9 May, 2024
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Nei prossimi giorni sul portale Sardegna Lavoro sarà pubblicato l’avviso per la selezione di figure professionali da impiegare a tempo determinato nei cantieri Lavoras L.R. 48/2018, art. 6, commi 22 E 23 E L.R. 20/2019,  art. 3, comma 1.
Si procederà alla selezione di 24 lavoratori così come di seguito specificato:
– 12 operai comuni, con mansione di operaio comune;
– 10 operai qualificati, con mansione di motoseghista;
– 2 coordinatori con mansione di caposquadra;
Si raccomanda ai cittadini interessati di:
– aggiornare per tempo la propria situazione ISEE;
– verificare la propria posizione presso il Centro per l’Impiego.
La procedura per la selezione dei candidati avverrà esclusivamente in modalità telematica.
Di seguito il link relativo alla pubblicazione dello Schema di Avviso in oggetto e i relativi allegati in pubblicazione dal 26.01.2024 nella sezione Concorsi e selezioni – Cantieri comunali e LAVORAS del portale istituzionale dell’ASPAL:

Il gioco delle passioni nell’affascinante “Trittico” firmato da Adriano Bolognino, giovane ma già affermato coreografo (Premio Danza & Danza 2022), in cartellone domenica 4 febbraio, alle 20.30, al Teatro Bocheteatro di Nuoro, lunedì 5 febbraio, alle 21.00, al Teatro Centrale di Carbonia, martedì 6 febbraio, alle 21.00, al Teatro Comunale di San Gavino Monreale e, infine, mercoledì 7 febbraio, alle 21.00, al Teatro Civico “Gavì Ballero” di Alghero, sotto le insegne della Stagione 2023-2024 de La Grande Danza organizzata dal CeDAC Sardegna.

Sotto i riflettori Rosaria Di Maro, Roberta Fanzini e Noemi Caricchia che si alternano sul palco in “Come Neve”, un duo che si ispira alla quiete di un paesaggio avvolto in un candido manto e alla delicatezza dei costumi realizzati all’uncinetto per raccontare la sensazione del benessere fisico e spirituale, e “Gli Amanti”, ispirato al calco di Pompei, che simboleggia la forza di un amore capace di vincere la morte e poi l’assolo “Your body is a battleground” che trae spunto da un’immagine iconica di Barbara Kruger per una riflessione sui diritti e sulla libertà delle donne.

Uno spettacolo poetico e suggestivo che mette in risalto il talento e l’inventiva del giovane coreografo partenopeo, autore di creazioni per étoiles come Eleonora Abbagnato e Jacopo Tissi e per varie compagnie, tra cui MM Contemporary Dance e la Compagnia Opus Ballet e per la Biennale Danza, oltre a un nuovo lavoro per il Teatro dell’Opera di Roma e ZFIN / Compagnia Nazionale di Malta.

Anche per i cittadini della Sardegna Meridionale rinnovare il bollo auto con Poste Italiane è semplice, veloce e sicuro attraverso il sito e le app aziendali. Il servizio è disponibile per tutti gli utenti registrati su poste.it oltre che per i correntisti BancoPosta e i titolari di carte Postepay.

Inoltre, è possibile effettuare il pagamento sia dalle app (Postepay, BancoPosta e Poste Italiane) sia dal sito poste.it utilizzando uno degli strumenti di pagamento abilitati.

Per effettuare il pagamento basta inserire i dati richiesti (Regione/Provincia Autonoma di residenza, Targa/Telaio, Tipo veicolo ed eventuale riduzione) senza preoccuparsi di calcolare l’importo dovuto. Grazie al collegamento diretto con la piattaforma pagoPA, infatti, sarà possibile conoscere in tempo reale l’importo da versare comprensivo di eventuali sanzioni e interessi riferiti al ritardato pagamento o alle annualità precedenti.

Agricoltori, allevatori, operatori della ricettività e della ristorazione, artigiani, commercianti, associazioni locali, pubblica amministrazione, privati cittadini e tutti coloro siano interessati alla promozione di una gestione sostenibile del territorio, tutelando tuttavia il proprio lavoro, sono invitati dal comune di Villamassargia e da Agris a partecipare all’incontro a casa Fenu domani, martedì 30 gennaio, a partire dalle ore 10.00 per la presentazione del progetto Assiolo, acronimo che richiama al “sistema dei servizi agroecologici nell’insieme delle organizzazioni locali”, ma che porta anche  il nome di un uccello notturno stanziale in Sardegna e in via di estinzione, a causa dei cambiamenti climatici. Proprio per far fronte a questi ultimi, che hanno messo in difficoltà le colture, è urgente avviare una riflessione sulla nuova politica agricola comunitaria Pac 2023-2027, entrata in vigore il primo gennaio 2023.
«Per Assioloha sottolineato la sindaca Debora Porràè stato individuato Villamassargia come primo Comune preposto ad avviare questo progetto unico in Sardegna e in collaborazione con Agris. L’Agenzia regionale per la ricerca in Agricoltura, dopo aver studiato attentamente la situazione dei vari territori, ha ritenuto che a Villamassargia ci fossero le condizioni ideali per poter aprire una nuova sfida e, orgogliosi di questa scelta, raccogliamo il guanto con l’impegno di dare il nostro contributo, considerando tutti i progetti sull’agricoltura che sono stati promossi, grazie alla vitale realtà agricola che ci caratterizza.»
La nuova Politica Agricola Comune, approvata dall’Unione europea l’anno scorso, ha l’ambizioso progetto di far transitare il mondo agricolo verso l’agroecologia, scienza che applica i principi dell’ecologia nella gestione di sistemi agroalimentari sostenibili dal punto di vista ambientale, economico e sociale. Da un’ottica, per esempio, ambientale, si intende incrementare la fertilità del suolo e la biodiversità funzionale, garantendo la produttività e riducendo la dipendenza dall’utilizzo di risorse esterne.
Tutto questo ha trai suoi obiettivi, oltre che quello di proteggere l’ambiente, di valorizzare i saperi di chi opera in ambito rurale e supportarlo.
 «Riteniamo che si possa lavorare in modo innovativo, solidale ed essere pionieri di nuove pratiche: anche da piccoli accorgimenti si può cambiare e rendere migliore il pianeta», ha concluso Debora Porrà che sarà presente domani, insieme ai funzionari di Agris per illustrare il progetto.

