Barbara Iglesias ruotano intorno all’assistito non sono solo quelle mediche ma in misura rilevante e determinante anche i cps infermieri, lo scrivente Ordine ha chiesto espressamente di farne parte.

Il verbale dei lavori della prima convocazione ai punti 2° e 6° richiama espressamente contesti che impattano negativamente sull’esercizio professionale infermieristico in ASL Sulcis e sulle prospettive degli assistiti a fruire di una offerta terapeutica differente dall’attuale.

2. Dalla discussione è emersa un’altra indicazione che ha trovato tutti d’accordo. La proposta del Dott. Pinna che riguarda l’orario di lavoro su sei ore in sei giorni lavorativi per il personale infermieristico in servizio in tutti i Centri Dialisi dell’Isola. Tale razionalizzazione dell’orario di servizio consentirebbe un miglior utilizzo delle risorse umane, già in atto con successo in alcuni Centri. Anche per tale soluzione occorrerebbe un’indicazione assessoriale a tutti i Direttori Generali delle nostre Aziende Sanitarie perché tale orario venga messo in atto in maniera omogenea.

6. Infine, le associazioni dei pazienti ASNET e ANED presenti alla riunione hanno indicato la necessità di ridiscutere le “dialisi notturne” che si effettuano presso il centro dialisi di Carbonia e che costituisce sì un’eccellenza regionale ma che si dimostra insostenibile in quanto assorbe risorse infermieristiche che poi mancano in ore diurne per la presa in carico degli altri pazienti residenti in quell’area. Sempre le associazioni dei pazienti hanno indicato: a) la necessità di lavorare sulla prevenzione della malattia renale cronica; b) stimolare un maggior accesso al trapianto incentivando l’iscrizione in lista attiva per il trapianto di rene; c) avere un piano organico per la cosiddetta “Dialisi Vacanza”.

Che si discutano e perfino si ipotizzino modifiche all’organizzazione del servizio ignorando i diretti interessati, senza il pieno coinvolgimento di tutti e non solo di alcuni, privi dell’acquisizione di pertinenti ed ulteriori punti di vista, è del tutto sconfortante.

Confidiamo nel procrastinare qualsiasi decisione che possa modificare l’eccellenza rappresentata dalla Dialisi Notturna del PO Sirai di Carbonia, al netto di criticità che possono essere diversamente governate.»

«Le dimissioni odierne del Direttore Sanitario della Asl Sulcis dr. Giuseppe Pes non sono una buona notizia. Me ne dispiace perché il momento è complicato di suo, perché seguirà un effetto domino dagli effetti indecifrabili, perché non abbiamo mai avuto occasione ufficiale, ufficiosa pubblica, privata di interloquire direttamente. Non ha potuto apprezzare quindi l’autorevolezza e la competenza dell’Ordine sui temi che impattavano ovviamente la sua Direzione Sanitaria. Un’occasione persa per la Asl e per tutti. Mi domando, e spero sia campata per aria, se siano i primi effetti dell’assenza del punto di riferimento e di riequilibrio che poteva rappresentare e certamente rappresentava politicamente nel territorio chi oggi non è più.»

Lo ha annunciato questa sera, in una breve nota, Graziano Lebiu, presidente dell’OPI Carbonia Iglesias.

Il dottor Giuseppe Pes, già direttore della Struttura Complessa di Cardiologia del Presidio Ospedaliero Unico di Area Omogenea di Carbonia, nominato dall’allora commissario straordinario dell’ATS Sardegna, Massimo Temussi, con delibera n. 549 del 9 luglio 2021, faceva parte della terna dirigenziale della Asl Sulcis, con il direttore generale Giuliana Campus ed il direttore amministrativo Maria Milena Pau. Le sue dimissioni arrivano in un momento assai difficile per la sanità del Sulcis Iglesiente, alle prese con un dimagrimento progressivo dei servizi ed emergenze continue determinate dalla gravissima carenza di medici che ha messo in crisi sia l’ospedale Sirai di Carbonia sia l’ospedale CTO di Iglesias, oltre alla sanità territoriale e a quella di base, con diverse migliaia di cittadini privi dei medici di famiglia.

Giampaolo Cirronis

 

La giornata di sabato 13 agosto è stata venduta da qualcuno (anche a ragione) come una data storica, una soluzione originale, il frutto dell’oceanica e straordinaria presenza di un fronte compatto di primi cittadini per la garanzia del diritto alla salute dei loro amministrati nei 23 comuni del Sulcis Iglesiente, ai quali si sono aggiunti Siliqua e Teulada.