Il Villamassargia a Guspini, la Verde Isola in casa con l’Arbus, nella prima giornata di ritorno del girone A del campionato di Promozione regionale.

Il Villamassargia di Fabrizio Anedda ha concluso il girone d’andata con la bella vittoria per 2 a 0 sul campo del Tortolì e oggi cerca di ripetersi per rientrare pienamente in quota salvezza.

La Verde Isola contro l’Arbus non può sbagliare. L’avversario la precede in classifica di 6 punti e vincendo dimezzerebbe questo ritardo, avvicinando sensibilmente la quota salvezza.

Sugli altri campi, si giocano Lanusei-Cus Cagliari, Tortolì-Gonnosfanadiga, Atletico Cagliari-Idolo e Arborea-Kosmoto Monastir.

Nei tre anticipi disputati ieri, la vicecapolista Castiadas ha battuto 3 a 0 il Selargius, l’Orrolese s’è imposta 3 a 1 sulla Gialeto 1909, Terralba Francesco Bellu e Calcio Pirri hanno pareggiato 1 a 1.

Nella foto di copertina una formazione del Villlamassargia.

L’Iglesias gioca questo pomeriggio a Gavoi per centrare il decimo risultato utile consecutivo che potrebbe valere l’ingresso in zona playoff. A quattro giorni dallo spettacolare pareggio ottenuto nel recupero con il Tempio, contro il Taloro, avanti in classifica di un punto, la squadra di Giampaolo Murru ha l’opportunità del sorpasso. Dirige Federico Salis di Cagliari, assistenti di linea Nicola Deriu di Oristano e Gianfilippo Veneruso di Nuoro.

Il Carbonia contro il Li Punti affronta un vero e proprio scontro salvezza. Dirige Gianluca Deriu di Oristano, assistenti di linea Giovanni Meloni di Carbonia e Stefano Siddi di Cagliari. La squadra di Diego Mingioni non vince da tre mesi (il 28 ottobre 2 a 1 al Bosa) e ha assoluto bisogno dei tre punti  per riportarsi vicino alla quota della salvezza diretta, oggi distante sei punti, dopo il pareggio ottenuto ieri dalla Tharros sul campo del Bosa.

La Ferrini ospita la Villacidrese, una partita fondamentale per avvicinare la capolista Ilvamaddalena che riposa. Sulla sua strada la vicecapolista trova una Villacidrese cambiata rispetto al disastroso avio di stagione, determinata, vogliosa di riscattare anche la netta sconfitta sub ita sette giorni fa con la capolista Ilvamaddalena. Dirige Nicola Nieddu di Sassari, assistenti di linea Alberto Crinò di Oristano e Alessandro Anedda di Cagliari.

Il Tempio, quarto ma con una partita in meno giocata, reduce dal pareggio del recupero di Iglesias, ospita il Sant’Elena, una squadra in evidente difficoltà, precipitata in fondo alla classifica con due soli punti messi insieme nelle ultime nove giornate. Il Ghilarza, salito al terzo posto, attende la visita del Bari Sardo. Partita da zona playoff tra San Teodoro Porto Rotondo e Ossese. Il Villasimius ospita il Calangianus.

Giampaolo Cirronis

Nella foto di copertina la formazione del Carbonia nel derby di Iglesias.

 

Sollecitato dalla recente pubblicazione del sapiente Mario Marroccu, past Direttore della Struttura Complessa di Urologia del Presidio ospedaliero Sirai, dal titolo: “in sanità siamo tutti colpevoli”, volevo contribuire alla discussione sui diversi attori che governano la sanità con un’ulteriore riflessione sul ruolo del manager in sanità, con o senza precedente esperienza clinica. Illuminato.
Senza voler delimitare gli ambiti delle mie responsabilità (ed eventuali colpe) di dirigente sanitario (con provenienza da una professione tecnico specialistica di infermiere), riprendendo alcune illuminanti considerazioni tratte dal libro di Annalisa Pennini, “10 brevi lezioni per manager in sanità”, provo a sollecitare alcune riflessioni.
Manager in sanità si diventa partendo spesso da una professione clinica e iniziando a svolgere una funzione manageriale come coordinatore, dirigente, responsabile o direttore.
Il passato come clinico è sicuramente una grande ricchezza ma, affinché non diventi un ostacolo alla nuova prospettiva, deve essere considerato un aspetto da gestire: lo scenario è cambiato e ci si trova a svolgere un lavoro totalmente diverso da prima, si tratta del passaggio dal lavoro in “prima linea” al lavoro “dietro le quinte”.
Il manager in sanità è quasi sempre un ex clinico. Anche nella nostra ASL (ex USL, ASSL), a parte alcuni ex Direttori Generali (il compianto Giuseppe Ricciarelli, Emilio Simeone, Maurizio Calamida, Maddalena Giua, per citarne alcuni) che non possedevano una formazione di tipo sanitario e quindi non provenivano dall’attività clinica, i restanti avevano tutti un passato di pregresse esperienze in ambito clinico e questo ne ha influenzato l’identità e le modalità di interazione con l’organizzazione.
Parlare di chi oggi ricopre funzioni di dirigenza e si è trovato in passato a svolgere attività clinica e a vivere il passaggio fra essere un clinico e gestire i clinici, richiede alcune precisazioni preliminari.
Quando si utilizza il termine clinico, si intende qualsiasi ambito dell’attività sanitaria, dove il professionista svolge una funzione operativa a contatto con le persone assistite o con processi di lavoro in prossimità di esse. Parlando di clinici, non si fa distinzione di professione e si vogliono includere tutte le comunità professionali che operano in sanità. I termini non vengono utilizzati come sinonimi di medico o medici, ma come suggerito dall’etimologia della parola, che spiega che il termine clinico deriva dalla parola “letto” (Kline in greco) o che si fa presso il letto (klinikòs). Nella presente riflessione si farà quindi riferimento estensivo e inclusivo di ogni attività o funzione di “prima linea” o strettamente collegata con essa, come ad esempio le attività diagnostiche di laboratorio o di radiologia.
La seconda precisazione riguarda l’utilizzo del termine manager che, in questa valutazione, viene riferito a chiunque all’interno dell’organizzazione conduca qualcosa o qualcuno. Anche in questo caso, l’etimologia della parola sostiene questa scelta. Infatti, dal latino “manu agere” deriva l’attuale “condurre con la mano”. Dal successivo passaggio attraverso la lingua francese si trova la vicinanza con “maneggio” o “maneggiare”. Pertanto, il riferimento può essere allargato a tutti coloro che, a vario titolo, contratto, investitura formale o meno, svolgono funzioni di “conduzione” e non di “prima linea”. Un tempo in sanità c’erano i coordinatori e i dirigenti ( o meglio i caposala e i primari), ora ci sono i manager di vario livello ed estrazione professionale (in diverse ASL, ex infermieri ricoprono oggi il ruolo di Direttore Generale o Direttore di Distretto), intrecciati in matrici gerarchico funzionali diversamente rappresentate nelle organizzazioni.
L’ultima precisazione interessa il management, che deve essere ricondotto e contestualizzato alla tipologia di organizzazione che lo ospita. Queste organizzazioni, sono oggi aziende, e come tali necessitano di management e di manager. Ma cosa rende diverso il management delle aziende sanitarie rispetto a quelle che posizionano i loro prodotti e servizi sul libero mercato? Sicuramente non la catena di creazione del valore, che le accomuna, in considerazione del fatto che tutte utilizzano risorse (input), per lavorarle (processi), al fine di produrre risultati, come i prodotti o i servizi (output), indirizzati alla soddisfazione dei bisogni (outcome). Alcune differenze sono:
– tipologia di funzioni svolte: le aziende sanitarie si occupano di attività di interesse collettivo (tutela della salute), nomate e protette da leggi dello stato e ciò le rende più distanti dalle regole del mercato puro.

– configurazione organizzativa: le aziende sanitarie sono configurabili come burocratiche professionali, che mettono al centro il potere della competenza e l’autorità di tipo professionale, in quanto si fondano, per funzionare, sulle competenze dei professionisti in prima linea, cioè i clinici. Il meccanismo di coordinamento prevalente di questa tipologia di organizzazione è standardizzazione degli input, cioè standard che vengono definiti all’esterno dell’organizzazione stessa, nelle strutture formative e associative ai quali i professionisti appartengono ancora prima di inserirsi nell’organizzazione sanitaria. Sono organizzazioni perlopiù conservatrici, stabili e al tempo stesso complesse, poco propense all’innovazione e all’integrazione fra gruppi professionali.