La sequenza temporale è invece un saldo di fine stagione, perché ad estate climatica abbondantemente in corso, tanto quanto l’emergenza sanitaria, i sindaci e i sindacati confederali strappano un impegno “straordinario” che straordinario non è, perché anticipato dal DG Asl Sulcis d.ssa Campus all’ultima Conferenza Socio Sanitaria di martedì 2 agosto, ma soprattutto perché già nel giugno 2022, quindi sessanta giorni fa, Ares Sardegna diretta dal DG Tomasella aveva pubblicato l’avviso per l’affidamento a privati dei servizi di pronto soccorso da luglio a settembre.

Dove sarebbero, quindi, la novità vera e la vittoria a tutto campo, dopo 6 ore di confronto addirittura serrato in Commissione Sanità in Consiglio regionale al cospetto di tutti, tutti, i nostri sindaci?

Verranno noleggiati neolaureati e non specializzati per poter tenere aperti punti denominati di primo soccorso che quando si chiamavano Pronto soccorso erano privi di professionisti sanitari e carenti in salute e sicurezza non solo per il personale. Con i medici in affitto la carenza di salute e sicurezza, non solo permane in tutta la sua interezza, ma potrebbe addirittura aumentare drasticamente.

È questa la vittoria? È questo il risultato atteso? Ci si può accontentare? Sarà davvero risolutivo o tutto si ripresenterà più criticamente di prima?

Noleggio di neolaureati: una Uber sanitaria.

Siamo ad agosto inoltrato, a settembre già abbiamo un limite temporale da affrontare, sempre che tutto vada bene, e questo è un primo elemento per una più cauta esultanza.

I Pronto Soccorso degli ospedali di Ghilarza, Oristano e Bosa sono stati i primi avamposti tra i 12 “punti di primo intervento” dove la sanità sarda affitta. È questo è un secondo elemento di cautela: hanno di fatto declassato il Pronto Soccorso del CTO di Iglesias a “punto di primo intervento”.

Iglesias è, in Asl Sulcis, la città con il Presidio ospedaliero che in questo momento è in maggiore sofferenza (domani il cerino acceso tornerà al Sirai o ai Distretti e poi nuovamente al CTO…) a causa delle carenze negli organici del medici ma anche degli infermieri, per cui nessuno ieri ha speso una parola, tra l’indifferenza generale.

L’Ordine Professioni Infermieristiche Carbonia Iglesias non è stato coinvolto e nemmeno invitato a partecipare alla manifestazione del 4 agosto in Cagliari, e il livello del dibattito ne ha certamente risentito, ma questa è un’altra storia.

Le ore necessarie a coprire i turni che non si possono affidare a dirigenti medici già incardinati in altri reparti e servizi, vedranno i medici in affitto coprirle con turni h. 24 nella gestione sia del “triage minore” che per i codici gialli e rossi, e sempre in turni da h. 24 ore per le gestione delle urgenze e dei casi meno gravi, terzo elemento da tenere in debita considerazione.

Gestione dei casi meno gravi, per i casi più gravi citofonare dove?

Altre domande in libertà: un Pronto Soccorso, pur declassato a Punto di Primo Intervento non è per antonomasia luogo per l’emergenza? E in un ambiente sanitario per l’emergenza sanitaria, se ne appalta la gestione a neo laureati e privi di specializzazione e alla quale gara possono concorrere sia singoli sia eventuali associazioni ed operatori economici?

Tutti ripetono più volte che il Servizio Sanitario Regionale non  privatizza la salute, non smantella, non chiude, anzi raddoppia, ma il ricorso ai medici in affitto quindi a figure professionali poco esperte (quarto elemento di alert…) rispetto al necessario nel Sulcis Iglesiente, non risponde alla domanda di salute e sicurezza negli ambienti di lavoro per assistiti e professionisti sanitari.

E la sicurezza è come già suesposto il quinto elemento da tenere sotto lente d’ingrandimento perché se il Pronto Soccorso Cto è stato chiuso perché non era garantita, con i medici in affitto resta comunque a rischio.

Manca poco sia al 13 agosto che al 30 settembre. Prudenza.

Asl Sulcis è, di fatto, costretta a ridimensionare la qualità delle risposte assistenziali alle domande di emergenza e urgenza e non solo al piano terra ma anche ai Blocchi operatori e alle Chirurgie, ed il Pronto Soccorso del Cto è seriamente a rischio di declassamento.

Ma tutti plaudono ed applaudono quando ci sarebbe da strapparsi le vesti, ed invece di cambiare l’intera camera d’aria si esulta per una pezza peggiore del foro.