– sistema di finanziamento e di gestione economica: il modo in cui le aziende sanitarie si finanziano prevede che vi sia un contatto indiretto fra i clienti e l’azienda, dal punto di vista del pagamento del servizio. Fatte salve le prestazioni pagate direttamente dalle persone assistite, il sistema sanitario si basa ancora, in larga misura, su finanziamenti che non vengono erogati direttamente dalle persone che usufruiscono del servizio. Le differenze descritte sottolineano alcune delle caratteristiche delle organizzazioni sanitarie che ne condizionano il modo in cui il management viene interpretato e i manager svolgono le loro funzioni. Le specificità sopraindicate rischiano di essere dei fattori predittivi di scarsa efficienza ed efficacia, di cui il management deve tener conto e deve far fronte.
Salvatore Nieddu, professore a contratto di Organizzazione Aziendale presso la Facoltà di Economia dell’Università di Torino e Responsabile della Struttura Controllo di gestione dell’ASL 4 di Torino, nell’interessante e piacevole libro intitolato: «Un week end con… il management sanitario», Centro Scientifico Editore di Torino, ricorda che il management è la cura prescritta per le patologie chiamate inefficienza e inefficacia, ma che l’esito di tale terapia non è certo, perché si tratta di un trapianto che potrebbe avere un rischio di rigetto, in ragione degli aspetti storici, culturali e organizzativi del contesto in cui si opera.
Per rispondere alla domanda iniziale, è importante chiederci se il passato clinico rappresenta davvero una ricchezza o piuttosto un limite.
Rispetto al passato da clinico, alcuni autori hanno evidenziato come il beckground di riferimento rappresenti una solida base per leggere la realtà e agire in essa in modo competente ed efficace. Uno dei più illustri studiosi di management al mondo, il famoso economista canadese Henry Mintzberg, studioso di scienze gestionali, ricerca operativa, organizzazione aziendale, ha affermato che “ i manager devono sapere molte cose, soprattutto sul contesto specifico in cui operano, e devono prendere decisioni sulla base di queste conoscenze” (Henry Mintzberg, Il lavoro manageriale, Franco Angeli, 2010).
Per poter affermare che il passato da clinico rappresenta una ricchezza e non un limite, è opportuno sottolineare che affinché sia un vero vantaggio è necessario spostare la posizione e la motivazione con cui lo si utilizza. In altri termini, l’obiettivo del lavoro in sanità è di proprietà sia del clinico che del manager, quello che cambia è la prospettiva con cui vengono usate le conoscenze e le competenze. Il clinico lo utilizza per risolvere i problemi di salute delle persone, il manager per risolvere o migliorare i problemi organizzativi dei clinici.
Le conoscenze cliniche del manager sono un livello soglia in grado di fare la differenze per la comprensione del contesto, per entrare nei problemi sollevati dai clinici, per orientare una unità operativa e un team verso outcome (risultati) significativi per le persone assistite.
Ciò che viene a cambiare, tra la linea clinica e quella manageriale è la profondità della conoscenza e la profondità di utilizzo. Più profonda e orientata al singolo problema per il clinico, più trasversale e orientata all’insieme per il manager, come se si immaginasse una visione verticale e orizzontale delle cose.
Il clinico usa la conoscenza clinica in modo diretto e come strumento basilare per la sua attività che è la clinica. Il manager usa la conoscenza clinica in modo indiretto e come strumento importante per la sua attività che è la gestione.
Non è lo strumento in sé che cambia, è l’uso che se ne fa. Quindi è l’attività che cambia, non lo strumento. Se non viene interiorizzato questo passaggio concettuale e pratico fra attività e strumenti, il background clinico rischia di costituire un impedimento allo sviluppo di una identità manageriale, in quanto si confonde la funzione con lo strumento.
Il background clinico rappresenta una barriera quando la visione da clinico limita lo sguardo e non consente il passaggio verso livelli più ampi.
Partendo da alcuni riferimenti storici, oltre che culturali e paradigmatici, Pennini descrive tre modelli di manager (utilizzando le diciture 1.0 – 2.0 – 3.0 diventate di uso comune per indicare programmi, app e chat di ultima generazione, ma che si utilizza anche quando si vuole dire che qualcuno o qualcosa è “un passo avanti”) che hanno in comune caratteristiche e tratti essenziali e che si sono succeduti nei diversi anni.
La versione 1.0. del manager in sanità è riconducibile a un’organizzazione burocratica e gerarchica, dove il rispetto delle regole assume un posto di rilevo. Verosimilmente collocabile in modo prevalente fra gli anni 70 e 80 del secolo scorso, ha trovato fortuna nella figura del primario e del caposala che ricoprivano ruoli in organizzazioni verticali e conservatrici.
La realtà ospedaliera suddivisa in specialità, fungeva da volano a questo tipo di manager che pur con le dovute differenze in base alle professioni e posizioni, fondava la sua identità perlopiù sull’autorità. La normativa professionale del tempo, con la suddivisione in professioni sanitarie principali e ausiliarie, forniva una ulteriore base per mantenere relazioni gerarchiche e stratificate che necessitavano di ordine e ordini che dovevano essere eseguiti.
Per alcune professioni esistevano programmi formativi formali di tipo manageriali (Abilitazione a Funzioni Direttive -AFD- per la formazione dell’infermiere coordinatore), mentre per altre il passaggio da clinico a manager era sostenuto dall’elevato livello di competenze cliniche, tanto da collocarlo come un “primo fra pari” (primus inter pares) per altre professioni ancora, il passaggio al ruolo di manager avveniva per anzianità di servizio, affidabilità, capacità tecniche, buon senso applicato.