Da notare, sesto elemento critico, l’assoluto silenzio dell’ordinistica di riferimento alla notizia del ricorso ad Uber Medica nella gestione diretta dei posti di Pronto soccorso/Primo intervento nel Sulcis Iglesiente, come se affidare ai privati la gestione di un servizio così essenziale e centrale non possa essere considerato inopportuno, con costi importanti da evitare di sperperare, con “noleggiati”  con motivazioni professionali tutte da verificare e con recensioni al limite dell’inenarrabile dove l’affitto è già una triste realtà. Insomma, parrebbe una questione che non interessa l’Ente di Diritto Pubblico Non Economico Sussidiario della Stato e vigilato dal Ministero della Salute quali sono gli Ordini Professioni Sanitarie Mediche.

Silenzio anche sulla disposizione di servizio, settimo elemento di qualcosa che stride, che indica che alcuni medici chirurghi vengano assegnati altrove rispetto alla sede di appartenenza, mettendosi a disposizione del direttore MECAU in ASL Sulcis.

Si trasferiscono professionisti sanitari medici da un servizio ad un altro, da un presidio ad un altro, per tamponare un vuoto in dotazione organica conseguente ad aver già precedentemente trasferito professionisti sanitari medici da un’altra ed aprendo una crepa ulteriore nei già ridimensionati diritti alla salute dei cittadini?

I medici in affitto sarebbero quindi destinati al rinominato Punto di Primo Intervento che prima di fine giugno non era in sofferenza e rappresentava un avamposto importante come Pronto Soccorso. Medici in servizio nelle Chirurgie di ASL Sulcis idem, destinati al Punto di Primo Intervento del CTO di Iglesias. Della riduzione delle attività dei reparti di Chirurgia e dei Blocchi Operatori se ne parlerà quando?

Ultima domanda: ma destinare di affittare da Uber Sanitaria solo al luogo dove si era creato l’impasse che ha generato quanto è ancora sotto gli occhi di tutti, no? 

Graziano Lebiu

Presidente OPI Carbonia Iglesias

Gentilissimo Direttore, apprendiamo dalle pagine on line del suo giornale, https://www.laprovinciadelsulcisiglesiente.com/2022/07/carla-cuccu-idea-sardegna-ai-vertici-asl-buttano-via-soldi-pubblici-con-scelte-organizzative-incomprensibili/, che l’on. Carla Cuccu avrebbe espresso considerazioni a tutto campo sulla questione “camera mortuaria e trasporto salme dal CTO di Iglesias  al S. Barbara di Iglesias”.

Per conoscenza diretta ed approfondita, per completezza e correttezza d’informazione e senza nessun intento che non sia quello di fornire ai suoi lettori una ricostruzione dei fatti il più possibile aderente al loro svolgimento, mi pregio di condividere le seguenti argomentazioni.

E’ ancora indisponibile una camera mortuaria per la corretta gestione dei corpi inanimati di degenti deceduti al CTO di Iglesias, e fino al parere formulato dalla Direzione Generale Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute del 9 maggio 2022 prot. 2148 bits Ufficio 4,  era in auge il trasferimento dei deceduti in mezzi di trasporto inidonei e con procedure che con tutta evidenza meritavano di essere valutate da competenti autorità.

Entrammo nel merito della criticità con note dell’Ordine  n. 226/2016, n. 28/2017, n. 251/2018, essendo questione non marginale nell’organizzazione del lavoro e per la salute pubblica che non fosse fruibile al CTO alcuna Camera Mortuaria, che risultassero in atto creative modalità di trasporto delle Salme dal PO CTO al PO S. Barbara di Iglesias, che si violassero regolamenti di Polizia Mortuaria Capo IV artt. 19 e 20 del DPR 285/90 e del Comune di Iglesias del 2014 e della Legge Regionale n. 32/2018.

Per rispetto della dignità personale dei cittadini, per il decoro dell’immagine di ASL Sulcis, a tutela degli infermieri del CTO per le responsabilità di chiunque potesse concorrere alla consuetudine di partecipare a procedure in eventuale violazione di quanto sopra elencato e del Codice Deontologico Infermieristico 2019, abbiamo sempre ritenuto che regolamenti e disposizioni dovevano essere vigilati proprio dal Municipio di Iglesias e dalla ASL Sulcis e che, più nel dettaglio sui requisiti dei mezzi di trasporto funebre, che “la vigilanza del rispetto delle norme spetti al Comune di Iglesias anche presiedendo al controllo degli aspetti igienico-sanitari e dell’idoneità degli stessi mezzi, e che la ASL Sulcis proprietaria del mezzo di trasporto funebre debba garantire la predisposizione di apposito registro su cui annotare tutte le operazioni effettuate sul mezzo utilizzato”.