Pertanto, in molti casi l’identità manageriale poggiava su un primo tipo di competenze (cliniche) che non sulle seconde (manageriali). Infine, i modelli organizzativi delle organizzazioni sanitarie erano di tipo funzionale, con riferimento a compiti e giri che sostenevano ulteriormente la necessità e la possibilità di controllo e di comando. Erano modelli basati su una importante, a volte eccessiva, standardizzazione delle attività, che frenava l’assunzione di responsabilità professionali e l’orientamento al risultato delle cure.
La versione 2.0. in ambito sanitario è collocabile, invece, all’interno della spinta aziendalistica degli anni ’90 del secolo scorso. La normativa del periodo (D.Lgs 502/92 e seguenti) ha trasformato il sistema sanitario e le organizzazioni sanitarie (territoriali e ospedaliere) sono diventate aziende. A capo di queste non vi era più un Comitato di Gestione ma un Direttore Generale con potere di gestione e rappresentanza, Si sono create delle realtà che, pur mantenendo una connotazione pubblica, hanno sperimentato logiche gestionali nuove per il settore, Di conseguenza anche il management si è ridisegnato sulle caratteristiche di questi diversi contesti. Le iniziative formative degli anni ’90 e 2000, hanno sostenuto l’idea di un manager che per svolgere correttamente le funzione doveva in qualche modo allontanarsi dai contesti clinici, per gestire risorse. Si introducono termini, concetti e strumenti provenienti da altri ambiti, come la gestione del budget, i sistemi di qualità, il benchmarking, gli indicatori, gli standard e altri ancora. Le parole chiave sono dell’efficienza nella gestione delle risorse umane, materiali, tecnologiche ed economiche. Anche in sanità si era palesato il modello di manager per far fronte alle inefficienza (Gary Hamel, il futuro del management 2008): “in quanto manager, siamo schiavi di un paradigma che antepone il perseguimento dell’efficienza a tutti gli altri obiettivi. “Il futuro del
management” è un’analisi lucida dell’attuale mondo manageriale, ma senza piglio distruttivo, nonostante non faccia sconti; individua bene i problemi che hanno messo in crisi le aziende, troppo occupate a guardare i bilanci senza preoccuparsi del valore che avevano già in casa e che avrebbe consentito loro innovazioni a costo zero; propone soluzioni in modo realistico che partono da quello che l’impresa è ora, dalle persone che ha, dalle risorse su cui può fare affidamento. Hamel vede nel coinvolgimento delle persone la chiave per lo sviluppo, l’innovazione, la crescita e per una vita migliore sul luogo di lavoro.
La versione 3.0. del manager in sanità è infine, quella che si vuole collocare nel presente e nel futuro delle organizzazioni sanitarie. È l’idea di un manager contemporaneo, che persegue principalmente due orientamenti: all’autcome del servizio e alla gestione di un team di professionisti autonomi o potenzialmente autonomi. Rispetto al primo orientamento (all’autcome del servizio ) si pone come un garante della qualità del servizio che la sua unità organizzativa è in grado di assicurare alla persona assistita. Questo concetto di qualità è composto da altri termini
chiave: efficacia, appropriatezza, sicurezza, equità, eticità sostenibilità e non solo efficienza.
Il secondo orientamento (gestione del team) vede il manager come un leader e un coach impegnato nella costruzione e mantenimento di un team di lavoro, che ha attenzione sia ai compiti da svolgere che alle relazioni, il team è composto da professionisti autonomi o potenzialmente autonomi che necessitano di un leader che possa interloquire con loro in modo qualificato, I l manager come coach è sempre più una necessità delle attuali organizzazioni, in riferimento al crescente aumento di complessità organizzativa e della necessità di apprendimento continuo.
Più volte è stato affermato che il manager che proviene dalla clinica deve passare attraverso un cambio di prospettiva. Si tratta di una trasformazione necessaria per ricoprire un nuovo ruolo e funzionale per agire in esso. Questo cambio deve concretizzarsi su due principali livelli:

– diverso utilizzo delle conoscenze e competenze cliniche

– differente ampiezza e direzione della prospettiva.