Abbiamo quindi chiesto di conoscere il parere del Ministero della Salute, nota OPI dell’11 febbraio 2022 prot. 165, per le valutazioni di loro pertinenza per verificare se corrispondesse al vero che ancora il CTO non disponesse di un obitorio, quali fossero le attuali procedure per il trasporto-trasferimento del corpo inanimato dal luogo del decesso CTO al luogo di deposito Santa Barbara, con quali mezzi avvenisse tale trasporto e se gli stessi siano regolamentati, vigilati e a norma, e su quale registro venissero annotate tutte le operazioni effettuate, se corrispondesse al vero che i deceduti venissero trasportati dal CTO al Santa Barbara in ambulanze dismesse, adagiati su barella, avvolti da un lenzuolo, legati con cinghie, e quali azioni amministrative si intendessero assumere per risolvere senza ulteriori rinvii una situazione che aveva del paradossale verificandosi in ambiente ospedaliero e pubblico.

Con riferimento alle problematiche segnalate dall’Ordine degli infermieri della provincia di Carbonia Iglesias, il Ministero della Salute ha evinto la violazione delle norme richiamate sia da parte del Comune di Iglesias che da parte della ASL territorialmente competente, e contenute nel vigente Regolamento di Polizia mortuaria, il D.P.R. 10.09.1990, n. 285, più in particolare delle norme contenute nel Capo IV del Regolamento stesso, “Trasporto dei cadaveri”, artt. 16 e seguenti; infatti, l’art. 19, comma 1, dispone che “il trasporto dei cadaveri dal luogo del decesso al deposito di osservazione, al deposito o al cimitero si esegue a cura del Comune, in carro chiuso…”, mentre l’art. 16, comma 2, dispone che “l’unità sanitaria locale competente vigila e controlla il servizio di trasporto delle salme, ne riferisce annualmente al Sindaco e gli propone i provvedimenti necessari ad assicurarne la regolarità.”

Per quanto sopra e per ovviare ai possibili inconvenienti igienici di salute pubblica derivanti dalle varie condotte denunciate e fermo restando l’opportunità di emanare Ordinanze comunali contingibili ed urgenti, la ASL Sulcis ha contestualmente e correttamente provveduto ad avviare, alla ricezione del parere Ministeriale Sanità, una indagine di mercato rivolgendo, in prima istanza, la richiesta di preventivo a tutti gli operatori economici del settore aventi sede nel Sulcis Iglesiente nell’ottica dell’abbattimento dei costi, posto che nessun operatore economico del territorio era risultato iscritto al mercato elettronico della Pubblica Amministrazione.

Preso atto che l’obitorio del Presidio Ospedaliero CTO di Iglesias era, ed è, momentaneamente non operativo in quanto oggetto di opere di manutenzione straordinaria, e per la circostanza che ha reso necessario garantire, nelle more della conclusione dei lavori e dell’allestimento della struttura, il servizio di trasporto salme dal PO CTO di Iglesias all’obitorio del PO Santa Barbara, da effettuarsi con mezzo idoneo, richiamata la legge Regionale n.32/2018 “norme in materia funebre e cimiteriale”, dall’indagine di mercato  ASL Sulcis ha ritenuto di dover procedere con deliberazione in urgenza ai sensi dell’art.36, comma 2 lettera a) del D.lgs.50/2016 e successive modifiche ed integrazioni all’affidamento del servizio di trasporto salme dall’Ospedale CTO di Iglesias all’Ospedale Santa Barbara di Iglesias nelle more del ripristino della funzionalità dell’obitorio dell’Ospedale CTO.

L’obiettivo aziendale è la salvaguardia della sanità pubblica, di preservare la salute dei cittadini, di dare dignità al trasporto dei corpi inanimati, di rispettare la rigorosa normativa in materia di polizia mortuaria.

Se nel frattempo le Onoranze del Sulcis Iglesiente hanno declinato l’affidamento del servizio di trasporto e la ASL Sulcis ha quindi dovuto rivolgersi ad altri operatori del settore, con più delibere aziendali, per garantire la sanità pubblica ed ottemperare a disposizioni legislative, è perché nessuno degli operatori tecnici incardinati nella dotazione organica aziendale e nessun mezzo aziendale potevano garantire lo svolgimento di tale attività e servizio nel rispetto dei regolamenti.

Gli importi di spesa pubblicamente impegnati sono solo conseguenza dell’indisponibilità della sala mortuaria del CTO di Iglesias da almeno cinque anni, nel 2016, e non rappresentano sperpero di denaro pubblico da parte di qualcuno, essendo destinati a preservare la salute di tutti. Se nel 2022, ed in soli cinque mesi, la Direzione Generale Asl Sulcis neo insediata ha trovato modo di risolvere in via transitoria la problematica del quinquennio precedente, siamo di fronte ad un esempio virtuoso di funzionale organizzazione dei servizi amministrativi, e non il suo contrario.

Tanto ritenevo di mettere in ordine.

Graziano Lebiu

Presidente dell’OPI Carbonia Iglesias