Riguardo l’utilizzo delle conoscenze e competenze cliniche, è stato evidenziato come possano essere delle risorse per il manager. Esse divengono uno strumento di lavoro che può concretamente fare la differenza fra un manager autorevole ed efficace e chi non lo è. Questo diverso utilizzo delle conoscenze e competenze cliniche è un’evoluzione che il manager deve comprendere e gestire. Deve “elaborare il lutto” della perdita della profondità con cui possedeva e usava queste conoscenze e competenze e canalizzare su altri fronti la “nostalgia” della maggiore distanza dalle persone assistite e dai processi clinici.
Il secondo aspetto riguarda la differente ampiezza e direzione della prospettiva, che precedentemente è stata anche denominata: verticale e orizzontale. È verticale, cioè di profondità per il clinico; è orizzontale, cioè di superficie per il manager. Non vi è un meglio e un peggio, come non vi è un tutto-o-niente, in queste due direzioni. Per il manager non è funzionale andare cosi “a fondo” come è richiesto al clinico, perderebbe in ampiezza che è un elemento fondamentale per avere “la visione d’insieme”. Questa prospettiva deve essere temporaneamente significativa, cioè in grado di coniugare una concretezza del qui e ora, per avere il controllo del lavoro quotidiano, con una visione del futuro che conduca l’organizzazione verso nuove mete.
Per comprendere il processo di cambiamento fra il ruolo del clinico e quello manageriale, è importante riflettere su alcuni punti, con l’aiuto di Antonello Goi (Laurea in Filosofia, con un’esperienza trentennale nell’ambito Risorse Umane in una grande azienda leader nel settore delle telecomunicazioni) e del suo libro: “Professione manager Teoria e pratica della gestione strategica delle risorse umane”, Ed. Franco Angeli.
1. Il manager diviene un componente della linea intermedia o della direzione, provenendo da nucleo di base. Egli fa comunque parte dell’organizzazione ma si trova in posizione diversa. Antonello Goi afferma: «Chi manovra le leve del management è, infatti, un uomo che appartiene anch’esso all’organizzazione, si nutre al suo interno della stessa strategia e ne è il principale interprete e diffusore». Questo percorso lo pone in una zona di maggiore visibilità e al tempo stesso di invisibilità. Con questa affermazione si evidenzia che spostandosi, esso diventa sicuramente più esposto e visibile, ma che al tempo stesso, ciò che fa diviene agli occhi dei colleghi clinici, meno comprensibile a causa della sua lontananza dalla clinica e dell’intangibilità intrinseca del lavoro manageriale. D’altronde, questa incomprensibilità del ruolo, da parte del clinico che non ha mai fatto il manager, è una situazione che non lascia molte alternative in termini di soluzioni efficaci per la gestione: affidare il management a un esterno alla comunità professionale che non possiede un background clinico o “tollerare” la lontananza dai processi del manager- ex clinico che pur sempre possiede e mantiene un livello sufficiente di conoscenze per leggere i contesti.
2. Il manager diviene un rappresentante del lavoro liquido. Zygmunt Bauman, è stato uno dei più noti e influenti intellettuali del secondo Novecento, maestro di pensiero riconosciuto in tutto il mondo. A lui si deve la folgorante definizione della «modernità liquida». Secondo Zygmunt Bauman «la società liquido moderna nella quale viviamo, è caratterizzata da situazioni in cui gli uomini agiscono e che si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure”. È una realtà che crea: esperienze e “relazioni sociali segnate da caratteristiche e strutture segnate che si vanno decomponendo e ricomponendo rapidamente, in modo vacillante incerto, fluido e volatile» (https://www.treccani.it/vocabolario/societa-liquida_res-c0525b22-89ec ). Per Henry Mintzberg, il lavoro manageriale è affetto dalla “sindrome di superficialità”. Il termine superficiale non deve essere inteso con un’accezione negativa di approssimazione o inconsistenza, ma come uno stare su tante cose, passare da un momento all’altro con velocità ma al tempo stesso la necessaria seppur fugace attenzione.
Il manager è attratto dall’andare in profondità, come era abituato a fare nel lavoro di clinico, ma si trova a rispondere alla domanda: “come si può fare un’analisi approfondita, quando si è sempre sotto pressione?”
(Henry Mintzberg, Il lavoro manageriale in pratica, Franco Angeli, 2014).
3. Il manager diviene un professionista nuovo con una diversa identità. Se l’identità del clinico è un’identità basata sul sapere scientifico e sul “fare” come applicazione di questo sapere, quella del manager dovrà essere basata ancora sul sapere scientifico (gli argomenti del clinico) e sul “far fare” o “all’aiutare a fare” (Ugo Morelli, Maria Gabriella De Togni, coordinatori infermieristici. Competenze e qualità nelle relazioni di cura, 2010).
L’assunzione della nuova identità è come un cambio di pelle, è come la trasformazione crisalide-farfalla. È quindi u’identità che deve basarsi su nuove pratiche professionali e sull’asimmetria della relazione con le persone che si dirigono. Da clinici si operava in un gruppo di pari (i colleghi), da manager si è il leader di un gruppo di professionisti.
Dopo aver esplorato un possibile percorso della nuova identità del manager ex clinico, due battute volevo dedicarle a quelle che Pennini definisce le “possibili tentazioni” che il manager ex clinico incontra nel quotidiano.
Si tratta di “tentazioni” perche, in qualche modo, collegate al suo paradigma operativo e dalle quali può essere attratto in quanto rappresentano schemi conosciuti e nei quali “rifugiarsi” quando le cose non vanno come si vorrebbe o quando vi sono sfide e situazioni inconsuete da affrontare.
Secondo Marco Rotella, coach, counselor, mental trainer ed esperto di processi formativi, molti manager vivono oggi, pur avendo difficoltà a confessarlo, una vera e propria “sindrome da schiacciamento” (niente a che vedere con la rabdomiolisi post-traumatica o sindrome di Bywaters): si sentono affannati, impotenti, assolutamente non in grado di fronteggiare nel migliore dei modi tutto questo. Vivono momenti di ansia, a volte di vera e propria angoscia, l’irritabilità aumenta, le relazioni, professionali e soprattutto familiari, ne risentono in modo decisivo. In altre parole, si crea una situazione di stress permanente.
Questo scenario ha spinto Marco Rotella a scrivere il libro: “Manuale di sopravvivenza manageriale. Breve guida per manager, imprenditori, professionisti intrappolati”, Di Marsico libri, Bari. Un testo veramente pratico, semplice, leggibile, che potrebbe essere usato come “kit di sopravvivenza”.
Operare in contesti complessi e mutevoli, per Marco Rotella, implica imparare ad essere continuativamente attenti ai segnali che pervengono dall’esterno. Per poter gestire questi sistemi è necessario comprenderli e governarli. La tentazione in questo caso, è quella di trattare il sistema come se fosse semplice, reclamando risposte certe e percorsi lineari.
Il concetto di complessità viene declinato in diversi settori secondo forme e modalità conoscitive proprie. […] Esso assume un preciso significato a seconda dei numerosi campi scientifici in cui si applica (Gualandi R, Tartaglini D., Le organizzazioni sanitarie come sistemi complessi, in A. Pennini Modelli organizzativi in ambito ospedaliero McGraw-Hill 2015).
L’etimologia della parola complesso, fa riferimento a cum plexus, cioè con nodo o intreccio. Quest’ultimo non si può facilmente “sbrogliare “senza perderne la sua natura intrinseca, la sua interezza. Infatti: a differenza di un meccanismo, che seppur complicato […] può essere smontato nelle sue parti per poter agire su di esse e poi successivamente ricomposto, nel fenomeno complesso ci si deve concentrare sull’intero sistema, considerato nel suo insieme come qualcosa di indivisibile (Gualandi R., Tartaglini D. 2015).
Sempre secondo i due autori, gli elementi che contribuiscono a rendere complessi i sistemi sono (Gualandi R., Tartaglini D. 2015):

– la struttura del sistema: può essere composta da diverse parti, numerose e variabili, che si mettono in relazione tra loro in modo non lineare;
– il comportamento del sistema: può cambiare nel tempo e rispetto all’ambiente di riferimento;
– le proprietà emergenti del sistema: cioè comportamenti che si presentano a un certo livello di complessità, che non erano presenti agli stadi precedenti e che fanno in modo che il sistema non torni più allo stato originario.
Un testo che non dovrebbe mancare nella biblioteca di un manager e che consentire una più facile diagnosi della complessità, è sicuramente quello di Roberto Vaccani, docente senior di comportamento organizzativo della SDA Bocconi: “Riprogettare la sanità. Modelli di analisi e sviluppo”. Carocci Faber 2012.
A tale proposito, Vaccani identifica i seguenti criteri diagnostici enunciandoli come livelli:
– livello di incertezza/imprevedibilità che il sistema deve amministrare,
– livello di pluralità e diversificazione dei beni/servizi prodotti;
– livello di discrezionalità decisoria decentrata indotto dai beni/servizi prodotti; dimensione organizzativa.
Per Edoardo Manzoni, Direttore Generale Istituto Palazzolo (Bergamo) e autore del libro “l’identità delle professioni sanitarie per far fronte alla complessità, 2015″, che ho avuto la fortuna di conoscere nel 2014, in una tavola rotonda organizzata dall’OPI di Carbonia Iglesias, «non possiamo contrapporci alla complessità ma la dobbiamo accettare coniugando tre parole chiave: accogliere, vivere e integrare».
Accogliere, così da: «Rendere intero e ottenere un risultato che è maggiore e diverso dalla somma dei risultati dei singoli elementi che compongo l’intero medesimo» (Edoardo Manzoni 2015). Convivere con la complessità significa fare lo sforzo di “non ridurre i fenomeni, di non scomporli necessariamente verso un impoverimento interpretativo” (Edoardo Manzoni 2015). Integrare, come accezione allarga, che va al di là della sola costruzione di relazioni e alleanze, ma deve intendersi come accoglienza di punti di vista, conoscenze, domande. Nel mondo sanitario, integrare e accogliere, sono un’importante sfida per tutti i professionisti, ma soprattutto per chi è chiamato a gestire l’organizzazione. Oggi la sfida della complessità comprende la necessità di integrare i saperi , superando la disintegrazione, pur riconoscendo il valore della specializzazione.
Oltre tali aspetti concettuali legati alla complessità, in generale e in particolare in sanità, sempre secondo A. Pennini, diventa importante indirizzare l’atteggiamento del manager verso alcuni percorsi che consentano di governare nella complessità e che per semplicità vengono riportati nel seguente elenco.
1. Ampliare la visuale all’interno del sistema.
2. Avere e sviluppare una visione.
3. Programmare in progress.
4. Stabilire poche e semplici regole.
5. Dare spazio e al significato espresso da chi fa le cose.
6. Adottare stili di conduzione negoziali e autorevoli.
7. Concentrarsi sugli obiettivi.
8. Creare piani e programmi che anticipino i fenomeni.
9. Consentire (la reale) partecipazione.
10. Far convivere sistemi formali e informali.
11. Sviluppare la creatività.
12. Creare e sostenere reti di relazioni.
13. Imparare ad imparare.
Queste semplici indicazioni (che necessitano di essere sviluppate), sulla modalità di gestire le organizzazioni complesse,
sicuramente non esauriscono tutte le possibili strategie, ma costituiscono un punto di partenza per il manager che si
trova, soprattutto all’inizio del suo incarico, a vivere dentro la complessità in sanità.
Carissimo Mario, nei miei 39 anni di servizio, 23 dei quali passati da professional clinico e 16 da dirigente/direttore delle professioni sanitarie, ho conosciuto numerosi manager – ex clinici che vantavano una notevole casistica di attività sanitaria ma che, una volta promossi manager, non sono stati in grado di costruire e guidare un team di professionisti con i quali condividere obiettivi e strategie di sviluppo, perché prigionieri di schemi mentali rigidi e convinti di poter replicare l’esperienza di direzione della ex unità operativa nella gestione di un’azienda.
Concordo con te sul fatto che questa sanità vada rivista e che nessuno di noi è immune da colpe o responsabilità, ma ho ritenuto opportuno delineare il cambio di prospettiva, illustrato in modo eccellente da Annalisa Pennini, necessario per tutti i clinici (me compreso) che vogliono diventare manager.
I manager della sanità si trovano oggi in una posizione scomoda: devono affrontare il dilemma di coniugare il bisogno di salute con la sostenibilità economica e la restrizione di risorse. Devono inoltre, fare i conti con la gestione della rete dei portatori di interesse (sindaci, sindacati, professionisti, etc.), sia interni che esterni. Gran parte del loro tempo è dedicato a gestire incontri con interlocutori istituzionali e non, dentro e fuori le mura dell’azienda. Proprio per questo, l’attuale manager deve essere in grado di coniugare la capacità di esprimere una visione e di condividerla con i suoi interlocutori.
Deve tradurre poi la visione in orientamento strategico, sapendo tenere il focus su obiettivi, aspettative e risultati.
Un ruolo che ha necessità di essere supportato da percorsi di formazione e di sviluppo professionale allineati alle aspettative del nuovo ruolo, che non può limitarsi alla frequenza di un corso regionale di qualche weekend al mese, pur tenuto da autorevoli docenti. Il percorso dovrebbe combinare la formazione tradizionale con il confronto tra pari e la condivisione delle esperienze e delle buone pratiche, contemperando attività di lavoro, apprendimento sul campo e opportunità di networking e ampliamento dei propri orizzonti, come sta facendo da qualche anno, la ASL di Nuoro.

Antonello Cuccuru

Bibliografia
A. Goi, Professione manager Teoria e pratica della gestione strategica delle risorse umane, Franco Angeli 2004
A. Pennini, Dieci brevi lezioni per manager in Sanità, Franco Angeli 2020
E. Manzoni, l’identità delle professioni sanitarie per far fronte alla complessità, Casa Editrice Ambrosiana 2015
H. Mintzberg, Il lavoro manageriale in pratica, Franco Angeli, 2014
M. Rotella, Manuale di sopravvivenza manageriale. Breve guida per manager, imprenditori, professionisti intrappolati, Di Marsico libri, Bari 2016
R. Vaccani Riprogettare la sanità. Modelli di analisi e sviluppo, Carocci Faber 2012.
S. Nieddu, Un week end con… il management sanitario”, Centro scientifico editore di Torino 2005
R. Gualandi, D. Tartaglini, Le organizzazioni sanitarie come sistemi complessi, in A. Pennini Modelli organizzativi in ambito ospedaliero, McGraw-Hill 2015
U. Morelli, M G.De Togni, Coordinatori infermieristici. Competenze e qualità nelle relazioni di cura, Guerini, Milano 2010
G. Hamel, Il futuro del management ETAS, Milano 2008
Z. Bauman, Vita liquida, Laterza Bari 2005

Il presidente Federico Fantinel ha convocato il Consiglio comunale di Carbonia per lunedì 29 e martedì 30 gennaio in seduta straordinaria e pubblica.
Lunedì 29 gennaio, alle ore 14,30 in prima convocazione e, eventualmente, alle ore 15,30 in seconda convocazione, verrà trattato il seguente ordine del giorno:
1. Mozioni e ordini del giorno
2. Scioglimento consensuale dell’Ufficio di Segretario comunale tra i comuni di Carbonia e di Uta.
3. Approvazione schema di convenzione tra la provincia del Sud Sardegna e il comune di Carbonia per l’esercizio associato dell’Ufficio di Segretario comunale e provinciale ex art. 98, comma 3, del d. lgs. 18.08.2000, n. 267.

Martedì 30 gennaio alle ore 13,15 in prima convocazione e alle ore 14,30 in seconda convocazione, l’ordine del giorno prevede l’esame di interrogazioni e interpellanze.

 

«Riconoscere l’educazione ecologica sia nella legge sulla multifunzionalità agricola sia con una nuova legge regionale sulla pubblica istruzione, attraverso l’integrazione delle aziende agricole per attività didattiche specifiche, a partire dallo 0-6.»
È questo il sogno che la sindaca Debora Porrà ha espresso a casa Fenu, in occasione della presentazione dei risultati del progetto pilota promosso dal Gal “Agrinido Agritata” per sperimentare servizi innovativi rivolti all’infanzia.
Una tavola rotonda ricca di riflessioni e intorno alla quale si sono seduti, oltre che la prima cittadina e il presidente del Gal Cristoforo Luciano Piras, i vari esponenti del comitato tecnico-scientifico composto oltre che dal comune di Villamassargia, da quattro assessorati regionali (Agricoltura; Lavoro; Politiche Sociali; Pubblica Istruzione), CRP, CREA, Agenzia Laore e da un gruppo di professionisti esperti.
Tra le azioni per raggiungere un modello di welfare mutuabile su tutto il territorio regionale: “l’educational tour” che ha portato gli imprenditori di quattro aziende agricole locali (Donne Rurali, Azienda Agricola Alessandro Cugusi e Sa Prenda di Villamassargia; Azienda Agricola Andrea Vacca di Masainas) in Piemonte, dove l’agrinido è realtà virtuosa e il benessere dei bambini passa per la fattoria didattica, attrezzata, accogliente e con personale appositamente formato per seguire i piccoli nell’apprendimento.
Nel corso dell’incontro è stato sottolineato dagli esperti come le neuroscienze abbiano dimostrato che avvicinare i bambini al mondo rurale potenzia le capacità esplorative, sensoriali, motorie, linguistiche scientifiche e musicali: fare per apprendere consente un armonico sviluppo cognitivo, sociale ed emotivo.
Tuttavia, una legge regionale non basta, ma è necessario fare rete e ‘parlarsi’, così come sottolineato dalla Garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza Carla Puligheddu che ha auspicato l’organizzazione prossima degli ‘Stati generali per l’infanzia’ in Sardegna.
Una strada da percorrere senza indugi quella di supportare i servizi di cura, secondo Annalisa Cauli (assessorato regionale al Lavoro e Formazione professionale), prevedendo una serie di incentivi per un’offerta che spesso risulta insufficiente davanti ai bisogni delle famiglie. Anche se, “più che un problema di soldi è un problema di visione” che si allargherebbe con un «processo di governance istituzionale e con la sensibilizzazione di un più ampio numero di Amministrazioni», ha precisato la direttrice del Gal Nicoletta Piras.
Coltivare l’amore, la conoscenza e l’attaccamento per la propria terra inizia dai più piccoli e continua con i più grandi. Per questo motivo, le azioni dell’Amministrazione Porrà proseguono con un altro progetto altrettanto pionieristico e innovativo che mira a sensibilizzare i coltivatori locali ad una transizione agroecologica, alla base del progetto ‘Assiolo’, in partnership con Agris. L’appuntamento è per martedì 30 gennaio, alle ore 10.00, a casa Fenu.

La notte scorsa, a Cagliari, i carabinieri della Sezione Radiomobile hanno arrestato in flagranza per furto un 24enne del luogo, senza fissa dimora, disoccupato, noto alle forze dell’ordine. Il giovane, controllato in viale Colombo e sottoposto a perquisizione personale, è stato trovato in possesso di 2 portatili tipo IPad e 2 telefoni cellulari, risultati provento di furto perpetrato poco prima all’interno di un ristorante, sito nella via Sardegna di Cagliari. Il giovane si era introdotto nel locale commerciale, previa forzatura della rete metallica della finestra di aerazione. Il ristorante è munito di sistema di videosorveglianza. Dall’analisi dei video estrapolati è stato possibile identificare il ladro. Al termine delle formalità, il giovane è stato tradotto in stato di arresto presso il Tribunale di Cagliari per l’udienza con direttissima.